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Per l'amore di un figlio

Capitolo LII

* Care bellissime guerriere. C'è una canzone di Demi che mi ha fatto piangere e vorrei tanto che l'ascoltaste in questo capitolo, più di una volta. Si intitola" For the love of a daughter" e spero che vi piaccia. Parla del padre di Demi, che in questa storia potrebbe essere il padre di Harry, per questo ci tengo particolarmente molto. Vi prego di ascoltarla nelle scene che desiderate. In questa, oppure nelle prossime o in quella in cui Harry parlerà col padre, ma ascoltatela e comprendetene la traduzione. E' speciale! A dopo! *

*Zayn's Pov*


Guardai mia madre negli occhi, forse non avrei dovuto farlo. Sentivo le scariche elettriche oltrepassarmi la carne e dare scosse di assestamento al cuore. Ma era inevitabile fissarla. Sembrava volermi punire con lo sguardo, ma non le bastava averlo fatto chissà quante volte?

Abbassai lo sguardo. Mi sentivo un vigliacco. Un cacciatore che aveva paura delle preda. Ma era giusto che si spaventasse di un grande orso?

- Malik, ti ho chiesto perchè sei qui? Con quale coraggio vieni a casa mia? -

- Sono stanco di questa situazione. Volevo cercare di chiarire le cose, volevo che capissi che ci tengo ancora alla nostra famiglia... - sussurrai, sentendo la stretta forte della mano di Liam. Ti prego, curalo tu il mio cuore ogni volta che qualcuno lo romperà.

- E' inutile la tua presenza. Ti sei disturbato senza alcun motivo. Rimettiti in strada e torna da dove sei venuto - gelida, sempre così gelida come il ghiaccio.

Restai fermo, non volevo andarmene. Sentii il suo sguardo che mi pugnalava, poi rientrò in casa, cercando di chiudere la porta, ma misi il piede dentro e la bloccai. 

Tenevo lo sguardo lo basso, non volevo rischiare di lasciarle vedere le lacrime che scorrevano sul mio viso. - Ti prego mamma... Lasciami parlare. Urlami addosso, lanciami tutto quello che vuoi, ma lascia che ti parli, lascia che ti spieghi, non lasciarmi qui... - non mi accorsi nemmeno che Liam aveva lasciato la mia mano e si era avvicinato lentamente alla porta.

- Signora... non si può privare per sempre una madre a un figlio -

- Io non sono sua madre e lui non è mio figlio. Mi sembra di non star privando qualcosa a nessuno. E se non ti dispiace, vorrei chiudere la porta o sarò costretta a chiamare la polizia. E se non vuoi andare in galera, ti conviene allontanarti da qui! -

- Liam torna a casa - sussurrai, non staccando il piede dalla fessura della porta. Trisha mi guardava ancora e per la prima volta fui fiero di vedere la sua maschera con una crepa. Mi stava vedendo piangere, mi stava vedendo debole... un'altra volta. Ma era quello il mio scopo.

- Andiamo a casa, non merita la tua presenza - mi disse Liam, afferrandomi una mano e tirandomi verso di lui.

- No, tu vai a casa, io resto qui - vidi il sorriso soddisfatto della donna spegnersi. Pensava che mi arrendessi così facilmente? Avrei abbandonato tutto qualche mese fa, quando Liam non era il mio ragazzo e la mia vita era un inferno. Ma in quel momento potevo riacquistare mia madre e allora valeva giocare quella battaglia e vincerla.

- Zayn... cosa stai dicendo? Non scherzare, staccati da quella porta e andiamo a casa, entrambi -

- No, ti ho già detto che io resto qui, per favore vai a casa -

- No, completamente no, questa storia ti sta dando alla testa. Vieni a casa con me, non voglio che chiami la polizia -

- Non lo farà - dissi, guardando mia madre negli occhi.

- Si, lo farò. Hai pochi minuti per andartene Malik, dopo di che farò arrestare sia te che il tuo amico -

- Lui non c'era nulla! - indicai Liam, poi continuai dicendo - La questione è tra me e te! -

- Zayn per favore... andiamo - il mio ragazzo si guardava attorno, quasi avesse paura che l'auto della polizia potesse spuntare da un momento all'altro.

- Ho detto di no. Vai in macchina e torna a casa, io da qui non mi muovo -

- Fai come vuoi, io sto andando a chiamare la polizia! - sbottò mia madre, riuscendo a chiudermi il portone in faccia.

- Ma cosa ti passa per la testa? -

- Liam, ascoltami bene. Sono arrivato fin qui, superando una marea di ostacoli. Se vorrà farmi arrestare, dovrà farlo guardandomi negli occhi. Non tornerò a casa, non ora che sono così vicino a lei. Ti prego, torna in macchina e resta lì se proprio non vuoi tornare a casa, ma ho bisogno di stare qua fuori e di starci da solo -

Liam mi guardò per qualche secondo - Okay. Sono in macchina... ma ti prego, non farti arrestare -

- No - gli lasciai un veloce bacio sulle labbra e lo vidi mentre entrava in macchina e mi guardava con la fronte appoggiata al finestrino. Sospirai e mi sedetti sulla soglia della porta, con le spalle appoggiate al muro e lo sguardo fisso in direzione del mio ragazzo. Non sapevo con certezza ciò che stavo facendo. L'unica cosa chiara nella mia testa era il pensiero di voler riuscire a parlare con mia madre. Per troppo tempo siamo stati rinchiusi in un silenzio vorticante di gridi instabili e acuti. Ed era arrivato il momento di mettere dei tappi alle orecchi e di uscire dal vortice.

- Sei ancora qui? Davvero non hai intenzione di andartene? Malik... ho già chiamato la polizia e non sono clemente con nessuno. Quindi, se non vuoi ritrovarti in una cella, hai poco tempo per andartene - sobbalzai e mi girai verso la fessura della porta aperta. Stava cedendo, ne ero sicuro.

- Mamma... -

- Non chiamarmi così - ringhiò. Mi portai le mani tra i capelli e ripresi a parlare - Trisha... ci sto male anche io. So quello che hai passato, anche io ho subito due perdite, ma ho bisogno di te. Ho bisogno che tu mi faccia parlare, che tu mi capisca così come io capisco te -

- Non potrò mai capirti! Sei un assassino! Hai lasciato che tua sorella venisse uccisa. Hai lasciato che la morte si portasse via anche tuo padre. Non c'è nulla da capire! -

- Come puoi pensare che lo abbia davvero fatto? Non mi hai mai lasciato spiegare nulla, non hai mai voluto sapere come sono andate le cose! -

- Non pensi che ero troppo guidata dal dolore per ascoltare le tue stupide scuse? I tuoi patetici tentativi di farti perdonare! -

- E tu non pensi che io stessi passando le stesse cose? L'ho vista morire sotto i miei occhi... - mi alzai da terra e mi avvicinai a lei. Mi guardò in silenzio per qualche minuto e mi sembrò come se fossero passate ore. Analizzai ogni ruga del suo viso. Il tempo e il dolore si erano presi gioco della sua pelle, marchiandola di segni scomposti e naturali.

Una sirena attirò la mia attenzione e mia madre si guardò attorno - Ti conviene andartene se non vuoi farti arrestare - disse gelida.

- Zayn! Zayn, ti prego andiamo! - mi voltai per vedere Liam che usciva dalla macchina.

- No, io resto qui. Devo parlare con te e lo farò. Se non oggi, domani. Se non domani, ci proverò ogni giorno finchè non mi ascolterai -

- Non lo farò mai, Malik. Parli della morte di tua sorella come se fosse una semplice situazione passata. Ma io ho perso due figli e un marito e non riesco a parlare con te che porti a galla fantasmi del passato! Perchè sei venuto qui, eh? Non potevi startene lì da dove sei venuto? Non potevi evitare di farti vedere al cimitero? Da quel giorno hai nuovamente scombussolato la mia vita! - 

Il rumore della sirena si fece più vicino e sentii il mio cuore battere più veloce. Potevo percepire l'ansia in Liam, che cercava di combattere l'istinto di mettersi a correre e trascinarmi via.

- Ti prego, fai andare via la polizia e parliamone. Sono anni che non dormo tranquillamente. Anni che il passato mi sbrana e ho bisogno di parlare con te - mi girai e vidi due poliziotti scendere dalla macchina. Liam andò incontro a loro, cercando di fermarli, ma non servì a nulla. Si diressero verso di me, vedendo che mia madre mi indicava.

- Ti prego! E' stato così difficile per me arrivare fin qui, combattere contro l'istinto di andarmene per sempre e di sparire dalla tua vita. Ma non posso farlo, ho bisogno di te, lo capisci? Potrai pure aver perso una figlia e un marito, ma non puoi perdere anche me! - urlai, sentendo le lacrime che si raccoglievano negli occhi e che sgorgavano via. Trisha scosse il capo e indietreggiò di due passi. Anche i suoi occhi erano lucidi, ma al contrario mio, le lacrime non scappavano via.

- Non puoi lasciarlo fare! - un poliziotto mi afferrò le braccia e le portò dietro la schiena, ammanettando i polsi. 

- Lasciatelo stare! Lasciatelo stare! - urlava Liam.

- Non ho mai voluto che uccidessero mia sorella! Ho offerto la mia vita! - bloccai i piedi al suolo, guardando mia madre negli occhi e provando l'ultima delle carte che tenevo in tasca.

- Quando si sono presentati con lei, mi hanno detto cosa volevo fare: Lasciarla libera oppure farla uccidere per salvarmi. Non è stato difficile dire di lasciarla andare via e di prendersi la mia vita. L'avevo mandata a rotoli e non potevo permettere che venissero ferite le persone che amavo. Non mi facevo mai vedere in giro con lei, proprio perchè volevo che non arrivassero mai a farle del male per farmi un torno. Ma lei mi ha seguito quella notte e non ho potuto difenderla più di quanto abbia provato a fare. Ho urlato loro di uccidermi. Ho urlato a lei di correre veloce e loro mi avevano accontentato. E' corsa via mentre avevo una pistola alla tempia. E non sto a vantarmi di quello che ho fatto, perchè se potessi tornare indietro lo rifarei cento volte. Ma non potevo immaginare che sparassero a lei e non a me. L'hanno sparato mentre correva via e mentre avevo gli occhi chiusi, aspettando la morte. Ho pianto sul suo corpo. La polizia, quella che ora mi tiene i polsi, è arrivata troppo tardi e non so nemmeno chi l'ha chiamata. Ma quel giorno sono morto con lei e non puoi dirmi di non aver fatto nulla. Ho offerto la mia vita. Ho urlato di morire e di far vivere lei e se davvero potessi tornare indietro, sapendo come sono andate le cose, sarei corso io via per farmi sparare! - 

Sentivo un bruciore ai polsi. Quelle manette mi stavano tagliando la pelle. Singhiozzai, inginocchiandomi al suolo. Liam si parò davanti a me, inginocchiandosi e abbracciandomi a sua volta.

- Ti giuro, ti giuro che l'amavo più della mia stessa vita. Ero io la persona che gli portava le rose ogni mattina. Non c'era nessun ammiratore segreto. Volevo farla sentire speciale. Volevo farle avere un'adolescenza da sogno. Mai e ripeto mai l'avrei uccisa. Mai avrei potuto salvarmi per vederla morire - piansi ancora, non avendo il coraggio di guardare mia madre negli occhi.

- Non puoi lasciare che la polizia mi porti via. Per cosa dovrebbero arrestarmi? Per essere andato a trovare una madre che mi aveva detto di essere morto nello stesso giorno e nello stesso momento di mia sorella? Sono qui perchè ho bisogno di te! Ho bisogno delle tue braccia e ho vissuto quattro anni dicendomi che potevo farne a meno. Ma non è così. Ho mentito a me stesso, ho mentito a tutti gli altri. Ho tenuto dentro Giuly e la sua vita. Nessuno sa di lei, fa troppo male parlarne, ma sono qui e lo sono perchè ho bisogno di avere una madre, ho bisogno di una figura materna. Tutti mi lasciano e ho bisogno di qualcuno che resti e che non mi faccia sentire in colpa ogni giorno della mia vita -

- Signora cosa dobbiamo fare? Dobbiamo portarlo via oppure no? -

- Mamma fallo per me... fallo per l'amore di tuo figlio - divincolai i polsi, facendomi scappare un gemito quando un bruciore più acuto si diramò sulla pelle. Singhiozzai sulla spalla del mio ragazzo, che anche lui in lacrime, mi abbracciava più forte che poteva.

- Portatelo via - disse Trisha. Sollevai lo sguardo, sbattendo le palpebre e cercando di fissarla meglio.

- No! Mamma! Mamma ti prego! -

Il poliziotto mi afferrò le manette e mi fece alzare da terra. Liam dovette staccarsi e mi seguiva mentre mi trascinavano via.

- Ha provato ad entrare in casa mia senza consenso - aggiunse Trisha, voltandomi le spalle.

- Liam, ti amo e lo sai. Devi tornare a casa adesso, okay? - dissi al mio ragazzo.

- No, non ti lascio -

- Non puoi venire con me. Torna a casa e riferisci tutto a Johannah - annunciai velocemente prima che il mio corpo venisse scaraventato in macchina. Guardai Liam per l'ultima volta, poi appoggiai la testa al finestrino e piangendo, lasciai che mi portassero nel vortice dal quale ero scappate con i tappi alle orecchie.


* Liam's Pov*

Notai l'auto della polizia andare via e più arrabbiato che mai mi voltai verso la donna che aveva permesso tutto quello.

- Come hai potuto farlo? E' tuo figlio! Ha messo in palio la sua vita per salvare quella di Giuly! - le urlai. Si bloccò sulla soglia della porta e si voltò verso di me.

- Non è mio figlio -

- Certo che lo è. Ha il tuo stesso sangue che scorre nelle sue vene e trattandolo in questo modo non farai altro che perderlo. Non avrai più opportunità di riaverlo con te! Non ti perdonerà mai più! Ha passato anni infernali, ha tentato più volte di combattere il dolore che sentiva dentro. Sai chi sono gli autolesionisti? Sono coloro che si tagliano la pelle e Zayn era uno di quelli! Lo era fino a qualche settimana fa e tutto quello che gli stai causando tu, non so fino a che punto farà reggere lo scudo che si è creato -

- Ma cosa vuoi che faccia? E' colpa sua se mia figlia e mio marito sono morti! Si è inserito in quel gruppetto di delinquenti e ha causato la morte di due persone. Non lo perdonerò mai per questo! Può causarsi tutto il male che vuole! -

- Stai davvero augurando il male a tuo figlio? E tu saresti una madre? - mi avvicinai a lei, padroneggiando la mia altezza sulla sua maschera della forza.

Lei restò in silenzio e abbassò lo sguardo - Sono stato adottato. Ho vissuto per troppo tempo in una famiglia che non mi appartiene e so cosa vuol dire voler bene a una donna che non è davvero tua madre. Zayn sta crescendo in una nuova famiglia, come se anche lui fosse stato adottato. Dopo quattro anni, posso assicurarti che vuole più bene a Johannah, la madre del suo migliore amico che a te. E io, adesso voglio incontrare i miei genitori solo perchè so che sono persone meravigliose e mi hanno affidato a un'altra famiglia per buoni motivi. Ma tu... tu che stai allontanando tutti e anche l'unico figlio, non avrai più modi di tornare indietro e prenderti l'affetto che meriti. Dopo quello che hai fatto, sbattendo tuo figlio in carcere solo per averti cercato, potrai pure incorniciarti l'affetto di Zayn e scordartelo. Passando davanti alla cornice, ricorderai di quel figlio che si sarebbe ucciso per te e quando il dolore avrà smesso di consumarti le ossa e il viso, facendoti perdere pure ogni atomo di ossigeno nelle vene, capirai cosa vuol dire perdere una cosa e non poterla più ottenere. Zayn ha dato tutto e ripeto, tutto se stesso fino all'ultima fibra del suo corpo, gettandosi ai piedi di una porta e implorando il tuo perdono. Non avrebbe nemmeno dovuto farlo, perchè non ha commesso nessun sbaglio. ha fatto il possibile, ma nemmeno lui riesce ancora ad accettarlo. Tu invece... non ti conosco, ma non augurerei a nessuno di avere una donna come te per madre. Ma se vuoi cambiare le cose e se vuoi modificare anche le mie opinioni, ti consiglio di andare in carcere e di salvare tuo figlio. Sei ancora in tempo per prenderti l'affetto di Zayn piuttosto che incorniciarlo e vederlo impolverarsi. Ma lui non aspetterà molto. E se non fai in fretta, sarà Johannah a tirarlo fuori dal carcere e a quel punto, come tu dici di non avere figli, lui dirà di essere orfano... di padre e di madre - le sputai ogni parola addosso, vedendo la sua maschera cedere e le lacrime uscire fuori dagli occhi. Mi dispiaceva essere stato rude, ma era l'unico modo per farle aprire gli occhi. Il dolore l'aveva chiusa in gabbia e, circondata da quell'ammasso di ferro, era sola. E continuando a restare lì dentro, avrebbe perso anche il suo unico figlio.

- Giuly... lei combatterebbe per tenersi un ragazzo come Zayn accanto. Ha sbagliato a far parte di quel giro, ma se ne pente ogni giorno e ha inciso il suo dolore sulla pelle, nelle lacrime e nel cuore. Lui deve andare avanti e può farcela anche da solo, anche senza di te. Ma se ha una madre, è giusto che lei si comporti come deve - lasciandole un ultimo sguardo, me ne tornai in macchina. Fortuna che avevo la patente o avrei potuto restare lì per tutta la notte aspettando Johannah o qualcun altro che mi venisse a prendere. 

Restai immobile per cinque minuti, asciugando le lacrime che scorrevano sulle guance e mi annebbiavano la vista. Non potevo guidare in quello stato o avrei potuto causare un incidente.

Mi voltai di scatto quanto sentii due pugni leggeri al vetro dell'auto. Sbloccai lo sportello e osservai Trisha salire in macchina e aggiustarsi i capelli. La guardai sconvolto e aprii la bocca per farle una domanda, ma lei mi precedette e - Portami da Zayn. Ti indico la strada - disse gelida.


*Harry's Pov*

Non riuscivo ancora a credere che quel giorno potesse passare così veloce e che anche le ore scolastiche, che solitamente passavano in completa agonia, sembravano essere volate al vento. Johanna, purtroppo era stata chiamata perchè doveva andare a prendere Zayn, che da quel po' che avevo capito era stato arrestato per aver tentato di mettere piede in una casa abitata. Mi suonava strano. Zayn non era di certo di un ladro. Ma scacciai velocemente quel pensiero e focalizzai la porta che avevo davanti. Non mettevo piede in quella casa da troppo tempo e sarei già scappato via se solo Camille non mi avesse tenuta stretta a se. Suonò il campanello al posto mio, dato che sembrava che il freddo invernale mi avesse congelato le ossa e il fiato. Chiusi gli occhi e poi mi voltai verso la donna. Le ero grato perchè misteriosamente non aveva più parlato di quello che era successo tra me e Louis. Il giudice non mi aveva chiamato e quindi avevo la speranza che la donna rigida avesse tenuto quel dettaglio per se. 

- Possiamo andarcene? Ti prego, non mi sento bene e... - non riuscii a dire altro perchè la porta si spalancò e vidi mio padre come non l'avevo mai visto. Indossava un completo elegante. Si, hai capito bene. Una camicia bianca, una giacca nera, un pantalone del medesimo colore e una cravatta. Lui. Mio padre. Si era vestito elegante per... l'occasione? Indietreggiai, spaventato. Non aveva la barba. Gli occhi sembravano lucidi per la gioia e non puzzava di alcol. Erano anni che non lo vedevo così sereno e soprattutto con un dolce sorriso sulle labbra. Solitamente mi urlava contro di spogliarmi o soddisfarlo, ma in quel momento era taciturno, sorridente e sereno.

- Harry... non sai quanto mi faccia piacere che tu sia qui - si avvicinò a me, porgendomi le braccia, ma indietreggiai di scatto, singhiozzando ed estraendo dalla tasca l'inalatore. Stava per venirmi un altro attacco di panico. Quel pomeriggio, per sicurezza, mi ero portato due inalatori. Non si sa mai! L'ultimo posto in cui volevo morire era proprio quello!

- Bene, io vado. Harry, per qualsiasi cosa hai il mio numero. Alle dieci di sera ti verrò a prendere. Domani hai scuola e non puoi fare tardi. Mi raccomando Signor Styles, è sotto esame. Una piccola mossa falsa e viene buttato dentro -

Camille si voltò ed entrò in macchina, scomparendo dietro un vicolo. Mi girai di nuovo verso mio padre che nonostante fossimo soli, continuava a sorridermi dolcemente. E credimi, faceva ancora più paura di quando mi metteva le mani addosso, perchè in quel momento sapevo cosa mi sarebbe successo, mentre con il sorriso dolce mi rendeva più terrorizzato e agitato di quanto potessi essere.

- Non puoi restare lì fuori, entra dentro o ti prenderai un accidenti -

Scossi il capo e indietreggiai ancora. No, non poteva essere mio padre. Era così... diverso. E mamma aveva sempre ragione quando diceva:"Il lupo perde il pelo ma non il vizio"

- Hai paura di me? - mi chiese. Le parole mi si annodarono sulla lingua. Era ovvio che avessi paura di lui. Presi un respiro profondo e annuii.

- Bene, ti starò lontano, lo giuro. Io adesso mi sposto e tu entri, okay? - 

Lo osservai mentre indietreggiava così tanto che avrei potuto entrare in casa correndo e rifugiarmi subito nella mia stanza. Ma i miei piedi erano sigillati al suolo, così avanzai lentamente e lasciai che chiudesse la porta alle mie spalle. Mi tremavano le ossa. Mi tremavano il fiato e il cuore, che incessantemente vibrava tra le costole, facendosi spazio per pompare meglio.

- Non voglio farti male, Harry. Mi scuso se te ne ho fatto in passato - 

- E tu pensi che scusandosi possa risolversi tutto? Sono qui solo per costrizione, Tom. Se potessi, andrei via - sputai acido. Certo, mi picchia e violenta per anni e poi si scusa. 

- Ti va se ci andiamo un po' a sedere sul divano e parliamo? -

- Non lo hai capito? Non voglio parlare con te! Mi fa paura anche solo il pensiero di averti così vicino! Mi hai sempre trattato male e adesso ti presenti vestito elegante e fai la parte del padre? Non ci credo! Tu ti comporti così solo per violentarmi ancora! Solo per ingannare il giudice e per riavere la mia custodia, ma non lo permetterò - gli urlai addosso, allontanandomi subito dopo che capii di essere troppo vicino a lui. Venne verso di me, afferrandomi le spalle e sbattendomi al muro. Lo sapevo. Sapevo che era tutta una bugia.

- Tom... - biascicai, avvertendo il fiato spezzarsi e la paura trasformarsi in tsunami nelle vene.

- Mi odi così tanto... stai anche tremando... - annunciò, staccandosi e fissandomi con paura.

- Hai così tanta paura di me - ripetè, sembrano un disco rotto.

- Tu... Non hai mai fatto niente per farmi cambiare idea su di te. Sempre con le mani pronte a colpire, con il veleno pronto a corrodere... - mi schiacciai al muro. Sembrava pazzo. Gli tremavano le mani e sbatteva velocemente le palpebre. "Cosa ti sta succedendo, Tom?"

- Tu hai paura di me! - urlò, alzando un pugno in aria e colpendo la parete, vicinissimo al mio viso. Avvertii le lacrime scendere sulle guance e mi spostai, cercando di correre in direzione della porta. Era bloccata. L'aveva chiusa a chiave e non me n'ero nemmeno accorto. 

Tom si avvicinava sempre di più e fui costretto a tirare qualche altra boccata dall'inalatore. Mi faceva paura. Era davvero uscito fuori di testa.

- Tom ti prego... ti prego allontanati - biascicai.

- Non voglio farti del male - mi disse lui.

- Sono passati così tanti anni che non so nemmeno cosa voglia significare una carezza data da te. Ho paura, si... ho davvero paura di te e soffro di attacchi di panico, quindi ti prego, resta lì e non avvicinarti! -

- E' dura per un padre sentirsi dire queste cose - abbassò il viso e si passò le mani tra i capelli. Avevo preso da lui quel gesto.

- E' dura per un figlio essere violentati, picchiati e trattati come se nelle nostre vene non scorresse lo stesso sangue. Non ricordi più chi ero? Il piccolo bambino che dormiva con te quando aveva paura del brutto tempo... ma il vero brutto tempo eri tu... dovevo stare lontano da mio padre... ti rendi conto? -

- Harry, io sono davvero cambiato! - camminò ancora verso di me e scossi il capo, avvertendo delle lacrime sul mento e sulla gola.

- No, non sei cambiato e mai cambierai! -

- Non ti picchierò -

- Si, lo farai! Per te era un vizio! -

- No, non lo era! -

- Allora era una droga. Non potevi fare a meno di mettermi le mani addosso. Di lasciare che anche gli altri lo facessero. E non posso fare finta di nulla, abbracciarti e pensare che tu sia davvero cambiato. Qualche mese in prigione non ha fatto altro che renderti più pazzo e vendicativo di quanto già fossi. Stai aspettando che abbocchi alla tua esca per poi rinchiudermi di nuovo in una stanza e farmi del male! - 

- No! No! Tu non capisci! Non capisci! Non capisci un cazzo! - si lanciò su di me e piangendo scattai via, vedendolo sbattere contro la porta e girarsi. 

- Mi hai manipolato così tante volte... e io restavo sempre qui, soggiogato da te, dalla speranza che un padre potesse cambiare per suo figlio, ma no è così. Sei e resterai lo stesso uomo che ha inciso la mia pelle. E le parole resteranno sempre ardenti come lingue di fuoco -

- No, non puoi dirlo. Non puoi. Tu non capisci... io ti voglio bene. Sei mio figlio! -

- Cazzate! Sono tutte cazzate! Lo dici solo per farmi restare qui, per manipolarmi ancora! Ma è finito quel periodo. L'ho sopportato per quattro anni... troppo tempo sprecato dietro una persona che meritava di peggio - indietreggiai, avviandomi verso le scale, desiderando di chiudermi ancora nella stanza che aveva assistito ai peggiori eventi. Avrei chiamato Camille. Le avrei detto che mio padre era pazzo e mi sarei fatto venire a prendere. Non sarei rimasto lì.

- Dove vai? Non puoi andartene da qui fino a quando non verrà la signora Baxton! - mi urlò, vedendomi salire le scale. Raggiunsi velocemente la mia camera e mi chiusi la porta alle spalle. Sopirai, sentendo il fiato tremare in gola.


* Guerrieri! Mettete la canzone che ho citato all'inizio del capitolo. Mi sono ispirata ad essa per scriverlo! Spero vi piaccia. A dopo! *

Erano passati quattro anni e pochi mesi da quando mi chiudevo la porta alle spalle e sentivo i passi pesanti di mio padre salire per le scale mentre urlava a squarciagola il mio nome. Chiusi gli occhi. Mio padre era un mostro dal cuore pesante dentro un petto cavo.

La prima volta che mi aveva violentato ero così piccolo e così debole. Non sapevo nemmeno cosa volesse significare sentirsi delle mani addosso. Ma le sue erano così ruvide. Il suo respiro così profondo, odioso. Mi entrava nelle orecchie e non andava via. E restava lì, col suo peso ad aggravare sul mio. Con il suo fiato sul mio collo. 

Scivolai lentamente fino a terra, immergendo la testa nella gambe e nei ricordi. Non potevo dimenticarmi di tutto quello che mi aveva fatto. Il dolore, era così vivo che lo sentivo pungente sulla pelle, come se venissi punto da mille aghi. Mi manipolava. Mi soggiogava. Mi usava a suo scopo e a suo piacere.

Oh padre...

Ricordo ancora quando spalancava la porta e barcollava nella stanza, con la bottiglia di liquore stretta in mano e il solito sorriso malefico in viso.

Non ti ricordi chi sono? Chi ero? Di quello che mi hai fatto? Ho sperato così tante volte di andarmene via da qui, da te... eppure continuavo a restare, perchè ero troppo legato a una speranza che non era mai esistita. Tu non potevi cambiare, eppure padre, continuavo a sopportare i tuoi gesti violenti e le tue urla. I tuoi calci e le tue spinte. Continuo a girare, violentemente come un vortice, dentro il tuo mare di dolore, facendomi condizionare la vita. Ma sono stanco, adesso sono troppo stanco per ruotare ancora dentro di te. Cosa sto facendo per amore di un padre? Cosa era disposto a fare lui per amore di un figlio?

Le pareti della stanza erano spoglie. Tutto era rimasto così come lo avevo lasciato. Non meritavo una stanza decente, mio padre me lo ripeteva sempre. 

- Harry, ti prego. Esci da lì e parliamo! -

- Ero un fottuto giocattolo nelle tue mani! Mi hai sempre fatto quello che volevi! Sei un mostro senza speranza e non voglio più vederti. Andrò via da questa casa e tu non mi cercherai più, chiaro? -

- Mi dispiace così tanto, figliolo. Mi dispiace - 

- Non ti dispiace nulla di quello che mi hai fatto! -

- L'ho fatto per te! - sorrisi amaramente e scossi il capo - Dimmi, da quanto in qua si picchia e violenta la gente per amore di un figlio? -

Mandai un messaggio veloce a Camille, dicendole di venirmi a prendere perchè la situazione stava degenerando. Mi rispose subito, dicendo che era ancora fuori e che avrei dovuto raggiungerla.

Aprii la porta, vedendo mio padre piangere e cercare di fermarmi.

- Sei la pagina strappata di un libro vecchio che tengo sotterrato sotto cumuli di polvere - gli dissi, facendogli capire che non faceva più parte della mia vita. Che avrebbe dovuto scomparire.

- Dove vai? Non lasciarmi! Ti prego, ho bisogno di te! Ho bisogno di mio figlio! - urlò scendendo le scale di corsa e bloccandomi per il polso.

-Anni fa mi hai respinto dalla tua vita per buttarti nell'alcol. E' arrivato il momento in cui sono io a respingerti, per avere più spazio da donare agli altri. Tu mi hai già tirato via troppo ossigeno... troppa vita... troppi anni... e non posso restare qui... per nessun amore verso un padre assente - staccai il mio braccio dalla sua presa e mi diressi alla porta, con il passo veloce e il cuore che batteva a mille.

- Stammi lontano, Tom. - mi chiusi la porta alle spalle, scoppiando a piangere e cercando di non pensare al volto di mio padre, stravolto dalle lacrime e dal dolore. Mi appoggiai allo stipite della porta, prendendo fiato e usando l'inalatore. Le lacrime scorrevano veloci sulle guance e vidi Camille venire verso di me.

- Andiamo a casa, è tutto finito. Dirò al giudice di non affidarti a lui... te li ha fatti lui? - indicò due segni violacei sui miei polsi. Non mi ero nemmeno accorto che mi avesse afferrato così forte. Annuii distrattamente e mi fece guidare fino all'auto, salendo al lato del passeggero e continuando a piangere, con la testa appoggiata al finestrino. 

Quando arrivai a casa, trovai Louis che, seduto sul divano, piangeva e sbatteva nervosamente il piede a terra. Si alzò di scatto, probabilmente sorpreso di vedermi lì e corse verso di me, abbracciandomi forte e sussurrandomi all'orecchio che era lì per me.

- Tutto questo finirà - sentii dire a Camille, ma non ragionai molto su cosa si stesse riferendo. Restai coccolato a Louis, per un tempo indefinito.

Non smetterò mai di tenerti la mano. Non smetterò mai di sceglierti. Non smetterò mai di tenerti attaccato a me. E come lo specchio ci dice che siamo più vecchi, io guarderò da un'altra parte. Sei la mia vita, il mio amore, il mio tutto.



OKAY, NON POSSO CREDERE DI ESSERE RIUSCITA A SCRIVERE TUTTO IL CAPITOLO, MA CE L'HO FATTA. MI SCUSO PER IL RITARDO MA BREVEMENTE, PERCHE' NON HO TEMPO, VI DICO CHE POSSO SCRIVERE SOLO LA DOMENICA PERCHE' TUTTI GLI ALTRI GIORNI NON SONO MAI A CASA E SONO SFINITA DALLA PALESTRA, DALLA SCUOLA E DAI CORSI DI RECUPERO! QUINDI, SE NON AGGIORNO SPESSO, CERCATE DI CAPIRMI. LA DOMENICA SONO STANCA MORTA, EPPURE SCRIVO LO STESSO PER FARVI FELICI!

SCUSATE GLI EVENTUALI ERRORI CHE HO POTUTO TRALASCIARE PER LA FRETTA!

NELL'ULTIMA PARTE , QUELLA "NON SMETTERO'...." CI SONO ALCUNI PEZZI CHE HO PRESO DALLA CANZONE "NEVER STOP", ALTRI LI HO AGGIUNTI IO! 

GRAZIE PER I COMMENTI E PER I VOTI, VI AMO! <3

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