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Non ho bisogno di aiuto

Capitolo VIII

Non ho bisogno di aiuto.


Passò circa mezz'ora prima che un Louis raggiante e con un sorriso sul viso uscisse fuori da quella stanza. Per tutto il tempo ero rimasto a pensare a quanto inutile potesse essere la mia vita se mi avevano addirittura vietato l'ingresso in una stanza d'ospedale. Sapevo che farmi male non era la soluzione adatta e migliore, lo vedevo in tutti i volti sconvolti dei familiari che andavano a fare delle visite. Loro stavano male, con tutto non si tagliavano o almeno si mostravano sempre sorridenti, proprio come il mio finto sorriso. La cosa che mi ha ucciso di più in quella mezz'ora? Vedere uscire dalla sala operatoria un bambino talmente piccolo che non ha ancora avuto modo di vedere tutti i colori della vita. La mamma era persa in un fiume di lacrime, il padre sembrava in uno stato di trance. Qualcosa mi fece capire che quel bambino non doveva aver subito una stupida e facile operazione, ma qualcosa di più grande, forse pure troppo per il suo debole cuore. Strinsi una mano intorno al polso con le incisioni. Lo strinsi forte, ricordandomi quanto male inutile stessi facendo al mio corpo. Lo sapevo, sapevo quanto potesse essere stupido e altamente inutile, ma sapevo anche che era l'unica cosa che riusciva a colmare quella pericolosa voragine al posto del cuore. Passare tre anni di puro inferno, con un padre che abusa di te e ti picchia come se niente fosse, con molte persone che prendono in giro il tuo essere e la tua diversità, con persone che ti picchiano, che ti umiliano, che prima ti trattano bene e poi non ti fanno entrare nemmeno nella sua stanza d'ospedale, con persone che ti fanno sentire più inutile di un pezzo di carta che brucia, non è per niente facile. Hai bisogno di qualcosa che ti faccia capire che sei costantemente unito alla vita, nonostante la tua vita faccia schifo. Hai bisogno di un oggetto che ti dà dolore, perchè il dolore ti fa capire che vivi, che la tua pelle non viene trapassata come aria, che continua a sentire pulsazione nervose. Ecco perchè mi facevo male. Per coprire la voragine del mio cuore e per rendermi conto di essere ancora in vita, di continuare a respirare e a far battere quel piccolo pezzo di cuore rimasto. 

- Come è andata? - chiesi a Louis, ricordando a fatica che fosse ancora lì a fissarmi. Si sedette sulla sedia alla mia sinistra e mi scrutò attentamente, prima di iniziare a parlare.

- Bene. Abbiamo chiarito tutto e la nostra amicizia è salva. Non si può dire lo stesso del suo stato fisico - ridacchiò nervoso, passandosi una mano tra i capelli. Solo allora mi accorsi di avere ancora la mia attorno al polso, così cercando di essere indifferente la staccai e la portai dentro le tasche dei jeans, inclinando maggiormente la schiena a stiracchiandomi un po' sulla sedia.

- Come sta? - come si può notare le mie domande erano ridotte. La voce usciva a fatica, ma non perchè fossi stanco, piuttosto perchè non provavo interesse verso chi mi aveva lasciato fuori dalla sua stanza d'ospedale. Solitamente non portavo rancore verso le persone, riuscivo facilmente e perdonarle, ma come potevo perdonare chi continuava a offendermi e non concedermi tempo per chiarire, magari lasciarlo parlare, se proprio è stato lui a commettere lo sbaglio? E qualcosa mi dice che sia stato proprio Zayn a sbagliare, quella volta.

- Non come sempre. Ha riportato delle ustioni da sfregamento col cemento e gli hanno fasciato il braccio destro. Ha delle ammaccature per tutto il corpo e qualche livido sparso sull'addome e sulla schiena. E' fortunato a non avere lesioni o altro -

- Quando lo rimettono? - 

- Oggi pomeriggio -

- Come è successo l'incidente? -

- Ieri sera stava tornando a casa, in moto. Era appena scappato furioso da casa nostra. Andava a una velocità un po' esagerata e una macchina che andava di contro-mano gli è venuta addosso. E' atterrato su un giardino di una casa, ma si è schiantato un po' col cemento. Il tipo alla guida dell'auto è stato arrestato, non ha riportato danni, mentre Zayn è lì dentro - abbassò lo sguardo, prendendo a stuzzicare le dita della mano.

- Andrà tutto bene. Adesso dovremmo andare a scuola o faremo tardi per la seconda ora - odiavo andare in quella specie di carcere senza sbarre, ma era meglio stare lì, sotto gli insulti della gente, piuttosto che in ospedale, cacciato via da una stanza.

- Hai ragione - si alzò e insieme ci dirigemmo verso la sua macchina. Entrai e allacciai la cintura, fissando i lineamenti tesi del volto di Louis. Quanto poteva essere carino quel ragazzo? 

- Mi dispiace se Zayn non ha deciso di farti entrare - sbottò all'improvviso, prendendo una curva di destra e fermandosi allo stop, prima di ripartire.

- Non fa niente. Sono scelte sue, non posso contraddirle. -

- Non si tratta di contraddirle. E' stato sbagliato non considerare la tua presenza, chiedendo il divieto al tuo accesso -

- Vuol dire che non gli va a genio la mia presenza. Stai tranquillo Louis, okay? Ci sono abituato.. - girai il viso verso i l finestrino e iniziai a osservare la fine di una strada deserta e l'inizio di piccole vie tra le case.

- Non dovresti abituarti, dovresti reagire -

- Reagire? - domandai, credendo che dentro quella stanza avesse fatto uso di droghe.

- Si, reagire. Dovresti smetterla di farti trattare male, da tutti. -

- Forse è la cosa che mi riesce meglio - sbottai rassegnato.

- Scherzi? Non ho mai visto un ragazzo forte come te. Stai superando l'inferno -

- Io non sono forte Louis. E adesso per favore, possiamo riprendere il tragitto in silenzio? - dato che non rispose a questa domanda capii che era un "si". Sospirai alleggerito da quella situazione e aspettai con calma il nostro arrivo a scuola. Essendo la seconda ora non c'era nessuno fuori da quell'edificio, ma non appena la campanella suonò, gruppi di studenti si rovesciarono fuori dalle loro aule, come sangue dalle ferite. Cercai velocemente di raggiungere il laboratorio di chimica, ma qualcuno mi afferrò bruscamente per lo zaino, facendomi arretrare fino a una stanza vuota. Notai fin da subito gli scagnozzi di Mark. Quest'ultimo se ne stava in fondo alla stanza, senza fiatare. Quello che dovrebbe chiamarsi Finnik mi strappò lo zaino dalle spalle e lo buttò nel punto più buio della stanza, dove il sole non riusciva a passare per le tapparelle. Un altro ragazzo di nome Josh mi spinse al muro, affondando la mia faccia nel freddo stucco bianco. Lasciai uscire fuori un piccolo gemito di dolore, ma sfortunatamente questo aumentò il piacere nel ragazzo che mi teneva fermo. 

- Harry... Harry...Harry... era proprio da tanto che non ti picchiavo eh? - cantilenò Josh. Io in compenso non risposi. Ripensai alle parole di Louis: "Si, Reagire.Dovresti smetterla di farti trattare male, da tutti". Ma non era per niente facile. Forse per lui si, dato che nessuno osava mettergli le mani addosso.

- Dovresti imparare a rispondermi ogni tanto. Renderebbe il tutto più soddisfacente - disse aggressivo, spingendomi sempre più incollato al muro. Notando che non risposi, mi girò di spalle, facendo scontrare la mia schiena con il freddo stucco. Una fitta mi oltrepassò le vertebre e mi lasciò per qualche secondo alla ricerca di un po' di ossigeno. 

- Mark cosa vuoi che gli facciamo oggi? - chiese Finnik. 

- Vi ho detto che non avreste dovuto fare niente - borbottò Mark, non muovendosi dalla sua postazione.

- Bene, allora mi inventerò io qualcosa - detto questo Josh caricò un pugno e lo scaricò proprio sulla fragile pelle del mio addome. Mi accasciai a terra, impossibilitato di movimenti bruschi e con un enorme dolore allo stomaco. Mi sarebbe spuntato presto un livido viola.

- Finnik, a te il piacere del secondo pugno - il ragazzo non se lo fece ripetere due volte che mi aveva già lasciato un altro pugno sullo stomaco. Perchè lì? In modo che nessuno potesse accorgersi che ti hanno picchiato e che i professori non potessero insospettirsi. Se ti vedevano tenerti la mano sulla pancia ti mandavano in bagno, improvvisando che avessi dolore allo stomaco, quando invece loro, più di tutti, sapevano che in quella scuola c'erano bulli.

Sommerso dai pensieri e dal dolore non sentii il terzo pugno, ma sapevo che era stato Finnik. Me ne diedero altri tre prima che Mark si decidesse a fermarli.

- Ero già contrario a picchiarlo, adesso basta - disse fermando il pugno in aria di Josh. Non sapevo perchè adesso si comportasse così bene, fatto sta che con un'occhiataccia fece uscire tutti quanti e poi mi porse la mano per aiutarmi a mettermi in piedi. Non abituato a tutta quella sua gentilezza, appoggiai le mani al suolo e con fatica mi tirai su da solo. Afferrai lo zaino che Mark mi aveva recuperato.

- Mi dispiace per quello che ti ha fatto passare tuo padre. Scusami per tutto quello che ti ho fatto - chiese abbassando lo sguardo. Ora capivo tutto. Anche lui provava compassione nei miei confronti.

- Grazie per averli fatti smettere - dissi velocemente, uscendo dalla stanza e continuando a tenermi la pancia. Le fitte aumentavano costantemente a ogni passo. Fortunatamente erano passati solo dieci minuti e quindi con una finta scusa mi avrebbero ammesso alle lezioni.

- Scusi prof, posso entrare? - 

- Come mai in ritardo, Styles? - chiese. Lei era diversa dalle altre. Era piuttosto giovane e con biondi capelli e occhi azzurri. Al contrario degli altri professori non restava in silenzio davanti ad atti di bullismo, piuttosto ti aiutava. Lei sapeva quello che passavo e una volta lei stessa mi aveva portato in infermeria, dopo che ero quasi svenuto in corridoio. 

- Mi hanno trattenuto in segreteria, dovevo farmi firmare l'entrata a seconda ora - mi avvicinai alla cattedra e le lasciai il libretto di giustificazioni. Sentivo gli occhi di tutto puntati addosso. 

- Sicuro di stare bene? - sussurrò lievemente, evitando che gli altri sentissero. Mi fissò la mano che avevo allo stomaco e così annunciai un fievole "si" prima di andarmi a sedere al solito posto in fondo all'aula. 

- Professoressa Natak, mi hanno inserito in questo corso... posso entrare? - riconobbi subito quella voce e mi girai verso la porta. Louis era in piedi e aspettava una risposta.

- Come mai in questo corso di chimica e non in quello del professore Illow? - chiese astuta la professoressa. Era quasi una migliore amica per tutti.

- Beh diciamo che non andiamo molto d'accordo e l'ultima volta ha sbattuto fuori dall'aula me e Zayn, obbligandoci a trasferirci in questa con lei -

- Avete causato voi quella piccola esplosione in laboratorio? - Louis si lasciò sfuggire una risatina isterica che fece ridere tutta la classe, compresa la professoressa.

- Farò finta di non saperlo, siediti pure nel primo posto libero e non far scoppiare quest'aula gentilmente - 

- Nah, questa mi fa simpatia - sorrise e si osservò un po' intorno prima di fissarmi negli occhi. Arrancò qualche passo e si sedette accanto a me.

- Non ti piaceva il posto accanto a July? - chiesi.

- Questo è molto meglio per molti motivi -

- Sono curioso di scoprirli -

- Beh. 1) C'è il mi fratellastro.

2) E' all'ultimo posto dell'ultima fila.

3) Qui non mi vede nessuno.

4) Ho una bella visuale delle gambe della prof.

5) Posso parlare senza che prima mi rimproverino settecento volte. -

- Chi ti dice che vorrò parlare? - sussurrai, aprendo il libro alla pagina stabilita.

- Chi ti dice che dovrai rispondermi piuttosto che ascoltarmi e basta? - mi aveva fregato. Lui e quel sorrisetto complice mi avevano fregato. Sorriso rassegnato e lessi il titolo della nuova lezione. Studio dei sali minerali. Che noia... Anche Louis parve essere annoiato. Fortunatamente la professoressa Natak sapeva come catturare la tua attenzione. Per prima cosa gironzolava per i banchi, assicurandosi che tutti guardassero lei e non i telefoni. Poi prendeva diverse pietre e iniziava a fartele vedere e a incuriosirti con nuovi approfondimenti. Infine chiedeva cose facili alla classe, proprio per vedere se eri attento. 

- Questa pietra che ho in mano di che colore è? - chiese a un ragazzo basso e con le lentiggini. Prima che lui rispondesse lo bloccò e posò lo sguardo su Louis. Solo allora mi accorsi che stava messaggiando. Gli diedi una gomitata cercando di avvisarlo, ma non si girò a guardarmi. Gliene diedi un'altra, ma era in trance. Alla terza la prof prese parola.

- Signorino Tomlinson, il signorino Styles non gli ha dato parecchie gomitate per avvisarlo? - a quel punto alzò lo sguardo e disse un - Eh!? - facendo ridere le ragazze. Io affondai la testa tra le mani, pensando a quanto potesse essere stupido, poi capì cosa intendeva e tolse di mezzo il telefono.

- Ahh, lei intende questo? Beh non sa proprio cosa è successo. La mia ragazza pensava l'avessi tradita e lei cosa pensa che sia più importante? Sapere di che colore fossero i sali minerali oppure capire se stesse mentendo o se pensava davvero che l'avessi tradita? - sbottò fuori. Il solito gruppetto di oche scoppiò a ridere e la prof non riuscii a trattenere un sorriso divertito.

- Dica alla sua ragazza che se vuole continuare ad avere un ragazzo, deve parlare di questi argomenti durante la pausa pranzo e non adesso -

- Beh glielo dica lei. A me non da ascolto. Guardi, legga qui - si alzò dalla sedia e si avvicinò alla prof con il cellulare in mano. 

- "Mi spieghi chi è Caroline?" - iniziò a leggere fingendo la voce di Eleanor, poi continuò dicendo - Io gli ho detto che non conosco nessuna Caroline, ma lei non mi crede... adesso mi dica cosa rispondere - sbuffò innervosito. Io mi lasciai sfuggire una piccola risata a quel buffo comportamento. Non avrei mai avuto il coraggio di fare ciò che stava facendo lui.

- Dammi qua. Voi uomini siete tutti uguali - scrisse qualcosa di estremamente lungo e poi lasciò il cellulare in mano a Louis che lesse ad alta voce.

- "In una relazione ci vuole fiducia. Io ti amo e ti giuro che non conosco nessun Caroline. Chiunque fosse non avrebbe il tuo meraviglioso sorriso e la tua dolce espressione. Se mi comporto da stupido cerca di capirmi. Sono pur sempre un uomo... Perdonami... Ti amo..". Lei è un genio... mi ha risposto dicendo che mi ha perdonato e che mi ama... - abbracciò la prof e tornò a sedersi alla mia destra. 

- Adesso vedi di seguire la lezione -

- Agli ordini - rispose portando la mano sulla fronte, proprio come fanno i soldati. 

Dopo pochi minuti sentii la testa girare vorticosamente. Le vene quasi pulsavano e una strana acidità incombeva lo stomaco. 

- Styles sta bene? La vedo pallido... - annunciò la prof avvicinandosi. Ebbi la forza di chiederle il permesso di andare in bagno prima di uscire velocemente dall'aula. Entrai nel primo a disposizione e mi piegai in due prima di rimettere ogni cosa. C'erano anche tracce di sangue, ma asciugai la bocca e mi diedi una sciacquata sul viso prima di sedermi sullo sporco pavimento del bagno. Cercavo di riprendere fiato e fui felice che il mal di testa fosse leggermente diminuito, ma mi infastidiva lo stesso. Finnik e Josh c'erano andati giù pesante. 

Dopo parecchi tentativi mal riusciti, riuscii a mettermi in piedi, aggrappandomi al muro e tenendomi la pancia, che doleva da impazzire. 

La porta del bagno si aprì all'improvviso, facendo entrare un Louis preoccupato.

- Che succede? Tutto bene? - chiese. Annuii lievemente, dato che non riuscivo a fare altro e arrancai qualche passo.

- Vuoi una mano? - 

- No, grazie. Mi gira solo un po' la testa. Tutto qui - feci un altro passo, rischiando di cadere a terra, ma fortunatamente le sue braccia mi presero in tempo. Quando mi rimise su per sbaglio la mia maglietta si sollevò e non potei evitare a Louis di vedere un livide nero che aleggiava all'altezza del fianco.

- Chi è stato? - chiese nervoso. Io non risposi.

- Non rispondere. So bene chi è stato e me la pagherà! - non potendo muovermi e non riuscendo ad afferrarlo, lo vidi sfrecciare via dal bagno e sbattere la porta violentemente. Avevo solo paura per lui, paura che qualcosa potesse andare male e paura anche per Mark dato che per la prima volta mi aveva aiutato e non ucciso di parole.

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