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Lacrime taglienti

Capitolo XV

*PUNTO DI VISTA DI HARRY*


- Zayn! - urlai non appena gli arrivò un altro calcio allo stomaco. Perchè non mi alzavo per aiutarlo? Jonathan mi aveva buttato a terra e avevo sbattuto la testa contro il comodino, perdendo ogni forza e il senso dell'orientamento. Perchè nessuno ci sentiva? Forse erano tutti in giardino, avevano deciso di stare là per il pomeriggio e ci stavano aspettando.

- S-sto bene H-harry... Tran-Ah! - soffocò un altro lamento e per quello che potei notare lo vidi portarsi le mani allo stomaco, continuando a gemere per il dolore.

- No, non sto tranquillo - mi feci e barcollando mi aggrappai al letto. Presi quell'uomo per le spalle e debolmente lo scaraventai via, vedendoci un po' doppio e aggrappandomi al muro, dove steso ai miei piedi giaceva Zayn, dolorante  e bagnato un po' dal suo stesso sangue.

Perchè ogni cosa doveva prendermi in giro? Prima sembrava andare per il verso giusto e poi, tutto a un tratto le brutte notizie o i brutti eventi ti si scaraventavano addosso. 

Jonathan che aveva perso l'equilibrio e si era rialzato, mi prese alla sprovvista e tentò di darmi un calcio alle gambe. Senza saperne neanche io il motivo o come diavolo ho fatto, riuscii a saltarlo, quindi schivarlo, ma un altro urlo si impossessò dei timpani delle mie orecchie e abbassando lo sguardo notai che il calcio dell'uomo aveva schivato me ma colpito Zayn, all'altezza della bocca dello stomaco. Il mio, credo, ormai amico si chiuse a riccio, portando le gambe verso la testa, in modo da proteggere lo stomaco. Lo vidi tossire, allontanò la mano dalla bocca e spalancò gli occhi. Era sangue.

A quel punto capii che non avevo più niente da perdere. La mia vita poteva pure fare schifo, ma non dovevano toccare quella della gente a cui volevo bene. Sapevo che Zayn mi aveva trattato nel peggior dei modi, ma sapevo anche che stava attraversando l'inferno. 

Caricai un pugno e i gemiti di dolore di Zayn mi diedero la forza di imprimere sul viso di quel bastardo un bel marchio. Non mi fermai. Colpii più punti possibili pensando al male che mi avevano fatto, pensando ai tagli sul mio corpo, ai lividi, ai dolori che non sarebbero andati via con nessuna vendetta. Pensavo a quando, invece, potesse essere bella la mia vita grazie a Louis. Continuai a dare pugni, alcuni venivano schivati, altri presi in pieno. Non avevo mai lottato, non mi ero mai difeso, pensando di essere troppo debole per farlo... troppo debole anche solo per provarci. E invece in quel momento mi sentivo una macchina da guerra. Dovevo proteggere Louis, dovevo proteggere Zayn, Johannah, le piccole e le ragazze.

Forse non dovevo proteggere nessuno, forse nessuno voleva la mia protezioni, ma le mie mani si muovevano sole, come se lo facessero da sempre. Come se dare pugni fosse la mia passione, come se ogni pugno lanciato, fosse una lama in meno dal mio cuore. 

Mi fermai solo perchè notai il corpo di Jonathan ormai dolorante e steso al suolo. Feci un sorrisino soddisfatto prima di sentire un altro gemito. Pensai fosse di quel lurido bastardo e invece era di Zayn. Provava ad alzarsi ma non ci riusciva. Teneva una mano sullo stomaco, mentre l'espressione del viso era corrucciata in una smorfia di dolore. Lo afferrai un attimo prima che il suo corpo cadesse rovinosamente a terra. 

- Stai calmo e fermo. Ci sono io qui - lo rassicurai, appoggiandolo nuovamente a terra. Mi alzai intenzionato ad andare in bagno, notando che la figura di Zayn si contorceva invisibilmente dietro al letto, ma una porta spalancata mi fece sobbalzare sul posto.

- Dove eri fini... Harry ma che cazzo hai fatto? - urlò Louis notando solamente la figura di Jonathan che si asciugava il sangue dal naso.

- Il tuo caro fratellastro mi ha picchiato senza motivo - sbottò quest'ultimo.

- No Louis. Non credergli non è vero - cercai di farglielo capire, ma lui fissò le mie mani, ricoperte dal sangue di quel verme e poi mi fissò deluso.

- Non pensavo avessi mai avuto il coraggio di fare una cosa del genere - bofonchiò.

- Louis io non ho fatto niente - continuai, sentendo ormai le lacrime bruciare all'angolo degli occhi. Sarei a breve scoppiato in un pianto isterico.

- Ho solo aiutat... - mi bloccò e continuò lui - Hai aiutato? Hai aiutato chi? Io volevo cacciarlo di casa e non ucciderlo. Ti rendi conto di quello che hai fatto? Te ne rendi conto? - Mi urlò a pochi centimetri dal viso. Spaventandomi infinitamente. 

Nella mia testa rividi scene di pestaggio e violenza.

- Stai fermo così finiremo prima - sussurrò mio padre, abusando del mio corpo.

**

- Ne vuoi ancora, eh? Ne vuoi ancora? - urlò ancora mio padre, picchiando il mio corpo questa volta. 

**

- Sei un mostro. Un mostro gay - sillabò sempre quell'uomo che avevo come padre. Forse aveva ragione, ero solo un mostro e come tale non meritavo di vivere alla luce del sole. Ecco perchè il buio mi circondava sempre.

Mi svegliai dal trance e notai di stare piangendo. Le lacrime ormai sgorgavano dagli occhi. Come potevo mantenere la mia promessa, se lui non si fidava delle mie azioni?

- G-guarda dietro al letto - bofonchiai a fatica, asciugando le lacrime dagli occhi e abbandonando la stanza, non prima di aver dato accidentalmente una spallata a Louis, che ancora mi fissava scioccato per il mio pianto. Entrai in camera mia e mi chiusi in bagno.

Al diavolo la promessa che avevo fatto a Louis. Io non ero felice e non avrei mai potuto esserlo.

Così, mentre le lacrime scendevano amare e taglienti sul mio viso, mentre ammassi di rocce, dai spigoli taglienti, soppesavano sul mio ormai distrutto cuore, mentre il fiato tornava a essere debole e frequente, mentre ogni cosa che mi teneva aggrappato alla vita scorreva via, come l'acqua quando prende la discesa. Troppo veloce per bloccarla, troppo debole, io, per escogitare un sistema innovativo. Afferrai l'arma del mio dolore. Della mia promessa. Del male che facevo a me e a chi mi stava intorno. L'appoggiai al polso, indeciso sul da fare. Compilai una lista mentale.

Perchè farlo:

Mi odiavo.

Mio padre aveva ragione. Ero un mostro.

La gente che mi stava accanto prima o poi soffriva.

Sapevo solo procurare dolore.

Non sapevo mantenere le promesse.

Ero debole.

Vigliacco.

Vuoto.

Sofferente.

Senza cuore.

Senza vita.

Senza anima.

Meritavo la morte. La ghigliottina. Il rogo. L'ergastolo. L'omicidio. L'assassinio. 

Meritavo qualunque cosa, anche la più dura e dolorosa.

Perchè non farlo:

Per la promessa con Louis. Promessa che non aveva più senso. Promessa fondata sulla superficialità. Promessa che non credeva nei tuoi gesti e nelle tue forze. Promessa che più che fortificarti, ti distruggeva.

Piansi ancora. Piansi mentre la presa sulla lama si faceva più forte. Piansi mentre la trascinavo sul polso. Piansi per il dolore che stavo facendo a tutti. Piansi perchè piangere era diventata una cosa abituale per me. Piansi perchè non mi rimanevano forze per sorridere. Piansi, abbandonando ogni frantumato pezzo della mia anima insieme a ogni insignificante e dolorosa lacrima.

Il dolore mi voleva troppo bene. Troppo per non istigarmi a farmi altri tagli, a procurarmi altro dolore.

Il dolore voleva me, e io mi sarei concesso. Con ogni mia debolezza e difetto.

Il bene mi aveva abbandonato da tempo. Forse il giorno della morta di mia madre. Forse dopo. Forse prima. Ma mi aveva abbandonato.

Solo il dolore sapeva accogliermi con le braccia aperte e io avevo bisogno di affetto.  

Fu così che mi abbandonai al dolore e lasciai le mie forze cedere. Schiantandomi con il suolo, freddo, immobile, proprio come la mia ormai inesistente anima.

*PUNTO DI VISTA DI ZAYN*

Sentì la porta della camera sbattere e una pesante discussione tra Louis e Harry. Volevo parlare, dirgli che Harry aveva ragione, che mi aveva salvato, ma un opprimente dolore allo stomaco mi toglieva pure il fiato, oltre che le parole.

Jonathan mi picchiava da mesi, ormai. Era colpa sua se avevo fatto l'incidente. Lui mi aveva deviato la strada, impedendomi di non scontrarmi col pazzo che mi stava venendo contro. Probabilmente suo amico. Ero vivo, avevo superato l'incidente e mi erano rimasti solo alcuni tagli e bruciature, ma adesso mi era stato ricordato che appartenevo a un uomo... Jonathan era come un padre per me. DOVEVA prendersi cura di me. Mio padre mi affidò a lui, prima di morire. Per questo io e Louis avevamo molto in comune, entrambi sapevamo cosa significasse vivere senza una figura paterna, anche se io ero pure senza una madre. Vivevo solo in casa, tranne quando Jonathan fingeva di occuparsi di me, sfogando la sua rabbia in dolorosi pugni sul mio corpo. Non avevo mai avuto le forze per difendermi. In fondo non ero poi così duro.

Esatto, ero proprio svenuto perchè avevo visto la figura di Jonathan e non volevo mettere in pericolo anche la famiglia Tomlinson, ma Harry era stato coraggioso a occuparsi di me e io dovevo difenderlo. Aiutarlo. Sapevo quanto fosse debole, sapevo di averlo trattato male, ma non volevo affezionarmi alle persone. Non più. Avevo capito che ogni persona che amavo, prima o poi mi avrebbe lasciato. Anche Louis lo avrebbe fatto. 

Sentii Harry scoppiare a piangere e mi si frantumò il cuore. Dovevo trovare le forze per parlare, ma non riuscivo nemmeno a muovermi. Louis dopo aver sentito le parole di Harry che lo invitavano a guardare dietro il letto, mi venne incontro e mi abbracciò, cominciando a preoccuparsi e a capire che aveva sbagliato, che Harry aveva ragione e che Jonathan fosse un mostro. 

Mi aiutò a sedermi sul letto e chiamò prima la polizia e poi la madre. Io gli raccontai ogni cosa, per filo e per segno e l'arrivo della polizia mi costò altre forze. Dovevo raccontargli tutto, ripetere la storia, nonostante il dolore allo stomaco era opprimente, ma grazie ad Harry ero uscito fuori dal mio tunnel buio.

Era passata un'ora dall'arrivo della polizia, infatti era pure andata via portando via Jonathan con loro, lo avrebbero messo in galera, dove meritava di essere, ma di Harry nessuna notizia. Non si era visto e Louis era troppo orgoglioso per andare da lui e chiedergli scusa, così a fatica mi alzai dal letto e grazie agli antidolorifici potei fare qualche passo, tenendomi forte alla parete, per paura di cadere. 

Non volevo andare in ospedale, sapevo cavarmela da solo. 

Entrai nella stanza di Harry e la trovai vuota, stavo per uscire, ma una piccola striscia rossa che passava da sotto la porta attirò la mia attenzione. Alquanto confuso feci alcuni passi e aprii la porta che fortunatamente non era chiusa a chiave.

Poi il cuore mi si bloccò in gola. Il fiato cessò di entrare e le mani mi tremarono. 

Harry era lì. Harry era a terra. Harry aveva i polsi sanguinanti. Harry piangeva. Harry veniva scosso dai singhiozzi. Harry aveva bisogno di aiuto. Del mio aiuto. 

Entrai velocemente in bagno e mi chiusi la porta alle spalle. Faticosamente, dato il dolore che ancora provavo, aiutai Harry a sedersi sul water e silenziosamente disinfettai i suoi tagli e bendai i polsi. Io sapevo cosa provava. Anche io avevo vissuto quella maledetta parte della mia vita, dove il dolore mi sembrava la scelta migliore, ma poi ne ero uscito solo. Ma Harry era troppo debole per farlo. 

- N-non dirlo a nessuno  - sussurrò con un poco di fiato e gli occhi socchiusi. Aveva perso un bel po' di sangue e chissà da quanto tempo giaceva a terra senza la forza di alzarsi.

- Fatti aiutare da me Harry - dissi calmo.

- Non voglio l'aiuto di nessuno. Louis mi aveva offerto il suo e mi ha abbandonato. Non voglio più nessun aiuto - altre lacrime uscirono fuori dai suoi occhi e quando mi guardò fece bloccare tutto il mio universo. Quel verde speranza si era spento, abbandonandosi a un verde opaco, triste, nero, morto. 

Le occhiaie giacevano sotto gli occhi. Le guance arrossate e rigate dalle pesanti lacrime del dolore. Il cuore sicuramente in frantumi. 

Fu in quel momento che mi rividi. Mi rividi quando ero debole, con una lama in mano e tagli sul polso. Mi vidi mentre piangevo da solo in stanza e mi tagliavo per non soffrire. Mi vidi mentre ero debole e capii che Harry aveva bisogno di promesse vere. Aveva bisogno di una grande roccia e non di un sassolino che veniva trasportato via dall'acqua.

- Fidati di me - dissi abbracciandolo. Io sarei stato la sua roccia. Sarei stato la sua bussola. Si, perchè io, Zayn Malik ero gay da due anni. Nessuno lo sapeva, lo nascondevo benissimo, fingendo di cambiare ogni sera una ragazza diversa. 

La verità è che io, Zayn Malik, mi ero fottutamente innamorato del riccio. Il riccio dagli occhi verdi. Harry Styles. Ecco perchè lo ignoravo, ecco perchè lo trattavo male. Volevo evitarlo, nonostante mi stessi innamorando sempre di più. 

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