L'uragano Charly.
Capitolo XXXVI
*NIALL'S POV*
Quella sera avevo proprio voglia di uscire. Chiamai Louis, ma mi disse che era impegnato con Harry dato che quest'ultimo non si sentiva molto bene e che non sarebbero usciti. Così decisi di non chiedere molto e chiamai Zayn e Liam. Almeno loro mi dissero che sarebbero usciti e che ci saremmo visti verso le 10:00 p.m al solito pub. Considerando che il giorno dopo avevamo scuola, non saremmo tornati a casa più tardi di mezza notte o l'una.
Mi lavai velocemente e indossai un paio di jeans e una camicetta bianca. Non volevo nè sembrare un pinguino con lo smoking e nemmeno una scimmia che si è appena svegliata dopo il sonnellino pomeridiano.
Aggiustai i capelli e mi accorsi di aver appena fatto in tempo. Liam e Zayn mi stavano già aspettando fuori da casa. Salutai i miei genitori... più che salutarli mi ritrovai a urlare un " Sto uscendoo!" e senza nemmeno sentire la risposta ero già nella macchina di Zayn.
Il pub come al solito era stracolmo di gente, nonostante fosse un semplice giorno della settimana. La cosa non mi dispiaceva, mi ero abituato alla confusione e poi c'era la possibilità che avrei incontrato molte più ragazze. Non ero il solito "cascamorto" o "puttaniere". Non mi piaceva nemmeno fare il doppio gioco con le persone. E infatti non lo stavo facendo. Charly aveva un ragazzo e non stavamo insieme. Quindi non c'era nulla di male se mi guardavo attorno per vedere chi altro fosse disponibile. E poi a Charly non interessavo e io non ero lì per dimenticare Charly. No... affatto... Oh a chi la voglio dare a bere! Esatto, mi trovavo in quel locale perchè volevo bere qualcosa e fare di tutto per dimenticare Charly. Fingevo che non fosse importante per me, ma aveva lasciato un'impronta troppo importante nel mio cuore. Talmente tanto che non avevo nemmeno cenato e non mangiavo dalla mattina. Dalla colazione con Charly, precisamente. Era strano. Molto strano. Io ero sempre stato innamorato del cibo, mentre in quel momento mi veniva la nausea solo a sentirlo nominare. Avevo una sola persona in testa. Un solo nome che rimbombava come la musica nelle casse.
Charly. Charly. Charly. Charly. Charly.
- Charly! - urlò Zayn, che era ancora dietro di me. Pensai che mi avesse letto nel pensiero, oppure avevo detto il nome di quella ragazza per troppe volte e lo aveva sentito. Così, involontariamente, la mia espressione si trasformò in una di quelle che dicono "Ma cosa stai dicendo?" E come se mi avesse letto nel pensiero, Zayn mi indicò due figure al centro della sala. Charly e il suo ragazzo. Ballavano. Si abbracciavano. Si baciavano e .... aspetta... ma come faceva Zayn a sapere chi fosse Charly? Io non gliela avevo mai presentata.
- La conosci? - gli chiesi, fingendo che non mi interessasse più di tanto, ma in realtà provavo gelosia. Quella ragazza mi stava distruggendo con le emozioni.
- Ho visto la sua foto nel tuo cell e quando si è girata verso di noi ho capito chi era - alzò le spalle, mantenendo un tono calmo e neutrale.
- Oh... ASPETTA! HAI PRESO IL MIO CELLULARE PER VEDERE LE FOTO? LE SUE FOTO? - mi ritrovai ad urlare per due motivi. La musica che mi stordiva e non mi faceva capire niente e il motivo per il quale Zayn aveva il mio cellulare in mano.
- Controllavo che ore fossero e non hai password... così... beh io e Liam abbiamo pensato di dare un'occhiata - sorrise innocentemente, mentre Liam si nascose dietro di lui, nascondendomi anche la sua risatina.
- Gelosone! - borbottò Liam, facendo ridere anche Zayn. Mi trovai a trucidarli con lo sguardo. In fondo non c'era niente di male ad ammettere di essere geloso. Serviva per marcare il territorio. L'unico problema è che non avevo il territorio da marcare. Charly non era mia, ma del suo ragazzo.
- Siete salvi solo perchè ho voglia di bere qualcosa - annunciai, sentendomi subito dopo osservato da due paia di occhi. Zayn e Liam mi fissavano sconvolti e impassibili.
- Che c'è? - chiesi, sapendo all'incirca il motivo della loro espressione.
- Tu non hai MAI bevuto - iniziò Zayn.
- Già e gli alcolici ti hanno SEMPRE fatto schifo - continuò Liam.
- Mi è venuta voglia di provare a farmeli piacere - conclusi, girandomi verso il bar e ordinando subito un cocktail. Non sapendo che tipo di alcolico scegliere, così decisi di farlo fare a scelta dal barman.
Mi ritrovai a bere un numero indefinito di alcolici schifosi, seduto su una sedia del bar a fissare la mia Charly ballare e ridere col suo ragazzo. Zayn e Liam si erano vaporizzati da qualche parte. Meglio così, non volevo avere dei papà a dirmi di smetterla di bere. In fondo era divertente sentire la testa leggera. L'unico problema è che ridevo per qualsiasi cosa, venivo scosso da forti giramenti di testa e a volte chiudevo gli occhi per cercare di colmarlo e non potevo alzarmi perchè sentivo le gambe molli e deboli. Ero già caduto due volte provandoci. Forse ero in uno stato pietoso, eppure l'unica cosa che volevo era bere di più. Fino a non ricordare nulla. Fino a non sapere nemmeno il mio nome. Fino a non sapere che la mia vita era stata stravolta da un uragano con un nome ben preciso: Charly.
Poi non ricordai più nulla. Non ricordai cosa avessi fatto dopo essermi introdotto in pista. Forse mi avevano pure fatto cadere più di una volta costatando un livido nero che avevo sull'avambraccio. La testa non era più leggera, ma pesava. Non ridevo più, anzi ero fin troppo serio. Erano le undici di mattina, mi trovavo chissà dove e come se non bastasse avevo saltato per la seconda volta scuola. Non mi faceva paura l'idea di falsificare la firma dei miei per fare in modo che non succedesse nulla, ma sapevo che avrei ricevuto una bella punizione. Quando ti assenti per due giorni o di più, la mia scuola provvedeva a chiamare i genitori e assicurarsi che fosse tutto apposto. Teoricamente qualcuno avrebbe chiamato mia mamma, praticamente capii che fosse così notando le 25 chiamate perse da parte sua e di mio padre. Se prima pensavo di potermi salvare, in quel momento sapevo di essere nella merda. Ma volevo prima scoprire dove fossi, chi mi aveva portato lì e se mi avessero lasciato libero.
La stanza non era molto piccola, c'era pure una finestra che si affacciava chissà dove. I muri erano bianchi, tendenti al grigio. Il letto era composto da lenzuola chiare che si contrapponevano con l'armadio nero e lucido, posto proprio di fronte a dove mi trovavo io. Mi alzai dal letto e andai verso il comodino, abbastanza distante dal materasso. Che senso aveva chiamarlo comodino, allora? L'alcol doveva proprio avermi dato alla testa, così afferrai il bicchiere che c'era sul mobile-comodino e prima di berlo e fare cazzate mi fissai allo specchio. Cercai di aggiustare i capelli, ma era una guerra persa. Gli occhi erano un po' rossi e avevo la stampa della fodera del cuscino sulla guancia destra. Sbadigliai, volendo solo dormire ancora e ancora, ma non sapevo dov'ero e questo mi spinse a trovare delle risposte. La testa mi scoppiava, come se dentro ci fossero degli elefanti che si stavano immedesimando a ballare la conga o peggio ancora il "TIP-TAP". La mia immaginazione sorvolò a degli elefanti che, indossando scarpette col tacco, sbattevano le zampe ovunque.
- Devo essere ancora ubriaco - borbottai, con la voce roca dal sonno e dalla stanchezza. Parlare da solo mi rese molto più stupido di quanto pensassi e non c'era nessun maledetto grillo parlante che avesse voluto rispondere alle mie domande.
Inoltre l'idea di non sapere cosa cavolo avevo fatto, rendeva tutto più frustante. Sapevo che volevo dimenticare Charly, ma in realtà non l'avevo fatto. L'alcol non aiutava poi così tanto. Pensavo avesse una specie di effetto permanente, ma appena il giorno dopo ti risvegli e immagini elefanti che ballano e grilli parlanti, capisci che l'alcol ti ha fottuto il cervello ma non ti ha fatto dimenticare.
Non avrei più bevuto o per lo meno non così tanto. Avevo una nausea permanente e la voglia di chinarmi in un water saliva a ogni odore nuovo che percepivo o piccolo passo. Una stretta dolorosa allo stomaco mi fece intuire che durante la notte avevo già rivoltato l'anima. Il mio alito non doveva essere dei migliori e basandomi sul mio aspetto e sugli abiti della sera precedente, dall'odore acro e dalle pieghe della stiratura, ero totalmente uno straccio.
Quando dei bambini mi passarono davanti, facendomi sbandare per la sorpresa e indietreggiare fino al muro del corridoio, capii che non sarebbe dovuto essere un posto così tanto spaventoso. I bambini portavano gioia e allegria... no?
- Ciao... sono Oliver - qualcuno mi tirò la maglietta da dietro e mi voltai verso destra, scorgendo un bambino sugli otto anni circa.
- Ciao, io sono Niall - senza aggiungere altro mi afferrò la mano e pronunciò - Madre Tessa ti sta aspettando - da come l'aveva chiamata mi sembrava che non aveva un ottimo rapporto con sua madre. Poi mi passarono accanto un gruppo di dieci bambine e pensai:" Ma quanti figli ha madre Tessa?". Scossi la testa, togliendomi quel pensiero dalla mente ed entrai nella stanza in cui Oliver mi aveva diretto. Lo ringraziai e bussai due volte, maledicendomi per quel suono e per il rimbombare nella testa che mi aveva provocato. Un "avanti" mi fece trovare la forza di afferrare la maniglia, ma c'era qualcosa che me lo impediva. Fissai la mano destra per vedere che stavo ancora tenendo il bicchiere che era in camera. Non me ne ero nemmeno accorto e per poco non lo lasciavo cadere a terra dalla sorpresa. Si, ero senza alcuna ombra di dubbio, fottuto di cervello. Chissà quanti neuroni avevo ucciso per questa cazzata.
Passai il bicchiere nella mano sinistra e aprii la porta, trovandomi come dentro un ufficio, con una suora seduta sulla poltrona.... UNA SUORA? Ma dove ero finito? E soprattutto come c'ero finito lì? Il pensiero di averci provato con una suora, proprio mentre ero ubriaco, mi passò per la testa e mi trovai a rabbrividire.
- Pensavo non entrassi più, sei rimasto cinque minuti fuori dopo aver bussato - ridacchiò. Dannati pensieri che mi bloccavano i movimenti e dannato bicchiere che si trovava chiuso nella mia mano.
- Oh, vedo che hai trovato il bicchiere che ti ho lasciato. Dentro c'è una bustina per il mal di testa, immagino che ti serva dopo la nottata di ieri - che Dio mi perdoni! Ero andato a letto con una suora? Tra tutte le persone che potevano esserci in quel pub, dovevo proprio scegliermi una suora? Ero sicuramente pazzo e disperato. Non ci potevano essere dubbi.
- Tesoro ti sei incantato? Puoi anche sederti eh? Non ti mangio mica - mi trovai a sussurrare "Perdono!Perdono!Perdono!" per cento volte mentre prendevo posto su una delle sedie di fronte alla cattedra.
- C-cosa ho fatto ieri? - chiesi, fissando il bicchiere e bevendo subito il contenuto. Il mal di testa mi stava uccidendo e il pensiero di essermi fatto una suora non aiutava le cose.
- Non so cosa hai fatto prima di arrivare qui. Ma quando Charly ti ha accompagnata, eri privo di sensi. Per tutta la notte non hai fatto altro che dire cose sui cavalli con le ali o gli unicorni e hai vomitato fino a svenire nuovamente. Adesso eccoti qui, nell'ufficio dell'orfanotrofio dove sei stato insieme a Charly - che figura di merda. Avevo sognato gli unicorni? Serio? Beh almeno non mi ero fatto la suora. E poi... Charly? Che c'entrava lei? Io ero con Zayn e Liam... prima di essermi ubriacato e dopo? Ho già detto che odiavo non ricordare nulla?
- La ringrazio per avermi tenuto qui. Sicuramente Charly non mi aveva portato a casa perchè non sa dove abito, ma tolgo subito il disturbo - feci per alzarmi ma bloccò ogni mio movimento facendo prendere voce ai suoi pensieri - No. Rimani per favore. Volevo parlare un po' con te. Sei cosciente di quello che hai fatto ieri sera? Dovresti chiamare i tuoi genitori, io non l'ho fatto perchè non sapevo come procurare il numero. Ma dovresti prenderti le tue responsabilità -
- Si, lo so. Mia mamma e mio padre mi hanno già chiamato molte volte e una volta uscito da qui gli farò sapere di essere vivo. La ringrazio per tutto e so anche che ho fatto una gran cazz... -
- Emh! Emh! Le parole signorino... - tossì e mi fissò torva. Sgranai gli occhi e mi trovai a boccheggiare dell'aria.
- Mi scusi... Gran cavolata... I sintomi che ho adesso mi fanno pensare di essere pazzo, quindi so che non ci proverò una seconda volta o per lo meno ce la metterò tutta -
La suora restò in silenzio e giunse le mani, chiudendone una a pugno e usando l'altra per avvolgerlo. Poi ci posò sopra il mento e continuò a fissarmi, mentre i gomiti sembravano entrare nel legno della cattedra.
- Sai. Tutti i ragazzi o bambini che sono in quest'orfanotrofio hanno avuto dei problemi e si sono trovati ad affrontare la vita anche da piccoli. Oliver, il ragazzo che ti ha portato qui, è rimasto orfano all'età di due anni. Ha passato qui altri sette anni e adesso che ne ha 9 ha paura di non essere più adottato. Più si cresce, più la possibilità diminuisce. Oliver ha sofferto di depressione, ma ha combattuto tutto. Non ha mai pensato al suicidio e ringrazio il cielo per questo. Ma tu, ragazzo mio, tu che hai tutto, non rovinarti la vita con il peccato degli adolescenti. Droga e fumo, solo il cielo può sapere quanto abolirei queste sostanze. E che la Santa Madonna mi assista, aiuterei tutti coloro che sono vittime di questo peccato. Non ricaderci più figliolo. Sii forte e se hai qualche problema prova a sfogarti con qualcuno e non con un bicchiere di quel Gin o con una canna. Dio mi perdoni quest'ultima parola - mi trovai a sorridere perchè era riuscita a farmi la ramanzina senza che perdessi il filo del discorso. Anche i miei a volte me la facevano, ma non li ascoltavo per più di due minuti. Con Madre Tessa era diverso.
- So anch'io di essere stato fortunato e ho commesso uno sbaglio che proverò a non rifare più. Ma siamo adolescenti, è normale sbagliare -
- Sbagliano anche i grandi. Sbaglio anche io. Sbagliamo tutti. Ma oltre a sbagliare dobbiamo essere forti a non cedere alla tentazione. Dobbiamo essere riflessivi e capire che quella cosa ci farebbe solo male, quindi è meglio evitarla. Non possiamo essere l'enciclopedia della sapienza e del giusto, ma possiamo essere il libro della nostra vita, scritto nero su bianco, senza macchie sbagliate. E se capita che qualche inchiostro dal colore diverso, rovini la nostra vita, possiamo sempre cambiare pagina, ma non possiamo più cambiare libro. Ci sono peccati che resteranno sempre nella tua vita o nel tuo passato. Sii paziente ed evita ciò che si può evitare -
- Sono d'accordo con lei, ma non credo che un bicchiere di liquore faccia qualcosa. Ci sono persone che si ubriacano tutte le sere e sono ancora in piedi nei bar a bere nuovamente. Senza mai fermarsi -
- Se la vediamo da questo punto di vista, c'è gente che ha fumato per sessant'anni e che è morta a cento anni. Ma se cambiamo punto di vista, c'è gente che è entrata in coma etilico per aver bevuto troppo, ed era solo la loro prima volta. C'è gente che ha rischiato di morire a causa dell'uso inappropriato o sbagliato di sostanza stupefacenti, ed era solo la loro prima volta. C'è gente, che alla prima volta, è morta e basta. Senza avere la possibilità di pensare a non farlo più. Ora, non sto dicendo che dobbiamo vivere dentro una bolla di vetro. Ma dobbiamo saperci contenere. Non dobbiamo esagerare. Bere vino non è peccato, per carità, ma a messa l'ostia viene bagnata, non ti danno una bottiglia da cinque litri dicendoti di berla tutta. E così deve essere la vita. A volte dobbiamo saper bagnare, senza esagerare, alcune esperienze. Non dobbiamo direttamente tuffarci dentro. Puoi bere senza ubriacarti e provare un tiro di sigaretta senza prendere il vizio. Puoi fare tutto quello che vuoi, restando in vita -
Mi ritrovai ad annuire, senza più parole. Pensandoci bene, nonostante la mia testardaggine da adolescente che non voleva che lo ammettessi, avremmo potuto assaggiare alcune esperienze, senza rovinare il nostro libro, come avrebbe detto Madre Tessa.
- Grazie per tutto e anche per queste belle parole - dissi, alzandomi e aspettando che dicesse qualcosa.
- E' mezzogiorno e fra un po' sarà tutto pronto... ti va di restare e conoscere qualche altro ragazzo come Oliver? Credo che farebbe piacere a tutti non sentirsi da soli - mi sorrise con fare materno e senza forza per ribattere le dissi che avrei raggiunto gli altri nel grande salone. Il mal di testa era diminuito, ma era ancora fastidioso. La sensazione di vomito era persistente e senza neanche accorgermene mi trovai nel salone, aggrappato a una colonnina, preso da un forte giramento di testa. La vista si oscurò lentamente e la prima paura fu quella di non riuscire a vedere più nulla. Poi cedetti verso il pavimento e le voci mi arrivarono ovattate. A quel punto non riuscii più a pensare ad altro.
* CHARLY'S POV *
Ero rimasta sdraiata sul divano del salotto. Alcuni bambini mi passavano accanto e quando volevano attenzione, non gliela negavo. Dopo tutta la notte passata a prendermi cura di Niall, ero stremata, ma non avrei tolto mai il sorriso a quelle bellissime creature.
Non pensavo che Niall avesse potuto bere così tanto. E poi il ricordo di quel momento risalì a galla. E mi ritrovai a pensare a tutto, senza saltare nessun particolare.
Pensai a quando Niall si spostò dal bancone e venne verso di me. Avevo notato che era ubriaco e non perdevo di vista nessun suo movimento. Aveva bevuto più di dieci drink. Stava esagerando e se non lo avevo ancora fermato era solo perchè con me c'era il mio ragazzo. Ma quando Niall venne verso di me, mi fermai al centro di pista e feci bloccare anche James. Mi guardò accigliato prima di capire che stavo fissando lo stesso ragazzo che avevano appena scaraventato a terra. Corsi verso Niall e cercai di tirarlo su, vedendo che una parte del suo avambraccio era piuttosto arrossata. Sicuramente gli sarebbe spuntato un livido. Quando feci alzare Niall, non riuscirei mai a scordarmi del modo in cui si appropriò delle mie labbra. C'era il mio ragazzo accanto a me, ma lui non aveva esitato a baciarmi. James lo spinse via, cercando di mantenere la calma e di non spaccargli la faccia e così gli dissi che lo aveva fatto solo perchè era ubriaco. E in effetti speravo che il motivo fosse proprio quello. Se Niall si fosse innamorato di me, avrei dovuto rifiutarlo. Stavo con James da qualche anno e lo amavo tanto, anche troppo. Lui era un ragazzo perfetto. Mi proteggeva, mi amava e mi lasciava la libertà giusta. Io ricambiavo ogni suo sentimento e non mi sentivo mai inferiore a lui o a disagio. Sapeva anche quanto tenessi alla mia cultura e non mi impediva mai di prendere mille impegni. Piuttosto, faceva il possibile per passare con me anche solo mezz'ora. Questo era un altro motivo per cui lo amavo.
I miei pensieri mi portarono di nuovo a Niall. Lo presi da terra, dopo che cadde svenuto e privo di sensi e convinsi James ad accompagnarmi all'orfanotrofio. Madre Tessa mi avrebbe aiutato e inoltre non sapevo dove abitasse Niall e chi fossero i suoi genitori. Il telefono era protetto da una password e quindi non potevo nemmeno cercare di scovare informazioni. James non si oppose e cercò di essere comprensivo verso la situazione fisica e mentale di Niall. Lo trasportò fino a una delle stanze dell'orfanotrofio, mentre io spiegavo tutto a Madre Tessa.
Una volta che James se ne fu andato, mi occupai di Niall. Borbottava strane cose sugli unicorni, facendo ridere sia me che la suora. Poi si svegliò di colpo, andando in bagno e vomitando innumerevoli volte. Dopo la settima, credo, si accasciò nuovamente a terra privo di sensi e così passai la notte a prendermi cura di lui e a controllare se stesse bene. Ignorai le numerose chiamate da parte dei genitori. Poi alla ventiseiesima chiamata risposi, spiegando solo che Niall si era addormentato a un orfanotrofio mentre mi aiutava. La madre annuì comprensiva, nascondendomi la sua rabbia e poi riattaccò dopo avermi augurato una buonanotte, nonostante fossero quasi le cinque di mattina. Ma almeno non chiamò più.
La mattina seguente saltai la scuola e mi sdraiai sul divano, sperando di prendere sonno. Forse dormii per sole due orette, dato che i piccoli teppistelli mi vennero a svegliare, sorpresi di vedermi lì.
Ecco perchè mi trovavo ancora su quel divano, senza forze per alzarmi, ma la visione di un Niall ancora mezzo addormentato e scosso, entrò nella mia visuale. Non si era ancora accorto di me, ma io avevo visto il suo strano barcollare e mi alzai subito dopo averlo visto aggrapparsi a una colonnina e scivolare verso il basso. Mi preoccupai, pensai a un effetto collaterale della sbronza, così mi trovai a urlare il nome di Madre Tessa. I bambini, sconvolti, vennero mandati in giardino, mentre Niall veniva posato sul divano.
- Portatemi un bicchiere di acqua con lo zucchero e una pezza bagnata nell'acqua fredda. Giulia prendimi anche il misurato della pressione. Forse ha avuto un calo di zuccheri. Qualcuno di voi gli ha portato la colazione? -
- Niente colazione. Si è svegliato tardi. Gli ho fatto prendere la bustina e dopo che abbiamo parlato e sceso qui - chiarì Madre Tessa. In quel momento mi ringraziai per essermi iscritta ai corsi di pronto soccorso. Afferrai la pezza che mi aveva portato Giulia e la passai sui polsi di Niall. Serviva per rianimare il paziente. Poco dopo il ragazzo che mi aveva quasi fatto venire un collasso, aprì gli occhi, facendo sospirare tutte le suore in quella stanza.
- Mi hai fatto prendere un colpo - gli dissi, misurando la pressione e notando che era più bassa del solito.
- C-che ci faccio q-qui? Non e-ero vicino alla colonnina? - borbottò stordito.
- Hai perso i sensi. Ecco perchè sei qui. Oltre alla stronzata dell'esserti ubriacato! Ma cosa ti è passato in mente? - quasi gli urlai in faccia. Sapevo di aver detto una parolaccia, ma Madre Tessa non mi aveva interrotta perchè sapeva che non era da me dirle, quindi dovevo essere piuttosto frustata, stanca e arrabbiata.
- Possiamo parlarne dopo? Ho fame -
- Ecco, questa è un'altra cosa che volevo sapere! Da quanto non mangi? Hai avuto un calo di zuccheri - mi alzai dal pavimento e dissi a Giulia di preparare prima qualcosa per lui. Se non si fosse capito Giulia era la cuoca. Un'anzianotta sui settant'anni. Capelli bianchi e rughe sparse sulle labbra e sugli occhi. Non era grossa e nemmeno magra. Si manteneva in forma per la sua età.
- Se ieri sera non ho mangiato niente...presumo che sono a digiuno da ieri a colazione - ammise abbassando lo sguardo. A quel punto ci vidi rosso dalla rabbia.
- Stai scherzando? Tu non mangi da un giorno? sei serio? Uscite tutti da qui. Io e Niall dobbiamo parlare a quattr'occhi. E andate a dire ai bambini che non è successo nulla - Madre Tessa annuì, dandomi ragione e facendo svolgere a ognuno un compito diverso.
- Okay. Adesso dirmi perchè eri ubriaco! Dimmi perchè diamine mi hai baciata davanti al mio ragazzo e dimmi perchè non hai mangiato nulla! Vuoi che mi venga un infarto, per caso? Sei svenuto a qualche metro da me, per 3 volte. - sospirai esausta, sedendomi sul divano, all'altezza della sua vita. Notai che durante il mio piccolo discorso aveva sgranato gli occhi. Così lo fissai confusa, aspettando che dicesse qualcosa.
- T-ti ho baciata? - si passò le mani prima sul viso e poi tra i capelli, alzando alcuni ciuffi lontani dalla fronte.
- Si. E' durato poco. James era lì. E... okay posso capire che lo hai fatto perchè eri ubriaco... ma è soltanto per questo, vero? - alla mia domanda, ci fu come un'ombra che passò nei suoi occhi. Non riuscivo a leggerli bene. Erano come oscurati.
- Certo. Non ricordo di averlo fatto e mi dispiace per James... mi ha fatto lui questo livido? - chiese, riferendosi alla macchia violacea sul'avambraccio -
- No. Sei caduto al centro della pista da ballo. E per la cronaca, dovrai chiedere scusa a James. E' solo per un soffio se si è limitato solo a spingerti via. -
- Lo farò non appena lo vedrò. E comunque non c'è un motivo per cui io abbia bevuto. Ero con dei miei amici e ho perso il conto dei drink. Tutto qui -
- Voglio crederti. E parlando di amici e parenti. Ieri notte tua mamma ti ha chiamato 25 volte. Poi le ho risposto dicendo che ti sei addormentato qui mentre mi aiutavi. Zayn e Liam si sono presentati ieri sera, poco prima che venissi verso di me, ubriaco fradicio. Sono riuscita ad avvisarli che eri qui. Fammi solo il favore di mangiare quello che ti porterà Giulia e promettimi di non bere più così tanto. Ti rovin.. -
- Lo so. Mi rovinerò la vita e BLA BLA BLA. Madre Tessa mi ha già messo la testa a posto. Adesso mangio e passa tutto. - la sua espressione era come quella di un cucciolo smarrito e così mi trovai ad abbracciarlo e a chiedergli scusa per aver urlato. Lui mi disse che era tutto apposto e così mi godetti un po' quell'abbraccio protettivo e dolce. In fondo sapevo che Niall era un tipo apposto e dolce... ma alle volte compiva azioni che non venivano registrate positivamente nella mia mente. Ma mi piaceva aver chiarito. Aver litigato, anche se sembrava piuttosto che avevo urlato a me stessa, mi fece venire un nodo allo stomaco che si sciolse solo quando lo abbracciai. Amavo sentirmi protetta. Il problema è che James e Niall mi facevano sentire protetta allo stesso modo. Entrambi e non solo il mio ragazzo. Forse Niall, era destinato a essere il mio migliore amico.
* LOUIS' POV *
Quella sera io e Harry ci addormentammo sullo stesso letto. In camera sua. Non avevo proprio intenzione di lasciarlo da solo. Dovevo proteggerlo. Era come se proteggessi, allo stesso tempo, i nostri cuori.
Quando mi svegliai e fui costretto a svegliare Harry per andare a scuola, quasi mi si strinse il cuore. Si lamentava spesso quando si sedeva di botto, dimenticandosi che gli faceva male il sedere. Cercavo di spezzare la tensione, facendolo ridere e alle volte ci riuscivo.
A scuola, le cinque ore e la pausa mensa, passarono alla velocità della luce e dopo aver passato il resto del pomeriggio nel parchetto, rientrammo a casa per cenare. Mi madre era già in cucina. Si faceva aiutare dalle ragazze per portare le cose in tavola, in cui Jonathan e Richard avevano già preso posto. Repressi un conato di vomito e salutai mamma, prima di far sedere Harry vicino a me, ma sfortunatamente anche vicino a quel viscido di un Richard. Rimproverai mentalmente mia sorella Lottie per aver messo queste postazioni.
- Dove siete stati - chiese mia madre.
- Dopo essere usciti da scuola ci siamo fermati un po' al parchetto. Perchè? -
- Gli zii di Harry volevano passare un po' di tempo con lui. - a quelle parole mi irrigidii e sentii Harry fare lo stesso. Puntai i miei occhi nei suoi, cercando di capire se ci fosse altro e lui mi fece segno di guardare le sue gambe, dove la mano di Richard si era fermata all'altezza del ginocchio. Harry non riusciva a staccarselo di dosso e così intervenni.
- Beh era da un po' che io e Harry non parlavamo e poi non avevamo compiti, mi sembrava una buona idea. Giusto Harry? - agli occhi degli altri sembrò che gli avessi dato una pacca sulla coscia, ma in realtà la diedi sulla mano di Richard. Quel tizio mi guardò male, spostando la spalla. Sorrisi trionfante, ascoltando il flebile "Si" di Harry. Mia madre sorrise e continuò con le sue domande.
- A scuola tutto a posto? -
- Si si. - risposi evasivo. La mano di Richard si posò nuovamente sulla coscia destra di Harry. Poi sulla sinistra, ovvero la gamba che sfiorava la mia. Pensai di fargli più male. Così finsi un'altra volta.
- HARRY SAI COS'HAI SCORDATO IN CAMERA? - urlai, battendo forte la mia mano su quella di Richard. Tutti sobbalzarono spaventati, compreso Harry che subito dopo rise leggermente, fingendo che non fosse successo nulla.
- Louis tesoro, credo che tu gli abbia fatto male - disse mia madre, riferendosi alla botta della mia mano su quella di Richard.
- Lo spero - sussurrai, non staccando il mio sguardo da quello stupido verme.
- Cosa? - urlò Lottie.
- Spero di no - le sorrisi dolcemente facendo ridere di più Harry. - Comunque Harry. Hai scordato la giacchetta fuori. Poi la devi prendere -
- Certo - mi disse, ringraziandomi con i suoi occhi smeraldo. La mano di Richard di posò nuovamente sulla gamba di Harry. Mi stava stuzzicando e ci stava riuscendo bene. Non feci in tempo ad architettare qualcos'altro che Harry spalancò gli occhi. La mano di Richard era finita sulla cerniera dei suoi pantaloni. Ero seriamente infuriato.
- BASTA PHOEBE! - urlai alzandomi. La bambina seduta alla mia sinistra mi fissò spaventata.
- Scusa Harry. Fammi il favore di sederti al posto mio. Questa bambina non parla mai, solo tu puoi riuscirci. - senza lasciare che Richard potesse ribattere, feci alzare Harry e mi sedetti accanto a quel mostro, dandogli, con tutto il mio volere, una gomitata pesante alle costole. Si soffocò con quello che stava mangiando e così mi finsi preoccupato, sussurrandogli "scusa" e mentre appoggiavo la mano sulla sua schiena mi fu inevitabile dargli un pizzicotto, facendogli rizzare la schiena. Forse stavo disturbando il cane che dormiva, ma mi aveva rotto le palle con le sue mani del cazzo.
Finii la cena, beccandomi occhiate dolci da Harry e occhiate aggressive da quei due. Ma per Harry avrei fatto di tutto. Avrei pure ucciso per difendere quell'anima buona. Fu per questo che dormii nuovamente con lui. Era importante per me. Non era una cotta. Era un vero amore. Niente avrebbe dovuto separarci.
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