Irrimediabilmente colorato
Capitolo LV
* Louis' Pov*
-Camille? - sbiancai, uscendo la mano dalla tasca del giubbotto e afferrando quella di Harry. Mi voltai verso di lui, notando il suo sguardo sconvolto.
- Camille ha figli? - mi sussurrò. Con gli occhi sgranati e il fiato corto scossi leggermente il capo come per dire "E io che ne so?"
- Bè.. è qui? Posso vederla? - il ragazzo attirò la nostra attenzione e mi voltai nuovamente verso di lui.
- Certo... preferisci entrare o la faccio uscire? -
- Sarebbe meglio se venisse lei qui... - annuii e mi voltai verso Harry - Vado e torno - Senza aspettare risposta, entrai in casa correndo. Salì al piano superiore e bussai alla porta della stanza di Harry. Dopo un freddo "entra", aprii la porta e le comunicai che ci fosse suo figlio ad aspettarla. Forse avrei prima dovuto dirle che c'era qualcuno per lei, ma un cuore di ghiaccio come il suo, chi avrebbe mai potuto scioglierlo?
Il blocchetto che aveva tra le mani le cadde a terra, in un tonfo sordo. - Ti assicuro che se questo è uno scherzetto, puoi dire addio alla tua vita - mi minacciò, velocizzando il passo e superandomi. Fui tentato più volte di avvicinarmi al blocchetto e leggere quello che c'era scritto dentro. Contai fino a dieci, dicendomi che non era la cosa giusta da fare. Ma non appena arrivai a undici, mi lanciai verso il letto, afferrando il blocco e sfogliando le pagine. Niente. Non c'era scritto assolutamente nulla. Solo qualche apparente scarabocchio e parole in codice come "fratelli", "giudice", "famiglia", "disastro". Non riuscivo a mettere nulla insieme e così, disperato, abbandonai il blocchetto nello stesso posto in cui era caduto e lasciai la stanza.
Scesi in giardino, trovando Harry poco lontano da Camille che discuteva col figlio. Imbarazzato, il mio ragazzo si fissava la punta delle converse, cercando di rendersi invisibile per non disturbare la lite in corso. Andai verso di lui, gli afferrai la mano e lo trascinai via. Avrei indagato più tardi sulla presenza di quel ragazzo. Immaginai che non fosse venuto da molto lontano, essendo senza uno zainetto o senza un mezzo. Avrà sicuramente preso un mezzo di trasporto pubblico oppure era uno dei tanti vicini che non avevo mai conosciuto.
- Non ti sembra strano che quel ragazzo sia uscito fuori proprio ora? Cioè... chi diavolo lo ha portato fino a casa nostra? Come faceva a sapere che Camille fosse da noi? Non l'ho mai vista usare un telefono, sempre se non l'ha chiamato quando mi ha sequestrato il mio. Dovrei controllare la bolletta del telefono fisso e... -
- Dio mio Harry, ti stai facendo mille complessi inutili. Quando torneremo a casa vedremo di indagare su chi sia questo ragazzo. Di certo non può rimanere da noi. Casa mia è diventata un hotel, popolato da gente che non paga nemmeno l'affitto - ridacchiai, spingendo lievemente Harry per allontanarlo dal mondo dei pensieri in cui si era chiuso.
- Come sei antipatico, noi ti teniamo compagnia e tu ci aggredisci verbalmente... - fece il finto offeso, incrociando le braccia al petto e mettendo su un broncio adorabile.
- Per colazione ti hanno fatto mangiare un dizionario? Aggressione verbale? E questa da dove ti è uscita fuori? - risi, abbracciandolo e cacciando via il suo broncio con un bacio.
- Sono ancora troppo scioccato per cercare di tenere il broncio. Un figlio... chi poteva mai aspettarselo... -
- Ogni regina cattiva che vive nel proprio palazzo di cristallo ha un punto debole... forse abbiamo trovato il suo -
- Non pensarci nemmeno! - mi puntò un dito contro, allontanandosi dal mio abbraccio.
- Pensare a cosa? -
- Non useremo lui per arrivare al cuore di lei, chiaro? -
- Che mente malefica che sei, io non ci avevo nemmeno pensato - evitai di proposito il suo sguardo, sicuro che se i miei occhi si fossero scontrati con i suoi, mi avrebbe letto come una cartina geografica.
- Farò finta di crederti, ma sono sicuro di quello che ho appena detto, Lou. Non voglio abbassarmi ai suoi livelli. Dimostreremo di essere forti e di potercela fare da soli -
- E se non dovessimo riuscirci? - buttai fuori, calciando un sassolino e aggiustandomi lo zaino sulla spalla. Non avevo voglia di leggere la delusione nel suo sguardo.
- Ehi! Solitamente io sono il pessimista e tu quello che mi dice che andrà tutto bene -
- Ho trovato la sua agenda stamattina. L'ho sfogliata e ci sono solo parole in codice Harry. Parole che non promettono nulla di buono, tra cui "disastro". E' lei ad averci in pugno, noi non siamo mai riusciti ad afferrarle nemmeno un misero capello -
- Non esserci ancora riusciti, non significa che non ci riusciremo mai. Ce la faremo Louis, così come ce l'abbiamo sempre fatta. E non starò qui ad indicarti tutto quello che abbiamo passato, nè a dirti che ancora potremmo passarne altre... però ti dico che ce la faremo, perchè essendo insieme, siamo più resistenti -
Si fermò di fronte a me, guardandomi negli occhi e continuando a trasmettermi tutte le parole che non era riuscito a dirmi. Tenni per me, però, quelle insicurezze che mi sbranavano il cuore, preferendo ferire me stesso che anche lui. Sperai di sigillare quell'argomento con un bacio e fui sollevato quando Harry non aggiunse altro e tenendomi per mano continuò a trascinarmi fino a scuola.
- Dopo mi porterai dove vuoi. Passeremo un pomeriggio insieme, solo noi -
- E Camille? - gli chiesi.
- Camille? Mi spiace, non conosco nessuno con questo nome -
*Harry's Pov*
Avete presente quei momenti in cui tieni tra le mani qualcosa di prezioso, che si sta sgretolando, ma lo nascondete dietro la schiena per non permettere agli altri di vederlo? Beh, mi sentivo così in quel momento. Dietro un banchetto, mentre i professori spiegavano qualcosa che avresti presto dimenticato, tenevo nascosta la mia relazione con Louis, sentendola meno solida del solito e resistendo all'irrefrenabile paura di stringerla di più al petto e non lasciarla andare via.
E quando è il cuore a sbriciolarsi... come pensi di poterlo incollare?
Sbuffai, passandomi le mani tra i capelli. La professoressa di storia parlava di rivoluzioni, guerre, movimenti dittatoriali... ma se solo avessi potuto raccontarle la mia di storia, Hitler stesso si sarebbe suicidato per la depressione. Non che mettessi in dubbio quante persone soffrivano più di quanto avessi fatto io, ma un bagno gelato mi avrebbe investito meno violentemente rispetto alle situazioni familiare contro cui ho dovuto remare contro.
Desideravo tanto sotterrare la testa nella sabbia e non sentire più il mondo che urlava. Stroncare tutte le note stonate della mia canzone. Eppure, ogni volta che salivo sul piedistallo della mia vita, esso, instabile come sempre, sembrava non voler trovare il suo punto di equilibrio, mettendo ogni secondo della mia esistenza a rischio.
Cercai di scollegare i pensieri, concentrandomi appena alla lezione. Ma quando dentro di te c'è un uragano, come pensano di poter ottenere la tua attenzione? Anche fissare la parete bianca mi portava a immergermi nei pensieri. Ogni piccola cosa insulsa attirava la mia attenzione e la lezione passava con più monotonia e molto lentamente.
Mi portai una mano alla testa non appena qualcosa ci si scontrò. Afferrai il fogliettino arrotolato che mi avevano gettato e mi guardai in giro sperando di capire da chi venisse, ma ognuno sembrava concentrato alla lezione. Louis, dall'altra parte dell'aula, sedeva scomposto, mangiucchiando una matita e disturbando il compagno di banco che fui sicuro prima o poi gli avrebbe urlato contro di smetterla.
Aprii il foglietto e osservai la scrittura del mio ragazzo, riconoscibile perchè l'avevo individuata spesse volta sul suo banco, in qualche frase d'autore scribacchiata oppure nei suoi quaderni, quando ero impegnato a leggere i suoi appunti.
"Sto pensando al luogo in cui portarti. Hai preferenze? -Lou"
Citava il bigliettino. Sorrisi, scuotendo il capo e girandomi nuovamente verso di lui. Mi osservava, con il sorriso a contornare le rughette agli angoli degli occhi e il cuore a pompare emozioni che mi colpirono come soffici carezze. Afferrai una matita e lasciai un messaggio accanto al suo, scrivendo: "Ricordati delle mie allergie, per il resto sorprendimi Lou"
Notando che la professoressa era impegnata a scrivere qualche data alla lavagna, lanciai il bigliettino a Louis, che fortunatamente afferrò in tempo, prima che si potesse schiantare sulla testa del suo compagno di banco. Lo fissai mentre leggeva. Era così bello. Con le sopracciglia incurvate, un labbro intrappolato nell'altro e la lingua a inumidire ciò che avrei tante volte voluto baciare fino a non staccarmi più.
Sollevò il capo, sorridendomi e scrivendo qualcosa sul foglio. Ridacchiai quando domandò qualcosa al suo compagno di banco, che alzò gli occhi al cielo, gli sussurrò qualcosa probabilmente sperando di finirla lì, ma Louis non aveva voglia di interrompere quel dialogo. Fui costretto a voltarmi quando la professoressa passò accanto al mio banco, sbattendo il gessetto sul mio quaderno, incitandomi a ricopiare ciò che c'era scritto alla lavagna. Tre date che potevano essere importanti ma che avrei dimenticato non appena avrei finito di scriverle sul foglio bianco. Non solo perchè non avessi una memoria di ferro, ma anche perchè non mi interessava ricordarlo. Se mi avessero chiesto il giorno del compleanno di Louis, oppure il giorno o l'ora in cui l'ho visto per la prima volta o che vestiti indossasse o il numero di nei sul corpo... beh, quelli avrei saputo ricordarmeli perfettamente, perchè era più interessante studiare il mio ragazzo, i suoi gesti e le sue particolarità che una noiosa lezione sulle guerre, sulla chimica o sulla letteratura inglese. Perchè leggere l'amore secondo gli altri autori, quando potevo leggere il mio amore verso quel ragazzo meraviglioso?
Mi risvegliai dal mio stato di coma non appena mi arrivò il bigliettino, proprio sul banco. Lo aprii, ma dovetti nasconderlo perchè vidi la professoressa dirigersi verso di me. Aspettai che si allontanasse prima di leggerlo.
"Bene, mi ricorderò di portarti in un luogo chiuso, alto e pieno di vegetazione. Con affetto -Lou" ridacchiai e mi voltai verso di lui. Scrissi: "Provaci e mi ricorderò di te quando accidentalmente un coltello finirà tra le mie mani"
Dovetti aspettare qualche altro minuto prima di leggere la sua risposta. "Jim dice che sei aggressivo. In effetti non ha tutti i torti.-Lou"
"Chi sarebbe questo Jim?" domandai, ingelosendomi.
"Voltati verso di me, stupido. -Lou" Mi voltai verso di lui e su un foglio c'era scritto "Ti presento Jim" con una freccia che indicava il compagno di banco di Louis. -Ma lui non si chiama Kim? - mimai con le labbra. Dovetti ripetere la stessa frase tre volte prima che Louis la capisse. Lo sentii chiaramente quando chiese al suo compagno come si chiamasse, quello rispose "Kim" e Louis alzando gli occhi mi disse - Non cambia mica tanto -
Ridacchiai, cercando di non farmi beccare dalla prof. Non scrissi più alcun bigliettino e dovetti aspettare il suono dell'ultima campanella per scoprire la sorpresa che mi aspettava.
- Allora... pronto per farti bendare? - mi domandò Louis, trascinandomi fuori dalla scuola.
- Non ci pensare nemmeno, non mi piace quando non riesco a vedere dove metto i piedi -
- Beh, dovrai fidarti di me perchè non ho intenzione di farti vedere il luogo in cui siamo diretti - battibeccammo per qualche altro minuto, poi mi arresi e lasciai che mi bendasse. Ad ogni passo mi aggrappavo con più forza al suo braccio, fregandomene se gli stessi facendo male. Avevo i miei motivi per non fidarmi, considerando che non era stato attento quando dovevo scendere dal marciapiede e che stava per farmi sbattere contro un cartellone pubblicitario. E ce ne vuole per non vederne uno che ingombra tutta la strada!
- Manca ancora molto? Credo di aver accumulato un punteggio di 15 lividi! - mormorai, portando una mano davanti al viso, nel caso avesse intenzione di farmi sbattere contro una parete.
- Siamo quasi arrivati. Resta calmo - ridacchiò lui, prendendomi in giro solo perchè non doveva preoccuparsi di cadere o sbattere contro qualcosa.
- Come faccio a sta-ahh! Dio santo Louis, questo gradino sarà stato alto venti centimetri, come hai fatto a non vederlo! - urlai, cercando di stabilizzarmi. Avevo sentito il vuoto sotto di me per ben cinque secondi. Sembrava stessi precipitando da un grattacielo e il cretino a cui ero aggrappato rideva a crepapelle.
- Chiudi quella bocca o ti faccio cadere! -
- Ringraziami perchè nonostante tutto non ho ancora tolto questa benda! - sbottai, mordicchiandomi il labbro e tastando il suolo con il piede prima di procedere.
Passai i restanti dieci minuti in silenzio, concentrandomi e sperando di distinguere un profumo o un rumore che mi facesse capire dove mi trovavo.
- Okay, siamo arrivati. Adesso ti toglierò la benda -
- Voglio sapere dove hai trovato questa cosa, comunque - dissi, aspettando impazientemente.
- Intendi la benda? -
- Si -
- Jim ha chiesto alla sua amica di prestarmela, in cambio dovevo non parlare per il resto dell'ora - rise il mio ragazzo, coinvolgendomi.
- Kim, ti ucciderà prima o poi -
- Non fa bene concentrarsi troppo a scuola. Ma basta parlare di questo, concentrati sul luogo - chiusi gli occhi e aspettai che mi togliesse la benda. Non appena accadde, contai fino a cinque e aprii gli occhi.
- E' una... casa... - mormorai, cercando di capire per quale motivo mi avesse portato lì.
- Lo so... vieni con me... - il sorriso sparì dalla faccia di Louis e pensai di aver detto la cosa sbagliata, ma non riuscivo a stupirmi di quel posto. Immersa nel nulla, quella casetta era quasi diroccata, priva di abbellimenti. Erano anni che nessuno ci metteva piede.
Louis tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e cercando quella giusta la inserì nella toppa del portone. Che senso aveva aprire la porta con la chiave se stava per cadere a terra?
- Non è violazione di domicilio, vero? -
- No, tranquillo. Limitati ad entrare e osservare -
Mi azzittii, seguendo i passi del mio ragazzo. Spalancai la bocca quando misi piede in una delle tante stanze vuote. Le pareti erano irrimediabilmente colorate. Ma non a caso... disegnini di ogni tipo riempivano gli spazi bianchi di quella parete sporca dalla descrizione di una storia. Mi avvicinai a un lato della parete, passando la mano sul disegno di un bambino, la sua mamma e il suo papà. Continuai a passare la mano sulla parete, trovando un altro bambino accanto a quello di prima. Un susseguirsi di disegni venne registrato nella mia mente. Una piccola famiglia e poi quattro bambine e un bambino. Una macchina... una deforme macchia rossa... e la stessa famigliola senza il papà. Andai avanti, trovando una bara marrone. Una fossa di terra. Un croce. La parola "odio" che riempiva gran parte di una parete. Sull'altra parete ci stava la parola "amore", quasi a scontrarsi con la parola accanto. Più grande e più colorata, l'amore era visibile in quella parola. Mi girai attorno e su un angolo della parete, accanto alla scritta amore, c'erano disegnati due ragazzi che si prendevano per mano. Uno di loro aveva i capelli ricci. Sentii le lacrime scioglierli e colare sul viso. Alzai lo sguardo verso il soffitto. Macchie di vernice decoravano la parete nera.
- Sto percorrendo la tua vita - sussurrai, portandomi una mano sul cuore. Non sentii dietro di me la presenza di Louis, così passai alle altre stanze. Ogni parete era dipinta e rappresentava qualcosa. Un cuore oppure un teschio. Ogni momento positivo o negativo nella vita di Louis. Pensai di non trovarlo più, ma proprio sul punto di arrendermi, arrivai a una stanza. Louis sedeva a terra, con le mani sulle ginocchia e lo sguardo fisso su una parete decorata da un disegno dalle dimensioni reali. Raffigurava un uomo che teneva in braccio un bambino. Asciugai gli occhi e mi sedetti accanto al mio ragazzo, abbracciandolo con un braccio mentre usavo l'altro per accarezzarlo.
- Mi hai trasmesso la tua vita con questi disegni... vorrei riuscire a fare la stessa cosa io... sei bravissimo a dipingere, lo sai? - Louis si limitò ad annuire. Avrei potuto immaginare il groppo che aveva in gola. E sicuramente preferiva tacere per paura di parlare a singhiozzi.
- Grazie per avermi portato qui... - continuai, lasciandogli un bacio a fior di labbra.
- Mi ha chiesto lui di non smettere di dipingere... ho solo dato sfogo a tutto questo qui, in queste mura. Vivevamo in questa casa prima che ogni cosa cambiasse. E' stata distrutta da un incendio qualche anno dopo il nostro trasferimento. Nessuno voleva comprarla e ho deciso di usarla per questo... per far rivivere a queste mura tutto quello che ho provato... -
- Ogni tua emozione è su queste pareti... è una cosa stupenda Lou... -
- Le fiamme non hanno cancellato questa storia... -
- Perchè nessuno è capace di farlo, amore... Perchè qui dentro c'è più di una semplice storia -
- Dillo ancora - fissai allibito Louis non appena si voltò verso di me, con gli occhi lucidi - Qui c'è più di una... -
- No, non questo... chiamami ancora in quel modo - pensai a ciò che avevo detto e prima ancora di poter frenare la parola, essa scappò per la seconda volta dalle mie labbra - Amore... -
Louis mi baciò, sorridendosi e alzandosi in tutta fretta. Si abbassò al suolo, afferrando qualcosa. Lo fissai curioso, notandolo avvicinarsi a una parete. Era l'unica ad essere ancora colorata di un bianco sporco. Nessuna pittura creava una storia su quella parete.
Mi si fermò il cuore quando la mano di Louis si alzò e iniziò a tingere lettere cubitali sulla parete. Strisce rosse attirarono la mia completa attenzione.
"Amore" c'era inciso sulla parete. Una parte della nostra storia, incisa nel cuore, nella vita e nella casa di Louis. Una parte della nostra storia che girava veloce nella mia testa come i titoli di coda di un film. Un parolina che mi illuminò gli occhi.
Mi alzai e mi avvicinai a lui, abbracciandolo da dietro. Louis mi passò un pennello, incitandomi a scrivere qualcosa. Affiancai la sua parola alle mie "Ti amo".
Successivamente Louis vi disegnò sopra un'ancora, accompagnata da una frase più dolce di un'altra.
"Come pezzi di un cuore rotto, attratti, ci attaccheremo fino a formare un cuore solo"
Passammo tutto il pomeriggio a decorare la parete con ogni tipo di disegnino che rappresentava la nostra storia.
E lì, con il cuore pronto a scoppiare dalla gioia e l'amore che pulsava nelle vene, capii di amarlo davvero.
- Ti amo, Louis - gli sussurrai, contro le labbra.
- Non sai quanto ti amo io -
SPAZIO AUTRICE:
OKAY DITE CHE SIA MEGLIO SE MI NASCONDA?? LO SO, SONO SEMPRE IN RITARDO E PRIMA O POI FINIRETE PER UCCIDERMI, MA SPERO DI ESSERMI FATTA PERDONARE CON QUESTO SDOLCINATO CAPITOLO *-* I LARRY SONO ADORABILI, DAVVERO *-*
BENE, PER CHI NON AVESSE LETTO LO SPAZIO AUTRICE E AVESSE INTENZIONE DI FARLO ORA, SAPPIATE CHE HO PUBBLICATO UN LIBRO "COME UN BATTITO DI ALI", SE QUALCUNO E' INTERESSATO ALL'ACQUISTO PUO' ORDINARLO ONLINE, O RICHIEDERLO NELLE LIBRERIE, OPPURE VE LO MANDO IO.
ALLORA, NON SO QUANDO PUBBLICHERÒ LA PROSSIMA VOLTA PERCHE' PARTIRO' PER MILANO. PARLANDO DI QUESTO, DA DOVE VENITE? QUALCUNO E' DI MILANO?
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E' LA STESSA E-MAIL CHE C'E' SUL LIBRO NEL CASO QUALCUNO VOLESSE CERCARE DI CONTATTARMI.
NON AVENDO ALTRO DA DIRE, SPERO CHE OGNUNO DI VOI POSSA PASSARE DELLE VACANZE STUPENDE.
AVETE PROGETTI? QUALCOSA CHE QUESTA ESTATE RIUSCIRETE O SIETE INTENZIONATI A REALIZZARE?
FATEMI SAPERE, PARLATEMI DI VOI, MI MANCA DIALOGARE CON I MIEI LETTORI <3
SONO CONTENTA DI AVER MESSO QUESTO CAPITOLO, MI SENTIVO IN COLPA PER NON AVER AGGIORNATO!
PERDONATEMI ANCORA. UN BACIONE, A PRESTO, NOEMI *-* <3
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