Incertezze e verità
Capitolo XI
Incertezze e verità
Mi svegliai nel bel mezzo della notte a causa di un un rumore proveniente dalla cucina. Ormai, dopo tutto quello che mi era successo, mi svegliavo anche ai più silenziosi rumori.
Scesi lentamente dal letto e aprii la porta della mia stanza, preparandomi al peggio. A ogni gradino sceso equivaleva un battito cardiaco accelerato. Sapevo di non poter trovare mio padre che era nuovamente intenzionato a picchiarmi, ma avevo lo stesso paura. A parte me e Louis non ci sarebbe dovuto essere nessuno in casa. Se tolgo il fatto che Eleanor poteva essere alla destra di Louis, sul suo letto...
Scacciai dalla mente quel pensiero masochista e scesi completamente le scale. Le luci erano spente, segno che nè Louis nè Eleanor erano ancora sveglia. L'orologio del salotto indicava le quattro di mattina. Avanzai verso la cucina e aprii lentamente la porta che la divideva dal salotto. Ci trovai una figura di spalle. Non ebbi il tempo di riflettere su chi potesse essere che si girò e mi guardò negli occhi. I battiti del cuore ormai erano alle stelle e pensavo di svenire da un momento all'altro. Louis spalancò gli occhi e portò una mano sul petto.
- Mi hai fatto prendere un infarto, Harry - esclamò sottovoce. Non capivo perchè non parlava decentemente, dato che eravamo soli. Poi pensai che forse non eravamo completamente soli e mi intristii al solo pensiero.
- Scusa, ma ho sentito un rumore e sono sceso per controllare. Tu che ci fai qui? - chiesi cercando di far tornare il respiro normale.
- Ero sceso per un bicchiere d'acqua, ma mi è caduto a terra - indicò il bicchiere frantumato ai suoi piedi e così mi inchinai leggermente, iniziando a prendere i cocci più grandi.
- Lascia, potresti pure tagliarti - si abbassò al mio livello e spalancò gli occhi.
- Come non detto, ti sei fatto già male - ruotò gli occhi al cielo e così fui costretto ad abbassare lo sguardo e a notare che dall'ansia della sua presenza avevo involontariamente ficcato un coccio di vetro nel palmo della mano. Non mi fece male, ripeto che ormai il dolore si stava trasformando in una piacevole sofferenza.
- Vieni, andiamo a disinfettare il taglio - annunciò, togliendomi il vetro dalle mani e scortandomi fino al bagno. Restai immobile, senza neanche parlare. Avevo la mascella serrata, perchè per quanto mi costasse ammetterlo non era per niente bello soffrire, non se eri tu stessi che ti causavi il dolore. Lo sapevo. Sapevo che quello che stavo facendo era del tutto sbagliato, ma in quel momento mi sembrava la scelte migliore, quella più adatta e che mi avrebbe portato un pizzico di piacere nella mia dolorosa vita, ma stavo scoprendo che niente era come immaginavo, che il dolore non mi stava risolvendo, ma stava diventando come una droga. Era quasi un'abitudine ormai incidere tagli sul mio braccio o sui polsi, quasi una cosa che si fa per piacere. Come mangiare abitualmente una mela al giorno oppure fare i compiti dopo scuola. Sembrava che lo facessi per costrizione e forse tutti i fatti della mia brevissima vita mi stavano costringendo a buttare le armi e arrendermi al dolore. Ma non avrei ceduto, non fin quando almeno una piccola parte di me prova speranza nei cambiamenti. Si è vero, ogni cosa mi si stava rivoltando contro, ma è anche vero che avrei dovuto trovare una luce dopo una lunga e tenebrosa tempesta. Almeno un piccolo raggio avrebbe dovuto illuminare il mio cielo. E se questo raggio non sarebbe venuto, lo avrei creato io. Avrei dipinto il mio sole, la mia felicità, un nuovo libro da riempire con nuove lacrime. Nuovi fogli bianchi curiosi di sapere quale inchiostro nuovo dovrà tingerli. Nuove parole, stanche di stare chiuse in un piccolo mondo e felici di poter essere dette. Magari anche dimostrate.
Non so nemmeno io per quanto tempo mi persi tra i pensieri, so solo che mi ritrovai seduto sul water, con Louis intento a cercare una valigetta con il disinfettante. Quello non era il bagno della mia stanza, doveva essere di sicuro il suo, quindi ero entrato nella sua stanza e ovviamente non c'era Eleanor o non mi avrebbe fatto entrare. Sospirai... un sospiro di sollievo... che mi morì in gola non appena vidi le intenzioni di Louis. Voleva sollevarmi la manica della maglietta. Avrebbe visto i miei tagli. Avrebbe visto la causa del mio dolore. Avrebbe visto un sangue non causato accidentalmente, fuoriuscito per dovere, per piacere, per ovvietà.
Gli bloccai la mano e lo fissai negli occhi, supplicavo con lo sguardo di non farlo mentre lui confuso continuava a guardarmi, aspettandosi delle spiegazioni.
- Il... Mi... Mi fa impressione quando qualcuno mi cura... posso farlo benissimo io... vado in bagno e me ne occupo io... - balbettai insicuro.
- Ma quando sei stato male ti sei fatto curare ogni taglio senza dire nulla - riflettè ovvio. Pensai a un'altra scusa.
- Solo perchè ero troppo stanco per farcela. E' solo un taglio... ci penso io - ero abituato a curare talmente tanti tagli sul mio corpo che quello era una stupidaggine in confronto.
- Harry non preoccuparti. Guarda da un'altra parte, ci metto poco - fece per alzare nuovamente la manica e io gli bloccai il polso.
- Perchè hai bisogno di alzare la manica? - chiesi, sperando di convincerlo a non farlo.
- Perchè sennò il liquido la bagna tutta -
- Non fa niente -
- Dai Harry, non fare il bambino. Lasciati curare questo taglio e alzati la manica -
- Ma fa freddo - inventai un'altra pessima scusa.
- Ci metto poco, vedrai che non fa freddo -
- No... Louis voglio farlo da solo... davvero... - sentii che stavo per cedere. Non avrei continuato a reggere il suo sguardo accusatorio, confuso e.. deluso. Mi distrusse. Lui pensava che non mi fidavo delle sue cure, io invece non volevo altro. Volevo che curasse ogni centimetro della mia pelle, che la baciasse e la accarezzasse, facendomi sentire nuovamente vivo... e invece lui pensava che mi schifava avere le sue mani addosso... che volevo farlo da solo perchè lo avevo paragonato a un malato di lebbra. Se solo avesse saputo che effetto mi faceva... se solo si fosse accorto della tranquillità e della forza che un suo tocco mi incombeva... ma NO. Non glielo avrei detto. Non volevo che poi si schifasse di toccarmi. Non volevo che faticasse a trattenere anche uno stupido dialogo con me. Volevo che restasse il solito Louis, solo imparando ad amarmi. Ma chi ero io per costringere una persona a smettere di amare le altre per me? Ero un sgorbio. Uno scarabocchio. Un quadro gettato nella spazzatura. Una rete rotta. Un vaso andato in pezzi. Un mela marcia del cesto.
- Harry cosa nascondi che non vuoi che sappia? - a quelle parole restai un po' sorpreso. Come aveva capito che nascondevo qualcosa? Forse dal tono di voce basso e insicuro? O dal fatto che volevo per forza curarmi da solo?
- Non c'è niente che non va... voglio solo essere io a curarmi. Odio quando qualcuno mi fa sentire inutile. - cercai di nascondere l'insicurezza nel tono di voce, ma non ci riuscii molto bene dato che un po' tremolò. Non ero mai stato bravo a mentire.
- Non ti credo! Perchè non dovresti alzare quelle maniche? Harry alzati le maniche o sono costretto a farlo io - che si fosse accorto di qualcosa? Pensai. Sta di fatto che sicuramente ero sbiancato.
Afferrai le maniche e le tirai più giù, coprendo le mani e anche il palmo insanguinato della mano destra.
- Harry alza quelle maniche - sconfitto alzai la manica del braccio sinistro. Quello senza tagli. Lo vidi sospirare tranquillamente. Pensai di averlo convinto.
- Adesso l'altra - affermò autoritario. Scossi la testa e mi alzai, volendo andare in camera mia. Mi fermò per il polso destro e quasi bruscamente alzò la manica. Sbiancò alla vista della benda bianca, ormai rossa di sangue. Penso proprio che io sbiancai molto più di lui. Ritirai indietro il braccio e abbassai la manica. Poi puntai lo sguardo al pavimento, non volevo incrociare il suo, totalmente sconvolto.
- Togli quelle bende - disse dopo qualche minuto di silenzio. Una lacrime scivolò sulla mia guancia. La ignorai e scossi il viso.
- Ti prego Louis... non obbligarmi a toglierla... - chiesi con un filo di voce. Il torace fu scosso da un singhiozzo.
- Mi dispiace... - disse. Ripensai che si fosse arreso e invece mi riprese il braccio e rialzò la manica. A quel punto più lacrime scesero sul mio viso, inondandolo. Graffiandolo. Distruggendo più di quanto il dolore possa già aver fatto.
Slegò la benda e fissò ogni taglio... sospirò e quella volta non fu per sollievo ma per dolore, per delusione, per amarezza...
- Perchè? - chiese. Non mi guardò negli occhi. Non mosse la sua mano dalla mia. La guardò schifato. E quello fu più doloroso di ogni taglio.
- N-non... i-importa - smorzai le parole a causa dei singhiozzi e delle lacrime. Ormai lo sapeva, ma non avrei voluto svelargli che era lui la causa dei miei tagli. Non volevo distruggerlo e ferirlo più di quanto già facessi.
Scosse la testa e indietreggiò a quel punto fui io a fare un passo verso di lui.
- Ti prego non scappare da me... non dirlo a n-nessuno... per favore Louis - supplicai, cercando più aria da mettere nei polmoni.
- Perchè non dovrei? Hai bisogno di aiuto Harry. Ti fai del male così -
- Ti prego n-n-on dirlo a n-nessuno - a quel punto il fiato era quasi mancato. Arrancavo faticosamente ossigeno. Le lacrime agli occhi bruciavano, come se fossero acido. La gola diventò di fuoco. Bruciava. Aveva bisogno di far entrare aria. I polmoni avevano smesso di riciclare ossigeno. Si erano fermati e spingevo contro le costole, come se fosse possibile strappare la carne e attirare con sè ossigeno. Il mio corpo non rispose più delle mie azioni. Mi ritrovai steso al suolo, senza neanche sapere come. Fissavo il soffitto e cercavo aria. Notavo un'immagine sfocata cercare di aiutarmi.
No Louis... nemmeno questa volta puoi aiutarmi.
Sapevo fosse la mia fine. Era uno di quegli attacchi che non sarebbe smesso con un "Stai calmo Harry".
Louis provò a iniettarmi del suo ossigeno. Respirazione bocca a bocca. Solo allora fui completamente felice. Prima di perdere i sensi avevo provato il piacere di baciare le sue labbra. Erano soffici... si, soffici come lo zucchero filato... era perfette, perfette per stare con lei mie. I miei occhi si chiusero lentamente. Forse era arrivato il momento in cui il cuore si era stancato di battere. In cui il cervello si era stancato di ragione. Anche i polmoni avevano rifiutato l'ossigeno.
Sentii per l'ultima volta la sua dolce voce.
- Harry ti prego resisti. Ti prego... non lasciarmi anche tu -
Non voglio lasciarti. Non voglio lasciarti.
Urlai dentro di me. Volevo scappare via dal mio inutile corpo. Volevo abbracciare Louis... volevo baciarlo... volevo renderlo felice. Io volevo ancora vivere, nonostante la mia vita facesse schifo, ma Louis era il mio raggio, quello che avrei dipinto se non avessi trovato. Eppure la vita me lo aveva sempre tenuto accanto. Eppure la vita mi aveva sempre lasciato un briciolo di lucidità per capire, proprio nel momento di bisogno, che non avrei mai dovuto stentare a credere alle sue parole.
Ci provai un'ultima volta. Un ultimo respiro. Se fosse entrata aria bene sennò niente. Una boccata sola ed ecco che come per magia tantissimi atomi di ossigeno entrarono per la bocca e arrivarono ai polmoni. Il cuore riprese i suoi lenti battiti e il cervello mi fece capire che ce l'avevo fatta. Avevo superato una di quelle crisi di panico da cui pensavo di non poterne uscire. Sbattei più volte le palpebre prima di focalizzare bene l'immagine di Louis, ormai scoppiato in un tremendo pianto, accanto a me.
Si buttò sul mio ancora debole corpo e mi tirò a sè, abbracciandomi come fanno i fratelli.
- Non dirò niente, ma tu non lasciarmi... per favore... - sussurrò al mio orecchio, facendomi provare brividi che pensavo di aver perso.
- N-on.... s-sarò.... i-io... a... l-lasciarti... - affermai con un po' di fiato. Il motivo? Perchè sarebbe stato lui a farlo, non appena mi sarei sentito meglio. Sarebbe stato lui a buttarmi fuori dalla sua stanza, defendendomi un malato depresso. Io non avrei mai avuto le forze di lasciarlo. Grazie a quello ero ancora vivo, eppure ogni parte di me diceva di non fidarmi, che mi avrebbe tradito o deluso, perchè è questo che prima o poi la gente fa.
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