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Il giro della prostituzione

Capitolo XXXIV

*HARRY'S POV*


- Richard, Jonathan, volete un altro hamburger? Oppure delle patatine fritte? - chiese Johannah, attirando la mia attenzione. I miei "zii" avevano un po' falsificato i loro nomi, tanto per non destare sospetti in caso mi sfuggisse qualcosa. Se per sbaglio li avessi chiamati "Rick e John" nessuno avrebbe notato la differenza. 

- No. Grazie. Piuttosto io e Jonathan le volevamo chiedere se potevamo prendere in prestito Harry per questa sera, così da passare un po' di tempo insieme. Torneremo sul tardi - John sorrise dolcemente, facendomi più paura della sua normale espressione. 

- Certo, non ci sono problemi. Per te va bene, Harry? - mi domandò Johannah. Da sotto il tavolo sentii la presa di Louis rafforzarsi sulla mia gamba. Sapevo che voleva passarla con me, quella sera, ma purtroppo non potevo.

- S-si... mi va bene. A che ora? - chiesi, voltandomi verso Rick. 

- Subito dopo cena. Quindi hai il tempo di farti velocemente una doccia - annuii distrattamente e finii la mia cena, per poi andare a prepararmi sia psicologicamente che mentalmente. Come al solito mi avrebbero "violentato" un po'. Avrebbero fatto a turni e poi mi avrebbero riportato a casa. Solita vita. Solita scena. Solita merda.

- Volevo passare un po' di tempo con te - mormorò Louis, venendomi alle spalle e cingendomi la vita. Indossavo solamente i jeans ancora e dovevo sbrigarmi.

- Lo so, Lou... ma sono i miei zii e non li vedo da troppo tempo - cercai di rendere quel discorso molto convincente e non appena vidi Louis annuire, capii che avevo fatto centro. Indossai una maglietta a caso, un paio di supra nera e dopo aver asciugato velocemente i capelli, mi ritrovai in macchina con quei tizi, mentre Louis mi guardava con aria delusa. Era successo tutto troppo veloce per capire quando mi stessi allontanando da lui. La strada che ci stava separando era immensa. 

- Ma dove stiamo andando? - chiesi, cercando di accomodarmi meglio sui sedili di quella Range Rover nera.

- A fare un giro - concluse Rick, mantenendo un tono evasivo e lo sguardo attento sulla strada. 

Volevo pensare, magari a Louis, alle sue labbra, alla sua dolcezza, oppure al cambiamento di Zayn, ma non ci riuscivo. Sentivo la mente vuota, proprio come il cuore. Tentavo di guardare il buio che mi circondava e di concentrarmi su qualcosa, qualsiasi cosa, ma ero senza pensieri. Tanto che finii con l'addormentarmi senza nemmeno accorgermene e col risvegliarmi dentro una stanza che non avevo mai visto prima. Mi stiracchiai un po' sul letto e notai John venire verso di me. E io che pensavo di essere solo e salvo.

- Ben svegliato, bell'addormentato. Vuoi un po' d'acqua prima di iniziare? - annuii, sapendo che sarebbe stata una notte piuttosto disidratante e bevvi lentamente, cercando di prendere tempo.

- Rick, si è svegliato! Possiamo dare inizio alle danze - urlò John, per farsi sentire dall'amico.

- Dammi cinque minuti - cinque dannatissimi minuti e tutto stava prendendo una maledetta piega diversa. La testa spesse volte girava, proprio mentre sentivo le mani di John vagare sul mio corpo. Non mi ero nemmeno accorto di essere già nudo e di avere il suo corpo sul mio. La cosa era strana, solitamente mi soffermavo sempre sui particolari, sui gesti viscidi e totalmente diversi da quelli che Louis applicava sulla mia pelle. Fu troppo veloce. Veloce e strano. John usò il mio corpo senza che me ne accorgessi e in poco tempo anche Rick face lo stesso. Sentivo la testa pesante e non avevo proprio voglia di tenere gli occhi aperti. Avevo sonno, irrimediabilmente sonno. Volevo chiudere gli occhi e provare a dormire, ma i graffi e gli schiaffi di quei due mi tenevano sveglio. Solo quando sentii un pungiglione al braccio destro, mi feci forza e sollevai la testa. Avevo una siringa nel braccio e mi stavano iniettando qualcosa.

- C-cosa è? - senza ottenere una risposta, ma solo sguardi fugaci e accattivanti, sentii il liquido scorrere nel braccio e bruciare, come se fosse benzina. Le forze si affievolirono in un secondo, per poi triplicare l'attimo dopo. Non ero più stanco, ma sveglio e pimpante. Odiavo anche solo supporlo, ma quella doveva essere droga. Droga nelle mie vene. Nemmeno il mio sangue, ormai, era puro. 

- Ricordi quel giro di cui ti parlavo? Beh si tratta di un giro, si... ma di un giro di prostituzione - ridacchiò Rick. Ebbi il tempo di inarcare meglio le sopracciglia che un uomo sulla trentina di anni entrò nella stanza. Indossava un vestito nero ed elegante, accompagnato da dei mocassini di pelle lucida. 

- E' lui la posta in gioco? - chiese, alludendo al mio corpo steso su quel letto.

- Hai trenta minuti per fare quello che vuoi - borbottò John, tirandosi dietro Rick ed uscendo dalla stanza, non prima di aver afferrato dei bigliettoni dalle mani dell'uomo apparentemente ricco. Cosa ero? Una puttana. Mi avevano trasformato in una puttana.

- Questi ricci ti incorniciano benissimo il volto, lo sai? - voleva forse aprire un dialogo prima di scoparmi? Beh, non avevo voglia di parlare e nemmeno di respirare. Trattenni il fiato mentre sentivo le sue mani scorrere sulla mia pelle. Erano fredde, segno che il tempo, fuori da quelle mure, era altrettanto gelido.

- Mi spogli tu? O lo faccio io? - non accennai alcuna risposta, così, indifferente, prese a spogliarsi e a spalmarsi sul mio corpo. Le sue mani vagarono ovunque, prima di concentrarsi al mio membro e di stuzzicarlo un po'. La forza che poco prima si era triplicata, in quel momento prese ad affievolirsi un'altra volta. Era una maledetta ruota. Tutto riprese a girare, tutto riprese ad apparire sfocato e incolore. E io non avevo nemmeno la forza di tirarmi indietro e di scappare. Pensavo a Louis, pensavo a come lo stessi tradendo, senza essere completamente lucido. Pensavo a come quell'uomo mi apparisse in 3D. Sentii una pressione al fondo schiena, poi un'entrata violenta e spinte altrettanto dure. 

Allo scadere dei trenta minuti, sentii il mio corpo totalmente esausto. L'uomo lasciò la stanza e senza avere il tempo di rigirarmi nel letto, entrò un'altra persona, bisognosa di un corpo. Il mio. Mi costringeva a gemere, pizzicandomi violentemente la pelle o graffiandomi braccia e schiena. 

Decidevano loro le posizioni, la velocità, l'andamento. Decidevano loro se farti male o meno. A nessuno importava cosa pensassi o quanto soffrissi. Nessuno sapeva quando male mi facesse la schiena o il sedere o quanto esausto potesse essere il mio corpo dopo il quinto o forse sesto cliente. Nemmeno le puttane si portavano a letto così tanti uomini nel giro di qualche ora. Nemmeno le puttane venivano drogate per non capire ciò che gli facevano. Le puttane, al contrario mio, potevano pure prendere l'iniziativa o decidere che cliente farsi e quanto farsi pagare. Io ero un corpo ammassato su un letto, ricoperto da schifosissimo sperma e piccole tracce di sangue, lasciate da chi usava mezzi duri per soddisfare i suoi bisogni. Io non avevo nemmeno la dignità che ho sempre cercato di costruirmi, pezzo dopo pezzo, mattone dopo mattone, sospiro dopo sospiro. 

- Sei stato molto bravo, dovevamo guadagnare qualcosa per andare avanti. Non penso ricapiterà un'altra volta, almeno che tu non decida di comportarti male. Adesso puoi pure dormire, così ti risveglierai a casa tua - i miei occhi erano chiusi già da prima che John iniziasse a parlare. Sfinito, mi addormentai sicuramente subito, dato che non ho altri ricordi se non di quando mi sono ritrovato sul letto della mia stanza. Speravo fosse stato un incubo, ma avevo il loro odore addosso. Tanti odori. Talmente tanti che dovetti stare sotto la doccia per quasi mezz'ora prima di sentirmi leggermente pulito.


*NIALL'S POV*

L'idea di andare a scuola non mi entusiasmava molto, nonostante il mio umore fosse fino alle stelle. I ragazzi mi reputavano "strano e particolarmente gioioso" da qualche settimana, precisamente dal giorno in cui quell'angelo si era preso cura di me. 

Charly.

Inutile menzionare come pronunciare il suo nome mi faceva andare i battiti cardiaci in tilt. Non mi ero mai sentito così bene con una ragazza. Messaggiavamo spesso, quasi tutto il giorno, tranne quando era a lavoro o usciva con gli amici.

L'unica cosa che rendeva quel giorno altamente noioso in un giorno particolarmente speciale, era il fatto che quello sarebbe stato il suo giorno libero e il che l'avrebbe portata a fare colazione in un bar vicino la mia scuola. Un mix perfetto: La ragazza che aveva conquistato il mio cuore, insieme a un negozio pieno di cibo.

Feci velocemente una doccia e con una mezz'ora di anticipo alla solita uscita mattutina, mi ritrovai nel suo bar preferito. 

Come previsto dalla mia mente geniale e dal piccolo stalker che c'era in me, la trovai seduta ad aspettare il suo ordine, mentre aveva il volto immerso in un libro. 

- Charly? Anche tu qui? - beh si, credo proprio che mi avrebbero potuto premiare come miglior attore innamorato dell'anno. Non credevo di essere riuscito ad ammettere molto velocemente che mi fossi innamorato. Certo era passato poco più di un mese, forse non era nemmeno uno di quegli amori indissolubili, ma lei mi piaceva e avevo bisogno di sentirla tra le mie braccia, per sempre.

- Niall? Ciao!! Che ci fai tu qui? Cioè questo è il mio posto preferito, vengo qui ogni volta che non ho la stage e tu? Niente scuola oggi? - mi sorrise raggiante e si alzò per abbracciarmi. Non ci pensai due volte a farmi circondare dalle sue braccia, sentendo il suo calore nonostante i vestiti pesanti non permettessero la completa trasfusione.

- Quindi anche tu vai a scuola? Quello che fai in ospedale è solo uno stage? Pensavo lavorassi lì... comunque ho dimenticato di fare colazione oggi e passando da qui ti ho vista -  

- Siediti allora, faccio portare un cornetto e una cioccolata anche per te? - annuii entusiasta e aspettai che ordinasse al posto mio prima di sedermi e di continuare il nostro discorso. Era inevitabile farle domande, per il solo piacere di continuare a sentire la sua voce e di lasciare che accarezzasse il mio cuore. Le sue labbra si muovevano come se non aspettassero altro dalla vita. Gli occhi erano chiari, limpidi e mi trasmettevano più parole di quanto potesse fare il suo cervello o la sua bocca. Avremmo potuto dialogare anche solo guardandoci per pochi secondi, con la possibilità di capire ciò che la gente tenta di spiegarmi con un miliardo di parole, senza riuscirci.

- Si, quello che faccio è solo uno stage per entrare meglio nel campo della medicina. Mi piace aiutare le persone che ne hanno bisogno. Katy, la bambina dell'ospedale, è un esempio. Grazie - afferrò la sua colazione e ringraziò il cameriere, mentre io feci lo stesso con la mia, soffiando sulla bevanda prima di berla.

- Come fai a dividerti tra studi e stage? Non è pesante? -

- Quando hai una passione, Niall, non ti ferma nemmeno un treno in corsa - dichiarò col tono calmo e rilassato. Poi sorrise, facendomi capire che se avessi avuto una passione, non avrei mai dovuto smettere di coltivarla.

- Hai mai fatto buca? - domandò dal nulla, finendo di mangiare l'ultimo pezzo di cornetto. Io il mio lo avevo già finito prima ancora che venisse appoggiato al tavolo.

- Intendi saltare la scuola? - 

- Si -

- Beh alcune volte si, con i miei amici... vuoi portarmi alla brutta strada, Charly? - ridacchiai, lei mi seguì a ruota prima di alzarsi e di pulirsi le mani dalle sfoglie del cornetto.

- Molto probabilmente si. Ti va di venire con me? Voglio portarti in un posto in cui vado ogni mercoledì mattina - senza farmelo ripetere due volte, le correvo dietro. Mi ringraziai mentalmente per non aver messo troppi libri nello zaino.

- Allora? Dove vuoi portarmi? A saltare da un burrone alto venti metri? Oppure a scalare l'Everest? - mi piaceva prenderla un po' in giro, solo per il gusto di sentire ancora la sua dolce risata che mi inondava le orecchia.

- Oh no, niente di pericoloso, per carità! Sennò mi tocca continuare a curarti - afferrò la mia mano e mi trasmise una scarica elettrica piuttosto piacevole. Poi prese a tirarmi e a farmi attraversare la strada senza aspettare il semaforo.

- Così rischi di dovermi curare lo stesso! ATTENTA! - La tirai addosso a me prima che potesse fare un passo troppo rischioso verso la fine dello stradone. Il suo fiato solleticava il mio e stava mettendo a dura prova la mia forza di resistenza. Volevo le sue labbra. Volevo il suo sapore. Volevo lei.

- Grazie.. ma dobbiamo andare o non arriviamo in tempo! E' già tardi! - riprendemmo a correre, ma osservando meglio prima di attraversare. 

A poco passo, passo dopo passo, corsa dopo corsa, le case iniziarono a sparire, lasciando il posto a una radura verde, con piccole collinette. Mi portò in cima a quella più vicina e mi disse di guardare dritto, verso l'orizzonte. E allora notai il cielo essere in contrasto. Il sole avrebbe già dovuto essere in alto e splendere ovunque, ma quel tratto era ancora preso dall'alba. Alcune nuvole erano un po' rosse e rendevano l'atmosfera romantica, ma uguale a tutte quelle che si vedono nei film d'amore.

Mi sedetti sul prato, venendo imitato da Charly. Lei, al contrario mio, fissava con orgoglio il paesaggio. Era bello, certo, lo era anche il prato verde colto da sfumature grigie per il clima freddo, solo che era così scontato. Come un posto come tutti gli altri. L'unica differenza la creavamo noi, restando vicini a guardare il cielo.

- Mi sembra di essere in uno di quei film che le sorelle del mio amico mi costringono a vedere - mi lasciai sfuggire.

- Quali film? -

- Quelli in cui il ragazzo, sorpreso, bacia la ragazza che lo fa sognare -

- Solo che tu non puoi baciarmi, caro Niall - puntò i suoi occhi suoi miei, lasciandomi allibito.

- E perchè? Sentiamo... -

- Perchè ci pensa già qualcuno - mi guardò con uno strano luccichio negli occhi. In un lampo capii tutto. 

- Dì a quel qualcuno che dovrebbe proprio baciarti in momenti come questi - le sorrisi e le sfiorai la punta del naso con l'indice. Lei non apparteneva a me, apparteneva a qualcun altro. Le sue labbra venivano già baciate da qualcuno che non fossi io. Così, mettendo da parte il rossore per la situazione appena avvenuta, mi ritrovai a pensare a come sarebbe stato bello.

- Sei tu il ragazzo che sogna? Quello che spera di baciare la ragazza? - mi chiese dopo qualche attimo di silenzio. 

- Nah! Era solo un modo di dire, un esempio - mentii, non volendo passare per l'idiota di turno che si è innamorato della ragazza già impegnata.

- Vuoi sapere una cosa, Niall? - 

- Certo -

- Se il mio cuore non appartenesse già a qualcuno, potrei pure regalarlo a te - mi lasciò di stucco, si sollevò dal prato e mi porse le mani. 

- Sei già stanco? Andiamo, devo ancora portarti in un altro posto! - ancora scosso, mi tirai su e la seguii. Ero più taciturno, più pensieroso, forse anche un po' più cupo, ma sempre più innamorato della ragazza dagli occhi ghiaccio.

- Abbiamo davvero fatto quindici minuti di strada senza che me ne accorgessi? - le domandai, spezzando il silenzio imbarazzante che si era creato durante il tragitto. 

- Si - scoppiò a ridere, facendomi ridere il cuore. Le rughette che i suoi occhi formavano a causa delle risate erano qualcosa di troppo affascinante. Mi catturava tutto di lei. Lo sguardo perso, quello pensieroso e quello divertito. Amavo quando scuoteva la mano di fronte al mio viso, per risvegliarmi dal solito trance che mi catturava quando notavo qualcosa di bello in lei. Cioè sempre.

Mi sentivo come un ragazzino con la sua prima cotta. Mi sentivo come un marinaio con la prima rotta verso un lontano mare. 

Ero romantico, spensierato, felice. Lei mi rendeva vivo. 

Dopo altri venti minuti di strada, arrivammo di fronte a un orfanotrofio. 

- Questo ti sorprenderà - mi disse, trasportandomi all'interno della struttura ancora nuova e profumata di vaniglia. 

- Charly! Charly! - un gruppetto di cinque bambini corse verso di noi e si aggrappò alle gambe della ragazza al mio fianco.

- Ciao Josephine. Ciao Samuel. Edward. Beatrice. Alice. Vi presento un mio amico. Si chiama Niall e l'ho portato qui per fargli vedere quello che facciamo ogni mercoledì. Vi va di aiutarmi? - i bambini le urlarono un coro di "si" e due di loro mi presero per mano, trascinandomi dietro al resto del gruppo. Mi trovai a ridere quando altri bambini di aggrapparono alla povera Charly. Non sembrava dispiaciuta, piuttosto sorrideva solare a tutti ed era sempre gentile. Forse mi ero innamorato di lei anche per questo motivo. 

Passammo tutta la mattinata immersi nei giochi e nei disegni che facevano i bambini. Mi ero spesso lamentato della mia vita, non capendo quante persone stessero peggio di me. Io avevo un padre e una madre che mi amavano, altri non li avevano del proprio. Io mi svegliavo a casa mia, in salute. Gli altri, il più delle volte, avevano paura di non arrivare mai a svegliarsi.

Grazie a Charly, quel giorno, capii quanto importante potesse essere la vita di ogni individuo e mi ritrovai a ringraziare chiunque mi avesse potuto ascoltare, per avermi fatto nascere e vivere. 

Charly era un angelo. Il mio e solo mio angelo.

- Allora... ti sei divertito oggi? - mi chiese, sulla strada vero il bar.

- Si... mi hai fatto sentire... vivo. Grazie mille, dovremmo uscire più spesso, lo sai? - la colsi in flagrante e la vidi arrossire, facendomi impazzire più del dovuto.

- Certo, con molto piacere. E' bello avere amici come te Niall. Amici che ci sono sempre - si fermò e mi abbracciò di nuovo, facendomi notare che il bar era a soli pochi metri da noi.

- Charly?! - un ragazzo un po' più alto dai me, con un sorriso smagliante sul volto e capelli castano scuro da incorniciare gli occhi azzurri, venne verso di noi. Charly si girò prima di urlare "amore mio" e di correre tra le sue braccia.

Lui era il suo ragazzo?

Ebbi una conferma alla mia domanda quando la mia "amica" venne con lui verso di me e fece le presentazioni.

- James, lui è un mio carissimo amico. Niall, lui è James, il mio ragazzo - si, lo era.

Gli strinsi la mano e finsi un sorriso. Faceva male vederla tra le braccia di qualcuno che non fossi io.

- Bene ragazzi, io devo andare dai miei amici. E' stato un piacere James, a presto Charly - mi dileguai velocemente, salutando tutti con un cenno della mano e lasciando la coppietta felice e sbaciucchiarsi. 


* LOUIS'S POV*

- Louis, porti tu tua sorella dal medico? - disse mia madre, non appena entrai in casa.

- Si. Poso lo zaino di sopra e l'accompagno. Harry dorme? - chiesi, sperando in una risposta positiva. Di mattina ero passato da lui per svegliarlo e andare a scuola, ma lo avevo trovato pallido e con due occhiaie enormi. Non mi andava di trascinarlo in quel manicomio, immaginando che non stava affatto bene.

- No, si è svegliato poco fa e ha fatto una doccia. Dagli quest'aspirina, gli fa male la testa - afferrai il bicchiere, ancora confuso, e salii fino alla camera di Harry, trovandolo sul letto, a pancia in su, a contemplare il soffitto bianco.

- Se vuoi ci posso incollare una foto mia, così mi guardi sempre - ridacchiai, sedendomi vicino a lui e svegliandolo dal suo trance. Si mise a ridere, mostrandomi i suoi occhi stanchi e probabilmente colmi di sonno.

- Sarebbe una buona idea - biascicò, avvicinandosi alle mie labbra e lasciandoci sopra un dolce e casto bacio. Amavo ciò che eravamo diventati. Cioè una coppia, anche se "in segreto".

- Cosa hai fatto ieri? Siete tornati troppo tardi? Ti vedo stanchissimo e pure pallido - iniziai con delle domande a raffica e lui mi rallentò portandosi una mano alla testa.

- Piano, piano. Una alla volta. Mi scoppia la testa - restai in silenzio e gli passai il bicchiere con l'aspirina. All'impatto pensai che si fosse preso un raffreddore o non avrei saputo spiegare il mal di testa. Sembravano i sintomi di una post-sbornia.

- Allora... umh... ieri siamo stati parecchio in giro, abbiamo p-parlato del più e del meno e siamo arrivati a casa tardi. Non ho chiuso occhio, ecco perchè sono stanco - chiarì, non appena ebbe finito di bere. 

- I tuoi zii dove sono? -

- S-saranno u-usciti - sbottò nervoso.

- Capito... okay io devo accompagnare mia sorella dal medico, tu vieni con me? -

- No, no. Preferisco riposare - aggiunse velocemente.

- LOUIS! HARRY! SIETE QUI? - 

- Niall - mormorammo contemporaneamente io e Harry. Subito dopo scoppiammo a ridere e un Niall piuttosto rosso in viso comparve nella nostra stanza.

- Charly ha un ragazzo e quel ragazzo non sono io! - disse col fiatone. 

- Harry, lascio a te il compito dello psicologo. Niall, tu mi devi ancora dire perchè non eri a scuola - dissi, avviandomi verso la porta, ma Niall alzò Harry di peso e lo fece drizzare in poco tempo, facendo comparire un espressione di dolore e confusione sul volto del riccio.

- Harry?! Ehi... tutto bene? - lo afferrai in tempo, prima che cedesse verso il pavimento.

- Scusa mi dispiace... - ammise imbarazzato il biondino, mentre mi aiutava a far sdraiare Harry.

- T-tutto apposto... solo... u-un po' di mal di schiena... e-ecco... s-si... e a-anche un p-po' di m-mal di testa.. tutto qui... - mi trovai ad annuire e a raccomandare a Niall di stare attento, poi uscì di casa con la piccola Daisy, diretto verso lo studio medico.


*ZAYN'S POV* 

Bussai alla porta di casa di Liam, non avendolo visto a scuola e ad aprirmi fu sua madre.

- Salve signora, c'è Liam in casa? -

- Certo entra. E' nella sua stanza... potresti portargli anche questo vassoio col cibo? Non mangia da parecchi giorni e mi sta facendo diventare pazza. Sai cosa gli prende? - scossi il capo in segno di negazione, poi arrivai fino alla camera di Liam, poggiai il vassoio sul letto e lo trovai in bagno, a vomitare.

Capii che le cose non erano andate come lui ci aveva detto. Quello non aveva nulla a che fare con le sue bugie.

- Non hai un virus intestinale, vero? - chiesi, facendolo sobbalzare.

- C-che ci fai qui, Z-zayn? - 

- Non è un viru vero? - domandai più forte, facendogli venire la pelle d'oca. Scosse la testa e a quel punto diventai una furia.

- Tu mi hai detto solo un pugno di stronzate! Fai tanto il coraggioso e il forte, dicendomi che non mi faccio del bene nel cercare piacere nel dolore e poi sei il promo che vomita tutto ciò che mangia! Non dirmi più cosa fare, se tu sei il primo a commettere sbagli! - gli sbraitai addosso trovandomi in poco tempo fuori dalla sua stanza.

Non gli avevo dato nemmeno il tempo di spiegare o di riprendere colore. Avevo fatto tutto da solo. Mi ero arrabbiato con lui. Gli avevo urlato addosso ed ero scappato via, come un leone con la coda tra le gambe.

Però sapevo dove volevo andare. A casa. Nel bagno. Col mio dolore. Nessuno doveva dirmi cosa fare e quando farlo. Mi ero stancato della gente che non faceva altro che farmi consigli, non sapendo gestire nemmeno i propri problemi.

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