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Conoscenze caratteriali

Capitolo VI

Conoscenze caratteriali.

- Vorrei proprio capire di che eredità parla. Io non ne sapevo nulla - borbottai ancora un pò sconvolto. Eravamo appena rientrati a casa e il mio avvocato aveva deciso di fermarsi con noi per firmare altre pratiche e per ragionare su quest'ulteriore problema.

- Sicuro di non saperne nulla, Harry? Potrebbe essere d'aiuto anche la più piccola informazione - replicò lui. Ora le cose si complicavano e pure troppo.

- L'unica cosa che so è che mio padre non mi ha mai detto niente. Me l'ha tenuto nascosto per prendersi tutta l'eredità. Non lo facevo così - ammisi. Era strano come la morte di mia madre lo avesse cambiato radicalmente. Per arrivare a mentirmi, picchiarmi e stuprarmi vuol dire che mi odiava davvero parecchio.

- Questa potrebbe essere una carta a nostro favore. -

- Louis dove vai? Non ti fermi con noi a cena? - Johanna attirò la mia attenzione, richiamando un Louis mezzo morto che saliva le scale. Si girò con la sua aria stanca e prima di rispondere a sua madre mi fissò negli occhi. Deviai il suo sguardo e lo concentrai sulle mie mani.

- No. Siamo in giro da una giornata e preferisco andare a letto - aggiunse con voce stanca.

- Più tardi ti salgo qualcosa? -

- Non c'è bisogno mamma. Non ho proprio fame questa sera -

- Ma hai saltato pure il pranzo e la colazione. Non puoi non mettere nulla nello stomaco -

- Non ho fame, davvero. Sono solo stanco - borbottò esausto. Ci lasciò annunciando un "Buonanotte" a tutti prima di chiudersi in camera. Il mio avvocato fece finta di nulla per non pesare alla situazione e continuammo il suo discorso.

- Non riesco a capire chi possono essere questi due tizi che dicono di aver visto tuo padre difenderti. -

- Gli unici tizi che sono stati con mio padre durante l'ultima.. emh, l'ultima volta.. sono stati quelli che di cui non so il cognome. Però potrei riconoscerne il viso -

- E' parecchio difficile trovarli se non sono già stati schedati prima d'ora. Dovremmo aspettare alcuni risultati della polizia. Spero che li trovino e riusciremo a farli parlare -

- Avvocato, se tutto dovesse andare male. Se il padre di Harry riuscisse a essere liberato potremmo tenerlo lo stesso con noi? Come garanzia che il padre non possa fargli altro male - si intromise Johanna, prendendo in braccio le gemelle e cullandole. Avrei tanto voluto avere ricordi di mia madre mentre faceva lo stesso con me.

- Solo se il ragazzo vorrà. Dato che le cartelle cliniche recuperate dall'ospedale indicano che il ragazzo è stato violentato dal padre, possiamo benissimo lasciare l'affido a voi. Sempre se il ragazzo non decide di tornare del padre. A quel punto dobbiamo cambiare le carte e ripassare l'affido al suo genitore -

- Beh Harry non vuole andare col padre, quindi resterà con noi. Vero Harry? -

- Certo Johanna - conclusi, non essendone davvero sicuro. Era ovvio che non volessi finire nuovamente nelle grinfie di mio padre, ma non riuscivo a vivere in una casa dove c'era un Louis depresso che mi insultava, anche se involontariamente. 

Johanna e le bambine si alzarono e mi circondarono in un caloroso abbraccio. Poi salutammo l'avvocato e mentre gli altri preparavano la cena io mi riposai un pò in camera mia. 

Pensai al fatto che mio padre non avesse potuto farmi rinunciare all'eredità. Non m'importava dei soldi, mi importava della presenza di qualche lettera o qualche oggetto che volesse darmi. I soldi non mi avrebbero portato indietro la mia figura materna e mio padre poteva pure tenerseli. Io volevo qualcosa che mi attaccasse maggiormente a mia madre e mi facesse sentire protetto dalle sue braccia. Era da tanto che qualcuno non si preoccupava per me, solo Johanna e le sue figlie lo avevano fatto. Louis era particolare. Lui per me non era solo un fratellastro, ma era il ragazzo di cui mi ero incosciamente innamorato. Che potevo farci? Non potevo di certo smettere di amarlo. Non velocemente, almeno. Magari il tempo mi arebbe aiutato un po'. 

- Harry, a tavola - urlò Lottie. Scesi in salotto e mi sedetti al mio posto. Quello di Louis era vuoto, aveva già detto che non voleva mangiare. Gli avrei portato io qualcosa e gli avrei parlato. Mi dispiaceva vederlo stare male a causa mia e non volevo portare dispiacere in famiglia. Lo notavo. Notavo come tutti avevano mantenuto il silenzio. Notavo come l'unico rumore presente in sala erano le forchette che stridevano contro il piatto. Notavo come ognuno pensava a un motivo valido per accettare quello strano comportamento di Louis. Notavo ogni cosa, perchè se c'è una cosa che ho sempre fatto è stato osservare e non parlare. Senza il bisogno di scambiare due chiacchere con una persone riuscivo a capire il suo carattere. Mi bastava vedere come si comportasse con la gente. Louis ad esempio sembrava forte ma era debole. Suscettibile. Dolce e premuroso. Si era subito ambientato al mio fragile carattere e a modo suo ha cercato di tenermi stretto con una corda troppo ruvida. Come previsto quella corda si è spezzata e questo ha portato via quel piccolo legame che si era creato tra noi.

Vedere Johanna mangiare in silenzio mi ha fatto capire quanti pensieri riuscissero a sprofondare nella sua mente. Stava sicuramente torturando ogni neurone pensando a come Louis potesse stare. Lei non era una donna fragile. Combatteva per ogni cosa. Aveva la forza di un leone, ma se qualcuno osava toccare le persone che amava si trasformava subito in un'indifesa gazzella. Scappava via, cercando di non farsi prendere, ma riusciva a dare forza e a infonderla a chiunque, anche al più debole e malsano animaletto.

Lottie non aveva mangiato molto, sicuramente anche la sua mente era tartassata di pensieri. Lei era quel genere di ragazza cresciuta troppo in fretta. Si sentiva già donna per avere solo quindici anni. Credeva di essere già abbastanza grande per uscire e ritirarsi tardi, per avere un ragazzo e per fare esperienze, ma era anche talmente matura da capire che tutte queste cose le avrebbero fatto soltanto male e così le evitava. Non usciva di casa come le donne di strada e rispettava le regole e gli orari. Era dolce e solare, capace di farti ridere pur essendo in una depressione totale. Vedeva il bene in ogni cosa, anche nella parte più oscura del male.

Georgia era stata adottata e questo sembrava renderla apparentemente inferiore alla famiglia. Invece veniva amata e coccolata come se sangue Tomlinson scorresse nelle sue vene. Aveva, anche lei, abbandonato la mente ai pensieri e mangiava le cose senza nemmeno vederle. Avrebbe avuto la capacità di ingurgitare un insetto pensando fosse un pezzo di carne. Il suo carattere lo dovevo ancora scoprire, ma sapevo che il suo passato e il suo presente erano in grado di migliorarti il futuro.

Fizzy era un carattere ribelle. Spesse volte ignorava le regole e si perdeva nella sua vandalità, se così si può chiamare o definire. Scappava solo dalle cose troppo semplici, per intrigarsi e intrufolarsi nel pericolo in persona. Non le piacevano i pasti serviti su un piatto d'argento, doveva essere talmente forte e astuta da riuscire a prepararli da sola, pur non sapendo cucinare. Scappava spesso di casa, solo per andare in giro al parco, magari da sola, per lasciare passare via i pensieri e per riempirli con i colori più vivaci della vita. Ma quella sera sembrava essere catturata solo dal nero e dal grigio. Anche la sua mente aveva smesso di correre ribelle, ora era una strana Fizzy, una di quelle solite ragazzine che sta in casa e non esce per paura di incontrare il pericolo.

Daisy e Phoebe sembravano così uguali e invece erano estremamente diverse. Si pizzicavano spesso sugli stessi gusti e questo stava a significare che ne avessero di diversi. L'unica cosa che le accomunava era l'amore per i giochi e per il colore rosa. Ogni vestito del suo armardio doveva avere almeno un fiore o una farfalla di quel colore. Per il resto erano semplici, anche se Phoebe aveva un carattere da guerriera e Daisy da principessa. La prima avrebbe lottato per qualsiasi cosa, la seconda si sarebbe arresa al secondo tentativo. Ma erano talmente brave da riuscire a difendersi e aiutarsi a vicenda. Quella sera, anche il loro carattere vivace era calato a picco, così stanco di quella situazione, andai in cucina, preparai un piatto con delle pietanze diverse e salii in camera di Louis, ignorando gli sguardi persistenti su di me.

Bussai circa tre volte prima che un ragazzo, con gli occhi distrutti dal pianto e il viso stravolto dalle lacrime, mi aprisse. Mi fece male vederlo in quel modo. Lo avevo distrutto. Distrutto come un piatto di vetro che cade a terra. Smussato in ogni lato.

- Cosa ci fai qui? - chiese, tirando su col naso e vietandomi l'ingresso alla sua stanza col suo corpo.

- Dato che non hai mangiato ho pensato di portarti sù qualcosa e poi volevo parlare con te. Posso? - fece un cenno con la testa e mi lasciò entrare. Si sedette sul letto e dopo aver lasciato il piatto sul suo comodito mi andai a sedere sulla poltrona che anche lui aveva in stanza.

- Di cosa vuoi parlare? Se sei qui per dirmi che sono stato un'idiota puoi anche risparmiartelo. Lo so già - parlò a fatica. La sua voce usciva nasale, segno che dal naso non entrava aria. 

- Mi pare di averti già detto quanto tu abbia sbagliato a parlare, ma sono qui per rimediare. Volevo chiederti scusa, ti ho sbattuto fuori dalla mia stanza senza perdonarti e sono il primo a dirmi di dover porgere l'altra guancia al prossimo quando in realtà lo prendo proprio a pugni, quindi scusa -

- Dovrei essere io a chiederti nuovamente di perdonarmi. Ho sbagliato a parlare. Ho detto cose di cui me ne sono subito pentito e ti ho giudicato senza prima aver giudicato me. Sono un totale disastro ultimamente -

- Ti perdono. Dimmi cosa ti prende. La tua famiglia è in pensiero e pensa che Fizzy non è voluta uscire e non ha gridato o saltato come una forsennata -

- Deve essere proprio triste... - ammise abbassando lo sguardo.

- Lo è -

- Q-qualche giorno prima della morte di mio padre avevamo discusso moltissimo. Gli avevo chiesto di perdonarmi e lui era troppo arrabbiato per sentire le mie scuse. Aveva evitato di parlarmi per il resto dei giorni prima della sua morte. Poi quell'incidente ha portato via lui e ogni speranza in me di riuscire a farmi perdonare. Ho pianto per quattro mesi sulla sua tomba. Chiedendogli scusa. Ma non riuscivo a sapere se mi avesse realmente perdonato, ora che si era trasformato in un angelo. Mi riuscii a rassenerare solo una sera, quando sognai di dirgli scusa e lui mi abbracciò dicendomi che mi aveva perdonato subito dopo la nostra lite, ma che il suo orgoglio non lo aveva permesso. Quando mi risvegliai credetti in quel sogno e allora riuscii a calmarmi e a evitare incubi e pianti isterici. Però ogni volta che qualcuno non mi perdona, immagini di quella sera mi appaiono davanti e mi è inevitabile chiudermi nuovamente in me stesso - sputò fuori ogni parola, creando dentro di me un subbuglio di emozioni.

- I-io... mi dispiace... non lo sapevo.. -

- Non potevi saperlo Harry, sono stato io a prendermela troppo e a sbagliare. Tutto qui -

- E' s-solo questo che ti ha fatto assumere questo comportamento? -

- No. Non ho mai litigato in questo modo con Zayn. Lui può sembrare duro, ma in realtà è più fragile di me. E poi ho anche litigato con Eleonor -  quella confessione mi fece capire che la mia presenza in quella cosa era una cosa in più. Non doveva esserci. Louis, Zayn, Johanna e le ragazze sarebbero state meglio senza un componente come me nella famiglia. Se ero nato per soffrire, non era giusto che trascinassi con me anche chi mi stava intorno. Per colpa mia avevo fatto stare male Louis e così, di conseguenza, anche tutta la sua famiglia. Lo avevo fatto litigare con Zayn, distruggendo la loro meravigliosa amicizia. Ero io la mela marcia del cesto. Ero io quello che doveva andarsene ed ero io che avevo preso una decisione.

- Voglio tornare a casa con mio padre - sputai fuori, dopo minuti di silenzio. Louis spalancò gli occhi e si avvicinò a me.

- Cosa? Non se ne parla nemmeno! Sei importante per noi e lo sei per la nostra famiglia -

- Non è vero. Da quando sono qui ogni cosa va male!  -

- Perchè lo dici? -

- Perchè tu hai litigato con Zayn e con Eleonor, la tua famiglia sta male per te, ma tu hai inziato a star male per colpa mia. Tutto fa riferiemnto a me, quindi è meglio se vi lascio in pace e ritorno da mio padre -

- Per farti picchiare nuovamente? No, non te lo permetterò. Io ti voglio bene Harry. Per me sei come un fratello e non voglio soffrire perdendoti. Se andrai via di questa casa nessuno starà meglio. Qui ognuno di noi ha bisogno di te, davvero. - lo guardai negli occhi. Era sincero. Le mie supposizioni si avverarono quando mi abbracciò. Fu allora che il cervello mi andò in confusione. Sentire le sue braccia intorno al mio corpo furono una cosa meravigliosa. Mi sentii protetto e a casa mia. Mi sentii capace di poter risolvere qualsiasi cosa. Io ero forte solo se Louis mi trasmetteva la sua forza. Io ero qualcosa solo dietro l'ombra di Louis. Se lui andava via e il sole mi colpiva in pieno, diventavo cieco e fragile. Con lui riuscivo a distinguere il bene dal male e una cosa era certa. Se i suoi abbracci erano la mia linfa vitale io di certo non potevo scappare via e non potevo allotanarmi da lui. Avevo bisogno di lui, dei suoi respiri, del suo ossigeno, del rumore del suo battito del cuore che mandava in estasi il mio. Avevo bisogno del suo calore, sicuro che mi avesse riscaldato anche nelle peggiori intemperie.

- Promettimi che non andrai via - sussurrò poco distante dal mio orecchio e senza interrompere il nostro legame. Già, un legame indissolubile, dove ogni mia particella era legata alla sua. Brividi iniziarono a scorrere per tutto il mio corpo e le gambe credetti che cedessero da un momeno all'altro, ma le braccia di Louis riuscivano a sostenermi senza che me ne accorgessi.

- Lo prometto - sussurrai. La voce usciva lentamente. Come se ogni respiro collegato al suo riuscisse a togliere via una lama dal mio cuore. Io non ero Harry Styles, io ero diventato una parte di Louis. Io non ero umano. Io ero l'ossigeno che lui respirava. Io ero ciò che lo completava.

- Louis volev... - una voce ci interruppe, facendo lentamente staccare Louis da me. Vidi Zayn davanti alla porta, con un'espressione piuttosto arrabbiata.

- Non volevo un cazzo - sbottò chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle. Io e Louis ci guardammo negli occhi, ponendoci silenziosamente la stessa domanda: Perchè? 

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ECCO QUI IL CAPITOLO CHE AVEVO DETTO DI DOVER METTER STASERA *-* SPERO VI PIACCIA E SPERO ANCHE CHE QUALCUNO DI VOI MI AGGIUNGA, OPPURE MI DICA IL SUO PARERE ANCHE IN UN PICCOLO COMMENTO, NON VI COSTEREBBE NULLA, UN BACIO EMI <3

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