Capitolo XXVII
I thought I saw you late last night
But it was just a flash of light
An angel passing
But I remember yesterday
Life before you went away
And we were laughing
We had hope and now it's broken
And I could see it clearly once
When you were here with me
And now somehow all that's left are
Pieces of a dream
[ Pieces Of A Dream – Anastacia ]
[Credevo di averti visto l'altra notte sul tardi
ma è stato solo un flash,
un angelo che stava passando
ma ricordo il passato, la vita prima che
te ne andassi via, e noi stavamo ridendo
avevamo sperato e adesso tutto è finito
ed io riesco a vedere tutto chiaramente per la prima volta, da quando eri qui con me e adesso in qualche modo tutto ciò che è rimasto
sono solo pezzi di un sogno]
Ore 20.00 – San Francisco, Sede dell'F.B.I.
Xander rimase inchiodato dov'era, il sangue che lentamente si gelava nelle vene. McDonall lo aveva appena buttato fuori dall'F.B.I., e tutto perché non sapeva tenere a freno la lingua.
<< Mi segua nel mio ufficio, per favore >> ripeté McDonall, facendo un cenno verso il corridoio, << Oppure devo farla ammanettare, prima? >>.
Xander seguì lentamente il vicepresidente fuori dalla stanza, sotto gli sguardi allibiti di suo padre e di Jess. In completo silenzio raggiunse l'undicesimo piano del quartier generale, dandosi dell'idiota a ogni passo. Era stato troppo sfrontato, e ora avrebbe perso ogni speranza di poter tornare a Los Angeles.
<< Entri >> disse McDonall, tenendogli la porta aperta.
Xander varcò l'ampio e luminoso ufficio del vicepresidente e andò a sedersi davanti alla scrivania, pronto a difendersi con le unghie e con i denti. Forse era stato aggressivo, maleducato, irrispettoso, ma un motivo c'era.
McDonall si accomodò con deliberata lentezza. Appoggiò sul ripiano un plico di fogli e lo guardò.
<< Sapevo che qualcuno la definiva una testa calda, ma non credevo arrivasse a insultare così apertamente un suo superiore >> disse.
<< Ho buoni motivi per farlo >> ribatté Xander.
<< Davvero? Perché pensa che White meriti i suoi insulti? >> domandò McDonall, e nei suoi occhi passo una strana scintilla.
<< Credo che stia facendo il doppio gioco >> rispose Xander, secco. Era pronto a prendersi tutte le responsabilità che derivavano dalle sue parole, per quanto fossero pesanti.
McDonall rimase in silenzio per qualche momento, guardandolo in modo strano. Poi disse, lentamente: << E' un'accusa grave, la sua >>.
<< Me lo hanno già detto >> disse Xander, << Non ho prove, quindi credo che questa discussione possa finire qui >>.
Ora che era fuori, aveva una strana voglia di andarsene e non mettere più piede in quegli uffici. McDonall non gli avrebbe mai creduto sulla parola, visto che la prassi richiedeva almeno una serie di prove reali che in quel momento lui non aveva. Però almeno poteva sperare di poter tornare a Los Angeles come semplice "civile".
McDonall gli rivolse un'occhiata perplessa. << Era da un po' che tenevo d'occhio la sua missione, agente Went >> disse, << L'ho sempre trovato un ottimo elemento, anche se impulsivo, a volte. Per questo mi facevo aggiornare costantemente sulle sue mosse... E mi ha stupito il fatto che sia stato scoperto >>.
Xander tacque, in attesa che McDonall dicesse chiaramente cosa voleva.
<< Mi dica, a che punto era? >> domandò il vicepresidente.
<< Dovevo solo più sfidare Challagher >> rispose Xander, << Avevo appena battuto il numero due, e avevo pronto il piano per arrestare lo Scorpione... >>.
<< Come immaginavo >> disse McDonall, << Era praticamente arrivato alla fine... Quindi aveva deciso di rendersi irreperibile per evitare di far sapere a White cosa fosse pronto a fare... Perché lei crede che White stia dalla parte di Challagher, giusto? >>.
Xander annuì. << Mi sono sempre chiesto come avesse fatto Challagher a non farsi arrestare per tutto questo tempo. Il fatto che abbia comprato il capo della polizia di Los Angeles lo giustificava in parte. Sapeva cose che conoscevamo solo noi all'F.B.I., e l'unica spiegazione che mi sono potuto dare era che aveva una talpa >>.
<< Quindi ha aggredito White per questo >> disse McDonall, << Lo ha insultato, ha messo in discussione la sua autorità e lo ha accusato di tradimento... Piuttosto sfrontato, da parte sua. Come ho già detto, dovrei radiarla da qui e mandarla a fare il poliziotto addetto al traffico >>.
<< Lo ha già fatto >> ribatté Xander, incrociando le braccia.
<< Gli altri credono che io l'abbia fatto... Ma in realtà lei non è sospeso >> disse McDonall.
Xander lo fissò. Per caso aveva capito male?
Il vicepresidente sorrise e assunse una posa più rilassata.
<< Se le dico che non è l'unico a sospettare di avere una talpa tra noi, la colgo di sorpresa? >> domandò.
<< Quindi lo pensa anche lei? >> chiese Xander, confuso.
<< I fatti lo dimostrano >> disse McDonall, << Se la missione stava andando bene come sembrava, e se la sua amica pilota non lo ha tradito, come lei sembra convinto, allora qualcuno ha fatto la spia. Il che significa che abbiamo una talpa tra noi >>.
Non si era aspettato che McDonall si schierasse dalla sua parte; nemmeno suo padre lo aveva fatto apertamente.
<< Però... >> iniziò, poi si rese conto di ciò che stava facendo il vicepresidente.
<< Ora tutto il distretto la crede fuori dall'F.B.I. >> spiegò l'uomo, << Quindi sono convinti che lei non abbia più alcun privilegio, da queste parti. Tutti pensano che sia innocuo, in questo momento... >>.
<< E io non lo sono >> concluse Xander per lui, cogliendo il piano che McDonall stava per illustrargli.
<< Esatto. Nessuno sa che io non la sospenderò veramente, quindi nessuno potrà riferirlo a Challagher >> disse McDonall, << Chiunque sia la talpa, non riceverà questa informazione, perché noi due saremo gli unici a saperlo. A meno che uno di noi due non sia la talpa, ma mi sembra poco probabile >>.
<< Allora posso tornare a Los Angeles? >> domandò Xander, eccitato. Al momento era l'unica cosa che gli interessava veramente, qualunque fosse il piano che il suo superiore avesse in mente.
<< Calma, agente >> disse McDonall, << Mi faccia spiegare. Lei crede che White sia la nostra talpa, ma non ne abbiamo la conferma. Potremo anche sbagliarci... Tuttavia, sicuramente qualcuno che fa il doppiogioco c'è, ne sono convinto quanto lei. Se vogliamo scoprire chi è, dobbiamo indagare a fondo. Lei vuole tornare a Los Angeles, e io la farò tornare, ma prima tutti dovranno credere che è diventato completamente inoffensivo. Dovrà dare l'impressione che non si muova da qui... >>.
<< Credo di non aver capito >> disse Xander. Qualcosa in quel piano non gli piaceva.
<< Rimarrà qui e cercherà di capire chi è la talpa >> spiegò McDonall, << Appena sapremo chi è, potrà tornare a Los Angeles e arrestare Challagher. Intanto tutti penseranno che si trova in una sorta di "punizione", e chiunque sia la talpa riferirà allo Scorpione che per qualche tempo non si potrà muovere da qui >>.
<< Devo tornare subito >> protestò Xander, << Non posso aspettare >>.
<< Perché? >>.
L'occhiata eloquente del suo superiore lo spinse a chiedersi se era il caso di dirgli che aveva disubbidito a una delle prime regole della missione: non affezionarsi a nessuno.
<< La ragazza che mi ha aiutato... Quella che ho scelto come contatto >> disse lentamente.
<< Irina Dwight >> disse McDonall, << Ho tenuto d'occhio anche lei, oltre a Challagher e a tutta la sua banda >>.
<< Sì, lei... Bé, ho scoperto che non è lì per piacere. Challagher le ha messo le mani addosso, e non posso... >>.
<< Ho capito >> lo interruppe McDonall, << Ho capito. Il fatto che abbia preso a cuore quella ragazza dovrebbe renderlo meno affidabile, ma io penso sia il contrario. Capisco che le costa molto stare lontano da Los Angeles per un po', ma dare l'impressione a Challagher che lei non tornerà lo renderà più tranquillo e più facile all'errore. Dobbiamo dargli l'idea che la missione sia completamente fallita, se vogliamo catturarlo >>.
Il piano era ben congegnato, ma Xander continuava a essere restio. Capiva cosa intendeva McDonall, e che forse con lui lontano Irina era meno in pericolo di quanto credesse.
<< Cosa devo fare? >> domandò stancamente.
<< Vada da White e gli dia le chiavi dell'auto e della casa >> rispose McDonall, << Gli dica che l'ho sospeso e che rimarrà a fare lavori d'ufficio per un po'... Dopodiché cerchi di capire chi sta facendo il furbo da queste parti, e mi riferisca le sue indagini. Ci consulteremo per vedere come va tra qualche giorno... Accetta? >>.
Xander rimase in silenzio per un po', rimuginando sul piano di McDonall. Rimanere fuori dall'F.B.I., disarmato, senza auto né alcun supporto ma completamente libero di fare quello che voleva e rischiare il carcere, oppure stare lontano da Irina ancora qualche giorno ma rendere praticamente certa la cattura di Challagher e della talpa, e quindi salvare anche lei?
<< Accetto >> disse alla fine, << Accetto. Però voglio la sicurezza che appena saprò chi è la spia, mi farà tornare immediatamente a Los Angeles >>.
McDonall sorrise. << Ha la mia parola, agente Went >>.
Ore 21.00 – Casa di Jenny
<< Sei riuscita a sapere qualcosa? >> domandò Jenny quando Irina mise piede in casa sua. Aveva il volto tirato e l'espressione triste e trascurata, di chi non esce da diversi giorni.
<< No, non so niente >> rispose Irina, a malincuore, << Sono solo passata a vedere come stavi >>.
Jenny la lasciò sedere sul divano, e si accomodò vicino a lei. Una scatola di fazzoletti troneggiava sul ripiano di vetro del tavolino.
<< Mi manca >> disse l'amica, guardando il tappeto, << Mi manca tantissimo. E sono preoccupata. Ho paura che gli possa essere successo qualcosa... >>.
Era davvero venuta a vedere come stava, e ora si rendeva conto che forse poteva aiutarla. Non ci aveva mai pensato, ma aveva i mezzi per venire a sapere come stava Jess.
Tirò fuori il cellulare che le aveva dato Xander, e che fino a quel momento aveva tenuto spento. Non lo voleva più sentire, visto che sapeva che non sarebbe mai tornato. Però forse per Jenny poteva fare uno sforzo...
<< Tieni >> le disse, << Prova a chiamarlo >>.
Jenny fissò il cellulare con aria confusa. << Non capisco... >>.
<< Telefona a questo numero. Ti risponderà Xander: chiedigli di Jess >> disse Irina, la voce piatta e gli occhi rivolti da un'altra parte, con l'intenzione di sembrare perfettamente distaccata.
L'amica la guardò qualche istante, forse senza capire bene le sue parole. In realtà sapeva che cosa stava provando, in quel momento, e la domanda che fece le sembrò quasi una provocazione.
<< Perché non lo fai tu? >> chiese a bassa voce.
<< Perché non lo voglio sentire >> rispose Irina, fissando senza vederlo il ripiano di vetro del tavolino, << Non voglio parlarci... Se ti chiede di me, digli che ti ho lasciato il telefono oggi pomeriggio e che... non sono qui, ora. Sto meglio senza di lui >>.
Parlare di Xander non l'aiutava, visto che la sua intenzione era quello di toglierselo dalla testa una volta per tutte. Mentire faceva ancora più male, soprattutto quando l'amica sapeva benissimo che non era la verità, quella che cercava di mostrarle.
Jenny prese il cellulare continuando a guardarla. Per un istante sembrò voler dire qualcosa, ma alla fine rimase in silenzio. Premette il tasto di chiamata e si portò il cellulare all'orecchio.
<< Xander? Sono Jenny >> disse la ragazza, puntando lo sguardo su di lei, << No... Sta bene, non è successo niente... Non è qui, mi ha lasciato il suo telefono per chiamarti... Volevo solo sapere come sta Jess... Bene... Oh, davvero? Gli dirai di telefonarmi? D'accordo, grazie... >>.
Jenny si interruppe, e rivolse un'occhiata eloquente a Irina.
<< No, davvero, non è qui con me... >> disse alla fine, << Non mi ha lasciato detto niente... Va bene... >>. Jenny sembrò raccogliere il coraggio a due mani, poi domandò, cauta: << Xander... Tornerete? >>.
L'espressione addolorata che si dipinse sul volto della ragazza lasciò Irina congelata, ma anche poco stupita. Guardò l'amica annuire e poi poggiare il cellulare sul divano.
<< Ha risposto che non lo sa >> disse solo.
Irina fece una smorfia e si alzò di scatto. << Era un no >> mormorò, più che altro a se stessa << Tieni il telefono... Me ne vado. Ci sentiamo >>.
Infilò la porta a tutta velocità, tanto che Jenny rimase seduta sul divano senza sapere che fare. Montò di nuovo sulla TT e raggiunse casa.
Trovò suo padre e Dominic a parlare tranquillamente in soggiorno davanti alla tv accesa, e Denis e Harry in cucina a mangiare. Non degnò nessuno di uno sguardo e raggiunse camera sua, infilò il cd di Anastacia nello stereo e si lasciò cadere sul letto.
Era sola, completamente sola. Xander non sarebbe tornato, le sue erano state solo promesse vuote... Nemmeno lui, bravo, dotato, forte e sfrontato era riuscito a fregare lo Scorpione. Ci era arrivato molto vicino, ma aveva fallito anche lui. Come tutti, ma soprattutto come lei. Che alla fine era rimasta con un pugno di mosche come una ricompensa.
Cosa doveva fare? Abbandonare definitivamente tutto? Scappare come aveva fatto Dominic? Continuare a essere Fenice, o almeno a cercare di esserlo? Cedere e diventare veramente la ragazza dello Scorpione? Farsi rinchiudere in una prigione dorata, vittima e carnefice di se stessa?
Guardò l'orologio. Ventiquattro ore. Si sarebbe data ventiquattro ore di tempo per trovare una soluzione che le consentisse di rimanere nella Black List... Ma poi, voleva rimanerci ancora? Cosa le serviva fare la pilota, quando sapeva che William non l'avrebbe lasciata andare anche se avesse ripagato due volte il debito di suo fratello?
"Perché te ne sei andato? Perché ti sei preso gioco di me? Almeno prima avevo qualcosa per cui andare avanti, qualcosa per cui combattere... Prima c'era Tommy, poi ci sei stato tu... E adesso sono di nuovo da sola...".
Lasciò che le lacrime le colassero sulle guance, silenziose, rigandole il viso come avevano fatto tante volte. Piangere non serviva, ma era l'unica cosa che le era rimasta da fare.
"Mi ero innamorata di te... Stupida, come al solito. Ti ho creduto... Stupida di nuovo. E ora cosa faccio? Tanto sono troppo sciocca per potermi mettere contro qualcuno... Non so guardare nemmeno me stessa... Pensavo ci fossi tu, a guardare me".
Ore 11.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
Xander bevve tutto d'un fiato il quarto caffè della mattina, e continuò a fissare la serie di pile di fogli che aveva davanti, sbuffando. Rimise in perfetto ordine l'ultimo plico e raggiunse l'ufficio di White, gettando malamente il suo lavoro "poco qualificato" sulla scrivania del suo capo.
<< Bene... Le farà bene un po' di sano lavoro d'ufficio >> disse White, ridacchiando, << Servirà a tenerle a freno la lingua >>.
Xander grugnì qualcosa e uscì, senza dire niente. Quella notte non aveva praticamente dormito, e la cosa lo rendeva particolarmente nervoso. Il pensiero della conversazione con Jenny, e il fatto che Irina non lo voleva più sentire gli rodevano lo stomaco.
Tornò nel suo minuscolo buco e prese i tabulati telefonici di White, da cui voleva partire per le sue indagini. Era un plico di circa mille fogli, e per esaminarli tutti ci sarebbero volute ore. Non poteva contare nemmeno sull'aiuto di Jess o di suo padre, perché McDonall gli aveva proibito di fare parola con alcuno del suo piano. Era praticamente da solo.
"E non sono l'unico...".
Irina era da sola, e il pensiero non lo abbandonava nemmeno per un attimo. Non aveva ricevuto alcuna notizia da Michael, e ciò voleva dire che stava bene, ma comunque non poteva certo starle dietro o seguirla in continuazione...
Prese il cellulare, con un'idea. Doveva togliersi quel pensiero in modo da poter indagare concentrandosi solo su White...
Al momento, c'era solo una persona di tutte quelle che facevano parte del giro delle corse clandestine di cui potesse fidarsi, esclusa Irina, e a cui potesse chiedere di fare ciò che aveva in mente. Oltretutto, quella stessa persona poteva risultare piuttosto utile in diverse circostanze, anche se... Bé, era considerato un traditore.
<< Pronto? >> disse una voce profonda dall'altra parte del telefono.
<< Simon Cohen? >> domandò Xander.
<< Alexander Went?! >> esclamò il nero, stupito, << Perché mi hai chiamato? >>.
<< Ho un favore da chiederti >> disse Xander, tranquillo, << Riguarda Irina >>.
Gli spiegò brevemente di come mai era dovuto andare via, e che aveva il sospetto che ci fosse una spia tra loro. Simon non lo interruppe nemmeno una volta.
Da quella volta a Las Vegas, non si erano più rivisti nemmeno una volta, ma in quelle due ore passate insieme Xander era riuscito a chiarire il perché del tradimento di Simon. Quando aveva sentito di cosa si trattava, in parte era riuscito a giustificarlo... E ora che si trovava in una situazione simile, lo capiva ancora di più.
<< Devi tornare a Los Angeles e tenere d'occhio Irina per me >> disse alla fine, << In più, voglio che controlli anche Challagher e i suoi amici... C'è un nostro agente da quelle parti, ma ho paura che non sia abbastanza... competente >>.
<< Come mai lo chiedi a me? >> domandò Simon, serio. << Sono un traditore, per voi. Potrei fare il doppiogioco, no? >>.
<< Perché ti lascerò George Challagher, alla fine >> rispose Xander, << Se riuscirò a prendere Challagher, avrai suo padre tutto per te. E anche perché so che tieni a Irina quanto ci tengo io >>.
Simon rimase in silenzio per qualche momento.
<< Accetto, Alexander >> disse, << Accetto, ma lo faccio per lei... E anche per te. Non voglio che finisca come è accaduto per me e per Magdalena >>.
L'allusione fece gelare il sangue nelle vene a Xander. Non sarebbe finita in tragedia... Non avrebbe lasciato morire Irina, nemmeno se gli fosse costato la sua stessa vita. Non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via prima ancora di renderla sua.
<< Non accadrà >> disse, << Quanto tempo impiegherai per andare a Los Angeles >>.
<< Non posso essere lì prima di qualche giorno >> rispose Simon, << Non posso sparire all'improvviso e ricomparire a Los Angeles senza sembrare sospetto... E Irina si insospettirà comunque, quando mi vedrà arrivare >>.
<< Cerca di metterci meno tempo possibile. Quando sei arrivato, telefonami >>.
Ore 20.00 – Casa Challagher
Irina parcheggiò l''Audi TT nel cortile illuminato, scese e raggiunse il soggiorno senza essere notata da nessuno. Solo i domestici le rivolsero un'occhiata poco interessata: era sempre stata autorizzata a entrare e uscire quando voleva. Percorse il corridoio, e salì le scale diretta alla stanza di William.
A metà strada incrociò Dimitri, l'aria annoiata e il petto scoperto bagnato di sudore, con un bell'asciugamano sulle spalle a completare quell'incontro del tutto casuale e poco gradito a entrambi. A giudicare dall'aspetto, doveva essere appena uscito dalla palestra ed era diretto alla doccia.
<< Cosa fai qui? >> le domandò il russo, il tono poco interessato.
<< Devo parlare con William >> rispose lei.
Il russo la squadrò da capo a piedi, e le fece cenno di andare nel suo studio. William stava guardando la tv a schermo piatto, seduto alla sua bella scrivania di legno scuro che non gli serviva praticamente a nulla, tranne cercare di dargli un'aria più intellettuale di quanto in realtà non fosse. Teneva i piedi appoggiati sul ripiano pregiato, continuando a fare zapping tra i vari canali.
Quando la vide sulla porta, sorrise e appoggiò il telecomando, lasciando sul telegiornale della sera.
<< Cosa fai qui, bambolina? >> domandò, rimanendo seduto.
Irina non rispose. Aveva preso la sua decisione... O meglio, aveva scelto l'unica alternativa che le era rimasta.
Senz'auto non era più nessuno, e una delle auto dello Scorpione non era ciò che voleva. Soprattutto se significava dargli vinta anche quella. Non voleva cedere al suo ricatto... Almeno per il momento. Non aveva più uno scopo che le desse la forza di lottare, di continuare a sopportare, e rimanere nella Lista era completamente inutile, quando sapeva che William non si sarebbe mai accontentato solo dei soldi...
In ventiquattro ore, ciò che prima le sembrava di vitale importanza, era diventato l'ultima cosa a cui teneva. Perché ci aveva pensato, ci aveva pensatotutta la notte, rendendosi conto di quanto tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento fosse stato inutile, di quanto si era complicata da sola la vita...
Avrebbe smesso di correre.
Niente più gare, niente più sfide. Abbandonare per sempre il suo soprannome, Fenice, e lasciarla morire per l'ultima e definitiva volta. Rinunciare con dolore a una parte di se stessa e smettere di soffrire... Aspettare che William, un giorno o l'altro, si stufasse di lei.
<< Lascio la Black List >> disse Irina, atona.
William la guardò per un istante, e quella che aveva appena udito sembrava non essere la risposta che si era atteso. Si alzò in piedi e la raggiunse, rimanendo a qualche passo da lei.
<< Non lo vuoi veramente >> disse, guardandola negli occhi. In quel momento il suo tono era impossibile da decifrare.
<< Invece si >> ribatté Irina, anche se non era la verità, << Smetto di correre >>.
<< Perché? >> chiese William.
<< Lo hai detto tu. Non ho più un'auto, sono fuori dalla Lista >> rispose Irina, abbassando lo sguardo sul pavimento, << Niente macchina, niente gare >>.
Gli occhi di William si ridussero a due fessure. << Puoi comprare un'altra auto >> disse, << Puoi usarne una delle mie... Perché uscire completamente? >>.
Nel suo tono c'era qualcosa che sembrava quasi supplica. Non si era aspettato che decidesse di chiudere con le corse clandestine, e non sembrava volerlo. Forse non aveva pensato che decidesse veramente di mollare.
<< Sono stufa >> disse Irina, << Voglio smettere... Non ho più voglia di correre >>.
William si avvicinò e le prese il mento con le dita, facendole alzare la testa. Scrutò il suo volto, serio, e nei suoi occhi verdi passò una scintilla.
<< E' la verità? >> chiese, << Vuoi veramente abbandonare tutto? >>.
<< Tanto non serve a niente, no? >> disse Irina, << Tanto vinci sempre tu, no? >>.
Un sorriso increspò le labbra dello Scorpione, meno strafottente del solito. Era strano, quasi dispiaciuto per quello che la stava costringendo a fare.
<< Hai ragione, bambolina mia >> sussurrò, << Ma io penso che tu non voglia veramente smettere di correre... Vero? >>.
Irina non rispose, e spostò lo guardo lontano dai suoi occhi. Sentì una mano di William insinuarsi su i suoi fianchi... e metterle qualcosa nella tasca dei jeans. Le chiavi di un'auto.
La ragazza rimase immobile, e tornò a guardarlo negli occhi. William le passò un dito sotto il mento, disegnando il profilo del suo viso. Sorrideva, divertito dalla sua reazione di fronte a quel gesto che non sembrava aver previsto.
<< So che le vuoi, bambolina >> le sussurrò a pochi centimetri dalla bocca, << E so anche che non me la vuoi dare vinta... Mi piaci proprio perché saiessere testarda e orgogliosa, quando vuoi. In fondo penso di averti punito abbastanza, no? >>.
Irina non indietreggiò, non si mosse nemmeno di un millimetro. Rimase ferma a cercare di comprendere il significato di quelle parole mormorate a pochissima distanza da lei, e che le sembravano impossibili, per uno come William.
<< Ti ha abbandonata, Irina >> continuò lo Scorpione, parlando sempre a bassa voce, << Ti ha lasciata qui... E' scappato. L'unica persona che non ti lascerà mai è qui davanti a te, perché nessuno può mettermi in difficoltà... Sai che se voglio, posso fare in modo che nessuno ti tocchi, che nessuno ti dia fastidio. Posso darti qualsiasi cosa, e ora ti sto dando proprio quello che vuoi. Ti sembrò così cattivo? >>.
Irina continuò a rimanere in silenzio. Non capiva cosa sperasse di ottenere da lei, comportandosi così. Prima le diceva che la sbatteva fuori dalla Lista, e ora le regalava le chiavi di un'auto... E per la prima volta da quando si conoscevano, non la stava costringendo a baciarlo, non la stava costringendo a niente... Rimaneva a pochi centimetri da lei, perfettamente controllato, assurdamente gentile...
Ricordò quel patto che avevano fatto: ricominciare da capo, riprendere tutto dall'inizio. Qualche sforzo lui lo aveva fatto, Irina doveva riconoscerlo, anche se poi era ricaduto sempre negli stessi errori... Come lei, d'altronde. Forse proprio perché erano uguali, il destino non sembrava volerli separare...
William voleva darle amore, e amore era quello che lei cercava. Perché non accettare il suo? Perché continuare a pretendere troppo? A volere ciò che non si poteva avere?
Perché non cedere? Ormai aveva abbandonato tutto, aveva lasciato morire ogni speranza... Perché non accettare quello che aveva? Perché non diventare finalmente sua e rendere almeno uno dei due felice?
"Tanto ho perso tutto... Anche me stessa. Tanto vale fare le cose per bene".
Prese il volto di William tra le mani e iniziò a baciarlo all'angolo della bocca, senza chiedersi se fosse la cosa giusta, se veramente volesse fare ciò che aveva in mente, e che fino a poche ore fa le faceva orrore. In fondo, prima o poi sarebbe accaduto... Perché non essere lei stessa a iniziare?
Forse William non se lo aspettava, perché ci mise qualche istante più del solito a reagire. La afferrò per la vita e la spinse lentamente fino alla scrivania. La issò sopra il ripiano, lasciando cadere a terra un paio di penne a sfera, e le allargò le ginocchia per lasciarlo avvicinare di più.
Irina non sentiva nemmeno più la voce del giornalista alla tv, tanto era presa da quello che stava facendo. Per la prima volta non voleva fermarsi, perché sapeva che quella era l'unica alternativa che le era rimasta. E poi, forse, era meno peggio di quello che credeva.
<< Era ora, bambolina mia >> disse William qualche istante, la lingua che percorreva le sue labbra, famelica << Volevo almeno un bacio, per laRevènton... Ma anche se mi dai di più, sono contento lo stesso >>.
"Ti darò tutto quello che vuoi, purché tu mi faccia dimenticare lui... Purché tu mi faccia smettere di sentire tutto questo dolore".
Era pura follia, ma Irina in quel momento voleva veramente essere sua. Per due anni aveva lottato, ma ora che aveva deciso di cedere, voleva fare tutto sul serio. Forse dopo si sarebbe detestata, ma William le serviva per dimenticare, e per cominciare la sua nuova esistenza.
Gli mise la mano dietro il collo, e infilò l'altra sotto la sua camicia, solleticandogli la pelle del fianco. Lo avvicinò ancora, tanto da poggiare la fronte contro quella di lui e riuscire a sentire il soffio del suo fiato sulle labbra. Si fissarono negli occhi per un istante, un istante che bastò allo Scorpione di aver appena vinto l'ultima battaglia che combatteva contro di lei.
Con un gesto secco si sfilò la camicia e la gettò per terra, scoprendo il petto possente e solcato dal tatuaggio di uno scorpione nero. I muscoli erano perfettamente delineati, troppo simili a quelli di Xander. Non le diede il tempo di indugiare su quel pensiero, e le scostò i capelli dal collo, impossessandosi di ogni centimetro libero della sua pelle chiara.
Irina gli cinse il con un braccio, e sfiorò quelle spalle possenti e allenate, la pelle abbronzata tesa sotto i muscoli rigonfi. Quando la sua mano passò a pochi centimetri sotto il suo collo, sentì le labbra di William incresparsi in una smorfia.
Allungando il collo, Irina riuscì a vedere ciò che aveva dato fastidio a William. Tra le spalle, la pelle era arrossata per via di un nuovo tatuaggio, che doveva risalire a pochi giorni prima. Un tribale nero, elaborato dal disegno complesso.
<< Ti piace? >> sussurrò William vicino al suo collo, avvinghiandola per la vita.
L'unica risposta che Irina riuscì a dare fu quella di passare un dito sul tatuaggio, piano, come se potesse lacerarlo con un gesto così semplice. Questa volta, William si lasciò percorrere da un brivido di piacere.
Nel completo silenzio della stanza di sentiva solo la voce del conduttore del telegiornale che lanciava l'ennesimo servizio sui problemi del governo. Nello stesso momento William la spinse ancora di più sulla scrivania, ogni respiro denso di eccitazione.
Finalmente otteneva quello che voleva. A Irina non importava più nulla di quello che stava facendo, tanto non aveva più nessuno con cui fare ammenda dei propri comportamenti. L'unica persona che era rimasta nella sua vita, che non era fuggita, era il suo più acerrimo nemico, la persona che odiava di più al mondo. E che si ritrovava ad amare, alla fine, per dare ad almeno uno dei due il sapore della vittoria.
Quando sfiorò di nuovo con un dito la pelle della schiena di William, sentì la sua mano sinistra stringersi sulla sua coscia con forza, quasi dolorosamente. La destra le scoprì il ventre, dandole un brivido che lui interpretò come impazienza.
Un attimo dopo Irina si ritrovò sdraiata sulla scrivania, le labbra di William che le percorrevano il collo, fino ad arrivare alla sua bocca. Le sentì piegarsi in un sorriso, mentre le dita di lui trovavano i bottoni dei suoi jeans.
<< Ti pentirai di non averlo fatto prima >> le sussurrò, << Sei l'unica che sia stata in grado di farmi provare amore, Irina >>.
Amore, possesso, era la stessa cosa. Poteva fare quello che voleva, tanto non le importava più di niente. Non le interessava nemmeno se Dimitri o uno dei domestici li avesse trovati lì, su quella scrivania che aveva odiato dal primo giorno, uno sopra l'altro.
Sentì il fiato di William farsi sempre più corto, mentre cercava di sfilarle la maglietta e contemporaneamente imprigionarla tra le ginocchia, e Irina gli solleticava la schiena con le dita sottili. Entrambi avevano ancora i pantaloni, la stoffa dei jeans che li separava.
Trovò la fibbia della cintura e iniziò ad allentargliela, mentre coglieva la sempre più impetuosa eccitazione di William. Sentì la sua mano stringere con troppa forza il suo seno ancora coperto dal reggiseno, e le scappò un gemito di fastidio. I gesti dello Scorpione erano sempre troppo possessivi, anche in quel momento.
William riuscì finalmente a sfilare di dosso la maglia, che gettò malamente di lato, e la tenne ferma mentre si issava sopra di lei, accomodandosi sopra la scrivania. Si abbassò e iniziò a baciarla sulle labbra, mentre infilava la mano sotto la sua schiena, cercando il gancetto del reggiseno.
<< ... Larry Nichols... >>.
L'uomo del telegiornale aveva appena pronunciato quel nome, e Irina si bloccò di colpo. Lo conosceva.
<< E' stato ritrovato questa mattina nel suo locale a Los Angeles, insieme alla moglie e a uno dei figli, tutti e tre freddati con un colpo di pistola alla testa. Tutto fa pensare a una vera e propria esecuzione, tipica di altri delitti risalenti a diversi episodi... >>.
Irina spinse William via, che nel frattempo, mentre lei ascoltava, era quasi riuscito ad aprirle il reggiseno, costringendolo ad allontanarsi da lei.
<< Hai ucciso Larry Nichols?! >> gridò.
<< Non mi sembra il momento per parlarne... >> mormorò William, stringendo la sua mano ancora appoggiata sul tatuaggio dello scorpione.
"Che stai facendo? Vuoi andare a letto con un assassino? ".
In un attimo, tornò pienamente consapevole di quello che stava per fare... Di quello che per qualche istante voleva fare.
Irina spostò lo sguardo dal petto nudo dello Scorpione al suo, quasi libero dal reggiseno. Con un gesto rapido, sgusciò da sotto il corpo di William e scese dalla scrivania, continuando a fissarlo arrabbiata.
Aveva ammazzato un povero vecchio che voleva solo guadagnarsi da vivere con un piccolo locale, e con lui aveva fatto fuori anche la sua famiglia, che centrava poco e nulla. Non era il primo, e non era nemmeno l'ultimo...
<< Perché lo hai ucciso? >> domandò, rabbiosa.
I muscoli delle spalle di William si tesero. << Dall'ultima volta in cui tu lo hai visto non ha più pagato >> rispose.
<< Lo sai che non aveva soldi >> ribatté Irina, << Il locale non andava bene... Non potevi aspettare? >>.
William fece una smorfia. << Ho aspettato anche troppo >> disse, gelido, << Il patto era uno solo: o pagava, o moriva >>.
<< Che bisogno c'era di uccidere anche la moglie e il figlio?! >> gridò Irina, furiosa. << Non ti avevano fatto niente... >>.
<< Non mettere in discussione ciò che faccio >> ringhiò William, avvicinandosi, << Non azzardarti a dirmi cosa devo fare o cosa non devo fare... >>.
<< Sei solo un bastardo >> gli sputò addosso Irina, << Sei solo un figlio di puttana senza cuore >>.
Rimase a guardarlo, comprendendo all'istante l'errore madornale che stava per fare. Si riallacciò i pantaloni, conscia di aver sbagliato un'altra volta... Ma quella era l'ultima volta. Non sarebbe mai stata la ragazza dello Scorpione, nemmeno se quello le costava la libertà. E nessun'altro sarebbe morto per mano sua, se poteva evitarlo.
Di nuovo, in pochi attimi, tutto quello di cui era convinta si ribaltava. Se fino a poco prima era decisa a legare per sempre la sua esistenza a quella dello Scorpione, ora l'unica cosa che voleva era farlo sparire dalla faccia della terra.
<< Da che pulpito viene la predica >> sibilò William, << Parla la puttana che si è fatta scopare da mezza città, e da quello sbirro di Went. Vuoi darmi una lezione quando sei tu la prima a fare cazzate? >>.
Irina si frugò nella tasca dei jeans e tirò fuori le chiavi che lui le aveva infilato.
<< Forse hai ragione >> disse, << Sono una stupida, ma non sono un'ipocrita. Non farò niente che non voglio fare. Soprattutto con uno stronzo come te. Trovati un'altra troia da portarti a letto >>.
William fece un passo avanti e le tirò un ceffone in pieno viso, che Irina incassò senza batter ciglio. Era abituata ai suoi gesti violenti, ma questa volta non riuscì a spaventarla come faceva sempre. Tornò a guardarlo con più odio di prima, senza provare paura. L'unica cosa che trasparì dai suoi occhi fu voglia di sfida.
<< Tieniti le tue chiavi >> sibilò, gettandole per terra, << E buttami fuori dalla Lista, adesso >>.
Si voltò e uscì dalla stanza, percorrendo a grandi passi il corridoio, finché non raggiunse la TT. Per un istante credette che William la seguisse, la afferrasse per un braccio e la trascinasse di nuovo nello studio, per finire a modo suo quello che avevano iniziato su iniziativa di lei. Invece la lasciò libera di andarsene, forse perché anche lui si sentiva stupido, questa volta. Aveva cantato vittoria troppo preso: non aveva vinto per davvero.
Non avrebbe permesso a William di dettare ancora le regole a Los Angeles, di fare quello che gli pareva passandola sempre liscia. Era arrivato il momento di fargli capire che non poteva continuare ancora a lungo...
C'era una sola persona che lo conosceva abbastanza per sapere come si sarebbe comportato, una sola che aveva sempre sottovalutato perché troppo debole rispetto a lui. Una sola persona tra tutte quelle che conosceva che voleva davvero rinchiuderlo dietro le sbarre. Lei, Irina. Fenice.
Avrebbe fatto quello che nessuno era riuscito a fare fino a quel momento, senza tenere conto dei rischi che avrebbe corso. Aveva perso tutto, non aveva nient'altro a cui rinunciare. Poteva riuscirci perché lo Scorpione non se lo sarebbe mai aspettato da lei, il suo giocattolino, la ragazza su cui aveva il pieno controllo.
"Ti farò arrestare, William. Fosse l'ultima cosa che faccio... E se non ci riesco, vorrà dire che faremo la stessa identica fine. Insieme".
Velocemente, nella sua mente prese forma un piano, un piano che poteva attuare per chiudere quella storia che durava da troppo tempo. Non le rimaneva che una cosa da fare: trovare un'auto. E ora sapeva quale avrebbe preso.
Accese il motore e tornò a casa, ormai pienamente convinta di quello che voleva fare. Lasciò la TT vicino al ciglio del marciapiede senza nemmeno chiuderla, salì in camera sua e si abbassò sotto il letto.
Era ancora lì dove l'aveva lasciata l'ultima volta, qualche settimana prima. Una valigetta ventiquattro ore nera, chiusa da una combinazione che conosceva solo lei e nascosta dove sapeva che né suo padre né i suoi fratelli sarebbero mai andati a cercare.
La aprì rapidamente, svelandone il contenuto. La pistola che Xander le aveva dato giaceva vicino alle chiavi di casa sua e della BMW, tutte e tre adagiate sopra fasci di banconote da cento dollari tenute assieme da elastici di gomma.
Eccolo il "tesoro" di Irina: quasi centomila dollari raccolti mettendo da parte i soldi vinti durante le gare e i proventi di qualche auto venduta. In due anni, aveva preparato la "rata finale" di tutto ciò che doveva a William: quando le sarebbero rimasti solo centomila dollari da ripagare, li aveva già pronti per riprendersi in fretta la sua libertà e impedirgli di aumentare il suo debito con qualche stupida scusa. O almeno era quello che aveva sempre pensato, e che ora vedeva solo come una sciocca speranza.
Ora il suo piano era un altro, e quei soldi li avrebbe utilizzati in modo diverso. Appoggiò le chiavi e la pistola sul letto, e tirò fuori i fasci di banconote, facendo un rapido conto. C'erano tutti, e sarebbero di certo bastati a mettere a posto la Punto.
Richiuse di scatto la valigetta e si rialzò. Prese le chiavi e uscì di nuovo di casa. Risalì sulla TT e cercò il cellulare nella tasca, cercando il numero di Max nella rubrica.
<< Cosa c'è? >> chiese il meccanico.
<< Prepara una lista dei pezzi che servono per la Punto >> disse Irina, << Tra un'ora sono da te >>.
Chiuse la telefonata, e partì sgommando verso casa di Xander.
Quando raggiunse la villetta e la trovò vuota, per la prima volta si soffermò su ciò che stava provando. Sentì qualcosa farsi pesante a livello dello stomaco, e si rese conto di quanto le mancasse. Entrò nel giardino con lentezza, come se si stesse introducendo in casa di sconosciuti. Arrivò alla porta del garage e cercò la chiave giusta.
Quando la saracinesca venne tirata su, trovò la BMW M3 bianca parcheggiata perfettamente al centro, la bella vernice iridescente che brillava sottola luce del neon. I fari allungati e felini scintillarono come gli occhi di un gatto, e Irina sentì un groppo alla gola.
Quella era stata la sua auto. Quella con cui si era presentato, con cui aveva dato inizio alla sua missione e quella con la quale era riuscito a entrare nella sua vita. La stessa che a lei piaceva moltissimo, e la stessa che William aveva cercato di regalarle.
Appoggiò una mano sul cofano e la fece scorrere lungo la fiancata, compiendo con lentezza tutto il giro intorno all'auto. Era perfetta come il primo giorno in cui l'aveva vista, esattamente come Xander l'aveva lasciata. Mentre disegnava il profilo di uno degli specchietti, scorse il suo volto riflesso nel finestrino oscurato, ma non si soffermò a studiarlo.
Per un solo istante, sperò che quel finestrino si abbassasse e mostrasse Xander, sorridente e sfrontato come sapeva essere solo lui, e che con dolcezza le dicesse che era stato tutto solo un brutto sogno, che non s'e n'era andato, che era ancora lì per lei, pronto a proteggerla quando aveva bisogno di lui.
"Invece non ci sei... Spero solo che tu stia bene... O almeno, che tu stia meglio di me".
In quel momento si pentì di tutte quelle occasioni che non aveva colto, di tutte quelle volte che erano rimasti da soli e in cui lei non si era fatta capire... Forse, se si fosse confessata, quel bacio sarebbe arrivato prima... Forse...
Scosse la testa. No, era stato meglio così. L'addio sarebbe stato ancora più doloroso in quel caso. Sarebbe riuscita a dimenticarlo, con il tempo.
Aprì la porta della BMW e si sedette al posto di guida, sul morbido sedile di pelle marrone. Afferrò il volante e cercò di premere la frizione.
Scoprì di non arrivarci. Sorrise, ricordandosi quanto Xander fosse più alto di lei, e avvicinò il sedile quanto le bastava per arrivare ai pedali. Mise a posto gli specchietti, e infilò la chiave, indugiando per un momento.
Quella BMW non sarebbe mai stata la sua Punto, però era comunque una macchina che per lei aveva un significato, e che in qualche modo poteva considerare parte della sua vita. Era stata di Xander, e Xander era comunque entrato nel suo cuore, lasciando un segno indelebile dentro di lei. Usare la sua auto per il piano che aveva era anche un modo per non sentirsi completamente da sola.
Girò la chiave nel nottolino, e il motore si accese senza esitazioni. I quattrocento cavalli della BMW ruggirono nel silenzio del garage, gridando tutta la loro voglia di essere scatenati. Accese i fari a led e sfiorò il pomello del cambio, con la stessa dolcezza che aveva usato con William poco prima; poi, ingranò la prima marcia.
Lenta, quatta e sinuosa, la M3 uscì dal garage come un felino esce dalla sua gabbia, le pietre del vialetto che scricchiolavano sotto le gomme larghe e dentellate. Raggiunse il cancello, e Irina cercò il telecomando per aprirlo.
Qualche secondo dopo, la BMW si lasciò alle spalle la villa, i fari accesi che illuminavano la notte, diretta al garage di Max.
Ore 22.00 – Officina
Irina fermò la BMW davanti alla saracinesca dell'officina di Max, la luce accesa che illuminava il marciapiede. Il meccanico la stava aspettando appoggiato alla porta d'ingresso, l'espressione leggermente scocciata per essere stato costretto a lavorare anche a quell'ora.
<< Quella non è l'auto di ... >> iniziò lui, facendo un cenno verso la BMW.
<< Sì, è la sua >> lo interruppe Irina, prima che potesse pronunciare quel nome che le faceva tremare il cuore, << Hai preparato ciò che ti ho chiesto? >>.
Max tirò fuori un foglio dalla tasca dei pantaloni.
<< Sì, ho fatto l'inventario >> disse, scorrendo il foglietto con gli occhi, << Ci sono un bel po' di cose da comprare... >>.
Irina gli tolse la lista dalle mani e iniziò a leggerla. Ci impiegò qualche momento.
<< Dove li troviamo? >> chiese alla fine.
<< Dipende. Possiamo ordinarli, oppure andare a prenderli di persona... Ci metteremmo decisamente di meno, ma bisogna andare fuori città >>.
<< Dammi i vari indirizzi >> disse Irina.
Max la guardò perplesso.
<< Se li andiamo a prendere bisogna pagarli subito, lo sai vero? >> disse, << Contanti >>. Fece il gesto di contare un fascio di banconote.
Irina gli rivolse un'occhiata. << Li ho >> disse solo.
Max la fissò, gli occhi scuri spalancati. << Cosa vuol dire li hai? >> domandò.
<< Quanti ne servono? >> ribatté lei.
Max deglutì. << Almeno settanta mila... >> rispose a bassa voce.
Irina prese la valigetta ventiquattro ore, la appoggiò sul cofano della BMW e la spalancò, mettendo in bella mostra tutti i fasci di banconote fruscianti.
<< Questi sono centomila dollari >> disse, << Entro una settimana voglio la Punto come nuova. Anzi, meglio di come era prima >>.
<< Do-dove li hai presi? >> boccheggiò Max, fissando la valigetta.
<< Li ho messi da parte facendo le gare e con la vendita delle due auto che avevo vinto >> rispose Irina, << Dovrebbero bastare >>.
Max le rivolse un'occhiata, e in un attimo tutto il suo stupore fu sostituito da qualcosa che assomigliava a perplessità.
<< Irina, non posso rimettere a posto la Punto in una settimana >> disse, << Se fosse un lavoro di sola carrozzeria potrei anche riuscirci, ma il motore è completamente andato... E i pezzi non sono facili da trovare >>.
La ragazza richiuse di scatto la valigetta, e lo guardò in faccia, mai così tanto sicura di quello che stava facendo.
<< Voglio che ti occupi di tutto, tranne del motore. A quello ci penso io >> disse Irina.
Sul volto di Max si dipinse un'espressione preoccupata.
<< Cosa hai in mente? >> chiese, serio.
"Sfidare William e farlo arrestare... Ecco cosa ho in mente".
<< Non fare domande, e non ti dirò bugie >> ribatté Irina, aggirando la BMW e rimettendo la valigetta nel baule.
<< Non ho intenzione di farti cacciare nei guai un'altra volta >> disse Max, << Dimmi cosa vuoi fare. E anche come pensi di poterti occupare del motore diun'auto >>.
<< Rivoglio solo la mia macchina >> mentì Irina, l'espressione più innocente che riuscì a trovare, << Mi serve. Userò quella di Xander finché ne avrò bisogno, ma rivoglio la mia, in fretta... E per il motore, ti spiegherò quando avrai finito con il resto >>.
<< Non mi freghi >> ribatté Max, << Dimmi tutto, o non ti rimetto a posto proprio niente >>.
Irina decise di dirgli solo una parte della sua idea, per dargli l'impressione di averla convinta davvero, con la sua minaccia.
<< Voglio solo la mia auto per rimanere nella Black List >> disse, << Se rimango fuori, tutti gli sforzi che ho fatto finora risulteranno inutili. Devo continuare a tenere lontani di qui gli sbirri... Come promesso, Xander era l'ultimo, no? E per il motore... Si può montare quello di un'altra auto sulla Punto, vero? >>.
Max strabuzzò gli occhi. << E di quale? >> domandò, spiazzato.
<< Di questa >> rispose Irina, indicando la BMW bianca.
<< Bè... Si, si può fare >> disse Max, cauto, << Ma non posso garantirti che funzioni... Sono due auto molto diverse... >>.
<< Ma almeno tentiamo >> disse Irina, << Voglio provare. E' l'unica alternativa che ho per riottenere in fretta la mia auto... >>.
I due si guardarono, e Irina capì che Max se la stava bevendo. Voleva davvero istallare il motore della BMW sulla Punto, ma voleva farlo per una sola ragione: sfidare William e sbatterlo definitivamente in prigione, anche a costo di rischiare la vita.
<< Ci vediamo domani mattina per metterci d'accordo sui pezzi >> continuò Irina, << Ci divideremo e andremo a comprarli di persona. I soldi li abbiamo. Dopodiché ti occuperai di rimettere a posto la Punto... E io del resto >>.
Montò in macchina sotto lo sguardo ancora dubbioso di Max, poi accese il motore e fece retromarcia.
"E' arrivato il momento di mostrare che quando Fenice si incazza è davvero pericolosa... Persino per il suo capo".
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