Capitolo XXIX
Ore 8.00- San Franscisco, Sede F.B.I.
<< Cavolo, guarda che roba... >> disse Jess, fissando strabiliato le immagini che passavano sul televisore e mostravano la carcassa bruciata di una Mustang arancione e di un'auto della polizia, insieme a una semidistrutta Lotus; il tutto circondato da decine di volanti e tre ambulanze, con le luci intermittenti accese che brillavano nella notte di Los Angeles.
<< ... Nell'incidente, avvenuto ieri sera verso mezzanotte, sono state coinvolte due auto che molto probabilmente stavano partecipando a una gara clandestina >> stava dicendo il giornalista, << Purtroppo, Logan Milay, a bordo della Ford Mustang, è morto sul colpo, insieme a uno dei due poliziotti presenti sulla volante. L'altro pilota clandestino, Gregory Horne, noto alle autorità per essere uno dei piloti che fanno parte di quella che viene conosciuta come Black List e che raccoglie i piloti più ricercati della polizia, è ricoverato in gravi condizioni all'ospedale di Los Angeles, in coma farmacologico... >>.
Xander rimase seduto alla scrivania, guardando con gli occhi sgranati le auto distrutte... Lo sapeva, se lo sentiva, che c'era di mezzo anche Irina, in quella storia... Era troppo strano che due piloti della Black List gareggiassero insieme. Soprattutto se non erano da soli, come aveva capito.
Prese il cellulare a chiamò Simon Cohen.
<< Quando hai intenzione di partire? >> chiese Xander, innervosito, << Mi sembra che la situazione a Los Angeles stia degenerando... >>.
<< Hai visto anche tu il telegiornale, allora >> disse Cohen, quasi divertito, << Lo so, è strano che due piloti della Lista gareggino contro di loro, a meno che non abbiano deciso di sfidarsi per il posto... Però mi sembra abbiano detto che non erano gli unici, che le auto erano molte >>.
<< Appunto >> ribatté Xander, << Sono sicuro che c'è in mezzo anche Irina, e non mi sento tranquillo. Quando parti? >>.
<< Tra tre giorni >> rispose Cohen, << Andrò in auto, quindi mi ci andranno circa quindici ore di viaggio... >>.
<< Non puoi prendere un aereo? >> domandò Xander.
<< No. Si insospettirebbero se mi vedessero arrivare senza auto... In fondo sono un pilota anche io >> rispose Cohen, << Quando arrivo ti chiamo... E comunque penso che Irina non corra alcun pericolo: quella ragazza ha più fegato di quanto pensi >>.
"Infatti è questo che mi preoccupa...".
Cohen mise giù e lasciò Xander frustrato e nervoso. Guardò Jess e disse: << Diamoci una mossa... Voglio tornare laggiù il prima possibile >>.
Ore 11.00 – Casa
Irina si mise a sedere di scatto, gettando il lenzuolo di lato. Si guardò intorno, nella stanza semibuia, rischiarata solo dalla flebile luce che filtrava dalle imposte. Aveva il fiatone, come se avesse corso, e una strana sensazione allo stomaco...
Scattò in piedi e corse verso il bagno, per vomitare. Dopo qualche minuto uscì, sorreggendosi allo stipite della porta, il fiato corto. Rimase per un momento ferma, cercando di controllare il respiro, e chiedendosi come mai avesse quella forte nausea, nonostante non avesse mangiato nulla la sera prima.
Fece mente locale, cercando di ricordare se avesse fatto qualcosa che potesse provocarle quella reazione... In effetti, aveva ben poco da vomitare, visto che non aveva mangiato niente... Non aveva bevuto niente, né assunto cose strane.
Raggiunse il letto e si sdraiò di nuovo, tenendosi una mano con la fronte. Non aveva la febbre, ma le faceva un po' male il collo... Forse la botta della sera prima si faceva sentire in quel modo...
Rimase sdraiata, guardando il soffitto, stanca come se non avesse dormito per giorni. Sentì qualcuno bussare sullo stipite, e guardò chi fosse.
<< Stai bene? >> domandò suo padre, guardandola in apprensione.
<< Sì... >> rispose piano Irina, << Non dovresti essere a lavoro? >>.
<< Oggi è domenica... >> disse Todd.
Irina chiuse gli occhi e inspirò profondamente, preda di un altro attacco di nausea. Sentiva lo stomaco brontolare, ma non aveva voglia di mangiare niente. Voleva solo capire perché stesse male... E nei giorni precedenti era stata troppo occupata per accorgersi di qualche sintomo.
<< Ho solo bisogno di dormire >> disse, girandosi su un fianco.
Sentì i passi di suo padre scendere le scale lentamente, ma rimase ferma. Ora le girava anche la testa... Di male in peggio.
Un'ora dopo, Irina era ancora a letto, a guardare il soffitto buio e studiare il lampadario spento: però almeno si sentiva meglio. Forse era solo stanchezza. Suo padre tornò di nuovo e le lasciò una tazza di latte caldo sul comodino. Lo guardò uscire silenziosamente dalla stanza e lo ringraziò.
Si mise a sedere e prese la tazza, ma l'odore le diede il voltastomaco, così lasciò stare. Forse era meglio rimanere a digiuno. Si vestì in fretta e andò in bagno per guardarsi allo specchio.
Era più pallida del solito e aveva il viso sbattuto, ma per il resto non sembrava stare troppo male. Si diede una pettinata, si lavò la faccia con l'acqua gelida per darsi una svegliata e decide di andare a trovare Jenny per vedere come stava.
Quando scese di sotto, alla luce del sole si accorse che la BMW aveva il paraurti rovinato e i fari scheggiati. La vernice bianca sulle fiancate si era scrostata. La sera prima era stata troppo presa della felicità di aver riguadagnato il suo terzo posto per curarsi dei danni.
All'improvviso ebbe un altro giramento di testa, ma scosse il capo e passò subito. Si conosceva abbastanza da sapere che di lì a qualche minuto sarebbe stata meglio. Salì in auto e si diresse verso casa di Jenny.
<< Come va? >> chiese all'amica, quando arrivò a casa sua.
<< Più o meno... Irina, hai una brutta c'era >> disse Jenny, facendola entrare in casa, << Sei sicura di stare bene? >>.
<< Non lo so... Stamattina ho vomitato >> rispose Irina, << Mi gira un po' la testa, ma adesso sto meglio... >>.
Jenny la guardò in faccia, come per farle una diagnosi. La squadrò da capo a piedi, poi tornò a fissarla in viso.
<< Cosa ti senti? Sei pallida... >> disse.
<< Ho un po' di nausea, e mi sento stanca >> rispose Irina, << Ma sto bene. Non è niente... Anzi, in realtà la nausea mi è passata. Forse devo solo riposarmi un po'... >>.
<< Vuoi mangiare qualcosa? E' mezzogiorno, in effetti >> disse Jenny, guardando l'orologio.
<< Non parlarmi di roba da mangiare >> rispose Irina, scuotendo la testa, << Ultimamente non è qualcosa con cui vado molto d'accordo... >>.
<< Si vede. Se continui così, diventerai trasparente >> disse Jenny ridendo, << Almeno sei immune alle voglie di dolci... Io mi sono mangiata mezza torta al cioccolato, pensando a Jess. Sembravo una donna incinta... >>.
Il parlare di voglie fece venire in mente a Irina una cosa, e in un attimo le si gelò il sangue nelle vene. Strinse il bracciolo e guardò Jenny, gli occhi sgranati. L'amica le rivolse un'occhiata perplessa, poi sbiancò anche lei.
<< Cazzo Irina, non dirmi che... >> mormorò, fissandola, << Sei in ritardo? >>.
Irina rimase paralizzata dov'era, facendo un rapido calcolo a mente. Nel giro di qualche secondo, il gelo che sentiva nello stomaco divenne puro panico.
<< Non è possibile... >> biascicò, << Ho preso la pillola... Non... >>.
Qualcosa di enorme le crollò addosso, facendola sprofondare nel più puro terrore. Le aveva passate tutte, e quella era la prima cosa che aveva pregato mai le succedesse. Aveva sempre preso tutte le precauzioni possibili, perché la sua vita era già troppo incasinata per contemplare un... bambino.
Jenny l'afferrò per un braccio e la trascinò fino al bagno. Imbambolata, Irina la guardò frugare febbrilmente nei mobiletti bianchi, tirando fuori tutto quello che c'era dentro.
<< Ok, tranquilla >> mormorò, come se volesse tranquillizzarla, ma era agitata quanto lei, << Tranquilla, facciamo la prova... Ma sono sicura che è tutto un falso allarme... Non siete andati a letto insieme, non me lo hai detto, no? >>.
Intendeva Xander, era chiaro. Ma non era Xander l'oggetto della preoccupazione di Irina... Lui non c'entrava affatto... Era William che...
<< Ma non sono andata a letto con lui... >> mormorò così piano che forse Jenny neanche la sentì.
<< Tieni >> disse Jenny, mettendole la scatoletta in mano, << E' un test di gravidanza. Fallo. Adesso >>.
Ore 16.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
Xander scese nel garage senza farsi vedere, e seguì a distanza White, che camminava diretto verso il parcheggio. Lo vide salire su una normale utilitaria scura, e non una Mercedes SL rossa.
"Allora avevo ragione... Ha cambiato macchina perché lo sa che sospetto di lui...".
Si voltò e raggiunse l'auto di suo padre, una Mercedes argentata. La Ferrari gli era stata sequestrata, quindi al momento era a piedi. La mise in moto e attese che White passasse per uscire dal garage, poi lo seguì benedicendo la silenziosità del motore della sua auto.
Seguì White fuori dal garage, cercando di non farsi vedere. Lo lasciò allontanare quel tanto che bastava che non farsi vedere, e continuò a tallonarlo per scoprire dove andava.
In qualche modo White doveva pur comunicare con Challagher, e se non lo faceva via telefono forse si incontravano di persona. Già una volta aveva saputo tramite Irina che la Mercedes era parcheggiata nel giardino di casa Challagher, quindi era molto probabile che stesse andando da lui. Los Angeles era lontana, troppo per permettere a White di andare e tornare nel giro di qualche ora, ma magari era lo Scorpione a venire dalle loro parti...
White svoltò lungo la strada statale, diretto verso Sud. Lo seguì per circa venti minuti, poi prese una via tra numerose villette signorili. Parcheggiò davanti ad una con un bel giardino e scese, entrando in casa.
Xander fermò la macchina a pochi metri di distanza, e aspettò. White era tornato a casa, e ci rimase per le quattro ore seguenti, mentre lui ascoltava la radio a basso volume e sorseggiava la scorta di caffè che si era portato dietro. L'unico movimento che scorse fu l'arrivo della moglie di White, che tornava dal lavoro. Il suo capo sembrava non avere alcuna intenzione di uscire, né per raggiungere Challagher né per qualunque altra ragione.
Decise di dare uno sguardo nei dintorni, così scese dall'auto e sbirciò nel giardino di casa White. Riuscì a scorgere il garage, e notò che era vuoto: White aveva nascosto la Mercedes rossa da qualche altra parte.
Tornò in auto e aspettò ancora un po', chiedendosi cosa stesse facendo Irina in quel momento, e soprattutto se stesse bene. Le mancava un sacco il suo sorriso, il suo modo di fare troppo da brava ragazza...
Sentì squillare il cellulare e rispose.
<< Come procede? >> chiese Jess.
<< Non si è ancora mosso >> rispose Xander, << Tu come sei messo? >>.
<< Male >> rispose l'informatico, << Non sono riuscito a entrare nel suo ufficio... L'ha chiuso a chiave e in più ogni due minuti passa qualcuno per il corridoio... Bisogna essere in due per fare questa cosa >>.
<< Ok >> sospirò Xander, << Lascia stare. Rimango qui ancora qualche ora, ma credo che non andrà da nessuna parte, stasera... >>.
<< Perché? >>.
<< E' da solo con la moglie... >> rispose Xander, guardando verso le finestre della casa.
Jess ridacchiò. << Ah, ho capito... >> disse, << Ci vediamo domani, allora >>.
Ore 12.00 – Casa di Jenny
Irina fissò l'esito del test, sentendo il cuore perdere un battito. Afferrò il lavandino con la mano libera, così forte da far sbiancare le nocche.
Negativo.
Era negativo. Non era incinta.
Si sedette sul bordo della vasca, tenendo ancora in mano la scatola bianca che le aveva dato Jenny. Rimase a fissare la parete piastrellata di bianco, e si lasciò andare a un sospiro di sollievo.
Per un attimo, aveva creduto che il mondo le crollasse di nuovo addosso, come quel giorno che si era ritrovata Tommy da accudire... Questa volta però era stato decisamente peggio, perché lei era al centro di tutto. Lei e William.
<< Irina, esci di lì che sono in ansia! >> gridò Jenny da dietro la porta.
La lasciò entrare e la guardò per un momento: l'amica sembrava davvero spaventata. Si rilassò solo quando vide Irina sorridere leggermente.
<< Tutto a posto >> disse, << Negativo >>.
Jenny alzò gli occhi al cielo e sospirò. << Porca miseria, mi è venuto malissimo... >> mormorò.
Irina gettò la scatoletta nel cestino e uscì dal bagno, seguita dall'amica. Quel drammatico cambiamento di programma le aveva fatto scordare che non era molto informa. Però almeno ora sapeva che dipendeva solo dal suo fisico maltrattato.
<< Cos'era la storia che mi hai detto prima? >> domandò Jenny, sospettosa, << Hai detto che... >>.
<< Lascia stare >> la interruppe Irina, scuotendo la mano, << L'unica cosa di cui sono sicura e di non esserci andata a letto... >>.
<< Che hai combinato? >> domandò Jenny.
Per un momento, Irina fu tentata di raccontarle tutto, di spiattellarle quello che pativa da quando aveva iniziato a essere Fenice, di permetterle di entrare nella vita della pilota clandestina che lei non conosceva. Poi si rese conto che farlo non sarebbe servito a niente, se non a far sentire Jenny inadeguata e forse anche arrabbiata con sé stessa per non aver mai sospettato nulla.
<< Jenny, la mia vita non è così facile, lo sai >> disse lentamente, << E' meglio che evito di raccontarti ciò che fa la gente del mio giro... Piuttosto, hai sentito Katy e Angie? E' un po' che non le vedo... E naturalmente non è colpa loro >>.
Jenny assecondò qual cambio di argomento. << Sì, stanno bene >> rispose, << E stanno dando tutti gli esami... Credo che noi due saremo quelle destinate a rimanere indietro >>. Un sorrisetto le increspò le labbra.
<< Anche tu poca voglia di studiare, eh? >> fece Irina, guardandola. << O forse è meglio dire poco tempo, nel mio caso >>.
Jenny annuì, triste. << I miei non sono contenti, ma proprio non riesco a concentrarmi in questo momento >> disse, << Vorrei solo sapere se un giorno tornerà, oppure no >>. Continuava a stare male per Jess.
"Forse è meglio che tu ti metta il cuore in pace, amica mia. Forse non torneranno... Ed è meglio così, per certi versi".
<< Non lo so >> disse Irina, << E per me non ha più importanza. Ho capito che se si vuole una cosa, è meglio farla da sé... >>.
<< Cosa vuoi dire? >> domandò Jenny, preoccupata.
<< Che non ho più bisogno di Xander >> rispose Irina, distaccata, << E che preferisco non ritorni >>.
Jenny la guardò, e sembrò ferita dalle sue parole. << Tu sai se torneranno o no, vero? >> chiese.
Irina scosse la testa. << No, non lo so. Ma sono sicura che non torneranno... Il rischio è troppo alto, questa volta >>.
Si alzò e lentamente si avviò verso la porta, decisa a tornare a casa. Riportare in ballo l'argomento la rendeva lunatica. Salutò Jenny e uscì, lasciandosi indietro un altro pezzo di se stessa.
Quando parcheggiò la BMW davanti al garage chiuso, si rese conto che stava di nuovo male. Pensare ad altro l'aveva distratta, ma ora che era di nuovo sola con i suoi pensieri, si accorse che continuava ad avere una flebile nausea e che si sentiva molto debole.
Si sedette sul divano, davanti alla tv spenta, e guardò le lancette dell'orologio compiere lentamente il loro giro.
Ora che deciso cosa fare, che aveva un piano e la determinazione per portarlo a termine, il fisico iniziava a cedere. Anche se era giovane e non aveva mai avuto problemi di salute, il corpo cominciava a dare i primi segni di cedimento, dovuti alla vita sregolata che da due anni a quella parte conduceva: poche ore di sonno, alimentazione sregolata e troppo, decisamente troppo, stress.
Non si era mai presa particolarmente cura di se stessa, e all'inizio non ne aveva avuto nemmeno il tempo. Aveva la sua famiglia a cui badare, e a Tommy... Il tempo era sempre stato qualcosa che per lei aveva una concezione particolare: quando ne serviva, volava via sempre troppo in fretta, e quando ogni attimo era agonia, indugiava sempre troppo.
Rimase seduta dov'era, fissando senza vederlo il teleschermo spento. Più di una volta udì suo padre passare davanti alla porta del soggiorno e guardare dentro, senza però dire niente.
Era di nuovo la numero tre della Black List, e ora poteva cominciare a mettere in atto il suo folle piano. Doveva sfidare Dimitri e batterlo, per poi vedersela con William... Ma nelle condizioni in cui si trovava in quel momento, si rese conto che non sarebbe arrivata da nessuna parte. Aveva bisogno di rimettersi in sesto, e ritornare in forma.
Si sdraiò sul divano e prese il telecomando, con l'idea di guardare un po' di tv. Non era una cosa che faceva spesso, soprattutto in quelle ultime settimane. Fece zapping per qualche minuto, poi lasciò su film in abiti settecenteschi, che sembrava parlare di intrighi alla corte del Re. Per fortuna risultò abbastanza noioso da farla addormentare entro cinque minuti.
Quando si risvegliò, più o meno un paio di ore dopo, si accorse che suo padre era seduto vicino ai suoi piedi, e che guardava la tv apparentemente interessato. Appena si accorse che era sveglia, voltò la testa verso di lei.
<< E' passata l'ora di pranzo, ma se hai fame ti ho lasciato qualcosa da parte >> disse.
Irina guardò l'orologio: erano le tre e mezza passate. Sentiva lo stomaco vuoto, ma non aveva voglia di mangiare. Scosse la testa e si mise a sedere.
Si sentiva vuota, sola, così decise di fare una cosa che faceva spesso quando aveva bisogno di conforto. Andare da sua madre.
Si alzò, sentendosi la testa stranamente leggera, e si infilò le scarpe, sotto lo sguardo di suo padre.
Era abituata a vedere Todd lanciarle occhiate di disprezzo o di fastidio, e davanti alla sua espressione preoccupata, così diversa dal solito, si rese conto che qualcosa in lui era veramente cambiato. E che forse, non era più proprio sola.
<< Vado a trovare la mamma >> disse, << Vuoi venire? >>.
La richiesta sembrò spiazzare Todd più che un insulto gridato a pieni polmoni. La guardò per un momento, poi balbettò: << Va-Va bene... >>.
Irina attese che suo padre si andasse a vestire, chiedendosi perché lo avesse invitato. In fondo, forse voleva stare da sola... O forse aveva solo bisogno di sentire qualcuno vicino a lei, anche se quel qualcuno era una delle persone che le era stata più lontana durante tutta la sua vita.
Qualche minuto più tardi, Todd scese dalle scale, vestito molto meglio del solito: sembrava essersi curato come non faceva da tempo. Guardò Irina come se si aspettasse che scoppiasse a ridere, ma lei gli fece solo cenno di uscire.
Quando entrambi salirono sulla BMW, lei al lato guida e suo padre da quello del passeggero, Irina si rese conto che Todd non era mai stato in auto con lei. Nonostante sua figlia facesse la pilota clandestina, suo padre non aveva mai nemmeno visto come guidava.
Partì lentamente verso il cimitero, la radio accesa che rompeva il silenzio che regnava nell'abitacolo. Irina era tranquilla, ma suo padre sembrava a disagio.
<< Questa è l'auto del tuo amico? >> chiese Todd, e nel pronunciare le parole "tuo amico" non usò il solito tono di disprezzo.
<< Sì, è di Alexander >> rispose Irina, e questa volta pronunciare il suo nome non le fece male. << Mi aveva detto che potevo prenderla, se mi serviva >>.
Todd annuì in silenzio e tornò a guardare la strada. << Ho visto il telegiornale, questa mattina >> disse, << Ieri sera c'è stato un incidente, durante una gara... C'eri anche tu? >>.
<< Sì >> rispose solo Irina.
Il resto del viaggio proseguì nel silenzio più totale, senza che nessuno dei due proferisse parola. Irina non trovava la situazione particolarmente pesante: era abituata ai lunghi silenzi di cui era fatto il rapporto con suo padre, e non era quello a renderla sorpresa. Ciò che la stupì, in tutta quella cosa, era che per la prima volta apprezzava la presenza di Todd.
Parcheggiò l'auto vicino all'entrata, ed entrambi scesero. C'era poca gente, anche perché faceva molto caldo e il sole picchiava piuttosto forte. Irina comprò un mazzo di rose bianche ad uno dei banchi di fiori che c'erano sempre all'ingresso. Entrarono nel cimitero in silenzio, avvolti in quella strana atmosfera di rispetto e tristezza che regnava in quel luogo.
Camminarono fianco a fianco lungo il camposanto, con Irina che procedeva sicura e diretta alla tomba di sua madre. Todd sembrava meno convinto di dove stesse andando.
<< Non ricordo molto bene dove si trova... >> ammise, a disagio.
Irina indicò con un dito una lapide bianca e con molti fiori, anche se diversi erano appassiti e si stavano afflosciando. La raggiunsero in fretta e si lasciò andare a un sospiro quando vide nella foto il volto sorridente di sua madre.
"Scusami mamma, ti ho trascurato, ultimamente" pensò, e si abbassò sulla tomba per mettere da parte i fiori secchi.
Mentre si adoperava per trovare una collocazione alle rose che aveva comprato, notò che suo padre era rimasto impalato a guardare la lapide con aria spaesata. Irina si alzò e provò un po' di compassione per quell'uomo dalla vita sregolata tanto quanto la sua.
<< Credevi veramente ti avesse tradito? >> domandò, ma non c'era nota d'accusa nella sua voce.
Todd distolse lo sguardo, e percorse con gli occhi il camposanto. << Perché non avrebbe dovuto farlo? >> disse amaramente, << Sono sempre stato un fallito. Qualunque uomo sarebbe stato meglio di me >>.
Irina rimase di stucco, ma questa volta fu certa che suo padre stava cambiando. C'era voluto qualcosa di molto drammatico per smuoverlo, ma ora sembrava volesse migliorare. Però aveva ragione, nessuno avrebbe biasimato sua madre.
<< L'importante è capire i propri errori >> disse Irina, << E cercare di porvi rimedio. Nessuno di noi è perfetto >>.
<< A volte può essere troppo tardi >> ribatté suo padre, lo sguardo di chi si sente veramente un fallito.
<< Non è mai troppo tardi per migliorare >> disse Irina, e un sorriso sincero le spuntò sul volto. Si chinò tornando a sistemare i fiori, e per lasciare a suo padre il tempo di pensare su ciò che aveva detto.
In quel momento, se suo padre glielo avesse chiesto, Irina era pronta a dargli un'altra possibilità. Rappresentava tutto ciò che rimaneva della sua famiglia, ed era disposta a sopportare qualche altra delusione per riaverla.
Qualche secondo dopo, Todd si abbassò a sua volta e la aiutò a sistemare il grosso mazzo di rose, gettando ogni tanto uno sguardo alla foto di Elizabeth, il volto paffuto sorridente. Sembrava quasi si sentisse esaminato da quegli occhi che non vedeva brillare da tanto tempo.
<< Era... era una brava donna >> disse Todd, e qualcosa nella sua voce sembrò incrinarsi.
<< Lo so >> ribatté Irina, << Ha fatto molti sacrifici, per noi >>.
<< Già... >>.
Con la coda dell'occhio, Irina riuscì a scorgere suo padre passarsi una mano sul volto e rialzarsi con un sospiro. Lo lasciò solo con i suoi pensieri per qualche istante, poi lo guardò.
<< Mi dispiace >> disse Todd, << Mi dispiace per tutto quello che è successo... Per quello che è successo a te >>.
Irina gli mise una mano sul braccio, e cercò di non lasciar trasparire troppo dolore nella sua voce. << Non credo che continuare a pensarci possa cambiare le cose >> disse, << Ormai è passato... L'unica cosa che possiamo fare è evitare che succeda di nuovo >>.
"E quella che deve mettere le cose a posto sono io".
Todd la guardò per un istante che parve infinito, poi lentamente si avvicinò e la abbracciò.
Per un momento, Irina rimase interdetta, quasi infastidita, di fronte a quel gesto, ma dopo un secondo ricambiò l'abbraccio di suo padre, un abbraccio che le era mancato per tutta la vita. Poco importava se arrivava solo adesso, se nel frattempo lei aveva perso se stessa e la speranza; l'importante era che, alla fine, Todd tornava a essere suo padre, e lei sua figlia.
<< Andiamo? >> disse dopo qualche minuto, sorridendo.
<< Va bene >>.
E l'uno di fianco all'altro, più vicini di quando erano arrivati, ripercorsero a ritroso la strada che avevano percorso poco prima, finalmente come padre e figlia.
Ore 14.00 – San Francisco, Sede F.B.I.
<< Allora, andiamo? >> chiese Xander, guardando Jess raccogliere un gruppo di cavi e il suo pc portatile.
<< Arrivo >>.
White era andato a pranzo, e l'ufficio era più deserto del solito. Non c'era occasione migliore per cercare di carpire qualche informazione dal suo computer.
Xander e Jess percorsero il corridoio in punta di piedi e, guardandosi intorno con aria circospetta, raggiunsero la porta dell'ufficio di White. Che naturalmente era chiusa a chiave.
<< Come facciamo? >> domandò Jess a bassa voce, controllando che non arrivasse nessuno.
<< Ci penso io >>.
Xander tirò fuori un grosso mazzo di chiavi, che aveva "preso in prestito" da quella che doveva essere la donna delle pulizie, ma che in realtà potevabenissimo essere una spia in incognito, visto tutti i pettegolezzi di cui veniva a conoscenza. Aprì la porta in un minuto ed entrarono.
L'ufficio era perfettamente in ordine, la scrivania al suo posto e il computer in stand-by. Poggiato sul ripiano di legno c'era un telefono cellulare, ma non era quello che Xander aveva visto squillare sulla Mercedes parcheggiata in garage.
Jess si mise subito davanti al computer, e lo collegò al portatile attraverso i cavi che si era portato dietro. Xander frugò dentro i cassetti sotto la scrivania.
<< Allora, vediamo un po'... >> mormorò Jess, pigiando sulla tastiera del portatile, concentrato.
<< Quando riesci a entrare, fammi sapere >> disse Xander, aprendo l'ultimo cassetto e guardando dentro.
Chiuse in una busta di carta marrone, c'erano le chiavi della Ferrari. Per un momento ebbe la tentazione di riprenderle, ma si trattenne e continuò a ficcanasare. Trovò diversi plichi di fogli di varie missioni, e tutti i rapporti dei compiti portati a termine dai sottoposti di White.
<< Uhm, password a sessantaquattro bit... >> stava borbottando Jess, guardando fisso sul monitor.
<< Problemi? >>.
<< No, devo solo trovare la password di accesso... >> rispose l'informatico, digitando qualcosa con aria assorta.
Xander tornò a guardare nel cassetto, ma non trovò nulla di compromettente. Non che si aspettasse qualcosa: sicuramente lasciare incustoditi nei cassetti le prove del suo tradimento non era nello stile di White.
Gli venne in mente che da qualche parte dovevano esserci i suoi rapporti di quando ancora era in carica nella missione, e quindi tutte le prove che incastravano Challagher. Quelle potevano tornargli utili.
Lasciò perdere i cassetti e si concentrò sul grosso armadio in cui White di solito teneva i documenti più importanti o quelli archiviati. Lo aprì e cercò un grosso dossier che recava la scritta "Operazione 657", che era quella che lo riguardava.
Appoggiò il grosso plico di fogli sulla scrivania, gettando prima un'occhiata a Jess, e poi lo aprì. Conservate in una busta c'erano le varie foto che gliaveva mostrato White prima della missione, le stesse che mostravano lo Scorpione e alcune delle sue auto, e anche un paio di Irina. La sua attenzione vennecatturata dal volto della ragazza, e per un istante sentì un peso allo stomaco.
Da quando aveva visto per la prima volta quella foto, mesi prima, tante cose erano cambiate. Non aveva mai pensato che una volta incontrata, sarebbe stata in grado di sconvolgere così tanto la sua vita. Eppure Irina era qualcosa che non si sapeva spiegare, e di cui non poteva più fare a meno.
Come se potesse sbriciolarsi da un momento all'altro, tirò fuori la foto di Irina, quella in cui scendeva dalla Grande Punto, e la guardò. Si rendeva conto che non le rendeva giustizia, che dal vivo era molto più bella e anche molto meno distante di quanto appariva.
Mise da parte la foto, e continuò a sfogliare il fascicolo. Altre foto, alcuni documenti riguardanti le auto che aveva "preteso" per prendere parte alla missione... E fogli bianchi.
Per un istante, pensò di aver visto male. Al posto dei suoi rapporti, dettagliati e pieni di informazioni riguardo a Challagher e ai suoi affari, c'erano solo pagine bianche. Andò fino in fondo, sperando di trovare il plico che aveva dato a White dopo essere tornato da Las Vegas, che conteneva prove schiaccianti riguardo allo Scorpione. Non c'era nemmeno quello.
"Figlio di... Ha fatto sparire tutto".
<< Che c'è? >> domandò Jess, vendendolo immobile come una statua.
<< White ha fatto sparire tutti i rapporti che gli avevo fatto >> rispose Xander, << E anche le prove che avevo raccolto... >>.
L'informatico gli tolse dalle mani il fascicolo e lo sfogliò a sua volta, mentre sul suo volto si dipingeva un'espressione crescente di quello che sembrava terrore.
<< Cazzo... >> mormorò Xander, sentendosi un'idiota, << Dovevo pensarci prima... >>.
<< Magari li ha mandati in archivio, di sotto >> propose Jess, anche se era chiaro che non credeva a ciò che stava dicendo, << Erano troppo importati per essere lasciati nel suo ufficio... >>.
<< Vado a controllare >> disse Xander, e guardò l'orologio, << Anzi, vado dopo. A che punto sei con il pc? >>.
<< Sto entrando adesso nella sua mail >> rispose Jess, << Ma non ho ancora trovato nulla di compromettente >>.
Xander aggirò la scrivania e guardò il monitor. La pagina di posta di White campeggiava sullo schermo, ma riportava solamente i messaggi che mandava ad alcuni dei suoi colleghi e uno scambio di e-mail con Fowler, che risaliva a diverse settimane prima. Niente che potesse tornargli utile.
<< C'è altro? >> domandò.
<< Non mi sembra >> rispose Jess, << Ho controllato le ultime pagine che ha visitato in Internet, eventuali blog che potrebbe aver contattato, ma non c'è niente... Sembra tutto pulito, a parte che ama i siti un po'... Posso definirli "osè"? >>.
Xander fece una smorfia. << Va bene, ho capito che non caviamo un ragno dal buco, se continuiamo in questa direzione >> disse, << Andiamocene. Credo che tra un po' White avrò finito di pranzare... Non mi resta che controllare gli archivi, e riferire tutto a McDonall >>.
Ore 18.00 – Officina
Irina passeggiò intorno alla Grande Punto, le lamiere a vista e senza gomme, compiacendosi del fatto che Max sapeva fare il proprio lavoro. La sua auto piano piano stava tornando ad avere una forma.
<< Cosa ti sembra? >> domandò Max, sbucando da dentro la Punto.
<< Sta venendo bene >> rispose Irina, con un sorriso. Passò una mano sulla lamiera argentata, che poi sarebbe stata coperta dalla nuova vernice e dallaaerografia della fenice. << Quanto tempo ci vuole ancora, per poterla mettere su strada? >>.
<< Antony mi sta da dando una mano, quindi credo che entro la fine della settimana sarà pronta >> rispose Max, << Il problema rimane il motore. Se veramente vuoi mettere quello della BMW, non sarà facile farlo entrare dentro il cofano della Punto, e ci vorranno almeno altri tre giorni >>.
Max posò una chiave inglese sul bancone e guardò Irina, serio. Era da quando era arrivata che sembrava voler affrontare un discorso che lo rendeva irrequieto.
<< Stasera hai intenzione di sfidare Dimitri, vero? >> chiese, accennando alla M3 parcheggiata fuori.
<< Sì >> rispose Irina, << Sto andando al Gold Bunny. So che lui e William sono lì, stasera >>.
<< Farai un'altra gara come quella dell'altra volta? >> domandò il meccanico, << Qualcuno deve rimetterci la pelle? >>.
<< Non se non è necessario >> ribatté freddamente Irina, << Voglio far vedere di che pasta sono fatta... E Dimitri si dovrà togliere di mezzo, questa volta >>.
Max scosse il capo, poi disse: << Ti farai ammazzare, questa volta. William non sarà disposto a perdonarti un'altra volta... >>.
<< Allora aiutami >> ribatté Irina, << Dammi una mano. Non voglio che William continui ad andare in giro ad ammazzare persone, e dettare regole che nessuno dovrebbe seguire... E io non voglio continuare a essere una delle sue pedine. O lo faccio arrestare, o vorrà dire che sarò io a finire dietro le sbarre >>.
"O peggio...".
<< Ci hanno già provato in tanti >> disse Max, << E nemmeno il tuo amico ci è riuscito... William conosce troppa gente, non si farà fregare >>.
<< Allora credi che io non possa riuscirci, vero? >> domandò Irina, roteando le chiavi della BMW.
<< Non ho detto questo >> rispose Max, << Sto solo dicendo che rischi di farti male... >>.
<< Non mi interessa >> disse Irina, chiudendo il discorso, << Finiscimi la macchina. E' l'ultimo favore che ti chiedo >>.
Uscì dall'officina e salì sulla BMW. Mezz'ora dopo era davanti al parcheggio del Gold Bunny, la luce al neon del coniglio giapponese che brillava nel cielo tinto di viola. Come si era aspettata, poche macchine erano ferme davanti all'entrata, ma la Porsche gialla di William campeggiava in bella vista vicino allaGallardo arancione di Dimitri. Tra loro, però, c'era una Mercedes SL rossa che Irina aveva già visto, e che stando a ciò che aveva detto Xander, doveva appartenere a White, il suo capo.
Entrò nel locale, notando subito Dimitri e William parlare tra loro, insieme a Michael, il ragazzo che le era stato presentato qualche giorno prima. Li raggiunse.
<< Ciao Irina >> la salutò William, il tono di voce perfettamente controllato, << Siediti >>.
La ragazza occupò il posto libero lasciato sul divanetto e guardò prima lo Scorpione e poi Dimitri. Per un istante si sentì come a un esame.
<< Hai altri casini da piantare? >> domandò secco il russo, gettandole un'occhiata sprezzante. << Qualche altro membro della Lista da far fuori? >>.
<< Non mi sembra che tu sia conosciuto per farti tanti scrupoli nel far fuori qualcuno >> ribatté Irina, gelida.
<< Ma almeno io non ammazzo i membri della Black List >> rispose Dimitri, furioso.
<< Sono i rischi che si corrono durante una gara >> disse Irina, gettando una rapida occhiata a Michael.
Dimitri fece per rispondere, ma William lo fermò.
<< Finitela >> disse, tranquillo, << Non mi è sembrata una perdita così grave, considerato anche che Horne si riprenderà. Cosa fai qui? >> domandò alla fine, rivolto a Irina.
<< Voglio sfidare Dimitri >> rispose lei.
Ci fu un momento di completo silenzio, nel quale Michael guardò William, e Dimitri fissò Irina, l'espressione imperscrutabile. Lo Scorpione, però, avvicinò il posacenere e si accese una sigaretta, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
<< Quando? >> chiese solo.
<< Adesso >>.
Con fare perfettamente controllato, William si portò la sigaretta alla bocca e guardò Dimitri. << A te la decisione >> disse.
Il russo si esibì in un sorrisetto. << Deve solo tener conto che non ci andrò piano perché è la tua ragazza >> rispose.
<< Nemmeno io, se è per questo >> ribatté Irina.
William ridacchiò, e lo fece anche Michael. << D'accordo, la gara sarà tra due ore >> disse lo Scorpione, << Il tempo di dare a Dimitri la possibilità di andare a prendere la Ford. Michael, avverti Hanck e Josh, e fa riunire un po' di gente >>.
Il russo e l'altro ragazzo si alzarono, ma Dimitri le rivolse un'occhiata imperscrutabile, ed era chiaro che la cosa lo stava infastidendo. Però non disse nulla e si dileguò. Irina fece per alzarsi, decisa a sgombrare anche lei il campo, ma William la fermò: << Aspetta >> disse, << Rimani >>.
Irina si sedette di nuovo, e attese che lo Scorpione parlasse. Anche questa volta lui si limitò a soffiare in aria una boccata di fumo, e poi si decise a dire qualcosa.
<< Se dovessi battere Dimitri, sfiderai anche me, immagino >>.
<< Sì >> rispose solo Irina, sentendosi a disagio: non era abituata a un William così tranquillo e accondiscente.
<< Vuoi usare la mia macchina? >> chiese lo Scorpione, senza guardarla.
Irina credette di aver capito male, infatti strabuzzò gli occhi e fissò William senza sapere che dire.
<< No >> esalò alla fine, senza aggiungere altro.
Rimasero in silenzio entrambi, con Irina confusa e William stranamente tranquillo e quasi divertito. La ragazza spostò per un momento lo sguardo sul bicchiere vuoto che aveva davanti, poi disse: << Sembra quasi che tu voglia che io vinca >>.
<< Se te lo meriti, sì >> rispose William. Non stava mentendo.
<< Perché non ti arrabbi? >> domandò Irina, esasperata per il suo strano comportamento, << Sto mettendo in discussione la tua autorità, no? >>.
William sorrise e spense la sigaretta nel posacenere. << Lo fai da quando sei qui >> disse, << Non è una novità >>.
<< Allora perché non mi fermi? Mi avevi detto che non mi avresti mai fatto sfidare Dimitri... >> chiese Irina. << Perché non ti incazzi? >>
William la guardò, gli occhi verdi per la prima volta sinceri. << Semplicemente perché non ci riesco >> rispose.
Era quello il potere di cui le aveva parlato Vera? Il fatto che William accettasse qualsiasi cosa da parte sua? Ma non era vero, non aveva mai accettato i suoi "no"...
<< Mi hai insegnato una cosa, Irina >> continuò lo Scorpione, << Una lezione che ammetto è stata dura da digerire. I soldi non comprano tutto. O almeno, non possono comprare una cosa: l'affetto delle persone. Me lo hai dimostrato tu stessa, tantissime volte. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di farlo, perché tutti hanno troppa paura di me. Tu no, invece. Mi hai mandato a fanculo tante di quelle volte che ho perso il conto, e l'ho tollerato. Sai perché? Perché tu sei il mio punto debole, Irina >>.
La ragazza rimase pietrificata, lo sguardo fisso in quello di William.
<< E io sono così idiota da essermi innamorato del mio unico punto debole >> terminò lui. Chiaro, diretto e conciso come era nel suo stile.
Irina lo guardò, la gola chiusa e il cervello in panne. Non poteva farlo, non poteva dimostrarle di essere cambiato proprio ora, quando lei aveva deciso ciò che voleva... Non poteva confonderla di nuovo in quel modo, gettandole l'ennesima ancora di salvezza in quel mare in burrasca, dopo essere stato lui a gettarla in acqua...
Cercò di calmarsi, decisa a riguadagnare un po' di lucidità. Ci era caduta un sacco di volte, in quel tranello... Doveva solo dimostrarle che non era stupida, che questa volta non l'avrebbe fregata.
<< L'amore è diverso dalla voglia di possesso >> ribatté, gelida.
<< Allora dimmi se è normale che mentre vado a letto con un'altra ragazza la mia testa pensa a te >> disse William, come se la cosa lo stesse divertendo molto.
Irina avrebbe voluto tapparsi le orecchie, scappare per non sentire ciò che stava dicendo. Quel discorso era diverso da tutte le altre volte, e non voleva che per qualche minuto lui riuscisse ad ammaliarla.
<< E' inutile che cerchi di convincermi di essere cambiato >> disse, << Non è solo con me che devi cambiare. Devi smettere di essere un criminale >>.
Si alzò di scatto e se ne andò, perché non sarebbe stata in grado di sopportare ancora quella conversazione. Non amava William, non lo avrebbe mai amato, nemmeno se avesse smesso di essere lo Scorpione... Semplicemente perché lui avrebbe continuato a essere sé stesso, sempre e comunque. Le persone non cambiano, e quelle come lui non possono cambiare.
Uscì dal locale e si sedette dentro la BMW, in attesa. Voleva fare quella gara, saltare quell'ultimo ostacolo che la separava dalla parte finale del suo piano. Prima che la testa e il fisico cedessero di nuovo.
Passò l'ora seguente ad ascoltare la radio, mentre davanti ai suoi occhi la piazzola del parcheggio del Gold Bunny si andava riempiendo di gente, venuta ad assistere alla gara. Tra alcuni ragazzi, riuscì a intravedere Vera, che si defilò dentro il locale appena arrivò.
Finalmente, la Ford GT rossa di Dimitri si fermò a pochi metri da lei, i fari accesi e i cerchi in lega che brillavano alla luce dei lampioni. Il russo scese, guardò dalla sua parte e poi rientrò nel locale.
Irina posizionò la BMW davanti a quella che sapeva sarebbe stata considerata la linea di partenza, e poi attese.
Con una lentezza esasperante, accarezzò il pomello del cambio e poi il volante, cercando di guadagnare un po' di concentrazione. La BMW era inferiore alla GT, ma quell'auto l'aveva portata alla vittoria, qualche giorno prima... E poi, era stata di Xander.
"Avanti, Irina, ci sei quasi. Fagli vedere che non sei solo una ragazzina".
Dall'ingresso del Gold Bunny sbucarono Dimitri e William, fianco a fianco, discutendo un po' più animatamente del solito tra loro. Anche da lì, Irina riuscì a cogliere l'espressione quasi arrabbiata di Dimitri. Forse riteneva la gara solo una perdita di tempo.
Un istante dopo, il russo salì in macchina e abbassò il finestrino, gettandole un'occhiataccia.
<< Non mi interessa chi sei, Fenice >> disse, gelido.
<< Sta zitto e guida, Dimitri >>.
Irina ingranò la marcia e fece ruggire il motore.
"E adesso andiamo...".
Seguì con lo sguardo Clark, lo scommettitore di fiducia di William, che si andò a mettere in mezzo alla carreggiata. Con la coda dell'occhio, riuscì a vedere lo Scorpione che si avvicinava per una frazione di secondo alla Ford e diceva qualcosa, prima di schiacciare a tavoletta l'acceleratore.
Come un missile, la Ford GT scattò in avanti, facendo stridere gli pneumatici sull'asfalto. La BMW rimase indietro, ma sfruttò la scia della GT per rimanerle incollata al posteriore.
I fari tonti della Ford tinsero la carrozzeria bianca della BMW di luce rossa, mentre Irina studiava in un secondo il piano per far mangiare la polvere al Mastino.
Tracciato di cinque chilometri e quattrocento metri, due giri, compresa una sopraelevata che costituiva un pericolo per lei. Poche curve a destra, e molte strette a sinistra.
Contando che Dimitri era pronto a metterle fuori uso la macchina e che avrebbe sfruttato tutte le occasioni possibili, doveva dargliene davvero molte poche. Quindi, o rimaneva dietro fino all'ultimo e poi lo superava, oppure passava in testa e si dileguava. Entrambe alternative molto difficili da mettere in pratica.
Scalò di una marcia e svoltò a sinistra, tenendosi ben lontana dal Mastino. Uscì dalla curva e gli si rimise dietro, continuando a sfruttare la sua scia per guadagnare terreno.
Poco dopo, la GT iniziò a zigzagare a destra e sinistra, facendo scodare pericolosamente il posteriore vicino al muso della BMW. Irina diede un colpo di freni e poi si spostò tutta a destra, pronta per la curva successiva.
Quando si accorse che Dimitri aveva sbagliato la traiettoria della curva, ne approfittò e tentò il sorpasso, ricordandosi solo in quel momento che la sopraelevata era proprio lì dietro. Vide il muso della GT proprio di fianco a lei avvicinarsi pericolosamente, fino quasi a sfiorare la sua fiancata. Frenò e lo lasciò passare.
Percorse la sopraelevata appiccicata al posteriore della GT, conscia che Dimitri, nonostante le sue minacce, ci stava andando piano. Non la voleva far passare, ma non stava nemmeno cercando di sbatterla fuori, come normalmente avrebbe fatto.
L'orgoglio le diceva che doveva arrabbiarsi per quello, ma sapeva che in quel caso doveva cogliere l'occasione. Tutto ciò che voleva era arrivare a William, e per farlo doveva battere Dimitri, anche se non lealmente.
Scalò di una marcia e si piazzò o sinistra, cogliendo l'occhiata che Dimitri le aveva lanciato dallo specchietto retrovisore. Attese la curva e poi lo sorpassò, infilandosi nell'angusto spazio tra il marciapiede e la Ford. Schiacciò a fondo l'acceleratore e si portò avanti.
Non le sfuggì l'espressione sorpresa e scocciata di Dimitri, ma si concentrò per guadagnare il più ampio vantaggio possibile. Alle sue spalle sentì il motore della GT ruggire mentre si gettava al suo inseguimento.
Il Mastino sfruttò la maggiore potenza della sua auto e le si piazzò di fianco proprio mentre superavano la linea di partenza per cominciare il secondo e ultimo giro.
Irina si accorse che la GT andava di più della BMW, così strinse Dimitri a destra per impedirgli di superarla. Il russo però non si spostò di un centimetro, e le due auto si toccarono.
Con uno stridio, lo specchietto laterale della M3 cozzò contro quello della GT e il vetro si crepò, sbriciolandosi in mille pezzi. Dimitri le lanciò un'occhiataccia, poi sterzò leggermente e spinse la BMW, senza darle il tempo di spostarsi.
Facendo una smorfia nel sentire la fiancata andare definitivamente a pezzi, Irina toccò il freno e lasciò passare di nuovo Dimitri. Con una mossa rapidissima però si spostò a destra e lo superò di nuovo.
Fu una mossa del tutto inaspettata per il Mastino, perché Irina ebbe il tempo di guadagnare una decina di metri e percorrere la curva seguente abbastanza stretta da non permettergli di passare. Imboccò la sopraelevata e schiacciò l'acceleratore a tavoletta.
In un attimo, vide i fari anteriori della GT brillare nel suo specchietto retrovisore. Cominciò a zigzagare per sbarrargli la strada, poi sterzò bruscamente a sinistra e si lasciò alle spalle la penultima curva.
Tenne d'occhio Dimitri, ma comprese che non l'avrebbe superata. L'avrebbe lasciata vincere perché molto probabilmente William gli aveva ordinato così.
Tirò mentalmente un sospiro di sollievo, imboccò l'ultima curva e vide il traguardo davanti a lei. Un secondo dopo, qualcosa guizzò alla sua sinistra, e il muso della GT superò di mezzo metro il suo.
Colta dal panico, Irina pigiò con forza sull'acceleratore, sentendo la BMW schizzare avanti, fianco a fianco con la Ford. Le ci volle un secondo per capire che Dimitri aveva voluto darle l'impressione di volerla lasciare vincere, quando invece era il contrario. E comprese anche che non aveva speranze di superarlo, perché ormai la GT le stava quasi completamente davanti.
Con uno stridio assordante, però, a pochi metri dal traguardo, Dimitri inchiodò di colpo, fermando il muso della Ford qualche centimetro dalla linea di partenza... E la lasciò vincere.
La ragazza fermò di colpo la BMW, rendendosi conto che aveva appena vinto la gara. Rimase paralizzata nel sapere che il Mastino le aveva appena regalato la vittoria.
Scese dall'auto, e si accorse che la gente intorno era ammutolita e fissava Dimitri, senza capire il suo comportamento. William, a qualche metro di distanza, le braccia incrociate, si esibì in una smorfia.
Irina guardò il russo, a metà tra lo sbalordito e lo scettico, ma poi comprese: Dimitri l'aveva lasciata vincere solo perché lo Scorpione aveva voluto così, ma le aveva dimostrato che in realtà, tra loro due, quello che aveva effettivamente vinto la gara era lui. Inchiodando proprio davanti al traguardo, e con la vittoria praticamente certa, aveva fatto vedere a tutti che lui rimaneva il più forte.
La Ford GT si spostò dalla linea del traguardo e si andò a parcheggiare lì dove prima c'era la Mercedes SL rossa, che ora era sparita. William andò incontro a Dimitri e iniziarono a parlare tra loro.
Irina rimase disparte, in silenzio, controllando i danni alla BMW: non si diede pena di quantificarli, tanto quella era l'ultima gara che faceva con la M3. Era ora per la Punto di tornare a correre.
"Perfetto, ci siamo. Ora non rimane che lo Scorpione".
Con una certa soddisfazione, Irina si rese conto che ormai il piano era quasi completamente portato a termine. E forse doveva ringraziare Dimitri, per quello.
Guardò il russo parlare con William, e non sembrava più arrabbiato, solo particolarmente infastidito. Era sempre stato un tipo strano, a suo dire, e si era sempre chiesta come potesse essere il migliore amico dello Scorpione, quando erano in realtà molto diversi.
Rientrò nella BMW e la mise in moto, lasciando il parcheggio senza essere notata. La gente stava ancora chiedendosi perché il Mastino avesse palesemente lasciato vincere Fenice.
Cercò il cellulare e chiamò Max.
<< Prepara la Punto >> disse, << Domani mattina ti porto il suo nuovo motore >>.
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