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Capitolo XXII

Ore 14.00 – Casa

Il telefono di casa squillò all'improvviso, mentre Irina rifaceva il letto di camera sua in silenzio. Rimase immobile, ascoltando i trilli che rimbombavano tra le pareti, insistenti, ma non andò a rispondere. Sapeva esattamente chi era.

Dopo cinque squilli, il telefono smise di suonare, e lei accatastò le lenzuola nella cesta della biancheria da lavare, con un sospiro. Raggiunse il bagno e buttò tutto in lavatrice, poi scese in cucina, e lì si sedette a tavola, sola.

Nessuno aveva mai saputo che cosa accadeva tra lei e William, perché lei non aveva mai voluto rivelarlo. Fingendo che non fosse mai successo niente, che i segni che le lasciava addosso lo Scorpione non fossero altro che illusioni, era sempre riuscita a nascondere a tutti la verità, una verità di cui si vergognava da sempre. Né Jenny, né Katy, né Angie, né suo padre e i suoi fratelli, e nemmeno Max, avevano mai sospettato nulla. Mai, perché lei preferiva stare zitta, vivere nel suo mondo fatto di illusioni e incubi, di speranza e dolore.

Se c'era una cosa di cui aveva paura, era la compassione degli altri. Non sarebbe mai stata in grado di vivere sotto lo sguardo del mondo, se il mondoavesse saputo. Come l'avrebbero guardata, se lei avesse parlato? Come l'avrebbero considerata se non avesse nascosto la verità? Per tutti sarebbe stata una povera ragazza vittima di sé stessa, dei suoi errori, delle sue debolezze, delle sue paure. Troppo stupida per tirarsi fuori da sola dai guai, troppo sciocca per difendersi da sé.

E adesso che Xander sapeva, non sarebbe riuscito a guardarlo in faccia. Non ci sarebbe riuscita, perché aveva paura di vedere pena, compassione negli occhi azzurri che aveva creduto di amare. E poi, avrebbe dovuto affrontare le decine di domande che le avrebbe fatto, rievocando ricordi che facevano male, che pesavano nel suo cuore come macigni di ghiaccio. E ricordare non l'avrebbe aiutata a dimenticare, quando dimenticare era l'unica cosa che voleva.

Guardò l'orologio. Non aveva fame, e si sentiva solo tutta indolenzita e dolorante. La testa le faceva male perché il suo sonno era stato piuttosto agitato, e poi perché ricordava bene il dialogo avuto con il dottore, poco prima che la lasciasse uscire dall'ospedale.

<< Dovrebbe smettere di prendere per un po' la pillola anticoncezionale >> le aveva detto, << Per questo si sente spesso stanca... Deve sospendere almeno per qualche mese >>.

Irina lo aveva guardato, seria, prima di annuire tristemente.

Adesso, seduta in quella cucina, avvolta dal silenzio, fissava la confezione della pillola che l'aveva salvata tante volte.

Non poteva rischiare così tanto, sperando che non accadesse più... Non poteva e basta.

Però... Sapeva che non avrebbe rivisto William per un po'... Che dopo quella punizione esemplare, l'avrebbe lasciata stare. Era troppo infuriato per desiderarla ancora, e lo sarebbe stato almeno fino alla gara di Xander contro Dimitri.

Sospirò, prese la scatola e la ripose al sicuro nella mensola della cucina. In quel momento sentì la porta di casa aprirsi.

Suo padre entrò in cucina, e la guardò in modo strano. Soffermò i suoi occhi sul suo volto, come se la riconoscesse solo in quel momento, e Irina sentì una fitta al cuore al ricordo del giorno prima. Voleva ancora considerarlo suo padre?

<< Ciao >> disse lui, a bassa voce.

<< Ciao >> mormorò Irina.

Rimase seduta al tavolo, la testa appoggiata alla mano, lo sguardo perso. Non aveva voglia di vederlo, di parlare con lui, di averlo davanti agli occhi dopoquello che era successo. Chissà se si rendeva conto di quello che aveva fatto...

Todd continuava a stare fermo nell'ingresso, lo sguardo puntato su di lei, come se volesse dire qualcosa. Irina sbuffò e si alzò di scatto, decisa ad andarsene in camera sua. Aggirò suo padre e risalì le scale, senza dire una parola. In quel momento lo odiava come non lo aveva mai odiato in tutta la sua vita.

Stare ferma non la aiutava, ma non aveva voglia di uscire. Avrebbe dovuto andare a fare la spesa, ma voleva solo rimanere chiusa tra le mura di casa, da sola con il suo dolore. Chiudersi a riccio era la cosa che sapeva fare meglio, perché era troppo vigliacca per avere il coraggio di parlare con qualcuno. Lei i problemi li dimenticava, oppure... Li lavava via. Entrò in bagno e si gettò sotto la doccia, lasciandosi scorrere addosso l'acqua calda, desiderosa di sentirsi più pulita di quanto non fosse.

Perché era stata così stupida da permettere a Xander di entrare nella sua vita? Perché gli aveva permesso di aprire quella porta che aveva sprangato con tutta la determinazione di cui era capace? Perché gli permetteva di mettere in pericolo entrambi?

"Non si può... Non posso lasciare che si metta nei guai per colpa mia".

Se c'era qualcosa di cui era sicura, era che William non voleva più Xander tra i piedi. Era pronto anche a ucciderlo, se fosse stato necessario, e lei non poteva lasciare che accadesse.

Un'ora dopo, sdraiata a fissare il soffitto della sua camera, continuava a pensare a come risolvere quella situazione, a cercare di decifrare i suoi sentimenti contrastanti. Avrebbe dato qualsiasi cosa, in quel momento, per poter essere una ragazza "normale" e potersi permettere di prendere una sbandata per qualcuno, di fare qualche errore, di non essere legata a niente. Se così fosse stato, si sarebbe lasciata andare, si sarebbe anche scoperta, con Xander. Perché negare che gli piacesse, se era vero?

Ma lei non era normale, e non poteva permettersi niente che una qualsiasi ragazza di vent'anni potesse fare. Nemmeno provare ad amare una persona, non quando c'è qualcuno che ti controlla. E che è molto più forte di te.

Sentì il telefono squillare di sotto, e udì suo padre rispondere. Sperava non si trattasse di Xander, perché non sarebbe stata in grado di sopportare una conversazione con lui.

Todd fece capolino dalla porta e disse, la voce stranamente bassa e stentorea: << E' la tua amica Jenny... Vuole parlarti >>.

Irina si alzò stancamente e scese di sotto.

<< Ciao Jenny >> borbottò.

<< Irina, perché non rispondi al cellulare?! >> la aggredì l'amica, preoccupata, << Cosa è successo? Perché non sei venuta? E perché non ti facevi trovare? >>.

<< Jenny... Cosa ti ha detto Jess? >> disse Irina.

<< Che hai litigato con tuo padre >> rispose la ragazza, << Ma questo non toglie che ci hai fatto preoccupare da morire! Potevi avvisarci che non saresti venuta! E poi lo sai che se hai un problema puoi benissimo parlarne con me >>.

<< Lo so... Ma non mi andava, volevo stare da sola >> rispose Irina.

Jenny colse la nota amara della sua voce.

<< Cosa è successo? Voglio saperlo >> disse.

<< Non voglio parlarne, adesso >> rispose Irina, gettando un'occhiata verso la cucina. Suo padre poteva essere in ascolto.

<< Non possiamo vederci? >> domandò Jenny, << Così parliamo con calma >>.

Irina si morse il labbro. Non voleva vedere nessuno, perché sapeva che l'avrebbero subissata di domande.

<< Oggi no. Devo... devo andare a sbrigare una faccenda >> rispose.

<< Sei sicura? >>.

<< Sì >> sbuffò Irina, << Penso di sapere ancora se sono occupata o meno >>.

Davanti al suo tono infastidito, Jenny decise di non insistere. << D'accordo... Ci sentiamo, comunque. Se hai bisogno di qualcosa, sai che ci sono, eh >>.

Irina chiuse la telefonata e si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa da fare per davvero. Adocchiò le chiavi della macchina, le afferrò al volo e uscì dicasa. Le era venuto in mente qualcosa che voleva fare da un po' di tempo.

Ore 16.00 – Pasadena

Irina parcheggiò la TT davanti a una piccola casetta con giardino, recintata da uno steccato bianco. Modeste villette si stagliavano lungo una strada diritta, sotto un cielo azzurro e sereno. Un paio di ragazzine giocavano in bicicletta poco lontano, e un signore con un cane passeggiava dall'altra parte della via.

Irina guardò la casa davanti a lei, le finestre spalancate e il piccolo cancello lasciato aperto che portava all'ingresso. Sentiva le risate di un bambino che provenivano dal retro, risate familiari che aveva udito tante volte. Bussò alla porta, e dopo poco venne ad aprirle una ragazza che non vedeva da tantissimo tempo.

Sally le sembrava praticamente uguale a due anni prima, tranne che appariva più smagrita. L'espressione dei suoi occhi, però, era totalmente diversa: ora erano più maturi, più consapevoli, e più felici. Indossava abiti normali, da persona qualunque, e teneva i capelli legati in alto sulla testa con una pinza. Era stupefacente vederla ora, e sapere che cosa aveva fatto per sopravvivere.

La ragazza la guardò per un momento, stranita, come se non la riconoscesse. Poi disse, stupita: << Irina! Co... Cosa fai qui? >>.

<< Sono venuta a trovare Tommy >> rispose Irina, con un lieve sorriso davanti alla sua faccia.

<< Oh... >> fece Sally, facendosi da parte per farla entrare. << Ehm... Vieni, entra >>.

Irina varcò l'ingresso, e trovò la casa, anche se non grande, molto accogliente. C'era un'atmosfera che da lei non aveva mai regnato: calma e serenità. Sally la fece sedere in soggiorno, l'aria leggermente imbarazzata di sa di aver fatto un danno e non sa come chiedere scusa.

<< Come... Come stai? >> domandò.

<< Bene >> rispose Irina, neutra. << Tu? Ti hanno dato un bel posto, in cui stare... >> aggiunse poi con un sorriso, accennando alla casa.

<< Oh, sì >> disse Sally, << Sono stati molto gentili... Mi hanno dato tutto quello di cui avevo bisogno. Lavoro a qualche isolato da qui, in un piccolo negozio di alimentari >>.

Irina spostava lo sguardo in tutto il soggiorno, alla ricerca di suo nipote. Sally comprese ciò che voleva, e uscì un momento in giardino.

Tommy entrò in casa mano nella mano con sua mamma, in braccio un grosso orsacchiotto e l'espressione scocciata per essere stato interrotto nei suoi giochi. Quando però la vide, i suoi occhietti si illuminarono e corse verso di lei, gridando: << Irina!!! >>.

La ragazza lo prese in braccio sorridendo, sorpresa di sentirlo pronunciare il suo nome alla perfezione.

<< Ciao, piccolo >> disse, accarezzandogli la testa, << Come stai, eh? Mi sei mancato un sacco, lo sai? >>.

Tommy le strinse con il collo con le braccine, ridendo. Sally li guardava sorridendo.

<< Ha detto così tante volte il tuo nome che ha imparato a dirlo correttamente >> disse, << Non capivo cosa volesse, le prime volte >>.

<< E' stato difficile, all'inizio? >> chiese Irina, tenendolo sempre in braccio e dondolandolo con aria divertita.

<< Sì... Ha pianto per tutta la giornata, quando è arrivato qui. Voleva te... Ci è voluto qualche giorno, ma poi si è abituato... Adesso ha capito che sono io la sua mamma >>.

Sally disse l'ultima frase con un po' di orgoglio, come a ricordarle che solo lei poteva vantare l'affetto di quel bambino. Irina lo mise a terra, continuando a tenerlo per mano.

<< Però... >> continuò Sally, << Devo... Devo ringraziarti. Mi dispiace averti creato tutti quei problemi, con Tommy, ma... Veramente, non sapevo cosa fare... >>.

Irina sorrise e la guardò. << Non fa niente >> disse dolcemente, << Non sono qui per pretendere le tue scuse. Volevo solo vedere come stava il bambino. Sono sempre sua zia, no? >>.

Le due ragazze si guardarono per un momento in silenzio, poi entrambe sorrisero. Da quel momento in poi, nella casa regnò un'atmosfera molto più rilassata.

<< Chi era quell'agente dell'F.B.I. che si è presentato a casa mia? >> domandò Sally, offrendole da bere, << Si chiamava Alexander Went, e mi ha dato l'impressione di conoscerti molto bene... >>.

<< In realtà è un mio amico >> rispose Irina, anche se alla parola "amico" la sua voce ebbe un'inflessione, << Ha voluto sapere di Tommy, e l'idea di riportarlo da te è stata sua... Ha l'abitudine di intromettersi negli affari degli altri >>.

Sally sorrise. << Però è servito, questa volta... Hai sentito Dominic, per caso? >>.

Irina alzò gli occhi su di lei, perplessa. << No... Sono due anni che non lo sento più... Immagino che anche per te sia morto >>.

Sally sembrò leggermente imbarazzata. << Ehm... Sì, in effetti... >>. Decise di cambiare argomento, e Irina sospettò le nascondesse qualcosa. << Stai sempre con William? >>.

Irina annuì, e bevve dal bicchiere, gettando uno sguardo fuori dalla finestra. Tommy le si sedette in grembo, giocando con una ciocca dei suoi capelli.

<< Quindi adesso sei a posto >> disse, << Hai un lavoro, una casa, una vita normale... >>.

Sally sorrise radiosa. << E' stato il regalo più grande che potessi farmi >> disse, << Credevo che non sarei mai riuscita a uscirne... E' stato come rinascere un'altra volta >>.

Irina guardò quella ragazza minuta, che sembrava addirittura più giovane di lei, e si ritrovò a pensare che in fondo si assomigliavano: anche lei era stata prigioniera di un mondo da cui credeva di non uscire mai più, ma alla fine un angelo era piombato sulla sua strada e l'aveva salvata. Lo stesso angelo che aveva incontrato lei.

Chissà perché, però, Irina sentiva la speranza che l'aveva posseduta all'inizio stava piano piano scemando. Sentiva che non sarebbe stata fortunata come Sally, che per lei la strada sarebbe stata molto più difficile.

Abbracciò Tommy un'ultima volta, poi decise che era ora di andarsene. Il suo umore era piuttosto mutevole, ultimamente.

<< Scusami per essere piombata qui senza preavviso >> disse alzandosi, << Però avevo proprio bisogno di vedervi >>.

Sally sorrise. << Non ti preoccupare. E' stato un piacere per me vederti. Ho anche avuto modo di ringraziarti... Non osavo telefonarti, a dirti la verità >>.

<< E' stato bello anche per me >> disse Irina, << Vieni a trovarmi se vuoi. Mi farebbe molto piacere >>.

Alla fine le due ragazze si abbracciarono, e Irina diede un ultimo bacio a Tommy, poi uscì e raggiunse l'auto. Si sedette al posto di guida e rimase immobile, le mani sul volante, lo sguardo perso.

Era stato bello rivedere Tommy e ritrovare Sally, ma non poteva fare a meno di sentirsi triste. Aveva paura che a lei non sarebbe mai toccato vivere quel cambiamento, tornare a condurre un'esistenza normale. Le sembrava impossibile, dopo quel pomeriggio da incubo passato con William...

Accese l'auto e ripartì verso casa. Sperava di non trovare nessuno, perché aveva il presentimento che Xander non l'avrebbe lasciata in pace. Era sicura che lui volesse affrontare il discorso che invece lei voleva evitare.

Parcheggiò la TT nel vialetto di casa e scese. Quando rientrò, si accorse che Harry e Denis stavano guardando la Tv in soggiorno, ma suo padre stranamente non era con loro. Infilò la testa in cucina, e la trovò incredibilmente... in ordine.

Incredula, Irina guardò il ripiano sgombro dai piatti, il lavandino vuoto e persino gli stracci appesi ai loro ganci. Quando era uscita, c'erano ancora i piatti da lavare... Si diresse verso il frigo e lo aprì: era pieno. Qualcuno che non era lei aveva fatto la spesa.

Uscì dalla cucina, in cerca dell'unica persona che forse non avrebbe voluto vedere. Trovò Todd sul retro, nel ripostiglio, che stava cercando qualcosa. Non si accorse nemmeno che lo stava guardando.

<< Papà? >> lo chiamò lei, incerta.

Todd si bloccò, ma non si voltò a guardarla. Rimase di spalle e borbottò: << Uhm... >>.

<< Hai... Hai fatto tu la spesa? >> chiese Irina.

<< Sì >> mormorò suo padre, poi tornò a cercare quello che non era ancora riuscito a trovare.

Irina guardò le spalle di suo padre, stupita, ma non aggiunse niente. In silenzio tornò in casa, diretta in camera sua.

Non si spiegava il fatto che suo padre si fosse sforzato di andare a fare la spesa. Forse aveva talmente fame che aveva deciso che ne valeva la pena. Ma i piatti... Suo padre aveva mai lavato i piatti, in tutta la sua vita? No, decisamente no.

Sentì il telefono di sotto squillare ancora, e si precipitò giù per le scale. Se era Xander, era intenzionata a non farsi trovare. Attese in piedi sugli ultimi gradini che Todd andasse a rispondere, e gli disse: << Se è Xander, non ci sono >>.

Guardò suo padre alzare la cornetta, sperando che seguisse la sua richiesta.

<< Pronto? >> rispose burbero, << No, non c'è adesso. Va bene, glielo dirò >>.

Mise giù il ricevitore e la guardò. << Era quel tuo amico, Went. Ti stava cercando, mi ha detto di chiamarlo appena puoi >>.

Irina annuì. << Grazie >> mormorò, poi risalì in camera.

Ore 14.00 – Casa

Irina aprì cautamente la porta, lasciando entrare Jenny e controllando che non ci fosse nessun'altro nei dintorni. L'amica si fece largo nell'ingresso, poi si voltò a guardarla, seria.

<< Allora? Cosa sta succedendo? >> domandò.

<< Niente >> rispose Irina, conducendola in soggiorno e lasciandosi cadere stancamente sul divano.

<< Niente non mi sembra il termine giusto >> ribatté Jenny, sedendosi di fronte a lei, << Hai un bel po' di cose da spiegarmi >>.

<< E cioè? >> disse Irina.

<< Cioè come mai non mi hai avvertito che non saresti venuta all'esame, facendomi preoccupare da morire >> cominciò Jenny, irritata, << Cioè cosa diavolo è successo e soprattutto perché non ti facevi trovare nemmeno al cellulare... Angie ha chiamato Max per sapere se lui ti aveva vista o sentita. Pensavamo avessi avuto un incidente! >>.

<< Ah, come è andato l'esame? >> domandò Irina, cercando di sviare il discorso.

<< Bene... >> rispose Jenny, << Ma non cercare di cambiare argomento >>.

<< Chi ti dice che sia successo qualcosa? >> ribatté Irina, tranquilla.

<< Lo vedo, e comunque Xander lo sa e non me lo vuole dire >> rispose Jenny, arrabbiata.

Irina fece una smorfia. << Hai parlato con Xander? >>.

<< Sì che ci ho parlato. Sono andata da loro, ieri sera. Dice che lo stai evitando, e mi sembrava parecchio scosso. Cosa è successo? >>.

<< Non erano affari suoi >> mormorò Irina, << Non si doveva impicciare >>.

<< Hai veramente litigato con tuo padre? >> chiese Jenny.

Irina la guardò per un momento. << No >>.

<< Allora cosa è successo? >>.

<< Questa è una di quelle domande a cui non posso rispondere >> ribatté Irina, << Sai qual'erano i patti, no? >>.

Jenny sbuffò, spazientita. << Allora perché eviti Xander? Avete litigato? >>.

<< Sono stufa che si impicci dei miei affari >> rispose Irina, incrociando le braccia, << Da quando è qui non fa altro che girarmi intorno, sempre pronto a farsi gli affari miei... Ci stiamo cacciando nei guai entrambi >>.

Jenny addolcì lo sguardo. << Irina, lo sai perché si comporta così... >>.

<< Lo so? No, non lo so perché si comporta così. Cosa diavolo vuole, eh? Gli ho persino detto "Baciami!", e lui non si è mosso di un millimetro >>.

Stava parlando più con se stessa che con Jenny, e immaginava che l'amica non ci capisse molto. Si stava arrabbiando, perché odiava la gente che siimpicciava dei suoi affari, per di più quando lei faceva di tutto per nasconderli. Era capace di stare zitta, perché lui voleva sapere sempre tutto? Non poteva lasciarla in pace, visto che l'aiuto che voleva glielo aveva dato? Si era anche resa ridicola, cosa voleva di più?

<< Non capisce cosa sta rischiando... >> continuò, << Non capisce che io non ho bisogno di lui... Me la cavo benissimo da sola... L'ho sempre fatto. Arriva lui e devo spiattellargli tutto come se fosse il mio diario personale... >>.

Jenny la guardava confusa. << Io... Non capisco, lo sai, vero? >> disse, titubante, << So che non vuoi mettermi nei guai, ma se vuoi che ti aiuti devi spiegarmi cos'è successo... >>.

Irina la guardò, desiderosa di condividere tutto con l'amica, ma sapendo di non poterlo fare. Scelse un compromesso.

<< Jenny, io sono una pilota clandestina >> disse, la voce perfettamente controllata, << Non faccio la commessa in un negozio. La gente con cui ho a che fare vive nella più completa illegalità. Lo sai perché non mi è mai successo niente, fino ad adesso? >> La voce tremò per un momento. << Perché sono ancora viva? Perché sto ai piani alti, perché quello che la gente chiama "lo Scorpione" è il mio capo, e devo rispondere solamente a lui. E lui detta le regole che vuole. Xander non può starmi vicino, perché rischia troppo. E quando dico rischia, significa che c'è di mezzo la sua vita... E anche la mia >>.

L'amica la fissò con gli occhi sgranati, immobile come una statua. Irina attese che si riprendesse, cercando di riguadagnare la calma. Senza un motivo le erano venute le lacrime agli occhi, e qualcosa le si era stretto nello stomaco.

<< Irina... >> mormorò Jenny, << Io... >>.

<< Non mi aspetto che tu mi capisca >> ribatté lei, << Ci sono dentro per necessità, lo sai. Ma non sono una qualsiasi, dentro il mio giro. Per certi versi mi è anche andata bene, ma non mi fa certo piacere stare dove sono >>.

<< Non capisco cosa centri con Xander... >>.

<< Xander è venuto qui per cacciarsi nei guai >> disse Irina, << Vuole arrivare il più vicino possibile allo Scorpione, e ha scelto di farlo attraverso me. Solo che non ha messo in conto che allo Scorpione questo non fa per niente piacere. Non lo vuole qui, e non bisogna scherzare con lui. Deve starmi lontano, se non vuole finire male >>.

Non era della sua vita, che si preoccupava. Era sapere di mettere in pericolo Xander che la terrorizzava. Ora che William credeva che fossero andati a letto insieme, che tra loro ci fosse qualcosa, era questione di tempo: lo Scorpione lo avrebbe fatto fuori il prima possibile. E lasciarlo avvicinare ancora lo metteva ancora di più nei guai.

Jenny la guardava, sconvolta. Non era mai stata così esplicita con lei, e forse non avrebbe mai dovuto esserlo.

<< Cosa ha fatto Xander? >> chiese.

<< Non posso né voglio più vederlo >> rispose solo Irina, << Ha giocato con me e ci ha messo entrambi nei casini. Più mi sta lontano meglio è per tutti >>.

Si alzò di scatto e raggiunse la finestra, agitata. Una parte di lei voleva negarlo, ma un'altra le stava dicendo che era colpa di Xander se era successo tutto quello che era accaduto. Se lui non avesse fatto lo stupido con lei, se non l'avesse illusa come aveva invece fatto, William non si sarebbe mai accorto di nulla. Nessuno dei due sarebbe stato in pericolo come lo era adesso.

Jenny rimase in silenzio, senza sapere cosa obiettare.

<< E' per questo che ci hai sempre voluto tenere fuori? >> chiese a voce bassa.

<< Sì >> rispose Irina, << Purtroppo non è un gioco. Finché non ci sei dentro, non lo puoi capire. Devi stare attento a quello che fai, a quello che dici, con chi ti vedi. Soprattutto per una come me. Xander è bravo, inizia a dare fastidio alla gente che conta. Per lui è un bene, ma il rischio che corre è grandissimo. Io non posso stare vicina a lui perché mi metto in pericolo, e lui non può stare vicino a me perché mette in pericolo se stesso. E oltre a rischiare, mi fa anche male >>.

Lo aveva detto, era stata sincera. Stargli vicino e sapere che lui non provava niente se non l'affetto di una semplice amicizia la faceva soffrire. Forse in modo sciocco, ma soffriva. Se tra loro non era successo niente e non sarebbe mai successo niente, perché continuare a vederlo, a parlargli, e farsi così male?

<< Io non credo che stia giocando >> disse Jenny, << Forse ha solo paura... Se rischiate così tanto, magari teme che possa succederti qualcosa... >>.

<< Allora non avrebbe dovuto comportarsi come ha fatto fino ad adesso >> ribatté Irina, stizzita, << Non sarebbe dovuto venirmi a prendere a lezione, non avrebbe dovuto portarmi a casa sua... Non avrebbe dovuto dare l'idea che ci tenesse a me, no? >>.

Si stava arrabbiando, ma lo stava facendo con se stessa. Era stata così stupida da illudersi da sola, e ora ci stava anche male! Quando avrebbe imparato a smettere di essere una stupida bambina ingenua?

<< Se lui non fosse mai venuto a cercarmi, a quest'ora non sarei così incasinata >> continuò, la voce che ogni tanto si impigliava in gola, << A quest'ora... non ci starei così male, cazzo! A quest'ora non mi sarei innamorata di lui, e non sarei qui a soffrire come un'idiota che non sa che cosa vuole! >>.

Si sedette sul divano, sotto lo sguardo di Jenny, meno preoccupata di prima. Aveva capito almeno in parte il suo problema.

<< Perché dici di non sapere cosa vuoi? >> chiese dolcemente.

<< Perché io non lo voglio più vedere... >> rispose Irina, confusa << Tutte le volte che lo vedo non faccio altro che illudermi, e ci sto male. Ma quando ce l'ho davanti, mi sembra sempre tutto così perfetto... Credo di essere innamorata di lui, ma voglio dimenticarlo... Questo stupido gioco è andato avanti per troppo tempo. Non voglio continuare a farmi male >>.

Jenny sorrise e si avvicinò a lei. Irina aveva le lacrime agli occhi, le viscere attorcigliate e si sentiva profondamente triste: dire la verità non l'aveva aiutata.

<< Se credi sia meglio così, è giusto che tu faccia quello che vuoi >> disse, << So solo che mi dispiace vederti così >>.

<< Non lo voglio vedere, Jenny >> disse Irina, risoluta, << Se lo vedi, diglielo. Digli che non deve più mettere piede nella mia vita >>.

Qualche ora dopo, Irina era ancora seduta su quel divano, la televisione accesa e lo sguardo a terra, silenziosa. Aveva pianto mezz'ora dopo che Jenny se n'era andata, preda dello sconforto più totale e della confusione. Non sapeva se piangeva perché aveva paura, perché si sentiva una stupida o perché sapeva di essere prigioniera. Stava lì, chiedendosi se veramente non voleva vedere Xander perché era innamorata di lui, o perché voleva evitare le sue domande. O tutte e due.

Fosse stato per lei, non avrebbe nemmeno mangiato, ma suo padre era tornato poco prima e di sicuro aveva fame. Si alzò e raggiunse la cucina, tirando su con il naso.

Qualcosa le colpì le narici, e si trattava del profumo di uova in padella. Che lei non aveva preparato, su questo almeno era sicura. Varcò con circospezione la soglia della cucina, e si guardò intorno.

Todd era di spalle, davanti ai fornelli accesi, intento a guardare il contenuto di una padella che emanava un odore squisito. Prese un contenitore di plastica trasparente e salò quello che stava preparando con qualche incertezza. Irina rimase immobile, in completo silenzio, osservando suo padre che preparava la cena, da solo.

Il tavolo era apparecchiato per due, e sopra, incredibilmente, non c'era nessuna bottiglia di birra. Niente. Solo la caraffa dell'acqua, due bicchieri, due piatti e le posate, adagiati sulla tovaglia a righe.

Irina si schiarì la voce per avvertire della sua presenza. Todd si voltò di scatto, ma tornò subito a guardare le uova che cuocevano, emettendo solo un borbottio.

<< Credevo... Credevo fossi in giardino... >> disse Irina.

Suo padre grugnì qualcosa, poi aggiunse con voce più chiara: << E' quasi pronto. Se hai fame, siediti >>.

Irina si avvicinò al tavolo, lentamente, come se si aspettasse che da un momento all'altro la padella volasse per aria dritta verso di lei. Il comportamento di suo padre era troppo strano per farla sentire tranquilla.

Si sedette, sempre senza staccare gli occhi dalla schiena di Todd. Cosa gli era preso? Per caso aveva battuto la testa da qualche parte?

Suo padre si voltò, la padella in mano, e le versò nel piatto l'uovo preparato con il sugo di pomodoro, poi fece altrettanto nel suo piatto e rimise la padella sui fornelli. Afferrò il telecomando, accese la tv e si sedette a tavola.

<< Grazie... >> mormorò Irina, guardandolo di sottecchi.

<< Buon appetito >> grugnì lui, e iniziò a mangiare.

Con sorpresa e nonostante il poco appetito, Irina scoprì che era buono. Un piccolo boccone dopo l'altro, gettava occhiate incuriosite e stupite verso suo padre, senza capire perché si comportasse in quel modo.

<< E... E' molto buono >> disse, per rompere il silenzio infranto solo dall'uomo del telegiornale.

<< Ce n'è ancora, se lo vuoi >> disse Todd, accennando verso la padella.

<< No, grazie, non ho molta fame >> replicò Irina, sperando di non offenderlo.

Rimasero in silenzio a guardare il telegiornale, finché Todd le gettò un'occhiata rapida e disse: << Li lavo io i piatti >>.

Irina lo guardò con tanto d'occhi, troppo stupida per riuscire a dire qualcosa. Annuì in silenzio e osservò suo padre sparecchiare e occuparsi dei piatti, senza dire una sola parola.

Lo strano comportamento di Todd durò anche nei due giorni seguenti, senza che Irina ne riuscisse a capire il motivo. La mattina usciva e tornava l'ora di pranzo, lucido, e se non si occupava di preparare da mangiare, si offriva di lavare i piatti. Il pomeriggio stava nel retro, metteva a posto il ripostiglio o si occupava del giardino. Il tutto senza toccare nemmeno una volta una bottiglia di birra.

Il cambiamento risultava molto positivo, ma Irina non si sentiva troppo tranquilla. Aveva altro di cui preoccuparsi, che pensare a cosa faceva suo padre, e non capire perché si comportasse in quel modo non l'aiutava.

Jenny venne a trovarla un'altra volta, insieme a Katy ed Angie, ma evitarono di parlare dei suoi problemi. Le fecero passare un bel pomeriggio e riuscirono anche a farla uscire di casa, portandola a prendere un gelato sul lungomare. Chiacchierano allegramente e dimenticò per qualche ora il suo tumulto interiore.

Ritornata a casa, sbrigò un paio di faccende e poi incrociò suo padre che continuava a fare le pulizie nel retro.

<< Ha chiamato quel tuo amico... >> disse, riferendosi a Xander, << E poi... Sally >>.

Irina annuì e se ne andò in camera sua, chiedendosi perché Sally l'avesse chiamata... Forse voleva passare a trovarla.

Il telefono di casa squillò ancora, come faceva troppo spesso in quei giorni, e lasciò che suo padre andasse a rispondere. Ma questa volta non era néXander né Sally.

<< E' William... >> disse Todd.

Irina afferrò il ricevitore con il cuore in gola, chiedendosi cosa volesse lo Scorpione. Era sicura che non lo avrebbe sentito ne visto almeno per una settimana...

<< Cosa c'è? >> chiese solo, la voce bassa e fioca.

<< Vieni a casa mia >> disse William, gelido, << Adesso. Devo darti una cosa >>.

<< Va... Va bene >> disse Irina.

Chiuse la telefonata, per un istante pensò di non andarci, ma poi cambiò idea. Fuggire non era la cosa migliore. Recuperò le chiavi della TT e mezz'ora dopo si fermava nel parcheggio interno di Casa Challagher.

Una di fianco all'altra, c'erano tre auto: una Lamborghini Murcielago, di Dimitri, una Mercedes SL rossa e... una BMW M3 bianca. Stupita, si chiese cosa ci facesse Xander a casa di William, e il cuore iniziò a battere insistentemente nel suo petto. Poi notò che la targa era diversa... Non era lui. Doveva essere l'auto di Barrow.

La Mercedes le risultava familiare, ed era sicura che l'avesse vista da qualche altra parte... Era la stessa che faceva parte di quel carico di auto che avevano rubato un mese e mezzo prima? Ricordava dovesse essere di Hanck...

Si diresse rapidamente verso l'ingresso, dove uno dei domestici le disse di attendere un momento nell'ingresso. Anche da li riusciva a sentire le voci che provenivano dal soggiorno.

<< ... devo portare la Zonda >> stava dicendo lo Scorpione, << E' l'unica che non posso lasciare qui... Sì? E' arrivata? Bene >>.

Dal soggiorno Irina vide sbucare William, l'espressione beffarda che aveva sempre dopo che le dimostrava di non essere nessuno. Le fece un cenno con il capo e la condusse in un'altra stanza, quella che usava per giocare a carte con gli amici. Lei non disse una parola, perché aveva ancora addosso la paura che aveva provato qualche giorno prima.

<< Lo hai visto? >> chiese lo Scorpione, riferendosi a Xander.

<< No >> rispose subito Irina.

Lui le gettò un'occhiata, poi prese da un mobile una scatola nera e la appoggiò sul tavolo. Da essa tirò fuori un cellulare Nokia ancora incartato, lucido. Tolse la pellicola e lo accese, rigirandoselo tra le mani.

<< Gli ho fatto fare una piccola modifica >> disse, guardandola, << Non puoi aggiungere né chiamare nessun numero che non abbia inserito io in rubrica... E con questo saprò sempre dove sei, chiaro? Tienilo acceso anche di notte, e portatelo dietro dappertutto >>.

Glielo diede in mano, e Irina lo fissò.

<< Credo che tu abbia capito che devi smetterla di fare la furba >> continuò William, rimettendo a posto la scatola, << Ho occhi dappertutto... >>. Il suo sguardo si fermò al suo collo, e aggiunse, addolcendo la voce: << Dov'è la tua collana? >>.

Irina si portò istintivamente la mano dove lui aveva indicato. Il quadrifoglio che portava addosso non c'era più, non lo trovava da quel pomeriggio...

William le afferrò il polso e lo avvicinò a lui, senza dire niente. Da una tasca tirò fuori una scatola di velluto blu. La aprì delicatamente, tirando fuori un braccialetto d'oro bianco, sottile, con un piccolo zaffiro incastonato. Le gettò un'occhiata prima di legarglielo al polso, con una strana delicatezza.

<< Non fare come con tutti gli altri regali che ti ho fatto >> disse, << Tienilo, questa volta >>.

<< Lo sai che non lo voglio >> ribatté Irina, secca.

William emise un sospiro esasperato: sembrava stesse cercando di non perdere la pazienza. << Perché fai così? Ti avevo chiesto una sola cosa, all'inizio: essermi fedele. Ti ho sempre lasciato libera di fare quello che volevi... Perché ti ostini a comportarti in questo modo? >>.

Irina lo guardò, disgustata. Voleva farle credere di sentirsi in colpa? Di essere dispiaciuto per averla trattata come un oggetto? Prima le metteva le mani addosso, e poi le faceva dei regali? Rimase in silenzio, come se non avesse nemmeno sentito quello che aveva detto. Non lo guardò nemmeno, tanto era arrabbiata e impaurita.

William le prese il mento e le alzò il volto.

<< Irina, io non ho mai trovato nessun'altra ragazza come te >> le soffiò sul viso, << Sei perfetta... Perché non vuoi capire che siamo fatti per stare insieme? Perché mi odi così tanto? Perché mi fai diventare così? >>.

"Diventare così" era l'espressione migliore che potesse usare. Irina rimase in silenzio, lo sguardo rivolto alla finestra, il volto imprigionato a pochi centimetri da quello dello Scorpione, ponendosi la stessa domanda. Perché era così fissato con lei?

<< Dimmi cosa ho sbagliato >> continuò William, << Spiegami perché mi disprezzi così tanto... Ho tutto quello che una ragazza possa desiderare: soldi, potere, locali... >>.

<< Lasciami in pace >> disse solo Irina, cercando di allontanarsi. Era così pieno di sé che non sapeva nemmeno dove aveva sbagliato...

<< Non posso sopportare di saperti tra le braccia di qualcun altro >> disse William, avvicinandole ancora di più il volto al suo, percorrendo con gli occhi verdi il profilo del suo viso, << Lo capisci? Sei l'unica che desidero veramente, l'unica che ogni volta che vedo mi piace sempre di più... Cosa posso darti per fartelo capire? Sono pronto a regalarti qualsiasi cosa... >>.

Questa volta lei lo guardò, sapendo che dai suoi occhi trapelava solo disprezzo.

<< Non voglio nessun regalo. E' questo che non riesci a capire >> disse, << Non mi interessano i soldi, o il potere. Non li ho mai voluti >>.

<< E allora cosa vuoi? >> chiese William, gli occhi inchiodati ai suoi.

<< Voglio rispetto >> rispose Irina, gelida, << Voglio che mi lasci in pace. E' questo che non capisci. Pensi che io voglia gioielli, auto, vestiti... Ma ti sbagli. Non mi interessano i soldi. Voglio che tu smetta di trattarmi come un oggetto, come la tua bambolina... Voglio che ti fermi, quando io ti dico "no" >>.

Lo Scorpione la fissò con gli occhi spalancati, e lei fu certa di aver commesso un errore. Era stata troppo diretta, troppo esplicita. William diminuì leggermente la pressione sul suo mento, gettò una rapida occhiata alle sue labbra e poi domandò, serio: << E' questo quello che vuoi? >>.

Quella discussione le riportò alla mente quella fatta con Xander, a Las Vegas, una sera che sembrava ormai appartenere a un'altra vita. Una sera in cui aveva sperato, in cui aveva quasi pregato per un bacio che non era venuto... E che desiderava ancora.

Il volto di Irina sfiorò quello dello Scorpione, senza che lei dicesse niente. Annuire significava fargli intendere che poteva dargli un'altra possibilità; negare, invece, che non gliela voleva dare. Il silenzio era la migliore risposta che poteva dargli senza scatenare la sua ira.

La mano di William percorse la sua schiena, e inspirò a fondo quasi volesse catturare la sua essenza. Chiuse gli occhi per un momento, la bocca vicina alla sua, poi li riaprì e la guardò con dolcezza.

<< Ricominciamo tutti da capo, allora >> disse, << Da zero. Cercherò di darti quello che desideri. Ti renderò mia cercando di essere quello che tu vuoi che sia >>.

"Non puoi essere quello che non sei. Non puoi essere quello che non vuoi essere".

Davanti al suo silenzio, William le passò un dito sul mento e sorrise. La sua mano si mosse leggera sulla sua schiena, attirandola più vicino.

<< Ti prego, riproviamoci. Sei la mia droga, non posso fare a meno di te >>.

<< Impara a farlo, allora >> ribatté Irina.

A quel punto, William la baciò con tanta delicatezza da lasciarla stordita. Per la prima volta, le lasciò la possibilità di ritrarsi, di sfuggire a quelle labbra che disgustava con tutta sé stessa. Ma Irina non lo fece, rimase incollata alla sua bocca, preda di qualcosa che era solo disperazione.

Aveva agognato tanto quel bacio, e ora che lo aveva veniva dalla persona sbagliata. Eppure non riusciva a sottrarsi, non riusciva a non pensare che William aveva appena fatto quello che Xander non aveva fatto. Quello che Xander non voleva fare.

Disperata, si aggrappò a quelle labbra che odiava e amava al tempo stesso, cercando di dirsi che non era William, quello che la teneva delicatamente per la vita, che la stava accarezzando con dolcezza... Cercando di immaginare che fossero di Xander, quelle labbra che stava assaggiando...

Una lacrima le rigò la guancia, e un singhiozzo la costrinse a staccarsi da William. Lui la guardò, e passò un pollice sulla striscia salata sulla sua pelle.

<< Cos'hai? >> chiese a bassa voce.

Irina scosse il capo, ritrovando il controllo.

<< Lo vedi? >> disse lui, sorridendo, << Sono stato quello che mi hai chiesto... Non sono il mostro che mi credi >>.

Irina si lasciò scappare un altro singhiozzo, e prima di scoppiare in lacrime prese il cellulare e si voltò, scappando fuori dalla stanza e guadagnando l'uscita con la vista offuscata, senza voltarsi indietro. Per paura di aver sbagliato ancora.

Quando Irina arrivò a casa, aveva ancora gli occhi lucidi e il respiro corto, come se avesse fatto di corsa tutta la strada. Era troppo sconvolta per chiedersidi chi fosse l'auto parcheggiata a pochi metri dal vialetto, un'auto che non aveva mai visto.

Solo quando entrò in soggiorno e vide chi c'era seduto sul divano, tornò al mondo reale.

Todd, Harry e Denis parlavano con un ragazzo che Irina non vedeva da due anni... La causa di tutti i suoi problemi... La causa di tutto il suo dolore. Che aveva scelto di tornare adesso.

Dominic.


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