Capitolo IV
Ore 9.30 – Università
<< Che hai oggi, Irina? Mi sembri un po' sovrappensiero >> disse Jenny, sottolineando di rosso la parola "strategia" che aveva appena copiato dalla lavagna luminosa che campeggiava appesa al muso.
Irina si riscosse e guardò l'amica. Appoggiò la penna sul banco e si stiracchiò: nell'aula semivuota regnava il silenzio, e gli unici suoni a romperlo erano il ronzio del proiettore e la voce dell'insegnante. Il professore di Business Administration stava spiegando qualcosa riguardo alle strategie d'impresa.
<< Uhm... >> mugugnò la ragazza, << In effetti stavo pensando... >>. Tornò a fissare il testo proiettato sulla parete bianca, cercando di fare in modo di non attirare troppo l'attenzione delle amiche sul suo strano comportamento.
<< A cosa? >> domandò Katy, curiosa, minando la sua "strategia" già dall'inizio.
Stava pensando a cosa ci facesse Xander da quelle parti, e come mai c'erano tante cose strane sul suo conto.
<< Al nuovo arrivato... >> rispose Irina, riprendendo in mano la penna e mettendosi a scrivere sul suo quaderno quasi vuoto.
<< Al nuovo arrivato?! >> disse Jenny ad alta voce. Angie, seduta di fianco a lei, la guardò malissimo, e metà della gente intorno fece altrettanto, attirata dalla sua voce squillante.
<< Opsss! >> aggiunse poi abbassando la voce, la mano davanti alla bocca, << Al nuovo arrivato?! >>.
Irina capì subito la reazione di Jenny: molto probabilmente aveva inteso le sue parole in un modo sbagliato, come faceva sempre quando si parlava di ragazzi.
<< Ma cosa hai capito?! >> sussurrò sottovoce, << Mi sembra strano che sia qui... E' quello, che stavo pensando... >>.
Jenny assunse un'aria da so-tutto-io. << Uhm, già, e io ci credo pure... >> disse, la matita in mano come una bacchetta pronta a punirla di fronte a una bugia, << Comunque, parliamo di cose serie... E' carino? >>.
Angie la guardò di nuovo male, mentre Irina sorrise. Jenny era fatta così: passava la sua vita alla perenne ricerca del ragazzo ideale, e nel frattempo valutava tutti gli altri perché sapeva benissimo che l'uomo perfetto non esisteva.
<< Sì, è carino >> rispose Irina, con un mezzo ghigno, << Molto carino >>.
Sapeva di aver appena sganciato una bomba. Jenny la fissò a occhi spalancati, e molto probabilmente si stava trattenendo dal gridare.
<< Carino??? >> disse, << Ma allora deve essere un gran figo, perché tu hai i gusti più difficili del mondo! >>.
A quel punto persino il professore smise di parlare e guardò dalla loro parte. Jenny arrossì di colpo e si zittì subito. Metà dell'aula la stava fissando in cagnesco. Fece finta di tornare a guardare sul suo foglio, ma appena il professore riprese a parlare, disse: << Allora? Come si chiama? >>.
Irina sorrise e tornò a scrivere sul quaderno degli appunti. << Alexander >> rispose.
<< Uhm... Bel nome >> commentò Jenny, guardando Katy, << Dicci altro, dai >>.
Irina cercò di assumere un'aria distaccata. << Jenny... >> disse, << Smettila di prendermi in giro. Non è il primo novellino di cui ti parlo. E comunque sai che non te lo presenterò mai: non è gente per te >>.
<< Bè, ma è il primo che dici che è carino >> ribatté Jenny, maliziosa << Quindi sono curiosa >>.
<< Smettila di stressarla >> intervenne Katy, << Tanto non ti dice nulla, lo sai >>.
Angie si voltò verso di loro, l'aria preoccupata. << Ragazze, se continuate così il proff vi sbatte fuori >> le ammonì seriamente. I suoi appunti erano due volte più lunghi delle altre: lei era una di quelle che voleva seguire la lezione.
Jenny sbuffò. << D'accordo... Ma tanto mi ricordo. Non mi scappi, lo sai >>.
Irina ridacchiò. Era abituata agli interrogatori dell'amica: tutte le volte che incontrava un ragazzo nuovo, voleva sapere tutto. Lei rispondeva alle sue domande, anche perché era divertente vederla fantasticare e cercare di immaginare come fossero le persone con cui aveva a che fare, ma sapeva bene che non gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi al suo giro nemmeno per scherzo. Troppo pericoloso per brave ragazze come loro, anche se le tre la pensavanodiversamente, soprattutto Jenny.
Scrisse rapidamente gli ultimi appunti sul quaderno, poi tornò a perdersi nei suoi pensieri.
Era preoccupata, e la sua apprensione derivava da ciò che aveva scoperto di Xander. C'erano troppe cose strane, per i suoi gusti.
Ore 14.00 – Casa
Irina aspettava l'arrivo di Xander affacciata alla finestra del soggiorno, tesa. Teneva la mano sulla tenda scostata, fissando la strada davanti a casa sua, deserta e silenziosa.
Suo padre, Harry e Denis non c'erano. Non sapeva dove fossero, e a dir la verità non le interessava nemmeno. Le avevano detto che non ci sarebbero stati, il giorno dopo, e a lei bastava. Finché erano fuori casa, poteva stare tranquilla e in pace.
Thile non aveva chiamato, e ciò voleva dire che non aveva scoperto altro. Aveva rimuginato tutto il giorno sulle informazioni che le aveva dato l'informatico, ed era giunta alla solita conclusione: Xander collaborava con la polizia. Il fatto che non avesse segnalazioni lo rendeva evidente, ma non si riusciva a spiegare il fatto che fosse iscritto nella lista dei ricercati della polizia federale.
La polizia aveva cercato già altre volte di infiltrare uno dei loro agenti tra le file dei piloti clandestini, ma tutti erano stati scoperti ed eliminati prima di creare danni. La polizia locale, in seguito alle morti del personale in "strani incidenti stradali", aveva deciso di lasciar stare William e la sua banda, perché sierano dimostrati più forti del previsto. L'ultimo capo del distretto era addirittura diventato amico dello Scorpione, e ora il 1° della Black List poteva contare sull'appoggio della polizia di Los Angeles.
Se Xander era un poliziotto sarebbe sicuramente venuto fuori, ma lei non voleva aspettare. Era finita in quella gabbia di matti per necessità, e non avrebbe fatto ammazzare persone innocenti. Se poteva avrebbe cercato di salvargli la pelle, come aveva fatto già con due altri poliziotti sprovveduti che avevano cercato di infiltrarsi tra di loro.
Vide la BMW bianca fermarsi nel vialetto di casa sua e spegnere il motore. Xander scese dall'auto guardando la casa incuriosito, come per farsi un'idea di che genere di vita conducesse, poi si avviò alla porta di ingresso.
Irina scese nell'entrata ancora prima che Xander alzasse la mano per suonare il campanello. Aprì la porta e lo salutò con un sorriso.
<< Ciao >>.
<< Ciao Irina >> disse lui.
<< Potresti parcheggiare l'auto del garage, per favore? >> domandò Irina, indicando la saracinesca lasciata aperta.
<< D'accordo >> rispose sorridendo Xander. << Siamo in incognito? >>.
La ragazza ridacchiò e guardò la M3 infilarsi dentro il garage, vicino alla TT. Xander gettò una rapida occhiata dentro l'Audi mentre scendeva dalla BMW, poi la guardò, in attesa.
<< Vieni in casa? >> chiese lei, imbarazzata. Doveva ammettere che era in grado, stranamente, di metterla in soggezione. Era abituata a trattare con gente di altro genere, e lui sembrava assurdamente "normale".
Irina lo condusse in soggiorno, dove lo fece sedere sul divano, poi sparì in cucina e tornò con un vassoio con due birre Corona, la preferita di ogni pilota clandestino e che per precauzione teneva sempre ben nascosta a suo padre. Il ragazzo si guardò intorno, prima di chiedere: << Non vivi da sola qui dentro, immagino >>.
La ragazza ringraziò di aver avuto l'idea di dare una riordinata prima che arrivasse, perché Xander sembrava uno che non si faceva sfuggire niente.
<< No >> rispose lei, stappando una bottiglia, << Sto con mio padre e i miei fratelli >>.
Xander non chiese dove fosse sua madre, che era morta qualche anno prima, però le rivolse un'occhiata incuriosita. Prese la bottiglia e bevve un sorso, poi sorrise complice.
<< E loro sanno cosa fai? >> chiese, alludendo al passato burrascoso di suo padre.
<< Certo >> disse Irina, divertita, << Diciamo che mi hanno addirittura incoraggiato >>.
Rise, anche se forse non c'era nulla da ridere. Prese la birra e bevve anche lei, lasciando che per qualche istante nel salotto non ci fu altro che silenzio.
<< Allora sei proprio convinto di quello che fai? >> chiese, appoggiando la bottiglia ancora quasi tutta piena sul tavolino.
<< Sì, e non cambierò idea >> rispose Xander, << E ho anche intenzione di gettare un po' di scompiglio da queste parti >>.
Sembrava sicuro di sé, e Irina decise di aspettare prima di arrivare al punto.
<< Cosa vuoi sapere? >> domandò.
<< Tutto >>.
<< Bene >> Irina si alzò e prese una piantina della città da un cassetto del mobile vicino all'ingresso, << Come sai qui i migliori piloti sono riuniti in un'unica lista, la Black List, appunto. Sono dieci, e sono uno più forte dell'altro. Devi batterli tutti per arrivare allo Scorpione. Se vuoi sfidarli devi prima fare un po' di gare in giro e farti una "reputazione": così si dice da queste parti. Se ti dimostri bravo potrebbero essere addirittura loro a chiamarti per una sfida, ma è successo poche volte >>.
<< Chi sono? >>.
<< I piloti della Black List vogliono essere conosciuti con i loro soprannomi, e io ti dirò proprio quelli. Dovrebbe essere una questione di sicurezza, e i nuovi arrivati non possono conoscere i loro veri nomi. In realtà, che si sappiano o meno non ha importanza: la polizia ha rinunciato a catturarli >> dispiegò la cartina e indicando i vari quartieri della città li elencò << Allora... Al decimo posto c'è il Toro, poi Aquila Bianca, Cavallo Pazzo, Vipera, Lupo Grigio, Dragone, Cobra, Fenice, Mastino, e al primo posto, lo Scorpione >>.
<< Bella fantasia >> sghignazzò Xander, sporgendosi per guardare la mappa, << Quanto ci hanno messo a inventarsi dei nomi del genere? >>.
Irina lo guardò, per un istante perplessa, ed effettivamente gli diede ragione. Alcuni erano nomi veramente stupidi. Si mise a ridere, poi continuò: << Ti conviene fare qualche gara prima di sfidare il Toro, giusto per capire come sono qui le corse. Non è molto forte: si trova nella lista solo perché è amico dello Scorpione. E preparati a scappare dalla polizia. Hai mai fatto inseguimenti? >>.
Era la prova che serviva per capire il suo gioco.
<< Sì, e non sono mai stato preso >> rispose Xander. Non c'era nessuna nota compiaciuta nella sua voce, né nel suo sguardo.
"Sta con la polizia" pensò Irina, "Ma ho bisogno di qualche altra conferma... Non può avere una taglia così alta e non aver mai visto uno sbirro...".
<< Bene >>. Assunse un'espressione distaccata e continuò: << Qui esistono vari tipi di gara. C'è il circuito, due o tre giri, e lo sprint di un solo giro; di solito sono disputati in città. La corsa tra i caselli, invece, si basa sul tempo. Vince chi percorre il tracciato nel minor tempo possibile, e si controllano i foglietti lasciati dai caselli autostradali. L'ultima, ma anche la più pericolosa, è il canyon: vince chi arriva primo senza cadere in un dirupo >>.
Guardò la faccia di Xander, cercando qualche emozione. Lui sembrò impassibile come una statua di pietra.
<< Il canyon non l'ho mai fatto... Deve essere bello >> commentò solo.
Irina strabuzzò gli occhi. << Hai una strana concezione del pericolo. Un sacco di gente ha rischiato di cadere giù, per questo non le facciamo quasi mai... >>.
<< Tu hai mai partecipato? >> domandò lui.
<< Sì, tre volte. E fortunatamente non mi sono ammazzata >> rispose secca Irina, << E per evitare che lo faccia tu, vorrei vedere una tua gara prima di poterti dare l'ok. Non voglio averti sulla coscienza >>.
Lui la guardò malizioso. << E dovrei avere il tuo permesso per gareggiare? >> domandò.
<< No, ma ti conviene. Se sei bravo come dici posso portarti subito dal Toro, senza inutili corse facili >> Irina posò il bicchiere che aveva in mano, << Vedremo se la tua taglia da 1.000.000 di dollari dice la verità >>.
Xander la guardò negli occhi, serio. Non sembrava particolarmente stupito dalla sua scoperta, e rimase un attimo in silenzio prima di dire la sua.
<< Allora hai scoperto da dove arrivo >> disse, quasi divertito, << Non sapevo fossi anche brava in questo genere di cose >>.
<< Non so da dove arrivi, ma so che non hai alcuna segnalazione della polizia locale >> disse Irina, << E non capisco perché dovresti avere una taglia di 1.000.000 di dollari sulla tua testa se la polizia non ti ha mai visto >>.
<< Tu cosa pensi? >> domandò Xander, incrociando le braccia, quasi volesse testare la sua intelligenza.
<< Che non sei un poliziotto, ma che potresti essere dalla loro parte. Non saresti certamente il primo >>.
Forse era stato catturato, e la polizia aveva stretto un patto con lui: se li aiutava a catturare lo Scorpione, loro avrebbero eliminato il suo fascicolo, facendolo risultare pulito come un agnellino.
Xander giochicchiò con qualcosa che aveva in tasca, poi disse: << Infatti non sono un poliziotto, e non collaboro con loro. So benissimo che la polizia di qui è corrotta... Perché hai fatto ricerche su di me? >>. La guardò con i suoi occhi di ghiaccio, curioso ma non minaccioso.
<< Perché lo faccio con chiunque viene qui. Se posso, cerco di evitare che degli sciocchi si caccino nei guai per nulla. Non hai idea di quanti poliziotti sono stati fatti fuori nelle gare, facendo sembrare tutto un incidente. Se sei un poliziotto lo sapranno di certo, e non ci metteranno molto a sbatterti fuori... >>.
Irina si alzò, cercando di rimanere calma. Misurò a grandi passi il soggiorno, guardando il pavimento.
Non poteva rivelare altro di lei senza fargli capire che aveva sperato mille volte che qualcuno riuscisse a minare le fondamenta dell'organizzazione di William, che riuscisse a catturarlo, liberandola della condanna che si era inflitta da sola. Ma quando tutti avevano fallito, aveva smesso di sperare che qualcuno riuscisse ad aprire le porte della sua prigione.
<< Sto cercando di aiutarti >> disse, << Ho smascherato altri poliziotti prima che loro stessi se ne accorgessero, e sono riuscita a buttarli fuori prima che fosse troppo tardi. Se sei uno di loro dimmelo... >>.
<< Non sono un poliziotto >> la interruppe lui, << E ho più esperienza di quanto tu possa immaginare. Ne ho visti a bizzeffe di piloti come voi >>.
Irina lo guardò, cercando di cogliere qualche sfumatura nella voce del ragazzo. Doveva assolutamente cavargli la verità, ma lui non sembrava disposto a cedere.
<< Potrai essere il più grande pilota di questo mondo >> disse, << Ma qui essere bravi con le auto non è l'unica cosa che conta. William e suo padre controllano un giro di affari sporchi che fa impallidire la mafia russa. Se hai intenzione di mescolarti con loro, sei un pazzo. Non ne usciresti vivo >>.
Xander fece un sorriso mesto. << Come mai ti interessi tanto alla mia incolumità? >> chiese, << Non ci conosciamo così bene da giustificare il fatto che tu stia insistendo tanto nel salvarmi la pelle >>.
Irina si voltò, dandogli le spalle. Già, perché doveva darsi tanto da fare? Lei stessa non era mai stata salvata da nessuno, anche se ci aveva sperato per tanto tempo. Troppe volte si era illusa di poter avere la speranza di tornare a vivere una vita normale, smettendo di essere Fenice. Nessuno l'aveva mai aiutata... Perché non lasciare stare le cose com'erano?
Perché non riusciva a darsi pace, ad accettare la sua esistenza per quello che era... una criminale.
"Perché tu continui a sperare" si disse.
Si girò verso Xander e lo guardò, incerta. Forse era il fatto di conoscerlo che le dava quella strana sensazione di fiducia... Forse lo sguardo azzurro, per niente freddo, posato sul suo viso combattuto. Forse l'atteggiamento sfrontato che aveva in quel momento, che lo faceva sembrare molto più navigato di quanto lei si aspettasse...
Poteva sbilanciarsi e rivelargli qualcosa in grado di fargli dire che cosa aveva in mente? Non l'aveva mai fatto, con nessuno. Poteva rischiare?
<< Sarò sincera con te >> disse, sospirando, << Io non sono entrata nel giro per mia volontà. Ho dovuto farlo perché era l'unico modo per salvare qualcosaa cui tenevo. Mio malgrado ho scoperto che mi piaceva, ma ho anche capito che se voglio uscirne non posso farlo, se non da morta. Ci sono persone che non vogliono rischiare che i loro affari vengano a galla >>.
Xander appoggiò i gomiti alle ginocchia, e guardò in terra per un momento. << Lo sospettavo >> disse, << Ha a che fare con la tua famiglia? >>.
Irina esitò, poi annuì. << So benissimo come funzionano le cose da queste parti, e so che un semplice infiltrato non può sperare di catturare lo Scorpione e smontare la sua organizzazione. E' inutile sprecare tempo prezioso per qualcosa che non ha speranze di riuscire >>.
<< E se ti dicessi che io faccio parte di qualcosa di molto più grosso della polizia? >> disse Xander, fissandola.
Lei rimase zitta, incrociando le braccia. << Qualcosa di quanto grande? >>.
<< Abbastanza da giustificare il fatto che abbia potuto usare più di una dozzina di auto... Immagino saprai anche questo >> disse il ragazzo.
"Allora deve essere qualcosa di veramente grosso" pensò Irina. E nella sua mente si accese una speranza: forse Xander poteva farcela. Se era veramente venuto per catturare William, e aveva a disposizione fondi illimitati e un appoggio al momento invisibile, aveva qualche possibilità. Forse questa volta le forze in gioco si eguagliavano.
<< E se avessi qualcuno all'interno, potrei avere meno difficoltà >> aggiunse lui. << Qualcuno che mi aiuti ad avvicinarmi allo Scorpione e a entrare nelle sue grazie... >>
Lei. Lei era la persona che poteva aiutarlo, perché era una delle persone più vicine al capo.
<< Vuoi il mio aiuto, vero? >> domandò, in piedi e con le braccia incrociate.
<< Se vorrai darmelo >> ribatté lui.
Irina rimase in silenzio. Sarebbe stata una pazza a farlo: se William l'avesse scoperto, avrebbe ammazzato prima lei e poi tutto il resto della sua famiglia.Ma se Xander non falliva, poteva chiudere con quel giro, farsi qualche anno di galera e poi tornare a fare la sua vita. Aveva ancora speranza, oppure no?
<< Ti posso aiutare, Xander >> disse lentamente, << Farò tutto il possibile per farti arrivare allo Scorpione, ma nemmeno io so cosa passa per la sua testa. Io non so di preciso cosa tu voglia fare, se limitarti a batterlo o tentare di arrestarlo... Se inizia a sospettare qualcosa, siamo finiti, sia tu che io. Devi promettermi che cercherai di non fallire, perché ci stiamo giocando la pelle... >>.
<< Hai la mia parola >> promise Xander, poi sorrise. << Non ho intenzione di fallire, in ogni caso >>.
<< Quando vedrai come vanno le cose da queste parti, capirai che non è così facile come sembra >> ribatté Irina, guardando fuori dalla finestra.
Lo aveva fatto, aveva accettato di aiutarlo. Era una pazzia, ne era conscia, soprattutto perché sapeva che William la controllava. Ma cosa aveva da perdere? Nulla.
<< Quando si comincia, allora? >> domandò Xander.
Irina si voltò di scatto. << Devi partecipare alla prossima gara aperta che ci sarà >> rispose, << Non posso portarti subito dal Toro senza che nessuno ti abbia mai visto: desterebbe troppi sospetti >>.
<< E quando sarebbe la prossima gara aperta? >> chiese Xander.
<< Non lo so... >> rispose la ragazza, << Aspetta un momento... >>.
Salì in camera sua e prese la borsa con il computer portatile HP, poi tornò in salotto. Appoggiò il pc sul tavolino e lo accese.
Davanti allo sguardo incuriosito di Xander, disse: << I piloti di queste parti hanno accesso a un blog su Internet, che ci consente di far sapere in giro quando ci sono delle gare... Anche questo è sotto stretto controllo dello Scorpione, naturalmente. Per entrare è necessaria una password segreta, che divulghiamo solo a chi vuole veramente gareggiare... Ah, ecco. Sei fortunato. Domani sera, alle 23.00, a Hyde Park... Fatti trovare lì in orario, e vedremo quanto sei bravo >>.
Ore 17.00 – Casa di Xander
<< E' superfluo che io ti dica che hai fatto una delle più grandi cazzate della tua vita, vero? >> disse Jess, seduto in soggiorno fissando Xander, << Cioè, ok, è una bella ragazza, ma non puoi aver ceduto così presto... Cosa ha fatto per meritarsi tutta questa fiducia? >>.
<< Sospettava qualcosa >> rispose Xander, fissando il monitor del pc portatile che aveva davanti, << E' stata furba. Ha fatto ricerche su di me... Credeva fossi un poliziotto >>.
<< E le hai chiesto di aiutarti perché pensava fossi uno sbirro? >> fese Jess, perplesso, << Scusa, ma non ha tanto senso. Se pensava veramente che fossi un poliziotto, avrebbe dovuto sbatterti fuori subito, no? >>.
Xander si lasciò scappare un sospiro esasperato. Il ragionamento di Jess era più che logico, se non avesse intuito che Irina non sembrava proprio fedele al suo capo. Lei stessa lo aveva detto: era lì per necessità.
Stava guardando la Lista Nera, pubblicata sul blog che aveva usato Irina per gli aggiornamenti sulle corse, con le relative gare vinte e la taglia che "orgogliosamente" ogni pilota poteva vantare. Al primo posto, naturalmente, c'era lui, lo Scorpione, con la taglia record di 1.000.000 di dollari e 378 gare vinte.
Irina, alias Fenice, era al terzo posto, ma la sua taglia non era molto elevata: 150.000 dollari, una delle più basse della lista. Le gare che aveva vinto però erano notevoli: 183. Utilizzava una sola auto, una Fiat Grande Punto d'importazione, diversamente dagli altri piloti che avevano almeno due macchine.
Il fatto che avesse una taglia così bassa gli suggeriva che molto probabilmente non aveva preso parte a molti inseguimenti, o che comunque stava nel giro da poco tempo. Oppure doveva essere molto brava a eludere la polizia.
Però era strano. Se era forte come aveva dimostrato nella gara dell'altra sera, e se stava veramente ai "piani alti" non poteva avere una taglia così bassa...
In effetti, aveva notato che c'era qualcosa di strano, in Irina. Qualcosa che aveva colto pochi minuti dopo essere entrato in casa sua, e che non poteva sfuggirgli: quella ragazza non era felice di stare dove stava. Non era lì per piacere, lo aveva ammesso. Ma c'era qualcos'altro che non aveva voluto dire, che teneva nascosto.
Ecco perché le aveva chiesto di aiutarlo. Era stata una mossa avventata, ne era consapevole: si era sbilanciato veramente troppo, con lei. Ma non aveva potuto fare a meno di non fidarsi: c'era qualcosa, nella sua espressione, che lo assicurava che Irina lo avrebbe aiutato.
Il rischio che stava correndo era enorme: poteva benissimo aver preso un abbaglio. Irina poteva anche aver finto, per cercare di capire se era un poliziotto o meno e riferire tutto a Challagher. Poteva aver fatto la parte della vittima, quando in realtà non lo era.
"Non stava fingendo. Si vedeva" si disse.
<< Era lei che sbatteva fuori gli infiltrati della polizia prima che riuscissero ad arrivare da qualche parte >> disse Xander, << Per quello ci avevano detto che sarebbe stato difficile entrare. Il loro sistema è chiuso, è vero, ma lei sta agendo autonomamente. Ritiene che un semplice poliziotto non possa sperare di far arrestare Challagher... Era lei che li teneva fuori dal gioco >>.
<< E perché dovrebbe prendersi questo disturbo? >> domandò Jess.
<< Perché non è entrata nel giro per sua volontà >> rispose Xander, << Ha dovuto farlo, a causa della sua famiglia... Non mi ha detto altro >>.
Jess rimase un momento in silenzio, poi disse: << Con White, che farai? Glielo dirai? >>.
<< No >> rispose Xander, risoluto, << Gli dirò che la ragazza non sospetta nulla >>.
<< Stai rischiando, lo sai, vero? >>.
Lo sapeva, lo sapeva benissimo. Ma rischiare era sempre stato il suo mestiere: un po' dell'incoscienza adolescenziale era rimasta, in lui. L'istinto gli diceva di aver fatto la cosa giusta.
<< Bé, speriamo che tu non ti stia sbagliando >> continuò l'informatico, << Come di solito succede sempre, tra l'altro... Me la presenterai, un giorno? >>.
Xander fissò Jess, poi scoppiò a ridere. << Forse >> rispose, << Ma credo tu sia troppo insignificante, per i suoi standard >>.
<< Ah ah ah, spiritoso. Tu sei meglio, vero? >>.
<< Non ho questa pretesa >>.
<< Adesso fai anche il finto modesto? >>.
<< Tu mi stai provocando... >>.
<< D'accordo, vedremo >>.
E scoppiarono tutti e due a ridere.
Ore 18.00 – 5° strada
Irina percorreva la strada sopraelevata a velocità sostenuta, la radio accesa con il suo cd preferito e Tommy seduto nel seggiolino posteriore. Il guard-rail sfrecciava alla sua sinistra, il cielo azzurro a fargli da sfondo.
Il dito della mano destra picchiettava continuamente sul pomello del cambio, segno che era nervosa. Guardò nello specchietto retrovisore per vedere se qualcuno sopraggiungeva alle sue spalle, poi superò con uno scatto l'auto che le stava davanti. Il suo stato d'animo si rifletteva anche nella sua guida.
Non riusciva a toglierselo dalla testa.
Alexander.
Non poteva credere che si fosse presentato lì con l'idea di infiltrarsi tra loro per sfidare William... E lei lo avrebbe pure aiutato.
Si stupiva di se stessa. Non aveva mai permesso a nessuno di inculcarle la speranza nella testa. Lui ci aveva messo un attimo a farlo. Era riuscita a convincerla a dargli una mano, qualunque cosa volesse fare.
Presto si rese conto che forse aveva commesso un errore, un errore madornale che rischiava di peggiorare in modo esponenziale la situazione già scomoda in cui si trovava. Se William l'avesse beccata, era finita.
Parcheggiò l'Audi e spense il motore. Uscì dall'auto e fece scendere Tommy, tenendolo per mano.
<< Andiamo a trovare la nonna? >> disse sorridendogli.
Il bambino la guardò con i suoi occhietti vispi, e guardò dietro di loro.
L'entrata dell'immenso cimitero di Los Angeles si apriva davanti a loro, i cancelli in ferro battuto spalancati nella luce di aprile. Lunghe file di croci si susseguivano nel camposanto, fiori di mille colori punteggiavano quel paesaggio altrimenti spoglio e tetro.
Con un sospiro, Irina si avviò verso l'entrata, sempre tenendo per mano Tommy. Varcò i cancelli e con passo svelto si diresse a destra, proseguendo dritto per un paio di minuti, finché non la trovò.
Elisabeth McChinnon, diceva la scritta in rilievo sulla lapide di marmo scuro e lucidissimo. La data di morte risaliva al giugno di quasi cinque anni prima.
<< Ciao, mamma >> mormorò Irina, guardando la foto. Ritraeva una donna grassottella, dal viso dai tratti dolcissimi e i capelli scuri a caschetto. Indossava un bell'abito a fiori, e si trovava su una delle spiagge di Los Angeles, il mare piatto come una tavola alle sue spalle.
<< Nonna? >> disse Tommy, guardando prima la foto, poi lei.
<< Sì, è la nonna >> rispose Irina, abbassandosi e abbracciando il bambino.
Come era bella, la sua mamma. Lo aveva sempre pensato, e ora che non c'era più le sembrava ancora più bella.
Erano passati più di quattro anni dalla sua morte, ma la sua assenza rimaneva ancora una ferita aperta, nel cuore di Irina. Credeva che il tempo avrebbe diminuito il dolore di quella perdita, ma si era sbagliata. Ora più che mai sentiva la sua mancanza.
Ricordava tutto come se fosse stato ieri.
Ricordava di come sua madre si alzasse prestissimo la mattina per andare a lavorare, di come fosse sempre disposta a fare qualsiasi cosa per il bene della sua famiglia. Di come tornava a casa la sera, esausta ma soddisfatta, pronta a chiederle come era andata la giornata e la scuola. Ricordava con quanto amore accudisse lei e la sua famiglia, nonostante Todd fosse un emerito buono a nulla.
Tante volte si era chiesta perché una come sua madre si fosse innamorata di uno come lui. E non riusciva a trovare alcuna risposta, soprattutto quando vedeva Elisabeth ubbidire agli ordini di suo padre con un sorriso triste e sopportare in silenzio le sue scenate scatenate dal continuo bere. Avrebbe potuto abbandonarlo, andarsene con Irina e i suoi tre fratelli, e lasciarlo marcire nella povertà e nell'alcool. Non lo aveva fatto, mai.
Eppure, Irina ricordava con quanta difficoltà arrivassero alla fine del mese, con i pochi soldi che sua madre guadagnava. Di quando, un giorno, vennerosfrattati dalla misera casa in cui avevano vissuto fino a quel momento, nella periferia della città. A quel punto, i genitori anziani di Elisabeth, li avevano ospitati a casa loro, finché anche loro non erano morti, lasciando tutto alla loro unica figlia.
Sua madre aveva deciso che non avevano altra scelta se non rimanere a vivere lì, perché di soldi non c'è n'erano. E lei continuava a lavorare, a spaccarsi la schiena per loro, per vedere la sua famiglia che ogni giorno che passava andava sempre più in pezzi.
Todd non lavorava, dipendeva dall'alcool e dormiva tutto il giorno; Harry e Denis avevano smesso di andare a scuola e si erano fatti una brutta cerchia di amici; Dominic, il fratello maggiore, non c'era mai a casa, e nessuno sapeva quello che faceva; e poi c'era lei, la piccola di casa, Irina, che guardava di nascosto la mamma versare lacrime vedendo i suoi figli imboccare le strade sbagliate, e che si chiedeva cosa avesse di così sbagliato per avere un padre così idiota.
Ricordava ancora quanto sua madre le volesse bene, quante piccole gentilezze riservasse solo a lei, e di quando metteva i soldi da parte e la portava al parco a mangiare un gelato, solo loro due.
<< Devi studiare, bambina mia >> le diceva sempre, << Sei intelligente, puoi fare molta strada. Non voglio che tu ti riduca come me, capito? Devi studiare e diventare qualcuno >>.
Elisabeth contava tanto sulla sua bambina, e Irina non la deludeva mai. Studiava, portando a casa sempre bei voti, che a suo padre non interessavano ma che a sua mamma aprivano un sorriso luminoso sul viso. E l'aiutava, quando poteva: teneva in ordine la casa, preparava da mangiare per i suoi fratelli, faceva la spesa. Era brava, e sua madre glielo diceva sempre.
Proprio perché la riteneva speciale, le aveva dato quel nome così inusuale dalle loro parti: Irina. Un nome misterioso, affascinante, adatto alla sua bambina più di qualunque altro.
Poi, all'improvviso, Elisabeth se n'era andata. Come un fulmine a ciel sereno, una malattia l'aveva portata via.
Irina aveva quindici anni quando si rese conto che in sua madre c'era qualcosa che non andava. Era dimagrita, aveva ombre scure sotto gli occhi e ogni minimo gesto la affaticava. Diverse volte era rimasta a casa da lavoro, sdraiata sul letto con la scusa di una piccola influenza.
Non era vero. Era malata, ma aveva tenuto nascosta a tutti la verità. Quando Irina si rese conto di quello che aveva, ormai era troppo tardi: nel giro di due mesi, Elisabeth era morta.
Nonostante il dolore, nonostante la perdita, Irina era riuscita ad andare avanti. Con difficoltà, troppo giovane per essere abbandonata a sé stessa, aveva voltato pagina e aveva cercato di tornare a vivere.
Ma non c'era solo lei, c'era anche ciò che rimaneva della sua famiglia. Per qualche mese riuscirono a campare con i risparmi che sua madre aveva messo da parte di nascosto, che sarebbero serviti a permetterle di continuare a studiare. Poi anche quelli erano finiti, e i suoi fratelli erano stati costretti a cercarsi un lavoro.
Fu Dominic, il maggiore tra loro, a sbrogliare un po' la situazione, trovando un lavoro fisso in una fabbrica da quelle parti. I soldi che guadagnava erano pochi, ma bastavano a fare la spesa e pagare le spese ordinarie.
E poi...
Bé, e poi Dominic era scappato. Ma quella era un'altra storia.
Tommy le strattonò un braccio, e Irina tornò finalmente alla realtà. Gli sorrise e lo prese in braccio, guardando la foto di sua madre.
<< Sarebbe stata una nonna fantastica, lo sai? >> gli disse.
<< Nonna? >> disse il bambino, indicando la lapide.
"Nonna" era una di quelle poche parole che suo nipote aveva imparato a pronunciare, nonostante avesse già due anni. Lo aveva portato da un medico, che le aveva detto di non preoccuparsi troppo: a volte, quando la situazione familiare di un bambino non era proprio serena, poteva capitare che ci mettesse un po' di più a imparare a parlare.
Fissò la lapide di marmo, e con un sospiro guardò l'orologio: erano quasi le sette, e avrebbe fatto meglio a tornarsene a casa. Prese Tommy in braccio e si avviò verso l'uscita del cimitero, senza sentirsi più tranquilla di quando era arrivata.
Non ci riusciva, sentiva di aver fatto un errore enorme: aiutare Xander era una follia. Soprattutto per la situazione in cui si trovava lei.
<< Dove sei stata? >> domandò Todd quando Irina mise piede in casa.
<< Dalla mamma >> rispose lei, entrando in cucina e iniziando ad apparecchiare la tavola. << Voi dove siete stati? >>.
<< Non sono affari tuoi >> ribatté suo padre.
Irina incassò la risposta senza nemmeno guardarlo, abituata com'era ai suoi comportamenti. Attraversò il corridoio e fece sedere Tommy sul seggiolone in cucina, cercando con gli occhi la tovaglia.
<< Ha telefonato William >> continuò suo padre.
<< Davvero? Perché non mi ha cercato sul cellulare? >> disse Irina, poco interessata, mettendo la pentola sul fuoco.
<< Non rispondevi >>.
Irina si bloccò. A essere sincera, non aveva sentito squillare il Motorola. Andò a prendere la borsa e tirò fuori il cellulare: cinque chiamate senza risposta, tutte di William. Era talmente sovrappensiero che non se n'era nemmeno accorta.
<< Cosa voleva? >> chiese.
<< Voleva che andassi da lui per sistemare alcune faccende >> rispose Todd.
Irina tornò a preparare la cena. Si era risparmiata una di quelle riunioni di William e dei suoi "fedelissimi", come li definiva lei, in cui discutevano gli ultimi affari riguardo alla droga e alle auto rubate. Non avevano avuto modo di appiopparle nessun compito ingrato, questa volta.
Con un grugnito, suo padre lasciò la cucina e si mise a parlare con Harry e Denis.
Si era sempre chiesta perché suo padre la disprezzasse tanto. Non ricordava di aver mai fatto qualcosa che avesse potuto offenderlo. Forse non aveva accettato che fosse una femmina, o che fosse completamente diversa da loro. Aveva smesso di chiederselo quando aveva capito che alla fine non le importava più di tanto, e aveva imparato a ignorarlo.
Terminò di preparare la tavola, e avvicinò il seggiolone di Tommy al tavolo. Della sua famiglia, lui era l'unico a cui tenesse veramente.
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