9.4 - Benvenuto... Papà. 🦋
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«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»
BENVENUTO... PAPÀ
Capitolo 9
(Quarta parte)
(Nora POV)
«Hanno preparato una bella stanza a Brandon per farlo studiare in pace. Anche il corso è vicino a dove vive, ci va a piedi.» raccontò la riccia con un pizzico di emozione negli occhi, appoggiando la tazzina sul piattino. «Avrà l'esame questa settimana. Oh, il mio piccolino... Come sta crescendo in fretta.»
«Vedi, ti sei preoccupata senza alcun motivo. Il ragazzino è in gamba e riuscirà a cavarsela benissimo lontano da qui.»
«È stato un bene, Thomas. Siamo stati fortunati. Ha aggiunto: "posso lavorare comodamente qui." Vuole diventare medico.» Sospirò, alzando gli occhi. «Spero di poter vedere quei giorni. Mi appenderò l'attestato al collo e camminerò per tutta la villa. Dovrà guardarmi e chiedere cosa sto facendo... quella brutta strega!» Arricciò il naso infastidita da quel pensiero.
«Non preoccuparti di lei, Dayane. Non ascoltarla.» le consigliai e la donna riprese a bere il caffè.
«È vero. Lei e Oliver pensano che il denaro sia umanità e dignità» dichiarò, riferendosi implicitamente a quanto accaduto alla villa e si notava quanto fosse amareggiato dall'accusa infondata, che il fratellastro gli aveva rivolto davanti a tutti.
«Che succede, tesoro?» indagò la madre sporgendosi per posare la tazza. «È successo qualcosa che ti ha turbato?»
«Probabile. Entrambi sono sembrati sconvolti da quando sono arrivati.» ipotizzò Alan e abbassai leggermente lo sguardo.
«Non è un problema grave, lasciate stare. Si tratta di lavoro.» Minimizzò Thomas.
«Papà! So perfettamente cosa ti tirerebbe su di morale!» Esordì il bambino impegnato a giocare sul pavimento con le sue macchinine, ma si fermò.
«Ti ascolto, dimmi pure.»
A quel punto, Charlie guardò nella mia direzione e aggrottai la fronte. "Cosa che gli stava frullando in quella testolina riccia? E perché avevo la sensazione che c'entrassi io?"
«Devi andare a cena da solo con la mamma.» Annunciò e notai Dayane trattenere un sorriso sornione mentre tirava il labbro con i denti.
Thomas mi osservò di sfuggita, perplesso quanto me.
«Perché dici così?»
«Perché quando marito e moglie vanno a cena da soli, la tristezza scompare, si tirano su di morale, si baciano e l'amore si rafforza.»
Considerando quanto stesse diventando estremamente imbarazzante la situazione, distolsi lo sguardo dal moro seduto accanto a me e mi portai la mano alla fronte. «Charlie... Da dove tiri fuori certi argomenti?»
«Di sicuro l'avrà imparato dal mio adorato maritino.» dichiarò orgogliosa Dayane.
«Be', perché non andate? Senti, credo proprio che il mio Charlie abbia ragione. Uscite, prendete un po' d'aria, godetevi una bella cenetta, eh tesoro?» commentò Abbie al settimo cielo per la proposta e Thomas mi guardò in cerca di approvazione.
«Nora, che dici? Mi sento soffocare qui dentro. Sarà bello, no? Ci vorranno solo un'oretta o due.» Non potevo rifiutare, altrimenti non sapevo che spiegazioni avrei dato ai presenti: fino a prova contraria, eravamo sposati. «Charlie, va a chiamare tua sorella.»
«No, no, noi non verremo, altrimenti non sarete da soli. Starò con la nonna.»
Thomas rivolse lo sguardo verso di me. Poi ritornò sul bambino con un cipiglio alzato. «Perché no? Mangiamo una torta.»
«Non riesco a dire di no a una torta... Però potresti portarmela qui.»
«Oh! Abbiamo un ordine dal piccoletto...» Ridacchiò il moro, battendo il palmo sul ginocchio. «Nora... Puoi andare a parlare con Anna? Magari vuole venire lei.» Feci un cenno d'assenso. «Alan, conosci un posticino dove poter ordinare per stasera?»
«Be', su richiesta della mamma e di Dayane, mi sono già occupato di questo e infatti vi ho prenotato un tavolo.» confessò.
Ci guardammo a vicenda, capendo che avevano agito alle nostre spalle e ci avevano teso una sorta di trappola.
«Che prenotazione? E perché non ne sapevo niente?»
«Be', questo è il nostro piccolo segreto. Non è vero, cuoricino?» chiese a Charlie con affetto e lui annuì.
«Nora, questi qui hanno letteralmente montato un complotto alle nostre spalle!? Pazzesco!»
«Così pare, Thomas.» concordai. Gettai uno sguardo a mia cognata, accomodata sul divano di fronte e poi mio figlio che intanto sorrideva anche lui.
~🦋~
Spalancai la porta della camera e trovai Anna intenta a leggere, semi sdraiata con la schiena poggiata alla testiera e le gambe leggermente piegate.
«Anna...» Richiusi la porta e mi avvicinai al letto. «Che stai facendo?» Non aprì bocca, guardandomi con serietà e mi sedetti con un tonfo leggero sul letto. «Thomas, ci porta a cena. Su, alzati e preparati.»
«Non ho fame. Vai tu.» rispose senza mezzi termini, piccata.
«Anna... Non farmi questo. Andiamo, non siamo mai uscite fuori dalla villa da che siamo qui. Potrai rilassarti un po'. Ti farà sicuramente bene.»
«Sai cosa mi farebbe bene. Voglio che papà venga al mio compleanno.» ribadì.
Chiusi gli occhi per un attimo, prendendo un piccolo respiro. La mia ultima intenzione quel giorno era litigare per una vecchia questione. «Ne abbiamo già parlato, Anna. Per favore, chiudiamo l'argomento.»
«Sono triste. È vietato esserlo? Buon appetito e goditi la tua cena. Non ci vengo.»
Mi rassegnai al fatto che Anna non avrebbe ceduto — certe volte era più testarda di me e suo padre — e guardare il suo visetto assumere uno sguardo così dispiaciuto, mi costrinse a rivalutare la mia decisione. Volevo proteggere mia figlia con tutte le mie forze, ma al tempo stesso non sopportavo vederla stare male. Le lasciai i suoi spazi per farle sbollire la rabbia, ormai prestava più attenzione alle righe del libro piuttosto che a me.
Scesi di sotto e mi affacciai in cucina, trovando il ricciolino intento a bere dell'acqua e richiusi di scatto la porta.
«Ti stavo cercando.»
«Be', sono qui, Nora. È successo qualcosa?»
«Ehm... No.» risposi guardando a terra, interessata alle mie scarpe. «Mhm... domani Anna...»
«Il suo compleanno.» terminò.
Lo fissai sorpresa. «Sì... Te lo sei ricordato.»
«È mia figlia, Nora. Naturalmente ricordo il compleanno dei miei figli.»
«Dopo non averlo festeggiato per così tanti anni... pensavo l'avessi dimenticato.» Darren mi riservò un cenno di diniego e continuai. «Domani a mezzogiorno saremo al parco per... festeggiarlo insieme.»
Darren si lasciò sfuggire una risatina. «Festeggi sempre i compleanni nei parchi?»
Mi fissai le mani che stavo intrecciando, col rischio di spezzare le dita per la tensione mista al disagio. «Ai bambini... piace stare all'aria aperta. Se tu... riuscissi a venire per poco, Anna ne sarà molto felice. Ma se dici che non puoi allora-»
«Sì, mi piacerebbe tanto!» mi interruppe di colpo e rimasi ad osservarlo con la bocca schiusa. Pensavo che non avesse tempo. «Mi piacerebbe... Certo che sì. Ti ringrazio, Nora.» Annuii. «Te lo prometto. Ci sarò.» Senza dire nient'altro, mi affrettai ad uscire prima che arrivasse qualcuno.
(Thomas POV)
Stavo dando un'ultima sistematina con le mani ai ricci tentando di farli stare in ordine e dopo essermi guardato nello specchio, raccolsi la giacca stesa sopra il letto.
La porta si aprì in quel momento e il bambino sfrecciò dentro.
«Papà, metti questo!» mi suggerì porgendomi un papillon, che raccolsi dubbioso.
«Un papillon? Non è troppo per una cena informale?»
«No, devi essere elegante.»
Risi. «Molto bene... Allora lo metto.» Sollevai il colletto della camicia per poi allacciarlo dietro il collo. «Ecco fatto.»
«Metti anche questo profumo.» Mi mostrò la boccetta che aveva in mano e allungai la mano, dove mi versò un po' di quel liquido. Appena lo annusai, riconobbi che si trattava di lavanda. Non che impazzissi molto per quell'odore e sinceramente era meglio vaniglia come fragranza.
«Bisogna avere un buon profumo se si vuole piacere alla mamma.»
Accettai il consiglio e lo applicai sui polsi e ai lati del collo. Ora potevo considerarmi pronto per quella serata all'insegna della spensieratezza e chiesi al piccolo. «Mi trovi bellissimo, vero?» Mi fece cenno di sistemare il colletto e stavi per dimenticarlo e lo feci. «Be', che ne pensi?»
Sorrise. «Sei bellissimo.»
«Sono bello, eh?»
«Molto!» rispose e battemmo un cinque mentre strizzai l'occhio. Sghignazzai, infilando la giacca per poi uscire dalla camera di Nora. Incrociai il riccio che stava per dirigersi nella sua e lo bloccai. «Darren?» Mi osservò a lungo. «Volevo ringraziarti per aver detto al signor Matthew la verità su quanto successo.»
«Di niente. Gli ho solo detto ciò che ho visto, niente di più.»
«Grazie molte per la tua onestà.»
Darren fece un cenno d'assenso. «Non c'è nessun problema. A proposito, quella cravatta ti sta molto bene.»
«Vado a cena con Nora, ma andiamo da soli. Charlie ha insistito. Mi ha fatto indossare addirittura il papillon... O una cosa del genere è un ordine.»
«Bene... buon appetito.»
(Darren POV)
Il moretto per scendere lasciandomi in mezzo a quel corridoio senza la più pallida idea di cosa fare, mentre i pensieri prendevano il sopravvento riportandomi a lei.
Era come un'ossessione radicata nel cervello e sapere che sarebbero andati fuori a cena aumentava il desiderio di spaccare qualsiasi cosa mi capitasse tra le mani.
***
Doolin
17 anni prima
Le tenni gli occhi coperti con le mani e la guidai in casa, per mostrarle la sorpresa che avevo preparato quel giorno. Ero pronto a stupirla. «Suo marito ha prenotato il tavolo migliore e il più speciale che abbiamo nel nostro ristorante solo per lei signora...» le sussurrai in un orecchio, sentendola ridere. La feci accomodare sulla sedia. «La raggiungerà molto presto.»
Lei rise. «Ma non fatemi aspettare troppo, mi annoierò»
Mi chinai verso di lei. «Suo marito non la farà mai aspettare.» Nora scoppiò a ridere ancora. «C'è la vista mare. Per il momento, non apra gli occhi, voglio fare gli ultimi ritocchi prima.» Nora fece su e giù con la testa e tirai fuori un accendino, accendendo l'unica candela per creare un po' di atmosfera romantica. Dopo aver finito, mi misi seduto. «Bene, aprili.» La ragazza ubbidì e appena notò l'aspetto della piccola tavola rimase piacevolmente colpita. Ero stato bravo, dopotutto. La sorpresa era riuscita. Nora divaricò le braccia e sorrise. «Come ti sembra? Ti piace amore della mia vita? Naturalmente ho dovuto corrompere alcuni dei dipendenti per avere il tavolo migliore della sala. Il migliore!»
«La vista è sensazionale!» commentò facendo scorrere le mani alle mie spalle, immaginando che ci fosse davvero il mare blu al di là della finestra.
«Sì... Dimmi, come vuoi la bistecca? A punto intermedio o ben cotta?»
«Ben cotta, Darren. Non mi piace mangiarla al sangue.»
«Certo.» Mi rivolsi al cameriere, fingendo che si fosse avvicinato per i nostri ordini e gli comunicai. «Ben cotta la bistecca, per favore. Un po' di champagne, cara?»
Nora si rivoltò dopo aver sorriso gentilmente al cameriere "invisibile" e intanto afferrerai la bottiglia.
«Quello non è vino rosso?»
«Nora, entra nella parte.» la rimproverai e portò il dito alle labbra, fingendo di non aver detto niente. «Godiamoci il nostro bellissimo momento, dai.» Presi il suo bicchiere versando il vino riappoggiandolo dalla sua parte, poi feci la stessa cosa con il mio. «Ho un appuntamento con mia moglie...» aggiunsi e rise di nuovo. Le proposi di fare per ultimo un brindisi per celebrare quella giornata. «Alla nostra felicità... e soprattutto al nostro amore.
Dopo aver fatto tintinnare i bicchieri, mi precipitai ad accendere la radio facendo partire una canzone che conoscevamo bene entrambi. «Qualche giorno fa ho chiesto ai musicisti di suonare la nostra canzone e l'hanno ricordato.» La bionda annuì e quando le porsi la mano scoppiò a ridere. «Mi permette questo ballo, per favore?» Nora accettò e le feci fare una lieve giravolta prima di spingerla verso di me.
Osservai il meraviglioso sorriso che le era spuntato sulle labbra mentre ondeggiavamo al ritmo delle note di “Thank you for loving me ”. Era la canzone che stavo ascoltando quando i miei occhi si erano posati su di lei la prima volta. Era la sua preferita e adesso anche la mia. Mentre ballavamo le fronti si scontrarono, le mani erano intrecciate e i nostri cuori battevano energicamente nei petti. Era tutto così perfetto che non avevo bisogno di altro. Alzai la testa, contemplando la donna, che avevo avuto la fortuna di incontrare sul mio cammino e dichiarai. «Un giorno... Ti porterò a cena nel miglior ristorante della città, con vista sul mare. Te lo prometto. Voglio anche prometterti che un giorno sarò molto ricco, ti renderò fiera e orgogliosa di me»
«No, Darren.»
«E perché no?»
«Voglio solo che stiamo insieme e siamo felici come adesso. Non voglio altro.» Mi sorrise inclinando la testa da un lato e ammiravo quel lato maturo e naturale che aveva. Nora era fatta così, non chiedeva mai più di quanto potessimo avere, le nostre condizioni economiche non ci permettevano chissà quanti sacrifici e sforzi per tirare avanti, eppure era soddisfatta. Lasciai scivolare la mano tra i suoi capelli biondi e poi la baciai, avvertendo ogni parte del mio essere fremere a quel tocco.
La osservai appena ci staccammo. «Nora del mio cuore...» Rise più forte, unendo la fronte alla mia e l'attirai in un abbraccio, affondando un altro bacio sul collo, mentre le sue mani delicate scorrevano sulla mia schiena.
***
Quel momento svanì all'improvviso e tornai alla dura realtà, traendo un respiro. Lei avrebbe trascorso la serata insieme ad un altro uomo — che non ero io... — E una parte di me non avrebbe mai potuto convincersene definitivamente.
(Nora POV)
La cena procedeva in silenzio ed avevamo appena iniziato ad assaggiare le pietanze che avevamo ordinato, quando il mio accompagnatore ruppe il ghiaccio. «Bene: Hai una zia che vive in Germania… ha due figli, un maschio e una femmina.» Assentii con la testa. Il giovane alzò un momento gli occhi riflettendo. «La tua migliore amica si chiama Denise.» Dovevo ammettere che aveva imparato in fretta, nonostante le informazioni da ricordare fossero molte. «Nora… tu sei mia moglie… ma so solo queste cose di te.»
«Non c'è altro, Thomas. È tutto.»
«Ci dev'essere di più!» insistè per poi volgere lo sguardo altrove. «Eri una bambina felice? Cosa hanno fatto i tuoi genitori? Com'è stata la tua infanzia? Che tipo di adolescente eri?» Abbassai lo sguardo, non ero molto a mio agio quando si trattava della questione "passato" e se solo avessi potuto cancellarlo. «Eri ribelle o tranquilla? Di chi ti sei innamorata la prima volta?» Alzai gli occhi per puntarli in quelli cristallini del mio interlocutore. «Perché hai divorziato dal tuo ex marito? Sono molte le cose che non so.»
«Mi stai chiedendo di raccontarti la storia della mia vita, allora.»
«Esattamente, parlamene. Potrei rimanere ad ascoltarti fino all'alba.» mi incalzò, appoggiando le posate sul bordo del piatto per rivolgermi la giusta attenzione.
«Non ci vorrà molto, non è un racconto lungo.» Spostai i capelli all'indietro con una mossa spontanea e continuai. «Ho sposato un ragazzo che i miei genitori non approvavano. Noi... abbiamo avuto una figlia, siamo stati felici per qualche anno. E il giorno in cui è nato Charlie, ci ha lasciati. Ho fatto del mio meglio, ho lavorato giorno e notte per guadagnare soldi e dare un futuro dignitoso ai miei figli. Ho vissuto per loro… fino ad oggi.»
Non mi vergognavo di quello che avevo fatto, dei sacrifici, dei momenti complicati che avevamo attraversato in questi sette anni. La cosa importante era che i miei ragazzi fossero cresciuti bene e fossero forti contro le avversità.
«Perché ti ha lasciato? Intendo dire il tuo ex marito.» chiese dopo un momento di pausa.
«Credo che volesse vivere una vita migliore di quella che potevo offrirgli io.»
«Non capisco.»
«Ha sposato una donna ricca. Ecco perché ho detto che… penso volesse avere una vita migliore.»
«Scusami ma è un idiota!» commentò, lasciandosi sfuggire una piccola risata.
«Non importa, anch'io ho pensato la stessa cosa… e gli ho detto cose molto brutte quando è andato via.» confessai, gesticolando con la mano e lui scoppiò di nuovo a ridere. «Che c'è?»
«Mi ha fatto ridere pensare a te che dici “parolacce” sul conto del tuo ex.»
«É un po' strano, già.» concordai.
«Lo è, lo è…» ribadì roteando gli occhi. Risi, mentre ero concentrata a guardare il cibo nel piatto. «Che bella serata… non lo credi anche tu?»
Alzai lo sguardo e annuii, gettando occhiate veloci al locale, dove il fratello aveva prenotato e dovevo ammettere che avesse una vista fantastica, dato che affacciava sul fiume Liffey.
«Molto bella…grazie. Questo locale è stata un'ottima scelta.»
«Voglio chiederti una cosa. Tu… hai notato il forte profumo?» domandò giungendo le mani e poggiai le posate in automatico, rivolgendogli un sorriso.
«Thomas, non volevo dirtelo… ma cos'è questo odore?» Si portò le mani sulla faccia e se la strofinò, come se cercasse di nascondersi. «Puzzi come il signor Matthew!»
Sbuffò, lasciandosi ricadere sullo schienale. «Oh, naturalmente! Solo lui utilizza la colonia alla lavanda. Come ho fatto a non pensarci?» Ridacchiai. «Charlie… mi ha costretto a metterlo per piacerti.»
Roteai gli occhi, battendo le mani. «Perché fa queste cose quel bambino?»
A volte i comportamenti di mio figlio erano palesamente inspiegabili anche per me.
«Be', mi sono permesso di dirtelo… ma tu non farne parola con lui, ok? E poi…» Alzò un dito, chiedendomi di aspettare e si infilò le mani in tasca, tirando fuori un papillon nero. «Devi dirgli che ho indossato questo tutta la notte!» Quella visione mi fece allargare le labbra in un sorriso e portai le mani contro la bocca per soffocare le risate che minacciavano di straripare. «Pensa che la cosa che renda affascinante un uomo sia questa. Non confutiamo questa sua tesi.»
«Ok, glielo dirò.» risposi mentre il riccio riponeva l'accessorio. A quel punto ridendo, gli indicai di darmelo e annuì. Lo guardai e mi venne da sorridere, poi ripresi a mangiare. Una volta finito, prima di far ritorno alla villa, Thomas mi propose di fare una passeggiata nel parco non molto distante. I parchi a Dublino erano il fulcro e valeva la pena visitarli.
Camminammo l'uno accanto all'altra, infagottati nei cappotti mentre il vento mi scompigliava i capelli e chiacchierammo del più e del meno come una coppia di amici, che si conosceva da sempre. Con Thomas era facile entrare in confidenza, sentirmi libera di dire qualsiasi cosa mi passasse per la testa o di scherzare. Mi sentivo la mente svuotata di ogni problema e intanto che parlavo di com'era stato mangiare lì, lui stava lì ad ascoltarmi.
Successivamente ci recammo verso l'auto per far ritorno a casa e dopo un'oretta varcammo il cancello. Uscire dalla monotonia mi aveva fatto bene, mi aveva aiutato a non pensare e il mio umore era decisamente migliorato. Slacciamo la cintura e aprii lo sportello scendendo dal veicolo, senza smettere di sorridere, mentre il moro stava facendo il giro per venirmi incontro. All'improvviso alzò la mano e tornò indietro per prendere qualcosa che aveva dimenticato.
Quando voltai lo sguardo, guardando verso l'alto, notai Darren ancorato al vetro con l'espressione di chi aveva perduto ogni speranza, stava soffrendo a vedere quella felicità a cui lui aveva rinunciato tempo fa venirgli sottratta senza che potesse fare niente per evitarlo. All'inizio preferii ignorarlo, far finta che non fosse lì, poi lo fissai per un'ultima volta.
Thomas intanto sbatté la portiera e quando lo vidi raggiungermi tornò a far capolino un sorriso. Bloccò la sicura con il telecomando e ci avviamo verso casa, felici di aver trascorso qualche momento in serenità.
(Anna POV)
Appoggiata al tronco d'un albero del parco, a braccia conserte e la faccia di chi non aveva alcuna voglia di festeggiare, continuavo a guardare in giro. La vista di tutte quelle famiglie felici che avevano deciso di trascorrere in armonia quella giornata era un pugno nello stomaco, gettava il sale sulle ferite. Perché non potevamo essere come loro? Cosa c'era di tanto sbagliato? Perché la mamma non capiva quanto fosse importante? In fondo lo volevo accanto solo questo giorno, poi non le avrei chiesto di fare altri sacrifici.
Mi staccai da quella posizione, passeggiando a zonzo mentre la mamma si occupava di sistemare la tovaglia e tirava fuori la torta dal cestino del picnic.
Charlie stava distribuendo i tovaglioli in piedi sulla panca e le chiese. «Mamma, questa torta è al gusto di banana, vero?»
«È alle fragole, dato che piace a tua sorella.»
«Anche a me piace con le fragole! Forza sorellina, spegniamo le candeline, così tagliamo la torta e la mangiamo.»
«Mamma, può anche tagliarla. Non soffierò le candeline.»
«Anna…»
La mamma non approvava il mio comportamento.
«Non guardarmi così… E non voglio nemmeno il tuo regalo.»
Sorvolò sul mio atteggiamento, sistemandosi la pashmina che le stava scivolando dalle braccia. «Forse ti porterò qualcosa che ti renderà molto felice.»
«Ti ho detto cosa può rendermi felice e hai detto che non sarebbe mai successo.»
Si allontanò dal tavolo e avanzò verso di me, prendendo un respiro. Mi aveva ribadito che non poteva farlo, che ormai papà non era più parte della nostra famiglia e non dovevo sperarci.
«Forse non sono riuscita a dormire tutta la notte. Non riuscivo a sopportare le tue lacrime, così ho cambiato idea.» confessò prendendomi il viso per poi far scivolare le sue mani sulle mie braccia rigide.
Appena sentii quelle parole però il mio cuore si alleggerì e anche il malumore svanì.
«Quando dici che hai cambiato idea… significa che papà verrà?» chiesi per ottenere una conferma.
«Sì, ne abbiamo parlato.»
Mi buttai fra le sue braccia, avvolgendola in un abbraccio.
Ero al settimo cielo per quella notizia. «Mamma! Mamma, grazie! Lo apprezzo molto. Grazie di cuore!» Anche lei ricambiò il gesto, accarezzandomi i capelli, e quando ci staccammo la smorfia di prima era solamente un ricordo e sghignazzai.
Tenendomi stretta a sé, mi accompagnò verso la tavola, dove ci stava aspettando Charlie.
«Sono così felice di averti qui.»
«E io?» chiese Charlie, mettendo il broncio e facendo la parte del finto geloso.
«Anche a te amore!» rispose, stringendogli il mento.
«Non osare toccare la mia torta!» lo rimproverai indicandogliela con l'indice e raddrizzò la schiena.
Mi diede un colpetto scherzoso sul braccio e strillò. «Sorellina, prendimi!» Cominciò a correre e mi gettai al suo inseguimento. Era scattante e si andò a riparare dietro la corteccia, con me dall'altro lato che bramava di catturarlo e torturarlo con il solletico. Catilenò la frase: "non riesci a prendermi!" tirando fuori la lingua. Non mi diedi per vinta e continuai quella dura impresa.
(Helen POV)
Stavo terminando di indossare gli orecchini, quando la porta della camera si spalancò e mia madre fece il suo ingresso.
«Non siete ancora pronti?»
«Io sono pronto. Sto aspettando la mamma.» rispose Kevin che se n'era rimasto buono e immobile seduto sul ciglio del letto.
«A che ora è la festa di compleanno del tuo amichetto? Non potete fare tardi.»
«Certo che non faremo tardi, mamma. Non avere fretta.» la rassicurai, alzandomi per raccogliere il cappotto.
«Be', basta così. Darren verrà con voi, giusto cara?»
Era da un po' di giorni che chiedere di mio marito o di cosa stesse facendo fosse diventata la sua principale priorità.
«Papà, non viene… Ha delle cose da fare.» anticipò Kevin mentre mi rimisi seduta alla toeletta.
La mamma fece un verso di dispiacere. «Hai quel faccino tanto triste per quello? Ah, non è possibile.»
«Sì, tutti i genitori ci vanno.»
«Kevin…» Mi girai verso mio figlio che mi osservò a sua volta. «Sappiamo che nessun padre andrà alla festa.»
«Però il papà di Simon ci andrà.»
Accennai un sorriso e mi rivoltai verso lo specchio per applicare il rossetto e la mamma aiutò Kevin a scendere per poi portarlo fuori dalla stanza.
(Darren POV)
Andy fermò la macchina nel patio esterno e mi avvicinai con tra le mani il cofanetto. Non vedevo l'ora di arrivare lì, di celebrare questa giornata e spegnere le candeline, com'era solita fare fin da piccola. Ricordo che le piaceva farlo a ripetizione fino a quando non si stancava.
Il castano scese e chiuse lo sportello stirandosi le pieghe della giacca. «Vuole un passaggio, signor Darren?»
«Non preoccuparti. Metti questo nel bagagliaio.» Gli consegnai quel regalo. «Guido io.»
«Va bene, la chiave è nel quadro.» Non gli convenne rivolgermi delle domande.
In quel preciso momento la vocina stridula di Kevin mi giunse alle orecchie, mentre mi stavo accomodando sul sedile. Corse nel sentiero, continuando a chiamarmi e mi fece desistere dall'intento.
«Tesoro…»
«Papà… per favore, vieni con me! Per favore.»
Mi inginocchiai per raggiungere la sua altezza. «Ma ne abbiamo parlato, piccolo. Oggi andrai con la mamma. Devo andare a lavoro e lo sai.»
«Non andare a lavoro, vieni con noi, papà!» insistè congiungendo le manine a mo' di preghiera. Era strano, di solito non faceva molti capricci e non per queste cose.
«Cosa c'è, figliolo?»
«Kevin, tesoro, andiamo.» Scattai in piedi vedendo Helen raggiungerci con il pacco per il festeggiato sottobraccio.
«Non mi importa! Se papà non viene, non ci andrò neppure io!»
Fissai le due donne a bocca aperta e mia moglie esalò un sospiro. «Oh no…»
«Che succede?»
«Il padre di un suo amichetto andrà alla festa, per questo vuole che tu venga con noi.» spiegò.
«Per favore, non fatelo arrabbiare ancora di più. Andate con lui.» Intervenne mia suocera compiendo un passo avanti. «Inoltre, Darren…» Girò il capo verso di me guardandomi con gli occhi ridotti a fessure. «Cos'hai da fare di più importante di tuo figlio? Annulla l'impegno. È facile.» Distolse lo sguardo da quella donna che mi stava mettendo i bastoni tra le ruota.
«Mamma, questo comportamento non va bene, non incoraggiarlo.»
«Però ha ragione. Guardatelo, guardate il suo musetto tristissimo! Il mio bambino, il mio carissimo e dolcissimo nipotino, il mio principino.» La donna stava enfatizzando, direi troppo per i miei gusti, e si piegò per accarezzare le guance paffute di Kevin, rendendo ridicola quella sceneggiata.
«Che dici, Darren? Se non è urgente, credi di poterlo posticipare?»
Presi un respiro. Poi guardai Kevin e successivamente la bionda. Avevo le mani legate, non potevo fare niente per evitare quell'intoppo. «D'accordo, andiamo alla festa. Me ne andrò più tardi.» Aprii lo sportello posteriore aiutando mio figlio a salire mentre Helen salutava velocemente la madre, che ci augurò di passare una buona giornata.
Prima di infilarmi nel posto di guida, mi girai per osservare la signora Nadine dritto negli occhi notando la scintilla di soddisfazione incendiare il suo sguardo. Era soddisfatta di aver rovinato i miei piani, tanto da non aver bisogno di celarlo sotto quella finta coltre di serietà. Era stata lei a istigare mio figlio a fare quella scenata e aveva raggiunto il suo scopo. Salii, riscaldando il motore e pregando che il viaggio di ritorno non sarebbe stato così lungo...
Una volta arrivati a destinazione, c'era un'altra macchina che aveva parcheggiato. Kevin si precipitò a salutare la sua amichetta e si abbracciarono, mentre Helen salutò i genitori che si stavano già recando dentro. Non potevo rischiare di fare tardi, non potevo permettermi il lusso di far aspettare mia figlia e avevo promesso a Nora che le avrei raggiunte al parco, così inventai la scusa che ero in ritardo e lasciai a Helen il compito di dirlo a Kevin. Non avrebbe fatto caso alla mia assenza quando si sarebbe divertito a giocare con i suoi compagni e partii.
Quello che mi premeva era arrivare in quel benedetto posto e poter consegnare di persona il regalo. Chissà come avrebbe reagito sapendo che avevo pensato a quella sera sulla giostra del luna park.
Ingranai la marcia appena mi rimisi in carreggiata.
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Era da minuti interminabili che era imbottigliato nel traffico, rischiavo di fare tardi.
Diedi un'occhiata all'orario sul mio orologio e suonai il clacson. C'era qualcosa che impediva di muoverci speditamente, eppure il semaforo davanti era scattato al verde da parecchi minuti. Imprecai contro i conducenti e sbucai con la testa fuori dal mio finestrino, urlando. «Muovetevi! Muovetevi, accidenti!» Agitai il braccio in aria per poi rientrare. «Sto per diventare pazzo, totalmente! Ci mancava solo il traffico!»
A quanto pare, l'universo aveva ascoltato le mie suppliche e tutto iniziò a scorrere rapidamente. Avevo ancora qualche possibilità, continuai a suonare il clacson e la fila transitò finalmente.
(Nora POV)
Guardai mia figlia posizionare le candeline e le accarezzai la schiena. Ad un certo punto, mio figlio tornò con il pallone sotto il braccio e balzò sulla panca.
«Mamma, quando festeggeremo il compleanno?»
«Tra poco, Charlie.» Affermò la ragazza, infilzando l'ultima candelina nella glassa bianca.
«Va bene. Ho fame.» Comunicò per poi saltare giù e allontanarsi. Oltre che l'appetito, aveva anche un'energia smisurata.
«Mamma… papà conosce questo posto?» Domandò preoccupata.
«Lo conosce.»
«Probabilmente arriverà presto. Vado a controllare.»
Anna non stava nella pelle di poter passare qualche ora con suo padre lontano dalla villa. Per lei, sarebbe stato un regalo meraviglioso e speravo che Darren mantenesse quella promessa. Mentre la vedevo spingersi, pensai tra me e me.
«Andiamo, Darren, andiamo… Non fare questo a mia figlia.» Trassi un sospiro, stringendo la mano in un pugno. Non poteva farla soffrire ancora una volta o illuderla, perché stavolta non l'avrebbe passata liscia.
Se non si fosse presentato, non avrei avuto nessuna ragione di avere dei rapporti civili con lui...
Ormai era da più di un'ora che eravamo seduti ad aspettare quell'ospite e nessuno aveva pronunciato una parola.
Anna appoggiò la mano sulla guancia, era un misto di ansia e nervosismo. Guardò alle nostre spalle per individuare una figura familiare e seguii il suo esempio, ma c'era solo una bambina dai capelli chiari che rincorreva un cerchio di plastica. Tornai a guardare di fronte a me sovrappensiero, con le mani intrecciate al livello del viso e il silenzio regnò sovrano. Charlie mi fissò confuso e indirizzai lo sguardo sulla ragazzina, tirando giù le maniche della maglia.
Le candeline nel frattempo si stavano per consumare e rischiavano di rovinare la torta.
Il piccolino sbuffò. «Bisognerà spegnere le candeline altrimenti si scioglieranno sulla torta.»
«Va bene, Charlie! Lo sappiamo già. Le spegneremo presto!» lo aggredì lei, sfogando la rabbia.
Charlie abbassò la testa e guardai mia figlia, sapendo quanto stesse soffrendo. «Tranquilla, Anna. Non arrabbiarti. Guardalo, è triste.»
«Non sono triste. Sono arrabbiato. La torta si rovinerà e tu piangerai! Non prendertela con me, perché io volevo tagliarla.» precisò. Anna voltò la testa e poi osservò la torta intatta. Si passò la manica della maglia sulla guancia per asciugare una lacrima.
«Ha ragione tuo fratello, Anna. La torta non può più aspettare. Andiamo, spegni le candeline o si scioglieranno nella torta.»
«No, voglio aspettare un altro po'!» Rifiutò testarda. Guardai il bambino seduto di fronte a me e anche lui non aprì bocca, non dopo quel rimprovero. Anna continuò a guardarsi attorno con gli occhi pieni di speranza, ma di Darren neanche l'ombra.
Speravo che questa volta non avrebbe commesso lo stesso errore, che si sarebbe preso le responsabilità di venire.
(Anna POV)
Continuavo a scrutare in giro nella speranza che sbucasse all'improvviso per farmi una sorpresa… ma più i minuti passavano, più la speranza stava totalmente sparendo dal mio cervello, dalla mia anima, dal mio cuore.
L'attesa si stava prolungando, la mamma gli aveva dato appuntamento in questo parco e lui... non c'era. Non era arrivato. Forse dovevo smetterla di credere alle favole. Quel giorno non la stavo vivendo, piuttosto era un incubo dal quale volevo svegliarmi. Scossi la testa con disappunto e ormai avevo esaurito il tempo. Mi girai e presi la rincorsa per arrivare al tavolo catapultandomi a spegnere quelle maledette candeline una ad una con le dita, ignorando che mi sarei scottata.
Quella fiamma avrebbe fatto meno danni delle cicatrici ancora fresche, che si erano nuovamente riaperte. La mamma si sollevò di scatto dalla panca.
«Anna, ti brucerai!»
«Non è venuto mamma! Ci ha imbrogliato di nuovo!» gridai con le lacrime pronte a sgorgare dagli occhi che erano fissi nei suoi.
Senza dire nulla, mi accolse nelle sue braccia come tutte le altre milioni di volte, e lasciò che appoggiassi la testa sul suo petto.
Mi abbracciò e mi lasciò delle carezze. Ne avevo bisogno come l'aria che respiravo, che mi scarseggiava nei polmoni.
«Mi dispiace...» sussurrò e non mi staccai dalle sue braccia, il posticino dove mi sentivo al sicuro e protetta. Non avevamo bisogno di dire tante parole, a volte bastava un semplice sguardo per farle recepire il mio malessere. «Non essere triste, Anna.» Respirai a fatica a causa dei singhiozzi mi uscivano dalla bocca senza che potessi frenarli. «È colpa mia. Come ho potuto fidarmi di lui? Sono stata stupida. Vorrei non averti detto nulla… Se fosse venuto sarebbe stata una sorpresa.» Rimasi rannicchiata e piansi. «La mia bambina...» Mi fece separare, afferrandomi le braccia e si specchiò nei miei occhi così come io feci nei suoi. «Non essere triste, Anna. Non piangere. Perdonami, amore mio.» La mamma tirò su con il naso per scacciare via le lacrime. «Avrei voluto proteggerti ed evitarti questa sofferenza.»
Ma non aveva commesso sbagli, ero io che ci avevo sperato, ma avevo peccato di ingenuità.
Non era mai stata colpa sua, anche quello successo con papà…
Mentre mi massaggiava il braccio per tranquillizzarmi, Charlie gridò. «Papà!»
Notai in quel momento che era arrivato qualcuno e girai improvvisamente la testa in quella direzione.
Thomas… si stava avvicinando accompagnato da dei palloncini volanti colorati e una scatola in mano. Mio fratello gli corse incontro finendo per stritolargli il busto, facendolo ridere. Rimasi ad osservarli, immobile vicino alla mamma, e in quel frangente tanti ricordi mi affollarono la mente.
Quell'uomo... incontrato per caso sulla nostra strada aveva fatto del suo meglio per farci stare bene, per proteggerci, darci il suo supporto in qualsiasi situazione, perché me ne stavo rendendo conto ora?
Lo stavo vedendo sotto una luce diversa… una luce che prima era oscurata dalla possibilità che i miei tornassero insieme e riunissimo la nostra famiglia. Quando mi aveva difeso a spada tratta contro mio padre, che mi aveva urlato contro e accusato ingiustamente. Aveva addirittura regalato una bici a mio fratello senza nulla in cambio, solo per renderlo felice.
Thomas non era solo un uomo che ci aveva accolti in casa sua o che recitava il ruolo di padre… era molto di più.
"Hai mai ucciso qualcuno?" gli chiesi e lui rispose che lo avrebbe fatto senza pensarci, se fosse servito ad evitarmi tutto quel dolore che avevo patito e se quel farabutto fosse stato in vita.
Mi confessò che quando amava disperatamente qualcuno, non riusciva a lasciarlo andare.
Era pronto a fare l'impossibile per dimostrare che ci sarebbe stato per noi, fino a quando quella storia non fosse terminata. Era stato con noi in ogni momento difficile che avevamo attraversato e vederlo lì mi provocò un'altra ondata di emozioni.
Stava venendo verso di me e istintivamente gli andai incontro a mia volta.
Aveva dimostrato di tenerci, di essere premuroso e di sicuro sarebbe stato un padre migliore.
«Benvenuto... papà.» Lo salutai sorridendogli e il riccio quasi sgranò gli occhi. Non c'era più alcuna barriera, non era più un estraneo: era il papà che la vita mi aveva fatto trovare quando tutto si era sbriciolato.
Era lui.
Thomas era così imbarazzato che riuscì a stento a replicare. «Grazie… tesoro.» Chiusi gli occhi e spontaneamente lo abbracciai. L'uomo poi mi accarezzò la schiena e Charlie si unì. Finalmente avevo trovato la persona giusta che non mi avrebbe mai deluso.
(Darren POV)
Era questo il posto che Nora mi aveva indicato e finalmente ero arrivato, seppur con qualche minuto di ritardo. Ma non aveva importanza, ciò che contava è che stavo per arrivare da mia figlia. Con il pacco tra le mani, accelerai il passo. Stavolta nessun contrattempo mi avrebbe impedito di festeggiare il compleanno della mia bambina. Nessuno. «Papà è qui, tesoro. Ci sono riuscito...» Immaginavo il momento in cui mi avrebbe visto arrivare, la felicità che avrebbe provato e mi battè forte il cuore. «Sono qui...»
Strinsi la confezione, sorridendo entusiasta, pronto a raccogliere la mia rivincita dopo questi anni di separazione. Allungai il passo ancora di più tramutandolo in una corsa, era così tanta la mia voglia di stare con la mia famiglia. Ma quando giunsi lì, sul posto, mi bloccai. Dinanzi a me si presentò una scena a cui mai mi sarei aspettato di assistere: i miei bambini che stavano abbracciando un altro uomo e stavo per smettere di respirare...
Thomas stava abbracciando e coccolando i miei figli, Nora li osservava, e l'equilibrio franò sotto i miei piedi. Quell'uomo aveva conquistato letteralmente il mio posto nelle loro vite e non ebbi la forza di muovere un passo. Diventò difficile anche respirare dato che il nodo che sentivo, me lo impediva.
Non c'era niente che potessi fare se non rimanere immobile...
“Continuing”
Bene... Dopo più di due settimane, ecco il nuovo aggiornamento. Ve lo aspettavate? Be' io no, sono sincera, dato che ho avuto un momento NO scrittura quindi non avevo voglia di scrivere stupidaggini — e ci tengo moltissimo a questa storia, l'ho detto dal primo momento.
Allora... Nora ha ceduto e ha voluto invitare Darren alla festa di compleanno della figlia (per amore di Anna ovviamente) cioè, Nora la dovremmo veramente "santificare". E... plot twist, Darren non riesce ad arrivare per tempo e al suo posto arriva il nostro Tommy pronto a prendersi i diritti di padre!
Che ne pensate del cambiamento di Anna nei confronti di Thomas? Sembra che la ragazza abbia capito il valore di quest'uomo, ora chiuderà una volta per tutte la relazione con il padre?
Intanto AVETE PREPARATO LE SQUADRE? Nello scorso capitolo ho parlato del Fanta Destino – ispirato al FantaAmici — dove appunto giocheremo con i personaggi e stileremo le classifiche ad ogni capitolo. Il vincitore del gioco — chi risulta avere più punti per la sua squadra — potrà richiedere uno spoiler su un componente a scelta, quindi vi consiglio di scegliere bene. Molto bene, eh! (Gli spoiler però non saranno grandi perché altrimenti non c'è gusto... Eh...)
Fatemi sapere cosa ne pensate della nuova situazione Nora/Darren/Thomas. Il mio punto debole è sempre il passato.
Nora e Darren sono superlativi e tanto carini, mentre adesso direi che posso pure abbonarmi al team Nommy. ❤️
Grazie mille per l'attesa, prometto che il prossimo lo inizio a scrivere immediatamente almeno così il gioco può cominciare. Attendo fiduciosa i pareri e gli scleri, se avete dei consigli scrivete pure.
Immagine spoiler:
Darren nel prossimo capitolo ⚠️
Ci vediamo nel prossimo!
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