8.1 - Un gesto estremo 🦋
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«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»
UN GESTO ESTREMO
Capitolo 8
(Prima parte)
(Helen POV)
«Darren ti ha mandato la sua posizione, Nora?» chiesi senza giri di parole. Volevo capire, vedere chiaramente cosa stesse succedendo. La donna davanti a me si limitava a fissarmi con gli occhi sgranati e la bocca schiusa. «Perché hai incontrato Darren?» Abbassò la testa e mi innervosii. «Ti ho fatto una domanda. Per favore, guardami in faccia!»
Non le restò che obbedire, ma il terrore le si leggeva in viso.
In quel frangente, Darren irruppe in cucina ed entrambe puntammo lo sguardo su di lui.
Squadrò prima la biondina poi me, avanzando di qualche passo. «Helen?»
«Ti ho chiesto chi avevi incontrato, mi hai detto nessuno. Perché hai mentito?» Spostai lo sguardo sulla bionda che mi stava di fronte. «Hai incontrato Nora!»
Il riccio stette in silenzio, poi si rivolse alla sua "complice."
«Le hai detto che ci siamo visti?»
«No, non ho detto niente.» rispose guardandolo a malapena.
«Darren, hai inviato la posizione a Nora. L'ho visto per caso sul tuo telefono. Perché mentite? Perché vi siete incontrati? C'è qualcosa tra di voi?»
Darren sospirò rilassando le spalle e, a quel punto, mi focalizzai sulla donna.
Ero sicura che fosse una brava, sincera e adorabile persona che Thomas aveva avuto la fortuna di incontrare sul suo cammino e invece mi sbagliavo: addirittura si vedeva con mio marito fuori dalla villa in segreto.
Per i successivi minuti, passai da un viso all'altro, mentre nell'aria si respirava molta tensione.
«Perchè io e Nora non ci siamo veramente incontrati, Helen. Thomas voleva portare Nora in quel posto e mi è venuto in mente mentre ero seduto lì, così le ho mandato la posizione in modo che potesse raggiungerla.» Si giustificò. «Non c'è bisogno di fare queste scenate.»
«Quindi, non hai incontrato nessuno?»
«Sì.»
«Hai inviato la posizione per farla incontrare con Thomas?»
«Esattamente.»
Rivolsi lo sguardo alla donna, — che non aveva aperto bocca — e dopo essermi resa conto dello sbaglio, avvampai sulle guance. "No, no!" Mi rimproverai, serrando le palpebre. Trattenni il respiro e unii le mani. «Nora, mi dispiace. Non volevo sembrarti scortese. Scusami ancora, ti prego. Ti ho attaccato senza motivo, ti ho fatto un milione di domande, scusa!»
«No, non importa. Vi lascio, avrete molto di cui parlare.»
La bloccai. «Nora, scusami. Mi dispiace così tanto. Sono molto nervosa. In questo periodo, ho i nervi a fior di pelle. Ti prego... perdonami.»
«Davvero... Non è successo nulla.»
Era accondiscendente e io solo un'idiota. Quando imboccò l'uscita, appoggiai il cellulare sulla penisola, premendo la mano sulla fronte. «Se solo te l'avessi chiesto prima, Darren.» Avvicinai il dorso al naso e tirai su. «Non ho detto niente di male a Nora, giusto?!» Lui annuì. «Non si è offesa. Mi capirà, vero?» Condussi la mano alla testa chiudendo gli occhi e sbuffai. Questo era il colmo, vedevo fantasmi dove non c'erano. «Che imbarazzo... Possiamo dimenticarlo, per favore?» Darren acconsentì con un ulteriore cenno e sospirai sollevata.
Non potevo saltare a conclusioni affrettate. Tra l'altro ero stata fuori luogo, inveendo contro una persona che non c'entrava. Dovevo controllare questo impulso per prevenire altri disguidi simili, in futuro.
(Thomas POV)
Mio fratello aveva appena ammesso di sapere la verità e, superato quel momento di sbigottimento, domandai. «Come l'hai scoperto?»
«Ho sentito Nora mentre parlava con una sua amica.» Chiusi gli occhi e riempii i polmoni di aria. «Hanno ucciso un uomo, non è vero?»
«Alan, sta' zitto.» Lo ammonii poi osservai i dintorni per assicurarmi che fossimo da soli. «Qualcuno potrebbe sentirti. Ti racconterò tutto.»
«Thomas, cosa vorresti dirmi, eh? Che vorresti raccontarmi? Perché hai detto che erano tua moglie e i tuoi figli? Chi hanno ucciso? Sei implicato pure tu?»
Era più difficile di così.
«Nora... ha ucciso l'uomo che ha cercato di violentare sua figlia. Poi sono scappati.»
Alan mi osservò, basito. «Che... cosa? Che stai dicendo?» Annuii. Era quella la verità e il peso che da qualche giorno Nora si portava nel cuore. «Anna? È... ancora una bambina.»
«Lo so, lo so. Ci siamo incontrati lungo la strada. Mi dispiaceva per loro e li ho fatti salire nella mia auto. In cuor mio, sapevo ch'era la cosa giusta da fare. In seguito, abbiamo fatto quel terribile incidente. Quando la polizia ha chiesto il documento in ospedale... Nora è stata costretta a mentire.»
«La consideravo anch'io tua moglie. Infatti sono corso dalla mamma e Dayane per dire che erano la tua famiglia. Erano così felici... alla mamma brillavano addirittura gli occhi. Oh... mio Dio!» esclamò e buttai fuori un sospiro, massaggiandomi le gambe. «Pensavamo che fosse tua moglie, non la conoscevamo nemmeno, eppure li abbiamo portati qui. Perché non hai detto che questa donna non è tua moglie? Perché l'hai fatto? Perché non ci hai avvisato?» La sua trafila di domande non finiva più. Era palesemente confuso.
«Come posso dire, Alan. Quando li ho visti in quello stato, non me la sono sentita di voltargli le spalle, quindi ho scelto di mia spontanea volontà di aiutarli.»
«Thomas, ti sembra ragionevole il discorso? Va bene per noi, e tu? La chiami "moglie", i bambini ti chiamano "papà"! Se avessi detto la verità dall'inizio, avremmo trovato un'altra soluzione per salvarli.» Distolsi lo sguardo. «Ma voi, guardandoci negli occhi, ci avete mentito. Non ti dispiace per la mamma? Le si spezzerà il cuore quando scoprirà che quella donna non è sua nuora e che quei bambini che ama tanto non sono i suoi veri nipoti.»
«Va bene, Alan. Va bene.» Serrai le palpebre percependo la sua delusione trafiggermi il petto. «Non farmi la ramanzina. Hai ragione. Tutto quello che dici è vero. Abbiamo mentito, sì, poi ci è sfuggito tutto di mano.»
«Bene, e quell'uomo? L'autista del signor Darren. Viene da Doolin, li conosce.»
«Ha visto le foto di Charlie su una rivista. Sa che Nora è scappata ed è venuto per chiederle soldi. Gli ho dato una somma sufficiente per fargli tenere la bocca chiusa.»
«Sia la polizia che i cattivi stanno inseguendo questa donna...» Agitò il braccio e chinai lo sguardo. «Oh, fratellino, in cosa ti sei andato a cacciare? Per giunta con una donna che ha problemi con la giustizia!»
«Senti, Alan...» Sollevai gli occhi per puntarli dritto nei suoi. «Quando ho visto Nora con i bambini in tale stato, ho fatto una promessa. Ho detto che sarei rimasto al loro fianco fino al mio ultimo respiro. E finché sarà in mio potere, sarò accanto a loro e li sosterrò. Ma ti chiedo una cosa.» Alzai le sopracciglia. «Ti prego. Ti prego, non dire niente a nessuno.»
Mi osservò per una manciata di secondi con faccia inespressiva. «Dovrei mentire come voi? Vuoi questo da me? Sei consapevole del grande peso che mi stai addossando?» Guardò davanti a sé. «Se solo non l'avessi sentito, non l'avrei saputo.» Potevo intuire benissimo ch'era amareggiato e questo mi faceva soffrire. «Per quanto tempo andrete avanti con questa farsa?»
«Non ne ho idea.» risposi, scuotendo la testa. Mi voltai. «Credimi, non lo so.» Quel problema non andava affrontato alla leggera e lui aveva necessità di metabolizzare tutto, così cambiai argomento. «Sebastian vuole andare a casa. Lo accompagni tu?»
Annuì. «Va bene, lo accompagno io.» Dopodiché si alzò e mi guardò. «Thomas... Non devi preoccuparti per me. Non dirò niente.»
Mi misi in piedi e posai la mano sulla sua spalla con riconoscenza. Ero contento che avesse deciso di sostenere la menzogna, anche se non sarebbe stato semplice mentire alla mamma e a Dayane. Mi rifilò un'ultima occhiata, poi se ne andò dal giardino e infilai le mani nelle tasche. Tornai ad accasciarmi sulla panchina, chiedendomi come sarebbe evoluta questa storia.
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Dopo aver recuperato il cappotto e la valigetta, accompagnai il mio amico all'esterno. Passai accanto alla mamma e mio fratello — che si erano intrattenuti a chiacchierare sul sentiero — e li salutai con la mano. Mi allontanai abbastanza da loro per poter ringraziare Sebastian.
La cerimonia era andata bene ed era anche merito suo e delle sue doti brillanti.
«Smettila di ringraziarmi. Sono stato teso per tutto il tempo. Allora, ho recitato bene? Nessuno ha sospettato?» Notando la presenza di mio fratello, che ci aveva appena raggiunti, sbiancò di colpo. Probabilmente si stava facendo delle domande e lo anticipai.
«Rilassati, Alan sa tutto. Anche per quanto riguarda il falso registro.» Poi mi rivolsi a mio fratello. «Sebastian è un mio vecchio amico. Ovviamente non è un vero celebrante.»
Dal suo canto, scosse il capo. «L'avevo immaginato. Hai fatto un ottimo lavoro, Sebastian. Ma anche mio fratello e la sua fidanzata hanno interpretato bene il ruolo. Tutti hanno recitato alla perfezione.»
«Be’, ci siamo impegnati tanto. Spero che abbia funzionato.»
Alan fece sì. «Certo, ha funzionato alla grande.»
Ci indicò l'auto bianca, parcheggiata più avanti sul patio e ci sorpassò. Il mio amico ne approfittò per avvolgermi in un abbraccio caloroso e lo ringraziai di nuovo, assestandogli qualche pacca sulla schiena. Alan si era seduto al lato guida e stava riscaldando il motore.
Sebastian mi rivolse un ultimo cenno, aprendo lo sportello. Restai immobile e in silenzio ad osservare la macchina varcare il cancello, poi feci ritorno a casa.
(Nora POV)
Sciacquai la faccia per liberarmi della sensazione di panico che mi aveva stritolato lo stomaco poco fa e nel mentre stavo uscendo dal bagno, il riccio mi venne incontro.
«Nora...»
Quale parte non aveva ancora capito? Non doveva cercarmi o inviarmi SMS, avevo già chiarito quale fosse la mia posizione. Tra di noi non c'era più nulla e a dire il vero ero stanca di ripeterlo.
«Capisci la posizione difficile in cui mi trovo a causa tua, Darren?»
«Non pensavo che Helen avrebbe guardato nel mio telefono, scusa. Per fortuna, non ha capito nulla. Era molto imbarazzata.»
«Dovremmo essere noi a vergognarci! Le abbiamo mentito, guardandola negli occhi.»
«Anch’io mi sono sentito male, Nora. Non volevo che finisse in quel modo.» I miei occhi diventarono lucidi di colpo. Mi ero tramutata in una bugiarda patologica e il rimorso mi corrodeva l'anima. Non sarei riuscita a guardarmi allo specchio senza provare disgusto per me stessa. «Ti prego, non piangere così. Non voglio che tu stia male.»
Indietreggiai un po' per mettere distanza e sollevai la mano. «Ascolta, Darren... Riprendi il controllo. Helen è una donna buona.» La voce mi tremò e stentai a continuare. «Lei ti ama, ti apprezza e si fida di te. Che persona sei? Non ti dispiace per tua moglie?»
«Quindi vedi solo quello?» Sottolineò con fare ammiccante. «Non capisci che sono in una posizione di stallo, che sono con le spalle al muro?»
«Non capisco, non riesco a capire! Ma non voglio essere la tua complice mentre menti a una donna buona. Ascolta, sono stanca.» Digrignai i denti e scandii. «Smettila. Basta!»
«Ok, Nora, è finita. Davvero, è l'ultima volta. Non si ripeterà più. Non ti trascinerò più in situazioni ridicole. Non ti darò fastidio. Farò finta di non vederti. Anche se piango o mi distruggo, lo farò dentro di me.» Assentii a quelle parole con gli occhi puntati nei suoi. «Ti prometto che non ci sarà più Darren nella tua vita. D'accordo?» Accennai un sì e portò l'indice sulla mia guancia per asciugare una lacrima che stava scendendo silenziosa. «Basta che non piangi più.»
Dopodiché, svoltando l'angolo dell'altro corridoio, sparì dal mio campo visivo definitivamente.
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Charlie stava aggiustando per l'ennesima volta il papillon, che aveva tenuto per tutta la serata, rimanendo in piedi sul letto matrimoniale.
«Tesoro, andiamo spogliati. Non puoi dormire così.»
Si voltò verso di noi con il mento alzato, il petto gonfio, nella tipica posa carica di orgoglio.
«Mamma, mi piaccio! Per favore, posso dormire così?»
«Charlie, figliolo, con quel vestito starai scomodissimo. Toglilo e quando vorrai, lo potrai indossare di nuovo.» Intervenne Thomas.
«Lasciate il papillon.»
Alzai gli occhi al cielo, sbuffando. Mio figlio era una testa dura ed era impossibile convincerlo. «Oddio... Sì, va bene, va bene, tienilo. Avanti, dritti a letto.» Lo aiutai a scendere e si diresse alla porta. «Anna... Lascialo stare, più tardi vengo io e glielo tolgo.» Mormorai e la ragazzina scosse la testa.
«No! Non lo tolgo!» Strillò il bambino.
Sollevai le mani in alto. «Va bene, va bene! Non ho detto nulla.»
«Bene...» Poi si bloccò un istante. «Mamma, stasera eri bellissima.» Le presi il viso accarezzandoglielo e, dopo aver augurato a entrambi la buonanotte, uscì in compagnia del fratellino.
La stanchezza a quel punto mi precipitò addosso e mi accasciai sul bordo del letto, premendo le dita ai lati del setto nasale.
Mi sentivo veramente a pezzi.
«Stai bene?» Domandò il giovane seduto sul bracciolo del divano.
Aprii gli occhi e annuii. «Bene... Sono solo un po' stanca, e tu?»
«Anch’io sono stanco. Ma per fortuna è andato tutto bene.»
Abbassai la testa e mugugnai. «Sì...»
«Tutto bene, nessun problema?» Alzai il viso per inquadrare il suo. «Sei pensierosa?»
Aggrottai la fronte e dissentii. «No, no, non è successo niente. Anche tu mi sembri pensieroso, è successo qualcosa?»
«No.» Annuii, chinando lo sguardo. Poi esalò un sospiro. «A proposito... Congratulazioni a entrambi.»
«Perchè?»
«Ci siamo sposati.»
«Ah...» Dissi e le mie labbra si aprirono in un sorriso. «Vero...» Con tutto quello che era successo con Helen, l'avevo rimosso. Thomas però non si offese per la mia dimenticanza e mi riservò un sorriso.
Sospirò. «Possiamo cambiarci e andare subito a letto? È stata una giornata movimentata.»
«Prima io...» Gli indicai il bagno e mi alzai per entrare lì. Una volta dentro, per togliermi l'abito portai le mani dietro la schiena per cercare la cerniera. Quest'ultima anziché collaborare, si era incastrata in qualche parte del tessuto. Pur strattonando, non riuscivo a farla abbassare. «Non ci voleva...» I tentativi erano clamorosamente nulli e sbuffai. Mi serviva un aiuto, così tornai in camera, vedendo che lui, a differenza mia — era già senza giacca e cravatta. «Thomas?» Avvertendo la mia voce alle sue spalle, si girò di scatto. Passò le mani nei suoi riccioli per portarli all'indietro. «La zip... si è incastrata.»
«Oh...»
«Potresti aiutarmi?»
Thomas tentennò per qualche secondo, come se la mia richiesta l'avesse fatto pietrificare.
«Certo...» Volsi le spalle e si posizionò dietro. Mi spostò i capelli sul petto, dato che gli erano d'intralcio, poi agguantò la cerniera con l'altra mano, mentre l'altra era sul mio fianco, e la tirò giù con estrema facilità. Nel frattempo, il suo respiro mi scivolò sulla pelle e percorse il lobo dell'orecchio. «Ecco fatto.»
Si fece indietro, lo ringraziai con un filo di voce per poi superarlo e ritornare nell'altra stanza.
(Darren POV)
Ero sdraiato sul letto, sentivo gli occhi pesanti e con il pollice mi sfregavo la fronte per arginare un fastidioso mal di testa. Mia moglie ritornò dal bagno, tra uno sbuffo e l'altro, per poi coprirsi la faccia con le mani.
«Come ho potuto fare una cosa simile? Che imbarazzo!» Da minuti interminabili non faceva che autocommiserarsi. «Insomma... Ho chiesto scusa e Nora non sembrava offesa o perlomeno mi è sembrato così, ma...» Sospirò, sfilandosi le pantofole dai piedi e si sedette a gambe incrociate. «Sicuramente penserà che sia una donna strana.» La squadrai attentamente. «Uffa... sono stanca...»
«Va bene, Helen, smettila di colpevolizzarti. È stato un malinteso.» Si zittì e guardò avanti a sé. «Ho solo una richiesta da farti... Non devi più controllarmi il telefono, ok?»
«Darren, non te lo stavo controllando, davvero. Ci stava giocando Charlie. Si era bloccato lo schermo, così ho inserito la password e l'ho visto.»
«Ok, ok, non trasciniamo ulteriormente l'argomento.» Alzò gli occhi al cielo e sospirò. «Va bene?»
«Sai perché mi sono comportata così, in realtà?» Ruotò il collo nella mia direzione, lanciandomi un'occhiata quasi truce. «Per colpa tua.» Poi spostò gli occhi davanti a sé e mi tirai su con i gomiti contro la testiera. «Mi sembra sempre di perderti. Ho così tanta paura che mi comporto come una persona che non ha affatto fiducia in sé stessa.»
Posai la mano sulla schiena della donna. «Helen, io sono qui, ok?» Avvicinai il mio viso al suo, facendole cenno di adagiare la testa sul mio petto. «Non vado da nessuna parte, sono qui.» Dissi, cingendola con un braccio.
«Te ne sei andato. Mi hai lasciato.» affermò dopo un po' e risvegliò nella mia mente un ricordo risalente a quel momento.
Tornai a Doolin, il posto a cui appartenevo, per ottenere il perdono della mia famiglia. Helen non si arrese all'evidenza e si presentò alla pensione dove stavo alloggiando.
***
Non ero pronto a lasciare il paese — anche se quella chiamata mi aveva destabilizzato: un figlio in arrivo era stato come un fulmine a ciel sereno, aveva squarciato le mie spettanze — e mi fece vacillare nell'incertezza.
Illuderla che avrebbe funzionato non sarebbe stato un bene per nessuno dei due.
«Darren, ti sto dicendo che sono incinta!» Sbottò e avevo la schiena curva, la mente ingarbugliata di troppi pensieri che non riuscivo a mettere in ordine. «Sono incinta! E invece di avere il padre di mio figlio al mio fianco... siamo nella camera di una pensione a Doolin! Non posso crederci!»
«Helen, va bene!» Interruppi la sua sfuriata, drizzando la schiena e agitando il braccio. «Va bene, non urlare più. Perché sei venuta qua? Te l'ho detto che non posso guidare. Non posso. Non posso. Per favore, torna a Londra.»
«Non posso, Darren! Non posso! Non posso andare da nessuna parte senza portarti con me!» Abbassai gli occhi contro il pavimento. «Cosa fai a Doolin? Cosa c'è qui? Dillo anche a me!»
Scattai in piedi, alterato. «Per favore, capiscimi! Cerca di comprendere. Non posso! Va bene? Non ha funzionato. Ho preso la decisione sbagliata. Ho fatto uno sbaglio! Non posso costruire una vita con te.» Si zittì per qualche istante, osservandomi con le braccia lungo i fianchi. «Non posso. Capiscimi.»
«Davvero, Darren? Ed io cosa farò? Ti sto dicendo che sono incinta. Stiamo per avere un bambino!» Distolsi lo sguardo e tuffai le mani fra i capelli, sbuffando rumorosamente. «Perché non mi capisci? Perché non mi capisci?! Per favore, ti scongiuro, dammi una possibilità.» Avanzò di qualche passo per poi afferrarmi il braccio mettendosi seduta ai piedi del letto. «Per favore, Darren. Ti scongiuro...» Era sull'orlo delle lacrime e tenni la testa incassata. «Ti amo così tanto! Ti prego.» Quando ripresi a fissarla, tirò su con il naso e le sue mani si appoggiarono dolcemente sul dorso della mia. «Perché non vuoi darci una possibilità? Ti prego!»
La sua voce si ruppe in altri singhiozzi e la osservai con gli occhi scavati per la stanchezza e gonfiai il petto a dismisura.
«No, Helen... Non è possibile.»
Mi alzai per allontanarmi, dandole le spalle.
Doveva accettare la mia decisione, anche se difficile, ma non potevo rimanere con lei esclusivamente per il figlio che portava in grembo.
Poco dopo, si rintanò nel bagno per riprendersi, — ma un'ora più tardi — non era ancora uscita e, a quel punto, mi avvicinai.
«Helen! Puoi aprire la porta?» mi accostai ad essa, ma non sentii alcun rumore. Stranito, iniziai a bussare. Non rispose nessuno. «Helen, sto parlando con te. Rispondi!» Forzai la maniglia, ma era chiusa dall'interno. «Helen, apri la porta! Vieni fuori e parliamone. È da un'ora che sei lì dentro!» Strattonai più forte la maniglia, però senza risultato. «Helen, dico a te! Rispondi!»
Feci un sospiro, roteando la faccia e, alla fine, le assestai una spallata, riuscendo a sfondarla.
Ciò che però mi trovai dinanzi mi immobilizzò e gelare il sangue. Osservai il suo corpo esanime sul piatto della doccia, appoggiato contro le piastrelle come una bambola di pezza e sulle braccia figuravano tagli profondi, da cui sgorgava sangue. Troppo sangue. Sotto di lei, ce n'era già una piccola pozza. Sgranai gli occhi. «Helen...»
***
Serrai le palpebre nel momento in cui quell'immagine raccapricciante tornò a fare capolino nel cervello.
Helen, quel giorno, in un impeto di disperazione e di rabbia, aveva tentato di togliersi la vita mettendo a rischio anche quella del nascituro. Promisi a me stesso che non l'avrei lasciata, che non le avrei permesso di commettere altri gesti estremi e avrei fatto il necessario per proteggerla. Nel frattempo, abbassando gli occhi mi resi conto che si era appena addormentata, stretta a me.
(Nora POV)
«Sai, caro, ti sei perso un giorno così importante. Giuro che in questa casa non si mai visto un matrimonio del genere.» raccontò Dorothy a suo marito durante la colazione e mentre sbocconcellavo un pezzo di pane, incontrai lo sguardo del ricciolino. «Che splendore, che accoglienza e quanto cibo! Un cameriere andava e uno veniva. Insomma... Si è scatenato l'inferno!»
«Potevano chiamare i batteristi.»
La moglie gli diede uno schiaffetto leggero sul braccio. «Mancava solo quello! Si addiceva a loro dopotutto: Tamburi, trombe... capito?»
Si fece sfuggire una risatina mentre sorseggiavo il tè faticando a mandarlo giù.
«Lo faremo la prossima volta, Dorothy cara.» rispose Thomas.
«Ti piace proprio sposarti più volte? Sta' attento o finirai per sciupare la tua amatissima moglie.»
«Era modesto, fratellino. Non c'era niente in più. Abbiamo rispettato il volere degli sposi.» Intervenne Helen.
«C'era.» La contraddì la castana. Come tutte le altre volte, il silenzio regnò sul tavolo per qualche secondo.
«Va bene cara, non diciamo più niente. Non mi interessa, gli auguro di essere felici. Cos'altro posso dire?»
«Nora, spero sia piaciuto anche te.» Mi interpellò la biondina e alzai il viso. «Be’, non so come sia stato il tuo primo matrimonio, ma spero che il secondo sia andato bene.»
Accennai un lieve sì. «Era tutto bellissimo Helen, grazie.» Anche lei annuì e riprese a mangiare.
Il signor Matthew stupì i presenti proponendo di organizzare una grigliata in giardino, ma non ottenne molti consensi.
«Non abbiamo ancora finito la colazione e già stai pensando alla cena, Matthew? Sei strano.» Dichiarò la moglie a cui aveva strappato una piccola risata.
«E perché no? Ai bambini piacerà moltissimo. Si divertiranno.»
Il capofamiglia scosse la testa con malcelato disappunto stampato in faccia e con un gesto della mano le indicò la moglie.
«No, non ci invitate. Non potremo partecipare.» Dichiarò Oliver d'un tratto.
«Per quale ragione stavolta?» Chiese l'anziano. «Ogni qualvolta che decidiamo di fare qualcosa in famiglia, trovi sempre una scusa.»
«Non è una scusa, papà. È lavoro. Inoltre, è anche molto importante. Ricordi il signor Turner, vero? Per molto tempo gli sono corso dietro per convincerlo a firmare un accordo e alla fine è successo.»
«Questa è una bellissima notizia!» commentò il riccio.
«Esattamente.» Cantilenò.
«Mi fa piacere.» Aggiunse.
«Se riusciamo ad ottenere la firma, le sorti dell'azienda si risolleveranno. Torneremo all'antico splendore.»
La notizia lasciò sbalordito anche Thomas che si accigliò.
«Chi è il “signor Turner?”»
Darren, a quel punto, si voltò.
«É un pezzo grosso, ha molti hotel sparsi in Medio Oriente ed Europa. Negli ultimi anni si è dedicato principalmente al settore dell'esportazione. Vive stabilmente in Italia.» Si rivolse nuovamente a Oliver. «Ma dev'essere venuto a Dublino.»
«È qui per un breve soggiorno e ci ha invitato sull'isola.»
«Dicendo “noi”, intendi tutti?» Domandò Darren.
Posai la tazza dopo aver bevuto il tè e rivolsi lo sguardo all'uomo. «Intendevo i direttori dell'azienda e le loro mogli.»
Sentendo quelle parole, mi voltai di scatto verso il riccioluto. «Thomas, dovremmo andare anche noi?»
«Oddio... certo, cuoricino, sei la moglie di Thomas. Devi essere presente.» lo anticipò la donna in carne e girai il viso, spostandomi una ciocca di capelli.
«È un nostro dovere. E devi conoscere queste persone.»
Mi limitai ad un lieve cenno d'assenso con la testa per poi abbassare un attimo gli occhi.
«Sei molto dolce, ma anche molto strana.» Mi girai di scatto verso la castana. «Arrivata a Dublino, dovresti voler visitare la città, andare a fare shopping o passeggiare nei parchi... Perché te ne stai sempre chiusa in casa?» Distolsi la faccia per continuare a masticare il boccone. «Stai pensando alla Russia? O per caso hanno ordinato di fermarti se ti vedono per strada?» Guardai Thomas che stava prendendo l'acqua e abbassai lo sguardo sul piatto. «Diccelo, su!»
Trattenni uno sbuffo di esasperazione e indicai mio marito con la mano.
«Lo dico perché da quello che hanno detto si parlerà di lavoro, altrimenti ci vado. Cosa avrei detto male?»
«Tesoruccio, certo che parleranno di lavoro. Succede sempre così. Noi donne ci siederemo, mangeremo e berremo. Abituati a questa vita.»
Quando fissai Thomas, mi rivolse un cenno affermativo con la testa, come a dire "non preoccuparti, è tutto sotto controllo" e scrollai le spalle.
«Va bene, va bene!»
Visto che non potevo tirarmi indietro, infilai in bocca un altro pezzo di pane per terminare più velocemente quella "tortura".
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Da quando Anna aveva saputo dell'invito si era fiondata ad aprire l'armadio per cercare degli abiti consoni e stava selezionando le grucce.
Le avevo espressamente chiesto di lasciar perdere, ma era ostinata. «Mamma!» Tirò fuori due capi e me li mostrò. «Che ne dici di questo completo? Non l'hai mai messo da quando l'hai acquistato.» Era un pantalone color avorio stretto sulla caviglia abbinato ad una camicetta dello stesso colore con scollo a v sul petto.
«Il davanti è troppo scollato, Anna. Non è adatto a questo periodo, fa' freddo.»
«Mamma! Ti sto creando outfit per appuntamenti importanti, incontro di lavoro, cene... Non di certo per entrare in un convento. Ora sei la nuora dei Miller, abituati.» mi rimbeccò e prontamente osservai il moro seduto sul letto. «Sbaglio, Thomas?»
«Giusto, hai ragione. Se non fosse stato per lavoro, non avrei accettato quell'invito.» Gli sorrisi trovando adorabile il modo in cui si giustificava ogni volta. «Mi hanno legato mani e piedi. Ma non preoccuparti, non ci saranno problemi con i documenti. Andremo con un jet di nostro proprietà. È il lato positivo dell'essere ricchi: puoi muoverti come vuoi, ma nessuno se ne accorge.»
Condussi la mano sul collo e inclinai la testa. «Se lo dici tu.» Anna alzò di nuovo il completo vittoriosa e trassi un sospiro. «Ti occuperai tu di Charlie, vero, cara?»
«Signora Nora, lei si rilassi e si diverta.» Portò una mano nei capelli smuovendoli un po' per darsi arie. «Ci penso io. Ma ad una condizione.» Sollevò l'indice e lo sventolò. «Indosserai questo vestito e Dorothy esploderà di gelosia, quando vedrà così tanta bellezza.» La guardai di sottecchi visto che mi stava riempiendo di complimenti e sbattei le ciglia. «Affare fatto?»
Mi alzai di scatto per darle un enorme bacio sulla fronte.
«Affare fatto!»
Thomas, a quel punto, ci regalò un applauso e mi passò il completo, incrociando le mani dietro la schiena. Forse quella era una buona scelta.
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Lasciammo tutti la magione per raggiungere il porto di Docklands Nord, dove era attraccato lo yatch di proprietà dei Miller.
I primi a mettere piede sulla passerella furono Oliver e la moglie, seguiti a ruota da Helen che venne aiutata da Darren. Quando toccò a me, quest'ultimo mi porse la mano e — spronata da Thomas dietro di me — l'afferrai quasi aggrappandomi visto che non era stabile e lo sorpassai. Dopo essere saliti tutti a bordo, ci mettemmo in viaggio per arrivare in giornata.
In pochi minuti, ci lasciammo alle spalle il porto.
Mi persi a contemplare il panorama splendido, l'acqua limpida che si stagliava fino all'orizzonte e il sole che lentamente stava calando.
Si era alzato una brezza più forte che mi scuoteva i capelli e il moro era appoggiato con un gomito al parapetto.
«Che spettacolo! Dublino è magica!»
«Di fronte a noi, c'è il Tom Clarke Bridge e collega North Wall a Ringsend, l'ultimo ponte sul Liffey che si apre nel porto di Dublino e nella Baia appena inoltre.» Spiegò indicandomi la direzione con un dito. «Di media, lo sollevano tre volte al giorno per consentire il passaggio fluviale.» Ammirai i palazzi e annessi grattaciali, spostando continuamente le ciocche dalle guance. I gabbiani sfioravano il pelo dell'acqua e il mio sguardo vagò un po' dappertutto.
L'acqua diventò man mano più turbolenta e Thomas rabbrividì. «Fa un po' freddo, andiamo dentro?»
Avendo visto abbastanza, acconsentii. Gli altri erano tutti seduti su un divanetto mentre Oliver e Dorothy stavano scattando delle foto. Lui aveva un sorriso finto sulle labbra ed era la moglie a cambiare pose.
Per poco non incespicò con il tacco quando si mise seduta.
«Cosa facevate lì fuori? Avete replicato della scena del Titanic?»
«Nora voleva vedere il mare.»
«Oh mia cara, questa è la prima volta per mare, è normale.»
Sospirai. "Non lo era. A vent'anni, avevo già provato quell'esperienza."
E il mio sguardo si focalizzò sull'uomo dai capelli ricci, che provava a incamerare più aria possibile nei polmoni, gonfiando le guance. Chiuse gli occhi per concentrarsi, ma era pallido come un cencio.
«Darren?» lo chiamò Thomas, vedendolo in quello stato. «Che succede? Stai bene?»
«No... S-Sto bene.» Farfugliò, ma dovette reprimere un conato.
«La pillola non ha fatto effetto?» Non rispose e la donna continuò. «Darren soffre il mal di mare.» Alzai le sopracciglia, scuotendo la testa, e poi rivolsi lo sguardo al diretto interessato. A sua volta, mi fissò e inspirò. «Se vuoi, sdraiati un po' sottocoperta.»
«No, passerà presto.» la rassicurò e gemette infastidito da quella sensazione che sentiva salirgli su per l'esofago, adagiandosi contro lo schienale. Vederlo così — in quelle condizioni — non fece altro che riportare a galla dei vecchi ricordi. Darren intercettò i miei occhi ma li abbassai.
***
Il mare irlandese era di per sé un'indomabile forza ed era conosciuto come il più infido.
Non bisognava sfidare le sue acque, specie se era in atto una tempesta. Il vento si era alzato e le onde ben presto avevano addirittura superato il bagnasciuga.
La nostra piccola barca rischiava di collassare e Darren — per prevenire il peggio — mi convinse a tornare indietro.
Presi la borsa dopo il nostro attracco e, sbuffando, raggiunsi il mio ragazzo in quel riparo di fortuna, usato dai pescatori.
«Volevamo andare ad Aran e guarda che tempo!»
«Il mare irlandese non perdona, Nora. Non si sa mai come si comporta. Non si può prevedere. Il tempo poi è peggiorato subito.»
«Stavamo navigando benissimo e hai deciso di tornare presto!» Non aprì bocca e quando lo fissai, notai che aveva una pessima cera e respirava quasi a fatica. «Darren?» Inclinai la testa. «Che succede? Stai bene? Sei malato?» Mi guardò di rimando. «È successo qualcosa?»
«No.» Allungò la vocale finale e increspai le labbra. «Sto... bene.»
«Allora, perché sei pallido?»
Scrollò le spalle. «Avrò mangiato qualcosa che mi ha fatto male.»
Mi mordicchiai il labbro inferiore. «Non mangiamo da così tante ore.» Mi sporsi e appoggiai la mano sul suo braccio. «Hai la nausea? Dimmi la verità, Darren.»
«Nora, che c'entra? Un uomo adulto può avere il mal di mare?»
«Dì la verità, Darren!»
«Sono un bambino? Quale "mal di mare?" Non ho niente.» Gettai la testa all'indietro ridendo e battei le mani. «No...»
Mi tappai le labbra vedendolo con la mano sullo stomaco. «È da quando siamo partiti che insistevi per tornare. Potevi dirlo prima, Darren. Perché non l'hai fatto?»
«Non... ridere.» biascicò. «Nora, non ridere! Non-ridere!» Guardò dinanzi a sé e chiuse gli occhi. «Mi hai distrutto! Mi hai distrutto!» Mi accigliai. «Da dov'è venuta quest'idea di voler andare in barca oggi e mi sono detto “la mia fidanzata lo vuole tanto... e devo accontentarla”, resisti Darren, ma io... io...» Si azzittì scattando in piedi.
«Oh, mio Dio!»
«Mi sento male...»
Si allontanò per non vomitare di fronte a me e scoppiai in una fragorosa risata, che inondò il posto.
***
Quando tornai alla realtà, un sorriso mi aleggiava sulle labbra. Piuttosto che confessare di avere quel malessere, si sarebbe volentieri tagliato una mano. Darren era sempre stato orgoglioso fino al midollo.
Per tutto il tempo lo osservai di rimando, il colorito del suo incarnato era ancora cianotico.
«Sei felice di essere venuta al mare? È la tua prima volta su uno yacht?» Dorothy mi fece distogliere l'attenzione da lui.
«No, ho sempre amato il mare.»
A Doolin si poteva fare affidamento allo spettacolo più mozzafiato, ovvero quello delle scogliere, che era situato a picco sull'oceano.
«Certamente. In Russia non c'è il mare. Vero, Thomas?»
«Esatto.» Stese le braccia sui bordi del divanetto mentre accavallavo le gambe le une sulle altre. Poi guardò il panorama fuori dalla finestra ignorando la castana e ci scambiammo un'occhiata. Darren tossì e continuai a tenerlo d'occhio, anche se non avrei dovuto.
Giungemmo poi sull'isola quando il sole era già sparito e il cielo si era tinto di rosa e arancione.
~🦋~
Quella sera, il padrone di casa ci preparò una cena sostanziosa e prendemmo posto a tavola.
Il signor Turner — un uomo di mezz'età, con la barba grigia e un completo elegante, era intento ad asciugarsi la bocca con il tovagliolo.
«Nell'attuale situazione, i buoni affari si svolgono in Medio Oriente, Europa e Balcani. All'inizio, non volevo essere coinvolto in questo genere di cose. Non lo so, mi sembrava di non capirci nulla. Poi, in qualche modo, ha funzionato.» Rivolse a tutti un sorriso smagliante.
«Sta facendo uno splendido lavoro, signor Turner. Sono colpito!» si complimentò Oliver.
«Grazie...»
«Stephen caro, perché continuare a parlare di lavoro? Annoierai i nostri ospiti.» gli fece notare la moglie con dolcezza. «Godiamoci questa bella cena.»
«Hai ragione, cara. Cambiando discorso... Raccontami un po', Thomas. Com'era la Russia? Era difficile vivere lì?»
Mi drizzai contro lo schienale. «All'inizio, è stato difficile, poi ci si abitua. L'unico problema è la noia. Cioè... Ti annoi.»
«Ma non direi, guarda che bella famiglia hai creato!» indicò me con un cenno della mano.
«Sì. E sono tornati per rimanere qui. Anche se volessero andarsene, non li lasceremmo più andare.»
«E perché dovrebbero? Hanno una vita fantastica qua.» Bofonchiò la castana. «Non è così?» Thomas però la ignorò.
«La lingua russa è molto difficile, vero?» Continuò. «Ci ho lavorato per anni, ma non so una parola! Non riesco nemmeno a pronunciare la più facile.»
«Già, è molto difficile.» Concordò.
«Nora cara, come ha imparato? Ha fatto dei corsi?» chiese invece la moglie. A quella domanda un po' scomoda, Thomas riprese la serietà e alzò gli occhi.
«No, non li ho fatti...»
«Una persona è comunque costretta ad imparare la lingua, quando entra in un negozio o lavora.» Annuii mentre spiegava.
«C'è una cosa che mi incuriosisce. Esistono le notti bianche, no? Che succede? La notte diventa giorno? Oppure viceversa?» Domandò Dorothy.
«Noi, ecco...»
«L'abbiamo visto assieme, Nora.» Mi suggerì Thomas. «Ricordi, le notti bianche... Tesoro?»
«Sì...sì... Davvero belle.»
Per fortuna, Thomas con il suo intervento riuscì a smorzare la tensione che stava prendendo il sopravvento su di me.
«Sai, cosa voglio fare? Un bel viaggio in Russia!» annunciò la castana.
«Ma hai detto che non ti piace il freddo. Preferivi le Maldive.»
«Voglio vedere le notti bianche.»
Il marito accennò un falso sorrisetto e il padrone riprese. «Facciamo un brindisi!» Si alzò dalla sedia, prese il calice e ci invitò a prendere i nostri. «Alla nostra collaborazione. È solo l'inizio. Ah, come si dice in russo "Salute?"»
«здоровье (Salute)!»
«здоровье. Va bene.» ripeté il signor Turner e alzammo in aria i bicchieri, prima di bere qualche sorso dello champagne pregiato.
«Allora, porto il dolce.»
«Non si disturbi, per favore. Ormai siamo pieni. Forse potremmo fare una passeggiata?»
«Perché? Stiamo così bene seduti qui... a parlare in russo. Per favore, non andate.»
«Tesoro, non ho detto che devi farlo per forza. Se qualcuno vuole, può venire con noi. Che ne dici, Darren?»
«Va bene, vita mia. L'aria fresca mi farà bene.»
«Nora, Thomas... vogliamo andare a fare una passeggiata?»
Dorothy mi riservò un sorrisetto, chiedendomi di rimanere lì con lei. Osservai il moretto di fronte a me che si schiarì la voce.
«Se vuoi, possiamo fare una passeggiata. Inoltre, puoi vedere l'isola.»
Annuii. «Sì, sì...»
«Bene, allora alziamoci.»
Salutammo i padroni di casa ringraziandoli per la gentile accoglienza e Oliver fece una battutina sul fatto di voler costruire un hotel lì, mentre la moglie scoppiava in una risata imbarazzante. Il signor Turner ci indicò l'uscita e abbandonammo la sala.
~🦋~
Iniziammo ad incamminarci in una strada poco trafficata, circondati dal silenzio e avvolti nei pesanti cappotti, dato che le temperature si erano abbassate. Sicuramente era un posto dove non c'era spazio per il caos, si andava lì per rilassarsi.
«Se fossimo stati in città, saremmo corsi da qualche parte. Invece guarda quanta calma si respira e stiamo camminando.» Mentre muovevo un passo dopo l'altro mi fissai i piedi. Poi la donna all'improvviso fece un verso di stupore. «Thomas, ti ricordi questa casa?»
L'abitazione si ergeva proprio di fronte a noi e il moro accigliandosi la fissò a sua volta.
«No...»
«Dici davvero? Papà l'ha affittata una volta e abbiamo trascorso l'intera estate qui.»
«Ah, sì... e tuo padre ti ha anche comprato una bicicletta.»
«Sì. Mi hai insegnato tu ad andare in bicicletta. Sono anche caduta girando in questo punto.»
«Perché non ti avevo ancora insegnato a girare e hai preferito fare di testa tua.»
«Tipico di Helen.» Dichiarò Darren guardandola di sottecchi. La biondina gli sorrise complice.
«Fa' sempre quello che vuole, già.» Aggiunse Thomas.
A quel punto, abbassai di nuovo lo sguardo sull'asfalto, trovandolo interessante.
«C'era una caffetteria da queste parti o sbaglio?»
«Sì, mi chiedo se sia ancora lì.» Thomas alzò le spalle e una sinfonia allegra si propagò nell'aria. «Che musica è?» si chiese la biondina.
Era una di quelle musiche tradizionali che si ascoltavano passeggiando per le strade di Doolin dai pub aperti.
«Dashing White Seargeant?» Ipotizzò Darren.
«Sembra che ci sia un matrimonio...» Dissi.
«Partecipiamo anche noi?» Propose con gli occhi che le brillavano e slittai i miei sul moro.
«Al matrimonio?»
Voleva imbucarsi ad una festa?
«Helen, non essere sciocca. Vuoi andare al matrimonio di persone che non conosciamo?»
Lei sghignazzò. «Sì, Darren! Che c'è di male? Balliamo, ci divertiamo! Cosa vuoi che succeda? Ci cacceranno? Dai, andiamo a vedere.» Lo pregò facendo gli occhi dolci.
«Sei seria?»
«Molto seria! Andiamo a vedere!» Lo spronò a camminare mentre io e il ricciolino restammo per un attimo immobili, indecisi su cosa fare.
Thomas si voltò verso di me. «Andiamo anche noi, Nora. Diamo retta a questa donna fuori di testa, cosa possiamo fare?»
Mi limitai a fissarlo con le mani infilate in tasca e proseguimmo.
(Anna POV)
La mamma e Thomas sarebbero rimasti fuori casa per quella notte e mi sarei occupata di mio fratello, che il più delle volte, faceva sempre i capricci.
Mentre andavo verso la stanza della mamma, distratta da quei pensieri, mi sentii chiamare.
«Anna?» Mi bloccai di colpo e notai Layla seduta sul divanetto. «Puoi aiutarmi?»
«Certo, in cosa?»
«Voglio comprare un vestito, ma non riesco a scegliere.»
«Non hai abbastanza vestiti?» Chiesi, accomodandomi al suo fianco.
«Voglio indossare qualcosa di nuovo.» Smanettò sul telefono di ultima generazione e si rivolse con il busto totalmente nella mia direzione. «Guarda, com'è... secondo te?»
Ingradì l'immagine, mostrandomi un vestitino rosa corto plissettato e poco più sotto un altro di colore verde.
«Mhm... Sono due stili diversi. Dove devi andare?»
«La mia amica compie gli anni questo fine settimana. Ha affittato un locale bellissimo. Farà una diretta su Instagram. Sarà un modo per fare promozione sia a lei sia al locale. Otterrà dei nuovi iscritti.»
«Che succede se si hanno nuovi iscritti? Guadagna soldi?»
Alzò gli occhi al cielo riflettendo. «No, il suo problema non sono i soldi. Non è un influencer, ha già i soldi.»
Inclinai leggermente il capo. «Vale a dire? Non ho capito quello che hai detto alla fine.»
Layla mi fissò allibita, come se mi fosse spuntato un terzo occhio. «Tesoro, vivi nello spazio? Non capisco come tu non possa avere Instagram.» Abbassai la testa, a disagio. «Vuole che tutti la vedano e la ammirino, come ogni giovane ragazza. A dire il vero, anche tu sei giovane, ma... Perché sei così? Perché sei arrivata a Dublino e non hai ancora amicizie.» La guardai. Era una storia lunga. «Non esci, non vai da nessuna parte. Non hai amici. O tua madre non te lo permette?»
«No, non è per quello. Mia madre non dice nulla.»
«Allora vieni con me alla festa! Divertiamoci!»
«No. Questi posti non sono fatti per me.»
«Come vuoi...» Scrollò le spalle e la sua aria delusa sparì in un istante quando riportò gli occhi sullo schermo. «Bene, quale mi consigli di prendere?» Scorse su uno blu, corto fino al ginocchio, e lo indicai con l'indice.
«Questo è bellissimo!»
«Non andrò ad un concerto di musica classica, Anna. Vado a divertirmi e a ballare.» Sorrisi. «Aspetta, ti faccio vedere il locale.» Mentre mi mostrava l'immagine, ricevette una notifica e quando la aprì spuntò la foto di un ragazzo. «Cos’è questo?»
«Quello lì è Andy?»
Mi ignorò, continuando a contemplare la foto del ragazzo. «Guarda, guarda... Appena arrivato a Dublino e ha già condiviso una foto. Certo, è impossibile non scattare una foto accanto a una macchina costosa. Non se n'è accorto, molto divertente.»
Drizzai la schiena. «Non penso sia divertente, e tu stai lontana da lui.»
«Perché?»
«Non diventare sua amica.»
«Come lo conosci? Era in Russia?»
«Me l'ha detto mia madre, quindi lo so da lei. Cioè... È un uomo inaffidabile. Comunque, vado a dormire.» Mi rimisi in piedi. «Buonanotte, Layla.» La lasciai ancora lì, entrando in camera.
“Continuing...”
Eccoci qui per l'aggiornamento pre—natalizio, dato che manca esattamente 1 sola settimana a Natale, per cui CI SARÀ un aggiornamento post-natalizio (ci lavorerò nei prossimi giorni.)
Allora... Nora e Thomas hanno deciso di nascondere a vicenda che Alan ha scoperto la verità e che Helen era sul punto di farlo.
Nel frattempo, i nostri cari ragazzi sono partiti per una cena di lavoro raggiungendo l'isola di Bull Island. Vi faccio vedere:
È situata nella baia di Dublino (si raggiunge anche tramite un ponte che la collega a Dublino stessa, però ho deciso di fare il percorso per mare tramite lo yatch di proprietà della famiglia Miller, essendo che sono ricchi sfondati.) Beati loro eh!
Invece nel flashback, Nora e Darren vogliono raggiungere le isolette Aran che in tutto sono tre, attraverso le Cliff of Moher.
(Sono in foto)
Dopo aver dato queste due piccole dritte, passiamo al nocciolo della questione!
Abbiamo avuto un momento pseudo romantico quando a Nora si è inceppata la cerniera 🤣 E niente, ragazzi, questa storia tra i Nommy non decolla mai... 🥺
Che ne pensate invece del tentativo di Helen di togliersi la vita? Credete che sia quello il motivo che abbia spinto il nostro ricciolo a restare al suo fianco?
Inizieremo pian piano ad addentrarci nella vera vicenda dei quattro protagonisti principali— che ricordo: non è per i cuori sensibili, perché tratta di tematiche molto complesse.
Non mancheranno nemmeno i colpi di scena per questo capitolo otto, che come già suggerisce il titolo, potrebbe essere estremo...
Ma lo scoprirete... leggendo!
Attendo i vostri interessi pareri sui commenti. ❤️
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