7.3 - Fuoco che arde 🦋
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«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»
FUOCO CHE ARDE
Capitolo 7
(Terza parte)
(Helen POV)
Continuai a fissare la direzione in cui era sparito mio marito e mi parve di rivivere la medesima situazione di sette anni prima. Dopo un anno, formalizzai la relazione con colui che mi aveva tratto in salvo da una macchina in fiamme e decisi di prendere un appartamento a Londra dove avremmo potuto vivere insieme. Darren approvò la scelta della convivenza e visto il mio animo "festaiolo", un giorno decisi di organizzare una festa...
<sette anni prima>
Invitai gli amici dell'università per permettere anche al mio ragazzo di conoscerli e conversare, poichè Darren trascorreva le giornate isolandosi dal mondo o in mia compagnia. Una musica disco particolarmente forte inondava il luogo, gremito di gente che ballava, beveva e chiacchierava. Un mio amico ci servì un drink a testa e propose di fare un brindisi. Alzammo in aria il calice facendoli scontrare e sorseggiai il liquido frizzante, muovendo sinuosamente il bacino per accompagnare quei movimenti. In seguito il mio sguardo si focalizzò sul riccio, restìo ad unirsi alla mischia e appoggiato con una spalla all'angolo di una parete. Nonostante lo avessi pregato di mettere uno smoking, lui non mi aveva dato retta indossando un cardigan di lana e un pantalone. Poco dopo, tornai ad interessarmi della discussione dei miei amici, ma quando non lo vidi più nell'open space decisi di andare a cercarlo. Non fu difficile immaginare dove si fosse diretto e salendo le scale, lo notai seduto sul divanetto con i gomiti puntellati sulle ginocchia e il bicchiere ancora in mano.
«Darren. Che ci fai qui? Ti ho cercato ovunque.» Mi avvicinai e la sua faccia cupa come il cielo londinese fuori dalla finestra era il chiaro segnale che volesse essere lasciato in pace, ma non me la sentii, così mi accomodai. «Cos'è quella faccia?»
«Che dovrei fare, Helen? Dovrei fingere che non mi importi niente ed essere felice in mezzo alle persone? Sai che non posso, Helen. Che posso farci?»
Sorrisi. «Che vuoi dire?»
«Non hanno problemi?» Domandò posando la mano sulla gamba girandosi verso di me. «Sul serio... Sono molto curioso. Hanno mai commesso qualche errore?» Increspai la fronte confusa dal discorso che aveva tirato fuori. «Hanno sperimentato il rimorso nella loro vita? Non hanno nessun problema? È strano... Tutte le persone hanno dei problemi, giusto? Conosci forse qualcuno che non ne abbia?»
«Non lo so... Cioè, qual è il tuo problema? Conduci una vita bella, hai una fidanzata altrettanto meravigliosa, degli amici splendidi.»
A Darren sfuggì una risatina isterica. «Amici splendidi?» Ripeté con tono pieno di sarcasmo. Accennai un sorriso. «Helen, quelli non possono essere miei amici. Hai mai conosciuto i ragazzi che provengono dalla mia zona? No. Fidati, loro non hanno nulla a che vedere con quelli al piano di sotto.»
«Allora chiamiamo i tuoi amici del quartiere, Darren.» Proposi.
Il giovane si passò l'indice sotto l'occhio e si strofinò le labbra con la mano. Si ostinava a tenermi all'oscuro del passato, anche se morivo dalla voglia di conoscere a fondo la persona che amavo. «Perché non mi presenti alla tua famiglia o ai tuoi amici?» I suoi muscoli facciali si contrassero e capii di aver toccato un tasto dolente. «Okay... Tu non hai mai conosciuto i tuoi genitori e sei cresciuto in un orfanotrofio, lo so benissimo. Ma hai trovato il modo di costruire il tuo futuro, ti sei rialzato con le tue forze. Voglio dire... Non hai degli amici? Non c'è proprio nessuno nella tua vita?»
Per qualche secondo, preferì rimanere in silenzio a contemplare il vuoto. Sembrava riflettere e attesi che rispondesse.
«C'era.» Inclinai la testa da un lato e il tono si alterò. «Ma li ho abbandonati. È così! Ho distrutto tutto. Ho fatto in modo che tutti quelli che amavo, mi odiassero. Ce l'ho fatta! Ho raggiunto il mio obiettivo. Chiedimelo, avanti! "Darren perché sei così solo in questa vita?" e io ti risponderò. Domandalo!» mi incalzò con una voce graffiante e la vena sul collo che pulsava fino ad esplodere. «Sai perché? Perché sono il più grande stronzo sulla faccia di questo pianeta. Ecco perché!»
La furia trasudava da ogni sua frase urlata a squarciagola mentre agitava il braccio, poi si curvò in avanti, coprendosi la bocca e liberò un sospiro.
«Darren, forse hai esagerato un pochino con l'alcol? Vuoi andare in camera a riposare? Sembri infelice.»
«Perché sono infelice, Helen.» Lasciai scivolare via la mano dalla sua spalla, interrompendo le soffici carezze. «Sono terribilmente infelice... E lo sarò per il resto della vita. Lo so.» Abbassò lo sguardo e fissò se stesso per poi schioccare la lingua sotto il palato. «Che ci faccio ancora qui...» Tirò uno schiaffo sul ginocchio e strattonò un lembo del cardigan - che gli avevo comprato in una delle boutique di Oxford Street. «Guardami! Perché faccio questo a me stesso...» Tracannò il drink in un unico sorso e serrò le palpebre a causa del forte bruciore allo stomaco. Un nodo si formò alla base del mio.
«Siamo una coppia, Darren. Forse è per questo che sei qui?»
Si voltò di scatto, i suoi occhi erano lucidi. «Ma io non sto bene, Helen. Non vedi in che stato mi trovo? Non posso respirare. Sto soffocando!» Fece un altro sospiro. «Non posso. Questo non è il mio posto. Scusami... Non posso. Non posso...» Si alzò di scatto e posò il bicchiere vuoto sulla mensola della libreria. Poi si allontanò da me.
«Darren!»
Anch'io balzai in piedi per seguirlo, poi mi bloccai con espressione triste e braccia inerti ai fianchi. Quel giorno, Darren uscì dalla porta senza fornire spiegazioni e mi voltò le spalle.
***
Quello era stato un crudele deja-vu, qualcosa che non voleva replicare per la seconda volta. Lui aveva rischiato di fare a pezzi il futuro che sognavamo, ma stavolta non avrebbe avuto lo stesso epilogo. Darren non avrebbe lasciato né me, né il nostro bambino e solamente per un assurdo capriccio.
«Non potrai allontanarti da me, Darren.» mi dissi tra me e me assumendo un'espressione imperturbabile. Era una promessa che facevo a me stessa per proteggere la nostra famiglia dalla distruzione e avrei lottato questa guerra per trionfare. «Non capiterà di nuovo. Mai più.» Girai i tacchi e mi incamminai per uscire dalla foresta, facendo ritorno alla villa.
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«Helen!» gridò mia madre mentre scendevo le scale con la testa tra le nuvole. «Dov'eri finita? Hai lasciato a noi l'organizzazione di questa festa. Gli operai continuano a chiedere dove mettere questo o quello. Occupatene tu.»
Spostai lo sguardo verso l'uomo di corporatura robusta che aspettava le prossime istruzioni e misi le mani sui fianchi. Trassi un languido sospiro. «Non ci riesco. Non sono dell'umore.»
Mia madre sgranò gli occhi e fissò Dorothy, ugualmente sorpresa. «Che cosa significa che non sei dell'umore, Helen? Ti ricordo che sei stata tu a dire a tavola che ti saresti impegnata per i preparativi. Tu l'hai iniziata e tu finirai questo lavoro!» mi ordinò tassativa mentre premevo la mano contro la fronte.
«Io non muoverò un dito, te lo dico.» anticipò mia cognata alzando la mano. «Non ho voglia di partecipare all'organizzazione di questa pagliacciata!»
«Mamma, ti prego, occupatene tu. Ti ripeto che sono dell'umore.»
«Ti prego di non coinvolgermi. Andrò in camera mia e rimarrò lì finché tutto questo non sarà finito.» Poi si sollevò e mi passò accanto per dirigersi al piano superiore. Rivolsi un sorriso alla moglie di mio fratello, che però seguì lo stesso copione: con una scusa di essere molto occupata si defilò. A quel punto, rimasi da sola nel mezzo del salotto e l'operaio mi rifece la stessa domanda, alludendo alle decorazioni nuziali.
Dato che non potevo tirarmi indietro e deludere gli sposi, mi rimisi a lavoro.
(Thomas POV)
«Dai, posso aprire gli occhi?»
«Aspetta un momento, non ho ancora finito.» Rispose il bambino e - per qualche istante, - non fiatò, dato che stava per allacciarmi qualcosa attorno al collo.
«Bene, ho finito. Puoi aprire!»
«Allora li apro!»
«Aprili!» Confermò.
«Ecco...» Spalancai le iridi per poi alzare il cellulare e puntarlo dritto in faccia. Con la fotocamera interna misi a fuoco un papillon di un giallo sgargiante. Increspai un enorme sorriso. «Wow! È bellissimo.»
«Lo penso anch'io.» Battemmo un dieci con entrambe le mani, poi il piccolino interpellò Nora - che era entrata nella camera -. «Mamma, ho fatto un papillon per entrambi. Ti piace?»
Lei annuì con le mani ai fianchi e un sorriso dolce sul volto. «Sei stato bravissimo tesoro. Sono venuti benissimo.»
«Ne vuoi uno anche tu?»
«Credo che la mamma abbia bisogno di un mazzo di fiori. Va bene?» gli suggerii riportando gli occhi su di lui.
«Va bene, ma devi aiutarmi.»
«Certo.»
Il bambino si girò per prendere i restanti cartoncini sullo sgabello e Nora lo chiamò. «Charlie, vieni.»
«Mamma, lasciami finire...»
«Solo un secondo. Devo dirti una cosa.» Insisté afferrandogli il braccio e trascinandolo verso di sé, mentre si accomodava accanto a me ai piedi del letto matrimoniale. Si prese il tempo necessario per iniziare quel discorso complicato per uno della sua età. «Sai che io e Thomas - mi guardò di sfuggita - non ci sposeremo davvero, giusto?»
«Perché? Avete cambiato idea?»
«No, no nessuno ha cambiato idea. Abbiamo finto in modo che tutti pensassero che Thomas è tuo padre e che io sua moglie, ricordi? Ora lo facciamo per renderlo più credibile, d'accordo?»
Charlie si rattristò e slittò gli occhi su di me. «In realtà, stiamo facendo un gioco. Ma tutti penseranno che sia vero. Immagina che sia un gioco tra di noi, capito?»
«Sì, ho capito.» Dopodiché tornò a guardare sua madre. «Ma di sotto sarete la sposa e lo sposo.» Entrambi annuimmo. «E io indosserò un vestito.»
«Certo che sì!» Acconsentii a quel compromesso e Nora roteò gli occhi al soffitto. Era da ieri che il piccolino desiderava una cravatta e un vestito elegante per quell'occasione. Non gli avrei negato quel desiderio.
«Ok, allora abbiamo un accordo.» Dichiarò allacciando le mani dietro la schiena e dondolandosi sui talloni avanti e indietro.
«D'accordo.»
«Mamma, ci porti del latte?»
«Tesoro, è latte alla cannella.» Precisò Nora.
«È lo stesso, ce lo porti?»
Portò le mani ai lati del viso accarezzandolo più volte. «Ok, te lo porto. Vuoi un cupcake?»
«Certo.» Nora si rialzò dandogli un dolce bacio sulla fronte e si diresse direttamente alla porta. «Andiamo?» Mi esortò e senza perdere tempo presi posto sul divanetto. Chiesi al bambino quale colore volesse per il bouquet, ma portò le mani nelle parti basse, a disagio.
«Papà... Devo fare pipì.»
«Dai, vai in bagno.»
Intanto iniziai a scovare tra i vari cartoncini sparpagliati e afferrai un quadratino giallo, ma improvvisamente Charlie sbuffò.
«Uffa!»
Mi accigliai. «Cos'è successo?»
Non doveva andare in bagno...
Come mai ci aveva ripensato?
«Vorrei che questo matrimonio fosse reale!»
«In che senso?»
Si avvicinò un po' di più a me.
«Papà, se solo tu potessi sposare davvero la mamma... così saresti il mio papà per tutta la vita.» Non appena sbatté la porta del bagno, quelle parole fossero scaturite dal desiderio di avere la famiglia che aveva sempre sognato, non potevo negare che quella prospettiva sarebbe piaciuta anche al sottoscritto.bPer anni avevo vissuto con un senso di solitudine marchiato nell'anima dedito al mio lavoro e quando avevo incrociato il loro cammino per la prima volta mi ero sentito felice, completo. «Sarebbe fantastico, figliolo...» Sussurrai più a me stesso. «Sarebbe bellissimo...» Ma era un sogno, non avrebbe avuto senso sperare in ciò che non poteva accadere e alla fine di quella vicenda le nostre strade avrebbero preso direzioni opposte.
(Darren POV)
Uscii dalla villa e raggiunsi il castano, che poco fa mi aveva fatto un crudele tiro mancino comunicando ad Helen che ero andato nel bosco. "Come aveva potuto fare un gesto simile sapendo a quello a cui andavamo incontro? Darci in pasto ad Helen senza scrupolo?".
Quando mi avvicinai, gli diedi una spinta vigorosa al braccio, sbilanciandolo leggermente tanto da spostarlo dallo sportello della macchina a cui era appoggiato.
«Cosa diavolo stai cercando di fare? Vuoi giocare con me?» Ero adirato e lo guardai in cagnesco.
«Questo non è un gioco, Darren. È la realtà. Volevo creare dinamiche interessanti. Ammettiamolo, è stata una bella mossa. Il cuore ha battuto forte.»
«È stato così, Andy. Bravo, mi hai spaventato e messo alle strette. Cosa devo fare ora? Temerti e chinare la testa? Se è questo il tuo unico obiettivo... sappi fin da ora che ti distruggerò.» Diminuii i puerili centimetri che ci dividevano e gli assestai un potente pugno sul petto. «Non avrò pietà. Capito?»
«Ovviamente, Darren. Chi sono io per spaventarti.» Feci scivolare il braccio lungo il fianco e gli staccai gli occhi di dosso. «Ma hai frainteso nel bosco. Dopotutto sono un ragazzo giovane. Ho anch'io il mio orgoglio. Per questo, l'ho fatto.» Il suo ghigno provocatorio non tardò ad affiorare sulle labbra carnose. «Ma non devi aver paura.» Il suo commento mi fece sorridere. «Non ti sacrificherò. Mi sei ancora molto utile.»
«Continui a parlare di sacrificio.» Gli agguantai la cravatta e gliela stritolai fra le dita guardandolo di sottecchi. «Andy, fatti furbo... O sarai tu la vittima sacrificale.» Quando mi voltai, vedendo mio suocero venirci incontro, mollai la cravatta e gli diedi due pacche altrettanto forti sul petto.
«Benvenuto.» Lo salutò Matthew ed Andy si schiarì la voce, rivolgendogli un cenno con il capo. «Complimenti per il nuovo lavoro.»
«Grazie, signore. Il merito è tutto del signor Darren. Mi ha aiutato, in un momento difficile.»
«Bene. Avevamo bisogno di un autista. Specialmente per le donne. Le accompagnerai dovunque loro vogliano.»
«Certamente, signore. Conti su di me.»
«Dove alloggi? La tua abitazione è nelle vicinanze?» cambiò discorso l'anziano.
«Ehm... Non ho ancora trovato una sistemazione. Per il momento ho preso una camera nel suo hotel.»
«Ma non puoi stare lì. Il nostro vecchio autista soggiornava in un appartamento della casa padronale. Vedremo di sistemarla. Lo chiederò ad Alan.»
«Voglio dire... Se al signor Darren sta bene, allora andrà bene anche per me.»
Il signor Matthew mi avrebbe chiesto presto il mio appoggio per quella decisione e sebbene non mi allettasse, ero costretto dagli eventi a non rifiutare.
«Hai avuto una buona idea, Matthew. Starà nella casa padronale.» Osservai il castano di fronte a me. «Sarà a portata di mano.»
Andy, ricevuto anche il mio consenso, riservò a mio suocero un altro inchino in segno di ringraziamento. «Grazie molte. Non mi avete abbandonato nel momento del bisogno.»
«Allora, congratulazioni.»
Andy fece un altro cenno d'assenso e puntò lo sguardo direttamente su di me. Non potevo tirarmi indietro e instillare dei sospetti in qualcuno, anche se quella situazione non mi piaceva. Dovevo trovare il modo di mandarlo via dalla villa, altrimenti la sua presenza ci avrebbe rovinato i piani.
(Nora POV)
Quando entrai nella cucina per bere il latte, rallentai bruscamente il passo trovandomi davanti la moglie del riccio, seduta vicino alla penisola immersa nei suoi pensieri.
La superai per aprire il frigo, continuando ad osservarla.
La donna si asciugò il volto, come se avesse appena pianto.
Presi la tazza dalla credenza e mentre svitavo il tappo della bottiglia, il mio sguardo si focalizzò sullo stesso soggetto. Versai il latte e recuperai per ultimo un fazzoletto dal cassetto. Helen trasse uno sbuffo.
«Va tutto bene?»
A quel punto, alzò la testa e tirò su con il naso. «Non va bene per niente, Nora.» Mi bloccai con la tazza stretta in mano e il tovagliolo nell'altra. Scosse la testa più volte. «Se non ne parlo con qualcuno, diventerò pazza.» Mi sedetti sullo sgabello, appoggiando la tazza sul tavolo.
«È successo qualcosa di brutto?»
Si lasciò andare ad altri sospiri. «C’è una donna che sta confondendo i pensieri di Darren.» La fissai sbattendo semplicemente le ciglia. Il volto di Helen continuava ad essere rigato dalle lacrime, che cercava di spazzarle via. «Darren non è mai stato... amorevole. Voglio dire... Come posso spiegare. Ha sempre mantenuto le distanze. È sempre stato lontano da tutto e tutti. Era un uomo solitario.» Storse le labbra in una smorfia pensierosa e riprese. «All’inizio, pensavo che fosse fantastico. Essere una persona ponderata, riservata e riflessiva. Molto attraente, giusto?» Chinò la testa. «Ma non è così. Quando questo stato d'animo non migliora... non posso evitare di chiedermi che forse-» Fece una pausa. «Non è mai stato innamorato di me.» Le lacrime scivolavano imperterrite sulle guance. «Forse l'ho inventato nella mia testa, non lo so. Veramente, ma... Noi non siamo come voi due. Intendo te e Thomas... Sembrate così sinceri. Delle volte vi invidio.» Distese le braccia intrecciandosi le dita. «Dal momento in cui siamo arrivati qui, Darren è sembrato ancora più distante. Molto pensieroso. Più riflessivo e angosciato. Come se stesse pensando costantemente a qualcosa. C'è qualcosa nella sua mente, come se fosse in un luogo diverso. Penso che sto perdendo mio marito, Nora!» Esclamò esternando tutta la disperazione. A momenti sarebbe di nuovo scoppiata a piangere. Portò la mano alla fronte e cominciò a singhiozzare. Non sapendo come reagire — date le mie colpe — le appoggiai la mano sulla spalla per darle conforto, poi la allontanai. Si ricompose e puntò gli occhi su di me. «Oggi ho scoperto una ricevuta nella sua giacca. Ha comprato un bracciale per una donna. Adesso se dico che l'ho comprato io, non funzionerà. Perché io sono allergica all'argento, e Darren lo sa bene.» Sbuffò di nuovo e nascose la faccia fra le mani. «Scusami, davvero. In un giorno speciale come questo, non volevo annoiarti con questo discorso. E tu non hai nemmeno detto: “Helen, cosa stai facendo?” Thomas è come te. Si preoccupa sempre dei problemi degli altri piuttosto che dei suoi. Siete molto simili, e siete una coppia meravigliosa.»
«Grazie.» Mormorai imbarazzata abbassando il capo.
Helen picchiettò i polpastrelli sotto gli occhi per il timore di rovinare il trucco impeccabile che aveva. «Va bene, adesso mi riprendo. Scusami...» Si alzò in piedi sistemando le pieghe del pantalone. «Ehm... Farò delle ricerche al riguardo. Troverò quella donna.» Mi limitai a rimanere in silenzio guardandola e nei suoi occhi chiari si accese una scintilla di determinazione.
«Ma non ti rovinerà la giornata, lo prometto.» Io però stavo facendo di peggio, — nascondendo la verità su suo marito e il nostro passato — e ciò mi fece provare un potente senso di vergogna. «Ok, torno al lavoro. Anna mi aiuterà, stavolta non potrà sfuggirmi.» Cercando di tranquillizzarsi, si recò fuori dalla cucina. Per qualche istante, il petto si gonfiò e sgonfiò innumerevoli volte al pensiero che Helen potesse risalire alla vera identità di quella donna, ovvero la mia. Un'ondata di terrore mi pervase dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli.
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Salii al piano di sopra marciando verso la mia stanza, quando la sua voce mi giunse alle spalle. «Nora!» Non volevo avere nulla a che vedere con lui. Lo ignorai e nel mentre posavo la mano sulla maniglia, Darren mi afferrò il braccio. «Aspetta un minuto, ascolta...»
Voltandomi, mi divincolai da quella presa e gli lanciai un'occhiataccia, irritata. «Non osare toccarmi di nuovo.» Intimai sollevando l'indice per poi entrare dentro e sbattere la porta. Ne avevo le tasche piene delle sue patetiche scuse.
“Cosa voleva dirmi?” Avevo già una mezza idea dell'argomento che avrebbe tirato fuori.
(Helen POV)
I preparativi del matrimonio erano in pieno svolgimento e il catering stava lavorando a pieno regime per occuparsi del cibo, che avremmo servito ai nostri ospiti. Io e Dayane stavamo controllando che tutto andasse bene e quest'ultima era particolarmente nervosa. Un ragazzino stava per far scivolare una cassa a terra e le scappò un urlo. «Dio, fa’ attenzione! Stringi la scatola più forte.» Lui annuì e seguì i colleghi verso l'entrata. «Signora Helen, non possono gestirlo da soli. Forse potrei controllare la preparazione.»
«Dayane, ti prego, ne abbiamo già parlato. Non toccherai nulla, faranno tutto da soli. Va bene?»
Acconsentì con un filo di voce e a quel punto mio figlio corse sul sentiero gridando. «Mamma!?»
«Cosa succede?»
«Mio fratello Charlie indossa un papillon, lo voglio anche io. Ti prego, ti prego.»
«Tesoro, perché improvvisamente mi stai chiedendo di un papillon? Ora non possiamo comprarlo. Sono occupata qui.»
«Ti prego, mamma! Ti prego! Voglio indossarlo anche io.» insisté con le mani congiunte in preghiera.
«Lo vuole così tanto.» Si intromise Dayane. «Signora Helen, se vuole può andare. Me ne occupo io del resto...» Propose.
Feci spallucce. «D'accordo, allora andiamo a comprare questo papillon. Prima devo prendere la borsa. Andiamo.»
Gli diedi la manina e mentre facevamo ritorno alla villa gli chiesi da dove provenisse questa idea tanto bizzarra.
(Anna POV)
Con un sorriso ampiamente soddisfatto, continuai a gironzolare per il salone che avrebbe ospitato la cerimonia e il suo aspetto era cambiato. Avevamo deciso di fare le cose in grande: c'erano candele per rendere l'atmosfera romantica, delle composizioni di fiori freschi che adornavano il corrimano, da cui avrebbero fatto il loro ingresso gli sposi.
Gli operai stavano terminando di aggiustare gli ultimi vasi e intanto, Dayane scese dalle scale. «Oh... Guarda questi fiori, le candele. È tutto bellissimo!» Gli occhi scuri le brillavano di stupore. «Se non mi vergognassi, sposerei di nuovo tuo zio Alan!» Poi guardò oltre le mie spalle. «No, no! Quel vaso è grande, va messo sul pavimento.» Indicò al ragazzo che lo stava per posizionare centrale sul tavolo. Poi si guardò attorno emozionata. Era buffa la sua espressione. L'unica nota stonata fu l'arrivo di mio padre.
«Che sta succedendo qui?»
Feci roteare il fiore e distolsi lo sguardo dal suo, non dandogli la minima attenzione.
«Zio Darren, mia madre e mio padre si sposano, per questo hanno decorato così.» Pensò mio fratello a spiegarglielo. Lui fece segno di aver capito.
«Zia Dayane, andiamocene da qui. Dobbiamo controllare a che punto è la sposa.» Le proposi indicandole le scalinate.
«Oh, hai proprio ragione!»
«Charlie. Non consumare tutta la batteria della mamma. Papà potrebbe chiamare...» Nel pronunciare quella parola, osservai la reazione dell'uomo che mi fissò a sua volta. Charlie rispose “va bene” e — girati i tacchi — andai di sopra.
(Darren POV)
«Che succede? Hai perso ancora?» chiesi avvicinandomi al bambino che aveva gli occhi incollati allo schermo del telefono. Mi sedetti al suo fianco e sollevò la testa.
«Zio Darren, non riesco a passare questo livello. Se continuo a provare perderò un sacco di vite.»
«Dici? Dallo a me, ci provo anch'io.»
Lui me lo consegnò e si rialzò. «Va bene. Oltretutto ho sete. Andrò a bere dell'acqua.»
Annuii. «D'accordo.» Quando scappò via, mi assicurai che non ci fosse nessuno nei paraggi e uscii dalla schermata del gioco. Entrai nella lista dei contatti e digitai il numero sulla tastiera, facendo partire uno squillo.
Tirai fuori dalla tasca il mio telefono è azionai il silenzioso.
Terminai la chiamata e osservai il numero comparso nelle chiamate perse... Tornai poi nella schermata di prima giusto in tempo poichè il piccolino tornò.
«Zio Darren, hai finito il gioco?»
«No, questo è un gioco difficile. Prendi, prova tu adesso.» Glielo diedi e si buttò sul divano. Appoggiai la mano sulla sua gamba e mi alzai, diretto verso le scale. C'era qualcosa che dovevo fare e in fretta anche... così mi fiondai all'esterno. «Andy!»
«Sì, signor Darren. Dove la porto?»
«Tu non vieni. Dammi le chiavi.» Ordinai allungando le mani nella sua direzione.
Mi tallonò come un cagnolino con il suo padrone. «Ma... eravamo d'accordo che avrei lavorato e guadagnato il mio stipendio.»
«Andy, ti ho detto di darmi le chiavi.» Bloccai ogni sua protesta e si ficcò le mani nella tasca del pantalone per poi darmela. Saltai così in macchina dal lato guida e misi in moto per allontanarmi da quel circo per la seconda volta.
(Nora POV)
Osservai il panorama dalla mia finestra senza un reale interesse, dato che nella mia mente risuonavano le parole di Helen, lo sfogo di una donna ignorata e bistrattata dal proprio marito.
La sua descrizione non corrispondeva a ciò che ricordavo di Darren, sul fatto che fosse taciturno e scontroso il 99% delle volte, ma a quanto pare era diventato così. Quelle frasi mi stavano mandando in tilt.
Toccai la fronte e la mano finì tra i capelli, strattonandoli all'indietro. Di questo passo, avrei perduto la ragione.
Il passo era breve e sottile.
«Cognatina! Eccoci qui!» Squittì la riccia entrando nella stanza, seguita a ruota da Anna. «Non potrai credere ai tuoi occhi quando vedrai il piano di sotto, fiorellino! Avanti, vestiti.»
Mise sul letto tutto l'occorrente, mostrandomi anche una piastra portata direttamente da casa sua. Mi chiese dopo come volessi i capelli, se lisci, ricci, oppure un raccolto sofisticato e portai le mani sui fianchi, guardandomi i piedi. Ero visibilmente a disagio.
«Mamma?» Alzai lo sguardo per fissare mia figlia. «Stai bene?»
Le feci un cenno d'assenso. «Bene. Non è niente.» La ragazza mi venne vicino per assicurarsi che non le stessi mentendo.
«Tesoro, non preoccuparti, è solo ansia prematrimoniale. Capita a molte donne di essere nervose il giorno delle loro nozze.»
«Adesso gli occhi di tutti saranno puntati su di noi. Non ci sono abituata.» Anna abbozzò un sorriso e Dayane replicò.
«Le persone devono abituarsi a tutto, mia cara. In fondo, devi dire solo di sì. Non farai un discorso davanti a tutti come la signora Helen... Ma lei adora stare sotto i riflettori come le star della televisione!»
«Mamma, dai, ti devi preparare.»
Anna euforica mi prese la mano e mi trascinò dall'altra parte della stanza, vicino alla postazione trucco e mi fece accomodare sullo sgabello di fronte allo specchio.
«Ascolta, Dayane... Non voglio niente di troppo esagerato, te lo dico.»
«Ah! Non hai ancora visto “niente di esagerato”.» Rispose impugnando la piastra che aveva già collegato alla corrente. «Lo capirai quando vedrai la signora Dorothy. Lei cammina con una corona funebre, santo cielo! Tu lascia fare a me. Farò del mio meglio per farti apparire splendida come ogni sposa che si rispetti... E se non ti piace, allora lo rifarò, ok?»
Iniziò subito a pettinarmi la lunga chioma bionda e, in quel momento, Charlie aprì la porta con il cellulare tra le mani.
Era da tutta la mattina che stava giocando. «Charlie... Sei ancora attaccato a quel cellulare! Avevi detto che non avresti giocato molto per oggi.»
«Va bene, mammina. La smetto.» Posò l'aggeggio sul mobile e tornai a guardare il mio riflesso allo specchio. Anna, nel frattempo, mi suggerì di mettere un rossetto che aveva scelto lei. Lo fissai reticente e non volle sentire ragioni, così fui costretta a darle retta. Mia figlia era testarda quando ci si metteva.
«Come sta bene sulla tua pelle di porcellana, tesoro. Sei una sposa favolosa! Mio cognato non ti staccherà gli occhi di dosso!» commentò Dayane e aggiustai eventuali sbavature con le dita. Poi Dayane passò a concentrarsi sull'ombretto, dichiarando che sarei scesa di sotto come un'attrice di Hollywood.
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Il risultato fu stranamente migliore di quello che mi aspettassi e lasciai scivolare la cascata di capelli ondulati sul petto, mentre due sole ciocche mi cadevano lungo il viso, mettendo in evidenza la spigolosità del mento. Le due mi contemplavano con degli enormi sorrisi stampati sulle labbra e dovevo ammettere che ero d'accordo con la loro opinione.
«Mamma, sei diventata bellissima!» si complimentò Anna.
«È merito di Dayane. Grazie.»
«Non c'è di che, fiorellino. Sono sempre felice di aiutarti. Oh... Devo andare a prepararmi. Anna, dai tu un'occhiata al salone se sono riusciti a sistemare tutto da soli.» Poi si rivolse a me. «Dov'è Thomas? Stavano per portare il tuo vestito e avresti dovuto essere pronta da un pezzo.» Strofinai le mani sul pantalone senza dire niente e il cellulare squillò. «Ah... Il fidanzato sta chiamando. Andiamo, Anna.» Mi voltai per prenderlo, visualizzando un numero che non era registrato nella rubrica. Non era Thomas a chiamare. Le due si dileguarono dopo gli ultimi complimenti e mi alzai in piedi per rispondere.
«Pronto?»
«Nora.»
Allontanai repentinamente il cellulare dal mio orecchio per guardare lo schermo. «Darren? Come hai fatto ad avere il mio numero?»
«L'ho avuto in qualche modo. Devo parlarti.» Roteai la testa. “Stava scherzando?”. «Sono al café giù alla strada.»
«Quale cafè? Cosa stai facendo, Darren?»
«Nora. Ti voglio parlare per l'ultima volta, ti prego. Poi non tornerò sull'argomento di nuovo, d'accordo?» Inspirai a pieni polmoni e continuò. «Vieni all'indirizzo che ti mando. Nessuno se ne accorgerà. Dista solo cinque minuti. Sarà una conversazione molto breve. L'ultima volta. Ti do la mia parola. Per favore.» Stavo per aprire la bocca e rifiutare, ma non mi diede il tempo. «Ti invio l'indirizzo, va bene? Ti aspetto.»
«A-Ascolta, Darren...» Troppo tardi, aveva già agganciato. Schioccai la lingua e posi le mani sui fianchi. Il suono di una notifica arrivò dopo mezzo secondo e aprendo il messaggio trovai la posizione sulla mappa.
Possibile che fosse così cocciuto da non volermi lasciare in pace?
(Darren POV)
Attesi seduto al tavolo che arrivasse — a quell'ora del pomeriggio non c'era praticamente nessuno, quindi nessun testimone dell'incontro. Tutto sarebbe avvenuto in grande segreto. Le avevo inviato un messaggio con la mia posizione e non facevo che tamburellare le dita sul tavolo, ricreando un motivetto musicale snervante. Ad un certo punto, il campanellino all'entrata cigolò avvisando dell'ingresso di qualcuno ed era lei.
Mi venne incontro e mi alzai in piedi per accoglierla.
«Nora... Sei venuta.» Era bella come il sole e i suoi occhi azzurri erano messi in risalto grazie al trucco più pesante del solito. «Grazie per non avermi rifiutato.»
«Come se mi avessi lasciato altra possibilità.» commentò con fastidio, mettendosi subito seduta dall'altra parte. Chiamai il cameriere per ordinare un tè. «Non lo voglio. Non sono venuta qui per chiacchierare.»
«Nora... mi hai frainteso questa mattina. Ho tentato di spiegartelo, ma non hai voluto ascoltarmi.» Il cameriere intanto portò l'ordine: un bicchiere d'acqua e del tè zuccherato per addolcire la conversazione. Le riempii il bicchiere e lei lo agguantò per fare qualche sorso. «Stamani ho quasi perso la testa. Non riuscivo a calmarmi. Mi hai distrutto.»
«Cosa vuoi dire, Darren?»
«Lo so, lo vedo. Tu mi guardi con disgusto ma, dicendo che prenderò una casa, volevo dirti che mi occuperò dei bambini. Non ho accennato a nient'altro che questo. Mi hai frainteso.»
«Sei impazzito?! Eh?» Si sporse di più. «Hai almeno chiamato una volta per cercarci? Hai chiesto se i tuoi figli avessero necessità di qualcosa?» Abbassai il viso sentendo il suo tono farsi più alto. «E ora mi dici che ti vuoi occupare dei tuoi figli. Che persona incosciente sei!»
«Incosciente...» Ripetei scuotendo la testa e Nora alzò gli occhi al cielo per non guardarmi. «Ora sono incosciente... stamattina invece hai detto che ero rivoltante.» La donna ruotò il collo a destra e a sinistra, spostando lo sguardo verso la finestra. «Nora, hai cominciato ad insultarmi da quando non ci siamo più visti... C’è qualcos'altro che vorresti dire, che ti è rimasto dentro? Sai che dovresti fare?» Lei si voltò per incrociare il mio sguardo. «Tira fuori quello che hai dentro, impreca, urla. O se preferisci, picchiami. Fammi a pezzi. Accetterei la punizione, e tu così ti sentirai meglio. Dai, sto aspettando, avanti.» Divaricai le braccia pronto ad accogliere i suoi insulti.
«Che stai facendo, Darren? Sei come un bambino?»
«E cosa devo fare? Insulti dopo insulti. Mi insulti tutto il tempo. Non è così piacevole.»
«Perché tu mi fai impazzire. Sono arrabbiata con te.» precisò.
«Va bene, l'ho capito. L'ho capito, cara. Devi essere un idiota per non capirlo.» Lei guardò altrove e gonfiò il petto. «Quanto disprezzo vedo in quegli occhi...» Lei riportò le pietre azzurre a rallentatore su di me. Avrei voluto fotografare la sua immagine e restai in silenzio prima di inumidire le labbra e guardare fuori un momento. «Ti chiedo una cosa...» le puntai l'indice contro. «Quando Thomas era indebitato, che hai fatto? I miei figli hanno vissuto nella povertà.»
Nora portò la mano al petto e prese un respiro. «Non è successo niente! Abbiamo badato ai nostri figli molto bene. Ora vuoi far credere che ti importa di loro e continui ad attaccare Thomas.»
«Va bene. Non parliamo del tuo amato Thomas. Va bene.» quasi sputai fuori quel nome. Lei continuò a rivolgere lo sguardo alla finestra e la osservai meglio. «Quel look è per il matrimonio?»
«Sì. Mi sposo di nuovo con Thomas. Sono pronta a divorziare cento volte e a sposarlo cento volte!»
«Bene! Vi auguro tanta felicità!» Svitai la bottiglietta e la tracannai con impeto sotto il suo sguardo serio. «No, cioè io... non posso interferire con chi vivrà d'ora in poi con i miei figli. Come padre, io non ho quel diritto.»
«No! No!» Sbottò Nora spingendosi in avanti. «Non hai più alcun diritto su di loro.» Mi inumidii le labbra e tornò ad infierire. «Stai lontano da noi, Darren. Stai lontano. Prenditi cura di tua moglie. Tua moglie era così infelice stamattina e io non sapevo cosa fare o cosa dire. Ero così imbarazzata che non riuscivo a guardarla in faccia.»
«Che vuoi dire? Non ti capisco.»
«Mi hai comprato un braccialetto in argento?»
Annuii. «Sì.»
«Ottimo lavoro! Bravo!»
«Nora, di che parli?»
«Lei ha trovato la ricevuta nella tua giacca. E pensa che ci sia un'altra donna nella tua vita.»
La osservai per parecchio tempo senza distogliere lo sguardo dal suo volto. «Sì, c'è.» Nora girò la testa altrove e, nonostante tutto, aggiunsi. «C'è un'altra donna nella mia testa e nel mio cuore. Helen ha ragione. E specialmente...» Tirai fuori dalla tasca del cappotto e posai la scatolina davanti a lei. «Da quando ho comprato questo per lei.» Fissò la scatolina e poi li puntò nei miei. «L'avevo già comprato... Tempo prima. Ma lei l'ha bruciato e se n'è disfatta. Non lo so. Mi ha cancellato.» A quel punto, aprii la scatolina, mostrandole il gioiello. «Ho trovato lo stesso modello.» Lo guardò ancora senza la minima emozione e sbatté le ciglia. «Non posso sopportare il fatto che... non mi noti. Non lo sopporto.» Distolsi il viso trattenendo le lacrime che lottavano per scorrere sul mio volto. Poi sbuffai, dando una manata sul tavolo. «Perchè sei apparsa? Da dove sei arrivata? Vivevo in pace. Perché sei ricomparsa? Perché? Tu... Hai riacceso quel fuoco che si era tramutato in cenere. Giuro che crollerò presto e Helen capirà. Io non ce la faccio più! Non posso restare a guardare mentre stai con un altro!» I suoi occhi parvero divenire lucidi o era una mia impressione. «Sono ancora innamorato di te come un pazzo! Non lo capisci, ragazzina?» Stavo tremando, ogni centimetro del mio corpo o del mio spirito e il mio cuore poteva addirittura esplodere e schizzare via dal petto. Nora non fece altro che osservarmi e sbattere le palpebre. «Innamorato alla follia.»
Aspettai con un modo allo stomaco, ma i suoi occhi erano sempre schivi, poi si riscosse da quella trance. «No. Tu non sei innamorato. Sei solo un bambino che ha dato via il suo giocattolo preferito ad un altro e ora vuole riaverlo indietro.» Portai la mano sulle labbra e una lacrima mi rotolò lungo le pieghe del viso. «Torna in te, Darren. Tu non hai alcun diritto di stravolgere la vita di un'altra donna e di suo figlio per un tuo capriccio infantile. Io ti ho dimenticato molto tempo fa. Anche tu hai bruciato ogni cosa che ti collegava a me. E sarà meglio per tutti.»
Si alzò dal tavolo e abbandonò il locale. Restai seduto con la gamba che vibrava, gli occhi offuscati dalle lacrime e tirai un pugno sopra il tavolino.
Tirai su con il naso per sopprimere un singhiozzo e portai le mani sulla faccia per eliminare i residui di pianto.
Mi aveva chiuso tutte le porte.
Il dolore era l'unica cosa certa che rimaneva ancora.
“Continuing...”
Questo capitolo è stato sicuramente complicato, come le dinamiche in sé...
Mentre ci prepariamo al lieto evento, il matrimonio di Thomas e Nora, Darren fa una chiara dichiarazione del suo amore a Nora — che però gli dà un sonoro due di picche. Helen ha qualche sospetto sul fatto che il marito abbia una specie di amante...
Come proseguiranno le indagini?
Prepariamoci a vivere GRANDI COLPI DI SCENA e come tutte le volte, non dimenticate una stellina e un commento.
Segnalate anche gli errori, please.
E ci vediamo nei prossimi aggiornamenti. Nel frattempo, attendo le vostre opinioni.
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