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6.4 - Un pericoloso stratagemma 🦋

~🦋~

«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»

UN PERICOLOSO STRATAGEMMA
Capitolo 6
(Quarta parte)

(Darren POV)


Dopo molta insistenza l'avevo convinta ad accettare il mio invito. Non andammo lontano dal More Street Marked e mi accomodai ad un tavolino in ferro battuto fuori dal Lennox, le cui pareti erano interamente tappezzate di blu, creando un contrasto con il prato sintetico e adornato all'entrata da botti.
Si trovava in un quartiere elegante non distante dal centro della città e mi avrebbe concesso di parlare con più tranquillità.

«Cameriere!» Sollevai il dito per attirare l'attenzione di qualcuno e dopo un po' un ragazzino si avvicinò munito di block notes e penna. «Per me un caffè espresso e per la signora una focaccina con burro e marmellata. Ah, dev'essere quella biologica... altrimenti la signora si arrabbierà.»

In tutta risposta, alzò gli occhi al cielo. Il ragazzo finì di appuntare l'ordine.

Mi piaceva frequentare questo luogo, c'era un'atmosfera gioviale e se non facevo colazione a casa, venivo qui per riflettere.

«No, non voglio niente! Non si disturbi.»

«Lo vorrà. E anche una spremuta.» Intervenni al suo posto e il ragazzo con i capelli acconciati in una cresta — mi ricordava un punk — si limitò ad annuire e si allontanò. Incrociai il volto della donna. «Dai, siediti. Mangiamo in dieci minuti e poi andiamo via.»

Mise da parte l'orgoglio e si sedette dall'altra parte. Di lì a qualche minuto il cameriere le portò una bevanda a base di mela e fiori di sambuco. Gli diedi una mano prendendole per appoggiarlo davanti a Nora.

«Cosa stai cercando di fare, Darren?» chiese dopo un interminabile momento passato a osservarmi.

«Come?»

«Che stai facendo? Stai cercando di ricordarmi i vecchi tempi.»

«Anch’io mi sono posto la stessa domanda, sai? E ce l'ho già una risposta. Ma ho paura di ricevere un secondo schiaffo.»

Lei roteò gli occhi, distogliendo lo sguardo dal mio e aspettai con pazienza che desse il suo responso. Infine sospirò. «Parla, avanti, non mi arrabbierò.»

«Sto soddisfando il mio desiderio, spegnendo l'angoscia che mi sto portando dentro. Mi è mancato passare il tempo con te. Se non mi vergognassi, ti seguirei sempre come un cagnolino.» Nora si guardò attorno. «Ma siccome non vuoi vedere la mia faccia, approfitto di queste possibilità.» Mi bloccai coprendo la bocca con la mano e girai la faccia. Quando ripresi a fissarla, i suoi occhi cerulei erano puntati altrove. «Com'eravamo felici, Nora.» Mi guardò all'improvviso. «Non ricordi quei giorni?»

«Se eri così felice, allora perché te ne sei andato!?» Sbottò alzando la voce. «Mi fai urlare davanti alla gente.» Si percepiva la rabbia e abbassai la testa. «Se eri innamorato di Helen, bastava che tu me lo dicessi e potevamo divorziare come persone civili.»

Scrollai la testa e sfregai le labbra. Non c'erano scuse che giustificassero quel terribile gesto: chiudere la telefonata e trovare una via d'uscita catapultandomi fuori dal taxi parcheggiato sul ciglio della strada e allontanarmi sotto una pioggia torrenziale...

«Non è come pensi, Nora. Avevo venticinque anni. Ero giovane.» Presi un respiro profondo. «Anche stupido. Essere padre di due figli a quell'età, lottare ogni giorno per guadagnare i soldi... Tutto questo mi ha fatto deprimere. Non potevo. Non ce l'ho fatta... Mi sentivo soffocare. Volevo solo scomparire...» Il cameriere portò il resto sul tavolo. Lo ringraziai e si dileguò. «Così, a modo mio, per trovare un po' di sollievo... mi sono lasciato tutto alle spalle.»

«Helen ti ha sollevato?»

«Continui a parlare di Helen.» Si incupì – e anziché schiaffeggiarmi — scattò in piedi, rischiando di scaraventare la sedia sul pavimento. «Ok, aspetta. Calmati... Siediti.» Le afferrai il polso, ma si liberò con altrettanta violenza. Appoggiai delicatamente il palmo sul suo braccio. «Va bene, siediti, ti spiegherò tutto... ti prego.» Riuscii a tranquillizzarla e farla rimettere seduta. «D'ora in avanti, potrai pure sputarmi in faccia o fare qualcos'altro, okay?» Posizionò le mani sulla borsa mettendola sulle gambe e ripresi. «Dopo l'incidente, ho fatto visita ad Helen un paio di volte. In quel periodo tu... Eri incinta di Charlie.» Annuì e intanto sospirai per infondermi coraggio. «Helen iniziò a chiamarmi spesso. Ci siamo incontrati un paio di volte e fu in quell'occasione che mi comprò l'orologio. Ma come ti ho detto altre volte, io... Stavo con te, non sono mai stato con lei. Non ti ho mai tradito quando eravamo sposati, lo giuro.»

Doveva saperlo. Non c'era mai stato un rapporto intimo tra di noi al di fuori di quegli incontri.

«Quindi questo non conta come tradimento, Darren?» Domandò e coprii la bocca. «Ti faceva regali, vi vedevate di nascosto, mi hai mentito. Cos'è questo, se non un tradimento?» Incassai il colpo che mi aveva inferto attraverso quelle parole e piegai la testa di colpo, annuendo. «Dimmelo, ti ascolto, avanti. Parla, sto aspettando.» Feci vibrare la gamba per il nervosismo e inumidii le labbra screpolate.

«Va bene, ci siamo incontrati.» Mi bloccai e attorno si udì il chiacchiericcio dei tavoli vicini. «Non lo so... Quando ero depresso passare del tempo con lei, mi faceva sentire libero. Non avevo una famiglia a cui ero obbligato a provvedere, né una moglie o figli... Non avevo alcuna responsabilità. È stato come se mi fossi tolto un peso di dosso.»

«Eravamo un peso per te, Darren? È così?» chiese con gli occhi offuscati di lacrime e portai le dita sulle palpebre, premendo a fondo per arginare l'emicrania.

La mano scivolò a rallentore sulle mie labbra, poi la tolsi.
«Mi sbagliavo! Io! Non era giusto, Nora. Ero talmente giovane. Sono stato un idiota, sì! Un emerito imbecille! È questo che volevi sentire?» Spostò lo sguardo altrove. «Ho agito da egoista! Non ho pensato a te o i bambini. Devi avermi maledetto così tante volte che dopo di te non sono stato più felice.»

«Bene! Devo arrabbiarmi per questo?»

«No, non arrabbiarti. Se ti fa' stare meglio, te lo dico...» Mi fissò dritto negli occhi per un tempo infinito fondendo l'azzurro con il verde e pronunciai: «Non sono mai stato innamorato di Helen.»

Si strinse nelle spalle. «L'hai sposata per i suoi soldi?» Inspirai osservando il vapore sprigionato dalla tazzina. «Spiegalo. Ci hai abbandonati per la ricchezza?»

«Non lo so... Probabilmente. Quando ero depresso, tutta quella ricchezza, quel lusso sfrenato... Mi ha reso cieco, credo. All'inizio andava alla grande. Auto costose, ristoranti alla moda, tipi pretenziosi. Poi un giorno... Helen organizzò una festa a casa. Queste persone ricche hanno la ridicola abitudine di festeggiare per qualunque cosa. Comunque... Mentre tutti si divertivano, ballavano, bevevano fiumi di alcol a un certo punto... ho iniziato a piangere. Per qualche sconosciuta ragione, ho pianto per ore senza fermarmi. Poi quello stesso giorno, sono tornato a Doolin.»

«Hai detto che sei venuto alla festa di compleanno di Charlie. Era quel giorno?»

«Sì.» risposi dopo qualche secondo di silenzio. «Ero la persona più miserabile al mondo. Tu... eri tutto quello che avevo.» Annuì. «Volevo guadagnarmi il tuo perdono e tornare dai miei figli. Volevo tornare da te, dall'unica donna che avessi mai amato in questa vita.»

Alzò gli occhi al cielo, esasperata. «Parli davvero come se avessi fatto qualcosa d'importante! Mi fai impazzire, Darren! Non sei tornato da noi. Sei venuto lì, ci hai guardato da lontano e te ne sei andato. Se dovevi andartene, perché sei tornato? Perché ci hai lasciato una seconda volta?»

«Perchè, quello stesso giorno, Helen ha chiamato e ha detto di essere rimasta incinta.» precisai e la bionda serrò le labbra. «Non volevo commettere lo stesso errore, Nora!» Mi rivolse un cenno d’assenso e abbassò lo sguardo. Strofinai le labbra ancora e ancora.

Alzò la testa. «Bene. Almeno non hai lasciato un altro bambino senza padre.» La guardai scattare in piedi e raccogliere velocemente le buste che le avevo sottratto, prima di allontanarsi. Mi lasciò solo al tavolo e la vidi incamminarsi verso il marciapiede dove si fermò. Agitò il braccio per chiamare un taxi e dopo qualche minuto, quest'ultimo accostò. Lei spalancò la portiera e senza rivolgermi un saluto in un attimo sparì dal mio campo visivo.

Ebbi un tuffo al cuore, come se mi fossi lanciato in una piscina vuota, finendo per schiantarmi contro il cemento.

Pagai il conto per entrambi — nonostante non avesse mangiato nulla – e abbandonai il locale per poter schiarire le idee e mettere ordine tra i pensieri. Avrei dovuto raggiungere l'hotel da circa un'ora, ma alla fine decisi di fare un giretto per Dublino e terminai sedendo su un'isolata panchina di un parco.

Osservai lo specchio d'acqua dolce e alcuni bambini che guardavano le anatre e i cigni che galleggiavano e la mia mente si popolò di amari ricordi.
Rividi Nora — giovanissima – alzarsi sulla punta delle scarpe e tapparmi la bocca per evitare che urlassi a tutto il paese ciò che provavo per lei. Le diedi poi un bacio sul palmo e lei si asciugò la mano sul vestito, infastidita. Inarcai il busto in avanti, con i gomiti sulle cosce e continuarono a passarmi dinanzi le bellissime immagini della nostra storia.
In una c'era Anna: la tenevo nelle braccia e simulavo di farla volare, ruotando attorno alla madre, mentre stringeva nelle sue manine paffutelle un orsacchiotto di peluche.
Trassi un forte sospiro dopo essere tornato alla sfortunata realtà e strinsi le palpebre umide. Non riuscivo a togliermi dalla testa quanto fossimo stati felici su quel vecchio pontile a scambiarci effusioni e a gioire di quei piccoli momenti.
Ormai gli occhi erano grondati di lacrime e bruciavano, come se albergasse una fiamma ardente, destinata a non spegnersi.







(Helen POV)

«Sto pensando che dovremmo cambiare le federe delle sedie, prima che arrivi l'estate.» Propose la mamma e alzai lo sguardo dallo schermo del cellulare. «Ho bisogno di un cambiamento, altrimenti finirò per annoiarmi.»

«Certo, mamma. Hai già scelto il modello?»

«No, in realtà pensavo di farlo insieme. Vorrei che ci fosse qualcosa di più... Moderno! Ecco! Che ne dici?»

Riflettei, stringendo gli occhi in due fessure e nel frattempo i bambini si precipitarono al piano inferiore. Mia madre raccomandò a entrambi di fare attenzione e non correre.

«Aspetta, vieni qui, tesoro.» Chiamai Kevin che lasciò la mano del suo amichetto di giochi per correre dalla sottoscritta. «Volevi mangiare una torta?»

«No, oggi è il compleanno di mia nonna!» Lo anticipò l'altro.

«Davvero? Quindi c'è una festa stasera, giusto?»

«Non lo so, spegneremo la candelina e mangeremo la torta.»

«Che bello.» Sorrisi ai piccolini che fuggirono subito in cucina. «State attenti!»

«Helen, sei troppo tenera con loro. C’è bisogno di disciplina! A volte sono d'accordo con Dorothy. Cerimonie degli anelli, compleanni... Lasciali perdere, che ci importa?»

«Mamma, ti ricordo che abitiamo insieme a loro.» le rammentai. «Sto cercando di andare d'accordo.»

«Figliola...» Si intromise papà. «Non ascoltare tua madre. Compra un regalo per la signora Abbie da parte nostra.»

Acconsentii con un cenno della testa, ma la mamma non era di quell'avviso.

«Perchè dovremmo, Matthew!? Padre e figlia, volete farmi impazzire?! Non possiamo viziare così tanto i nostri dipendenti.»

«Abbie non è solo una nostra dipendente, Nadine. Ha fatto tanto per noi e innanzitutto ha cresciuto mio figlio e l'ha fatto diventare l’uomo che è oggi. Penso che non sia necessario dovertelo ricordare.»

«Non mi hai mai permesso di dimenticarlo, Matthew. Ogni giorno, me lo ricordi, come se fosse un'impresa di cui ti vanti. È impossibile dimenticarlo, neanche se lo volessi.»

«Come ti ho appena detto, figliola, comprale un regalo.»

«Ok, papà, ci penso io.» Risposi.

L'uomo poi si rimise gli occhiali da lettura per concentrarsi sul notiziario, facendo calare un silenzio tombale nel salone, dove appunto ero tra incudine e martello. Naturalmente quando smettevano con i battibecchi, iniziavano una sorta di gioco, dove non si rivolgevano la parola e capitava più di frequente, da quando Thomas era tornato.
Mia madre non tollerava la sua presenza, considerandolo come il frutto di una relazione scabrosa che mio padre intraprese con un’altra donna anni addietro e quindi la prova tangibile della sua infedeltà. Ma talvolta i loro atteggiamenti erano infantili.









(Thomas POV)

Entrai dal cancelletto dopo aver fatto un po' di acquisti per la mamma e notai Charlie che giocava con il pallone sul patio.
Il tonfo secco provocato dalla chiusura lo fece fermare.
«Papà, guarda come palleggio bene!»

«Hai un grande talento, piccolino. Diventerai un bravissimo calciatore, sai?» dissi avvicinandomi.

«Sì, voglio diventare un attaccante e giocare nelle migliori squadre!»

«Lo farai sicuramente. Passa!» Ubbidì e gliela lanciai rapidamente. Lui raccolse la sfida e iniziammo a tirare la palla prima all'uno e poi all'altro, finché non vidi Anna uscire di casa e raggiungerci. Bloccai il gioco e le andammo incontro. «Anna... Cosa sono quelli?» indicai i cartoncini colorati che portava tra le braccia.

«Li ho chiesti a Brandon. Ecco... Thomas, pensavo che sarebbe bello decorare la casa. Sarà una sorpresa per la zia Abbie.»

«Hai avuto una buona idea. Sarà splendido.»

«Sì, papà! Faremo una sorpresa alla nonna! Sarà felice.»

«Ok, facciamolo! Andiamo!»

Ci dirigemmo verso la dépendance e, una volta, nel piccolo salotto mettemmo in moto il nostro piano. Anna stava ritagliando i famosi cartoncini colorati per formare delle bandierine e qualche istante più tardi si unì anche Brandon. Quest'ultimo portò una scatola di palloncini e iniziò a gonfiarli. Charlie decise di contribuire, ma lo lasciò sfuggire dalle mani e svolazzò per la stanza, sfiorando il naso di Anna che si tirò indietro, divertita. In breve tutti i palloncini furono pronti. Scrivemmo le lettere di buon compleanno e per la prima volta ci guardammo con aria complice. Spostai gli occhi su Charlie e gli scompigliai i capelli. Appendemmo i vari palloncini per tutto il perimetro del salotto che acquisì un aspetto migliore.  Mia cognata portò la torta che aveva preparato sapientemente, mettendola sulla tavola rivestita da una tovaglia colorata. Anna fece dondolare i palloncini ridendo e pareva più rilassata rispetto agli altri giorni.
Nello scendere dalla poltrona, stavo per inciampare, ma Charlie mi abbracciò il busto e gli lasciai una carezza alla guancia.
Anna guardò verso l'entrata e si aprì in un sorriso enorme quando vide la madre affacciarsi dallo stipite. Corse a prenderla e la trascinò dentro per mano.
I bambini le si buttarono addosso per salutarla — avendo sentito la sua mancanza – e il mio sguardo incrociò i suoi occhi limpidi e temetti di arrossire. Le rivolsi un piccolo sorriso, ma distolse lo sguardo. Per fortuna, Brandon interruppe il momento di disagio avvisando dell'arrivo della festeggiata. Ci mettemmo tutti in posizione e Dayane accese l'unica candelina. Uno stratosferico “sorpresa” urlato da tutti i presenti la fece letteralmente immobilizzare e portare la mano contro il petto. Non si aspettava tutto quello che avevamo preparato, ma quest'anno sarebbe stato differente.
Intonammo la classica canzoncina un po' imbarazzante facendola emozionare e tirare su con il naso per sopprimere un singhiozzo.

«Dai nonna, esprimi un desiderio!» la incalzò Brandon.

La donna si chinò all'altezza di Charlie. «Amore... Esprimiamo un desiderio insieme, vieni.» Il piccolo la raggiunse subito e si dispose davanti a lei. «Spegnile tu le candeline... uno, due, tre!» Charlie soffiò e applaudimmo. Mia madre lo baciò tra i capelli e successivamente puntò lo sguardo su di noi. «Figli miei... Avete reso felice questa povera anziana, non so come descriverlo a parole.»

«Pensavi che ce ne saremmo dimenticati, signora Abbie? Come potremmo mai dimenticarci di te, cara mamma!» Alan le accerchiò le spalle dandole un sonoro bacio sulla guancia per poi abbracciarla. «Dai, apri i regali.» Si spostò per prenderle i pacchetti.

«I miei regali siete voi.» I suoi occhi luminosi si spostarono su di me e mi venne incontro, prendendomi le mani. «Figlio mio... Ti ho rivisto dopo tutti questi anni e non credevo che sarebbe stato ancora possibile.» Strinsi a me quella fragile e meravigliosa creatura che era come se mi avesse dato la vita e adagiò la testa sul mio petto. Quando ci staccammo, guardò in direzione di Nora e i figli. «La mia famiglia si è allargata, ora ho degli splendidi nipotini. Che posso volere di più?»

Notai l'imbarazzo colorare le guance di Nora e presi parola, fissando mia madre. «Ma invece di essere felice, continui a piangere. Sorridi un po'!»

«Tesoro, mi sono commossa.» La strinsi più forte e le massaggiai la schiena. «Oh, cara...» Si rivolse alla mia finta moglie, tirando su con il naso. «Sono fortunata ad avere una nuora come te... È un bene che tu abbia incrociato la strada di mio figlio.»

«Ma Abbie! Sono gelosa! Ci sono qui anch'io!» Protestò Dayane gonfiando le guance.

La mamma rise e l'attirò a sé. «Certo che ci sei anche tu, Dayane. Tu occupi un posto importante nel mio cuore. E inoltre... Siete delle figlie, non delle nuore. Ognuno di voi è speciale.»

«Stavo scherzando, Abbie.» Replicò la riccia. «E comunque, tutti mi vogliono bene, dico bene, Alan?» interpellò il marito che annuì. Un'atmosfera allegra si diffuse per la stanza e i presenti scoppiarono a ridere.

«Mamma, taglia la torta.» Alan gliela indicò e la donna acconsentì. Intanto Charlie aveva chiesto qualcosa a Nora, ma non mi fu dato sapere. Mentre si congratulavano con la mamma per i suoi anni appena compiuti, non potevo smettere di fissare la mia “finta” moglie. Brandon supplicò la nonna di aprire i regali, seguito a ruota da Anna che stava morendo di curiosità.

«No, prima la torta! Nonna, ho tantissima fame!» si lamentò Charlie.

«Hai molta fame? Oh, amore, adesso te la diamo subito.» Dayane e Nora aiutarono a fare le porzioni e disporle nei piatti, mentre mi perdevo a contemplare quel volto. Di questo passo, avrei rischiato di consumarlo.







(Darren POV)

«Ce l'hai fatta?» L'interlocutore dall'altra parte della linea disse di sì. «Come avevamo concordato. Certo, grazie.» Agganciai la telefonata di lavoro e mi alzai dal divano della zona relax dell'hotel, quando una faccia conosciuta — che la volta scorsa non mi aveva suggerito nulla di buono – si avvicinò a me. Si trattava di quell'uomo.

«Come va, Darren? Che fretta hai? Devi andare da qualche parte?» Lo squadrai e portava gli identici vestiti, i capelli raccolti e un ghigno sulle labbra. «Che c'è? Sei stupito?» Corrugò la fronte. «O non ti ricordi di me?»

«Onestamente, non mi ricordo. Suppongo... Tu sei amico di Nora.»

«Lasciamo da parte le formalità. Come se non avessi vissuto a Doolin. Non provengo dallo spazio, penso che tu mi conosca abbastanza bene.»

Il ragazzo con ben poca grazia si lasciò scivolare sul divano.

«Non ti ho mai visto.»

«In realtà, è comprensibile che tu non ti ricordi di me, all'epoca ero piccolo. Non vedevi ad un palmo dal tuo naso, amico.» Il mio respiro aumentò in maniera esponenziale così come il movimento dello sterno, ma tentai di celarlo sotto una finta coltre di impassibilità. «Ti sei preso la ragazza più carina di tutto il paese. Te ne andavi in giro come una pasqua.» Mi misi seduto. «Quando guardavamo te e Nora insieme, io e i miei amici ti invidiavamo... Perché a noi non era capitata una fortuna del genere?» Lo scrutai di sottecchi con aria scazzata. «Darren... Chi l'avrebbe mai detto che l'uomo più affascinante del nostro quartiere si sarebbe separato da Nora, il suo amore platonico, per convertirsi nel genero della famiglia più importante del paese? E che poi avrebbero vissuto nella stessa casa.» Un sorrisetto divertito gli si formò sulle labbra e contrassi la mascella. «Interessante, vero?»

«Cosa vuoi da me?»

«Che posso volere, amico? Sto solo apprezzando questa vita che hai costruito con molto sforzo. A proposito, tua moglie sa di Nora?» I miei lineamenti si fecero più tesi che mai e lo guardai di sbieco. «E i bambini? Quindi, una sola frase potrebbe rovinare la tua vita, giusto?»

Mi avvicinai maggiormente al volto dell'idiota. «Ti ho chiesto “che vuoi?” Soldi?»

«Non ho bisogno di soldi. Voglio un impiego a tempo indeterminato con tanto di stipendio, che mi faccia vivere senza alcun problema. È chiedere troppo? In fondo è quello che è successo a te.»

Razza di parassita, pensai.

Nonostante tutto, mi aveva messo con le spalle al muro e non potevo fare altro che assecondarlo. Ma oltre a tenere la bocca chiusa, avevo un altro favore da chiedergli…








(Thomas POV)

Uscii dall'abitazione di servizio con Charlie diretti verso la villa, quando una macchina bianca parcheggio sul patio.

«Andy! Cosa ci fai lui qui?» Il bambino diede voce al mio pensiero quando inquadrai il tizio che scendeva dal lato guida, accompagnato dal marito di mia sorella: Darren. «Thomas...» Mi chiamò il bimbo facendomi tornare alla realtà e lo fissai. Sembrava spaventato. «Quell'uomo ci conosce.»

«Va tutto bene giovanotto, non preoccuparti. Ci penso io. So già tutto.» Appoggiai la mano sulla sua spalla e aggiunsi. «Prendi tua sorella e vai da tua madre, ok?» Il piccolino sfrecciò verso casa e mi avvicinai ai due uomini. Perché erano insieme? Dovevo scoprirlo. «Buonasera... Andy, vero?»

«Sì, signor Thomas.»

«Voi due vi conoscete?» chiesi rivolgendomi al ragazzo riccio.

«Ho conosciuto Andy in hotel e abbiamo parlato un po'.»

«Già. Il signor Darren è una persona di buon cuore e ha sentito che avevo bisogno di un lavoro per questo si è offerto di aiutarmi.»

Lavoro? Di che stava parlando? Che faccia tosta.

«In che senso?»

Lanciai un'occhiata interrogativa a mio cognato, che oltretutto guardava un punto davanti a sé. Si rendeva conto della situazione? Aiutare quel ricattatore... dargli un lavoro, era una cosa folle. Aveva abbastanza soldi per costruirsi una vita fuori da Dublino e invece era ancora qui per metterci i bastoni tra le ruote.









(Nora POV)

Anna si precipitò in cucina con al seguito Charlie, urlando. «Mamma! Andy è qui. Ci ha trovati. E se ci consegnasse alla polizia?»

«Aspetta un momento, calmati. Dove l'hai visto? Stava andando via.» risposi colta alla sprovvista.

«Cosa significa “stava andando via?!” Sapevi che era qui e non mi hai detto niente!» Strillò e mormorai un lieve shh, ma continuò. «Ora è in giardino, l'ha visto anche Charlie. Mamma, ti scongiuro... Mandalo via, ti prego...» A quelle ultime parole le si strozzò la voce.

«Anna, calmati ti prego. Gli ho parlato e anche Thomas l'ha fatto. Non succederà niente.»

«Allora perché è qui!? Cos'è che vuole?!»

«Mamma, che succede?» Si chiese anche il piccolo, divenendo sempre più pallido. «Andy è venuto per portarci alla polizia!?»

«No, piccolo mio... Niente di tutto questo accadrà.» Lo rassicurai ponendogli le mani sul capo per poi guardare mia figlia. «Calmatevi e andate in camera. Scoprirò io cosa sta succedendo.» Dopo mi chinai in avanti verso la faccia del piccolo agitando l'indice. «Charlie, non devi dire una sola parola a nessuno su Andy, d'accordo?» Lui annuì energicamente. «Andate, coraggio.» E abbandonai velocemente la cucina.









(Thomas POV)

«Da tempo ci serviva un autista e il signor Andy mi è sembrato idoneo per quel posto. D'ora in poi, lui sarà il nostro autista.» Con un lieve cenno d'assenso gli comunicai di aver capito, ma in realtà non era così. La presenza di quel tipo mi irritava.

«Congratulazioni.» Dissi.

«La ringrazio. Allora, non tornerò nella mia vecchia città. Resterò stabilmente a Dublino.»

«Puoi andare ora. Torna pure domani, ok?» ordinò Darren e il ragazzo dai capelli scuri accennò un breve inchino. Poi salutò entrambi e mi spostai per mettermi di fronte a quel tizio, che aveva la straordinaria capacità di farmi saltare i nervi.

«In tal caso, vado. Buona serata, signor Thomas.»

Nora ci raggiunse a passo svelto e aspettai che Darren entrasse in casa. Non volevo che assistesse allo spettacolo che di lì a poco avrei inscenato.

Quando chiuse la porta, mi voltai di scatto e agguantai quel tizio per il colletto della camicia strattonandolo.
«Ragazzino, avresti dovuto ascoltarmi e andartene! Hai detto che saresti partito e non saresti mai più tornato! Cosa non ti è stato chiaro!? Vuoi che te lo ripeta!?» Ringhiai a denti stretti mentre Nora mi tirava per il braccio tentando di staccarmi.

«Thomas! Thomas, lascialo per l'amor di Dio! Non perdere la testa, ti prego.» Riuscì così ad allontanarmi prima che rendessi in poltiglia la faccia di quell'animale.

«Calmo, amico, aspetta un attimo. Ascolta, non ho alcun problema con te. Voglio solo guadagnarmi il pane come tutti.»

«Di cosa diavolo stai parlando?» tuonai. Nora avvolse le mani attorno al mio busto per impedirmi di muovere e indietreggiò. «Ti ho dato un sacco di soldi!»

«Se prendessi i soldi e sparissi, sarebbe come uccidere la gallina dalle uova d'oro. Tu conduci la bella vita con una famigliola perfetta, perché io no?» Scioccato, fissai Nora accanto a me che tremava. «Voglio avere un lavoro, è una cosa brutta?»

«Ti ammazzo!» Agitai l'indice contro quell'essere rivoltante. «Ti ucciderò e ti seppellirò con questi soldi, mi hai sentito?»

«Thomas, smettila. Qualcuno potrebbe sentirti... lascia che faccia quello che vuole!» Squadrò l'uomo con disgusto. «L'importante è che ci stia lontano.»

«Vedi? Com'è intelligente la tua amata Nora? Tu starai alla larga da me e io starò alla larga da te. E come ti ho detto, non uscirà nulla dalla mia bocca. Mi limiterò a lavorare e manterrò la promessa.»

«Sei un avido bastardo.»

«Mi offendi, Thomas.» Ruotai il collo da un'altra parte. «Non trattarmi così. Non litighiamo il primo giorno.»

«Lasciagli fare quello che vuole... È uno stronzo.» sussurrò Nora, prendendomi il braccio.

«Buonanotte.» Lo guardai in cagnesco. «Pulirò la macchina, domani devo lavorare.»

Nora percepì la tensione che mi stava avvolgendo, rischiando di farmi esplodere e mi convinse ad andarcene. Le chiesi dove fossero finiti i bambini e lei rispose che li aveva mandati in camera. Prima di entrare definitivamente, sostai sulla soglia gettando una rapida occhiata nei dintorni, poi chiusi il portone.











(Nora POV)

Una volta dentro casa, tolsi il cappotto dato che era acceso il riscaldamento al massimo livello. Mi bloccai quando intravidi Darren farmi dei cenni con il braccio, mimandomi di scendere. Appena Thomas giunse alle mie spalle, gli consegnai il cappotto. Lui voleva controllare i bambini e andò a destra, io proseguii dritto per tutto il corridoio.

Scesi dall'altra scala secondaria — per non essere vista da nessuno — e quando sbucai in cucina, trovai Darren che girava in tondo attorno alla penisola come un animale in gabbia.
Mi doveva dare delle spiegazioni per quello che aveva fatto.

«Hai detto che quel ragazzo non mi conosceva.» Esordì posizionandosi di fronte a me.

«Come potevo saperlo? Non mi ha detto niente.»

«Si ricorda di me. Mi ha raccontato tutto quel che mi riguarda. Sa tutto.»

«Tutto, cosa?» chiesi mettendo le mani sui fianchi.

«Ogni cosa. Il nostro passato, il fatto che eravamo una famiglia, i nostri figli.» Sospirai abbassando per un attimo la testa. «Sa tutto. E minaccia di dirlo.» Lo fissai attentamente incrociando le braccia al petto. «Non si tratta di soldi, vuole un lavoro e uno stipendio fisso.»

«E quindi gli hai proposto di fare l'autista per farlo lavorare vicino a noi, giusto?»

«Nora, ha minacciato di rivelare ogni cosa. Cosa avrei potuto fare?» replicò quasi stizzito. Tenni gli occhi puntati nei suoi e liberai un altro sospiro.

«Che giornata incredibile!» Esclamò la riccia entrando di soppiatto e mi spostai fulminea alla penisola per afferrare il bicchiere e riempirlo d'acqua. «Anche la signora Helen ha preparato una sorpresa per Abbie. È una donna molto premurosa e lei così fortunato, signor Darren. Sua moglie è letteralmente un angelo!» Il riccio non le rispose e andò fuori. «Perchè era qui? Voleva qualcosa?» Chiese la riccia.

«Come faccio a saperlo?» Risposi deglutendo l'acqua.

Dayane per fortuna non chiese altro e portai la mano sul fianco, riflettendo sulla situazione che si era creata da quando Andy era arrivato. Poteva mettere a repentaglio l'intero piano se non trovavamo il modo di zittirlo...

~🦋~

«Perchè non me l'avete detto?» domandò Anna dopo aver saputo che Thomas aveva pagato Andy con una grossa somma per farlo sparire.

Il moro guardò prima me — seduta sul ciglio del letto della ragazza – e dopo quest'ultima accanto a lui, sul divano.
«Non volevamo turbarti.»

«E ora che succederà?» Ribatté osservando sia me che il moro.

«Non succederà nulla. Finché sarò al tuo fianco, non gli permetterò di avvicinarsi a voi per nessun motivo.»

Mia figlia gli rivolse un cenno affermativo, come di gratitudine. Sembrava aver capito che Thomas non era una presenza ostile e che, grazie a lui, avremmo risolto anche quel problema.

«Grazie, Thomas. Sono felice che tu sia qui. È bello averti al nostro fianco.»

Si appoggiò alla spalla del giovane che a sua volta le massaggiò la schiena. Finalmente i due sembravano aver appianato le loro divergenze. Anna si accoccolò e lui appoggiò il mento sulla sua testa.
«Allora non avresti dovuto dargli tutti quei soldi!» riprese alzandosi di scatto per guardarlo.

«Perchè?»

«È ancora qui, hai sprecato il denaro.»

«I soldi non sono un problema, l'importante è che tenga la bocca chiusa.»

Anna sbuffò. «Mamma, come ha fatto a trovarci?»

«Ha visto la foto di Charlie sulla rivista.»

«Ma avevi detto che nessuno avrebbe letto quella rivista, Thomas.» Il giovane si giustificò muovendo le mani in aria e fece spallucce.

«Non è del tutto chiaro come l'abbia letta.» Proseguii.

«Non preoccuparti. Troverò il modo di mandarlo via al più presto. Fino ad allora dovremo mantenere la calma. Continueremo a fingere che vada tutto bene, ok?»

Anna annuì e qualcuno bussò alla porta della camera.
Helen fece capolino dalla soglia. «Scusate... Mi dispiace aver interrotto questo momento familiare, ma abbiamo preparato una sorpresa per Abbie. Mi farebbe piacere se partecipaste.»

Le sorrisi e Thomas la ringraziò. Dopo che la bionda se ne andò, lui riprese. «Affare fatto?»

Anna fece ancora di sì e le toccò dolcemente il braccio.

Quando scendemmo al piano inferiore, tutta la famiglia era già riunita nel salone —  gli uomini sulle poltrone e le due donne sul divano – e Thomas rivolse un saluto generale. Noi tre ci accomodammo sull'altro divano color panna e la signora Abbie arrivò.

«Signor Matthew, mi ha chiamato. È successo qualcosa?»

L'uomo tolse gli occhiali.
«Va tutto bene, Abbie.»

La donna era confusa, ma quando iniziò il coro di auguri tutti i suoi dubbi furono spazzati via. Battemmo le mani a tempo, accompagnando la canzoncina e Helen portò una torta dall'aspetto ricercato. Abbie timidamente ringraziò.

Quest'ultima passò la torta a Dayane e l'abbracciò calorosamente.

«Buon compleanno, Abbie. Grazie per quello che hai fatto per noi. Ti vogliamo bene.» Si separarono e mi alzai anch'io per fiondarmi nelle sue braccia.
Dal mio arrivo, Abbie non mi aveva mai fatto mancare l'affetto di una madre, seppure non fossi chi avessi detto di essere. Anche Thomas la strinse e Anna lo seguì. Oliver invece le fece gli auguri a distanza e Darren un cenno con la testa.

«Non ce n'era alcun bisogno. Grazie, ma abbiamo festeggiato già oggi.»

«Doppia festa, allora.» Affermò il signor Matthew mettendosi in piedi. «Hai sopportato per anni i nostri problemi. Ti abbiamo fatto disperare molto. Ma se siamo oggi una famiglia... Lo dobbiamo in gran parte a te. Hai cresciuto un ragazzo meraviglioso, Thomas.» Guardò il giovane pieno di orgoglio. «Un figlio esemplare sotto ogni punto di vista. Quindi... meriti questo e anche di più, Abbie.»

«Grazie, signor Matthew.»

«Abbie, spegni le candeline!»

«Ecco, sono un po' imbarazzata...»

«Non devi vergognarti, avanti!» La spronò la bionda mettendole davanti la torta. La donna eseguì e i presenti applaudirono. Anche Dorothy e Nadine – a modo loro — le augurarono buon compleanno con velati insulti, ma all'improvviso il campanello di casa trillò. «Ah, dev'essere arrivato il regalo! Dayane, puoi aprire la porta?»

«Certo! Sono curiosa di vedere cos'ha comprato.»

La riccia si affrettò a salire e discese pochi minuti dopo con un pacco enorme in mano.
«Abbie cara, qui c'è il tuo regalo!» La donna cominciò subito a scartarlo e tirò fuori un cappotto color sabbia. Increspai un sorriso dolce, vedendola felice mentre se lo poneva addosso.










(Thomas POV)

Il mio sguardo cadde sul tavolino lì davanti, dove Dayane aveva appoggiato una busta. Leggendo meglio inquadrai il logo di un laboratorio, così l'afferrai.
«É stata portata dall'ospedale, è tua?» mormorai al signor Matthew.

«Non lo so.» Inarcò il sopracciglio e la prese. «Non è mia.»

Annuii. Magari era stata recapitata all'indirizzo sbagliato.

Nel momento in cui il signor Matthew stava inforcando gli occhiali e leggere, Oliver si stagliò davanti a lui.
«Papà, questa è mia... Posso prenderla?»

«Cos’è?»

«Ti ho detto che è mia, te lo spiego più tardi.» Insistè.

«È dell'ospedale. Figliolo... Ci stai nascondendo qualcosa?»

«Sì, dalla a me.»

L'anziano non gli diede retta e l'aprì ugualmente, estraendo quel foglio. Successivamente scattò in piedi e, con espressione stranita, dichiarò. «Anna Hank...» Sentendo quello, mi girai immediatamente verso Nora. «Charlie Hank.» Fissava il foglio e l'atmosfera spensierata di poco prima si estinse del tutto. Il silenzio regnò incontrastato.
Il signor Matthew fece una lunghissima pausa e mi issai in piedi. «È un test del DNA.»

A momenti il cuore stava per esplodere, lo percepivo perfino nelle orecchie e per poco gli occhi non mi fuoriuscivano dalle orbite. Il fiato si mozzò in gola.






Continuing

Eccomi qui per l'aggiornamento dell'ultima parte del capitolo 6.
Darren ha spiegato le ragioni che l'hanno portato a scegliere di scappare dalla sua famiglia, ma sarà davvero questa la versione?
Bisogna scoprirlo a partire dai prossimi imperdibili capitoli!

Intanto Oliver... ha tramato alle spalle di Thomas per poter dimostrare che Anna e Charlie non sono i suoi figli 😣

Ecco perché Dorothy aveva preso le tazze di tutti — avete presente il momento dello scorso capitolo? — e be’, scopriremo il responso nel prossimo capitolo!

Nel frattempo, se trovate qualche errore, segnalatelo, e se vi piace inserite una stellina ⭐

Grazie per l'affetto e il supporto in questo viaggio molto complicato.
È una gioia poter leggere i vostri commenti/opinioni/ scleri.

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