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6.3 - Un pericoloso stratagemma 🦋

~🦋~

«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ

UN PERICOLOSO STRATAGEMMA
Capitolo 6
(Terza parte)

(Nora POV)


«Va tutto bene?» sussurrò Thomas sporgendosi verso di me, accortosi della mia apprensione.

«Anna non è scesa e sono un po' preoccupata.»

«Non preoccuparti, le ho parlato. Si sente meglio.»

Fece l'occhiolino e stesi le labbra in un sorriso, sentendo il cuore alleggerirsi. Nel frattempo, il signor Matthew domandò a Dayane dove fossero i bambini e quest'ultima rispose che avevano mangiato presto.

«Charlie doveva essere molto affamato. Abbiamo giocato una partita uno contro uno. Ha segnato molti goal, mi ha battuto. Piccolo mostro!» Raccontò Darren mentre deglutivo il boccone a fatica.

«Era molto affamato.» Confermò la riccia. Il riccio strizzò l'occhio e distolsi immediatamente la testa. Il moretto mi guardò e increspai un lieve sorriso. «Ha perso... di proposito.»

«Se non fosse così scontroso certe volte, sembrerebbe un brav’uomo.»

«Forse...»

«Dovrei fare una partita con quel piccolo mostro, batterà anche me.» Il riccio fece un cenno d'assenso e portai la forchetta alla bocca per sfuggire alla tensione, che aveva fatto piombare il silenzio nella sala. Mentre mangiavo, Thomas lo interruppe. «Dorothy...» Fissai anch'io la donna seduta una sedia più in là. «Perchè ci stai fissando?»

«Siete così dolci, proprio come una coppia di Hollywood.» Mi sfregai il mento con il dito e Darren evitò di guardarmi con la testa sollevata, senza smettere di masticare. Quell'argomento l'aveva fatto rabbuiare. «Una famiglia adorabile oltre alla realtà. Così carini. È surreale.»

«E allora? Anch'io sono felice con mio marito.» Intervenne Dayane versando l'acqua nel bicchiere.

«Qualcuno te l'ha chiesto, Dayane? Torna alle tue faccende e non immischiarti in fatti che non ti riguardano.» La ammonì la signora Nadine e, alla fine, non le restò che scusarsi con un filo di voce andando in cucina.

«Nessuno ha chiesto l'opinione di Dorothy, ma continua ad esprimerla.» Sottolineò Thomas.

«Sono allo stesso livello della domestica?» Appena aprì bocca, ci fermammo dal mangiare. «Ho solo fatto una battuta, dai! Ti chiedo una cosa, Nora. Per l'amor del cielo, dimmelo. Nessun litigio, discussioni o tensioni. Non avete mai avuto problemi. A volte, io vorrei strangolare Oliver.»

«Perché sei un po' psicopatica.» Affermò Helen.

«Sei scortese. Se c'è una psicopatica qui, è...» Si bloccò e, dopo qualche secondo, riprese. «Dov’è tua figlia? Perché non è venuta a cena?» La osservai, cogliendo l'insinuazione perfida mentre si sosteneva il mento sopra il palmo della mano.

«Come sarebbe a dire, Dorothy?» Mi anticipò Thomas.

«Nulla, stavo scherzando di nuovo.» Fece spallucce e ridacchiò. «È un padre amorevole, avete notato? Protegge e ama moltissimo i suoi figli. Sono tutti tuoi, vero?»

«Sì, sono miei.» rispose senza mostrare la minima incertezza il giovane. Mi sforzai di prendere le posate in mano, anche se era quasi passato l'appetito.

«Basta con queste assurdità. Continuate a mangiare.» Si intromise il padrone di casa.

«Ma, Matthew, non puoi essere sempre così nervoso. Dobbiamo divertirci di tanto in tanto, scherzare, ridere...»

«Dorothy, finiscila. Suvvia... Sta’ zitta e mangia, per favore!» la interruppe la suocera e parve darle retta.

«Voglio festeggiare con Oliver e organizzare una festa. Helen puoi occupartene tu dei preparativi?» La biondina acconsentì. «E quand'è il vostro anniversario? L’anniversario di matrimonio, intendo?» Lanciai un'occhiata a Thomas per un istante prima di riabbassare la testa. «Perchè tacciono?» La castana si coprì la bocca per reprimere una risata. «Quand'è il vostro anniversario, piccioncini

Aspettavano una risposta e guardai la carne nel piatto, infilzandola con la forchetta.

Il riccioluto schiarì la voce.
«Non abbiamo bisogno di giorni speciali per dimostrarci l'amore che proviamo l'uno per l'altra.» Annuii anch’io a quell'affermazione.

«Com'è romantico!» Cantilenò la biondina. Ci scambiammo un altro sguardo prima di tornare a mangiare.

Poco dopo, Dayane portò l'ultima portata – ovvero il dolce – che avevo preparato quel pomeriggio. Quando mise il piatto sulla tavola, il riccio le domandò se fosse il famigerato dolce con le carote. L'odore e il colore arancione non poterono confonderlo e gli rispose.
«Sì, signor Darren.»

«Ne prendo un po'. Non posso resistere.» Si fiondò a prendere quel pezzo sotto il mio sguardo.

«Vediamo se questa volta piacerà a Darren. Sono molto curiosa.»

Abbassai gli occhi a disagio mentre il riccio lo stava assaggiando. Cominciò a masticare e la sua espressione pian piano si tramutò e gli spuntò un sorriso. «É il dolce più buono e memorabile che abbia mai mangiato! Davvero!» Alla moglie sfuggì un'esclamazione di stupore, quando ne rubò un altro. Dayane mi regalò un sorriso soddisfatta del risultato.

«É la prima volta in sette anni di matrimonio che vedo una cosa del genere. Incredibile...»

Darren sembrava estasiato di aver ritrovato quel sapore, che credeva perduto da molti anni. Ingoiò il boccone e tenne gli occhi incollati su di me, ma li distolsi.

~🦋~

Una volta finita la cena, scesi al piano di sotto per recarmi in cucina – dato che Charlie non andava a dormire senza aver bevuto il latte – ma prima di varcare la soglia, mi bloccai a causa di un soggetto familiare. Era lui... intento a gustarsi uno spuntino notturno con i rimasugli della teglia.

Era un'abitudine che aveva sin da ragazzo e a quanto pare non era mai cambiata. Capitava spesso che lo scoprissi a mangiare impunemente il cibo direttamente dalla pentola...

***

Stavo per entrare nella piccola cucina e sobbalzai alla vista di mio marito. «Darren!» Gridai sottovoce, facendolo voltare e alzare le mani in alto.

«Mi hai beccato! Sono colpevole, vostro onore.» Bofonchiò con la bocca ancora piena.

«Lascia quella forchetta.» Gli puntai contro il dito e la posò immediatamente sul mobile per poi tornare nella medesima posizione.

«Te lo saresti mangiato tutto, se non fossi arrivata e ti avessi beccato.»

«Ok, ma Nora, non posso resistere. Lo fai talmente bene che non so come fai...» Sorrisi e mi accerchiò dolcemente le braccia, avvicinando il viso al mio.

«Quindi non ne hai mai mangiato uno migliore?»

«Lo giuro, mai. Mi stai ipnotizzando? Ci hai messo dentro un filtro d'amore?»

Finsi di chiudermi le labbra con una cerniera invisibile e alzai gli occhi al cielo. «Mhm... Non te lo dirò, è il mio segreto.»

«Davvero? È un segreto?» Annuii. Il ragazzo mi accerchiò le spalle con il braccio. «Vieni qui, fammi scoprire questo segreto.»

Mi fece adagiare la testa sul suo petto e ascoltai il battito frenetico del suo cuore, ma l'idillio romantico si spezzò quando un pianto vigoroso si diffuse nell'aria. Mi staccai da mio marito e serrai le palpebre.
«Si è svegliata...»

Mi incamminai di malavoglia verso la stanza da letto e Darren mi gridò dietro. «Ti aspetto proprio qui! Devo scoprire quel segreto, signora Nora.» Appoggiai la mano sulla maniglia e con il dito poggiato al centro delle labbra gli intimai di fare silenzio. «Mettila a dormire, poi torna da me, così riprendiamo il discorso.» aggiunse mentre chiudevo la porta della camera per controllare nostra figlia, che aveva cominciato a fare i capricci...

***

Ero immersa ancora in quei ricordi e feci un respiro profondo, mentre lo guardavo divorare un pezzo dopo l'altro. Poi si voltò e mi vide impalata lì a spiarlo da minuti.
Non volevo fare la figura della guardona e gli diedi subito le spalle, facendo qualche passo. Era tardi e la sua voce mi paralizzò sul posto. «Mi hai beccato di nuovo? Ebbene sì, sono colpevole, vostro onore.» Udii il tintinnio della forchetta che aveva fatto cadere e mi girai, trovandolo con le mani alzate a mo’ di resa e sguardo malizioso. Decisi di affrontare quella situazione e gli passai accanto – ignorandolo – per poi spalancare il frigo. Presi la bottiglia di latte da uno scomparto in basso. «L'hai fatto tu, giusto?» Chiese. Misi la bottiglia sul mobile e gli passai vicino per prendere il pentolino, bisbigliando un sì.
«É ancora molto buono...»

«Mhm... Buon appetito.»

«Non mi hai mai detto cosa ci mettevi dentro per anni.» Alzai gli occhi e assottigliò la distanza, mettendo la teglia sul fornello. «Ho un ipotesi...» Si portò in bocca l'ennesimo pezzo, probabilmente aveva perso il conto di quanti ne aveva già divorati. Lo gustò con una lentezza impressionante. «Un po' di cibo...» Lo scrutai. «Un po' di amore.» Posai la mano sul fianco e deglutì, chiudendo gli occhi. «Un po’ di passione.» Un altro secondo di silenzio. «E...» Poi un altro. «Tanto desiderio. Giusto?»

Schioccai la lingua sotto il palato. «Garofano.» Parve confuso e inclinai la testa, annuendo.

«Garofano?»

«Mhm, già. Come vedi non sono affatto una strega, aggiungo i chiodi di garofano così rendono il sapore differente.»

«Garofano.» Ripeté.

Mangiò un altro pezzo e accennò un sorriso sornione, pieno di soddisfazione. Stava per sfuggirmi un sorriso, ma mi trattenni. Mi fissò profondamente svariati minuti, perdendosi a contemplare i miei occhi e io a fare lo stesso con i suoi.

Era come se il tempo avesse smesso di scorrere e sbattei leggermente le ciglia.

«Mammina!» Charlie irruppe nella stanza e pose fine alla battaglia di sguardi che avevamo intrapreso. «Perché non mi hai ancora portato il latte? Ho molta voglia di dormire.» Il piccolino aveva una faccina triste.

«Te l'ho già preparato. Vuoi che lo riscaldi un pochino?»

«No, lo bevo così.»

«Va bene. Ecco fatto.»

Versai il liquido nella tazza per poi dargliela. Appena incrociò il volto di Darren, gli sorrise calorosamente e augurò la buonanotte. Il riccio ricambiò con la stessa enfasi. Lo seguii così fuori dalla cucina.

~🦋~

Un sassolino tirato contro il vetro mi fece ridestare dal sonno in cui ero piombata e voltai la testa verso la finestra. Credevo di averlo sognato ma seguì un altro colpo, così mi sedetti. Tolsi le coperte di dosso, infilai le pantofole e andai ad aprire la finestra. Uscii e mi affacciai al balcone, guardando di sotto. «Darren?» Doveva essere notte fonda e mi fece segno di scendere. Era forse impazzito? E se ci avesse visto qualcuno? Poi si allontanò per raggiungere un posto appartato e così rientrai. Feci attenzione a non produrre rumore e afferrai dal pouf il cappotto, poi aprii la porta della stanza gettando un'ultima occhiata a Thomas, che stava dormendo. Con un po' di fortuna non avrei incrociato nessuno, ma dovevo essere seriamente essere pazza. Raggiunsi la porta d'ingresso senza intoppi e la richiusi, per poi procedere verso il giardino. Si stava alzando un venticello freddo e le temperature si erano abbassate. Mi strinsi nel cappotto e continuai a camminare e guardare i dintorni. Mi inoltrai nel fondo – da lì si entrava facilmente nel bosco – e lo trovai ad attendermi dandomi le spalle. Rallentai un po’, dubitando fino all'ultimo di star facendo una cosa giusta. Lo affiancai e chiamai. «Darren.»

Voltò repentinamente la faccia e la tristezza lasciò lo spazio all'emozione che trasudava dai suoi occhi. «Nora del mio cuore... Sei qui... Dalla prima notte che ti ho visto in questa villa, non riesco a dormire. Continuo a pensare e ripensare... costantemente.» Abbassai gli occhi per un po' e fece una pausa. «Non potevo dimenticarti. Non posso. Non importa cosa faccio. Ci ho provato e riprovato con tutte le mie forze...» Scosse il capo. «Non funziona. Cosa devo fare? Quando si tratta di te, il cuore non mi obbedisce.» Sentii le lacrime pervadere gli occhi e li sbattei velocemente. «Ti amo moltissimo.» dichiarò con voce quasi stridula. «Ti amo così tanto... che non posso amare nessun’altra.» Non mosse un solo passo stagliato di fronte a me. «Mi sei mancata così tanto. Tanto!» Per poco le gambe non cedettero al suolo. «Il tuo profumo...» Lo guardai con gli occhi lucidi. «I tuoi sguardi... Il modo in cui sorridi...» Curvai le labbra, osservandolo. «Mi sei mancata alla follia...» Prese un bel respiro. «Tutto quanto era bello con te. La mia vita aveva un senso... e mi sono perso.» Si coprí la bocca con la mano e dopo se la tolse. «Io... Non sopporto di vederti accanto a qualcun altro che non sia io! Detesto quell'idea. Non posso trattarti come un'estranea per questa maledetta bugia. Lo so! So che ti ho fatto arrabbiare.» Le lacrime stavano per solcare gli occhi. «Non puoi perdonarmi? Puoi darci un'altra possibilità? Devi solo dire di sì... E sarò pronto a lasciarmi tutto alle spalle. Prenderemo i nostri bambini e ce ne andremo via da questo posto. Dì solo di sì.» incalzò con gli occhi fermamente incastrati nei miei. «Amore mio... Non possiamo ricominciare?»

«Tu... Divorzierai da Helen?»

Annuì. «Divorzierò. Sono ingiusto anche con lei. Il mio primo...» Trattenni il respiro, schiudendo le labbra. «E unico amore sei tu.» Doveva essergli costato ammetterlo a sé stesso e si coprí le mani sulla faccia. Non riuscivo neanche a credere che l'avesse fatto, mi aveva lasciato senza parole. «Solo Kevin...» Trasse un sospiro. «Non voglio lasciare mio figlio. Non voglio essere ingiusto anche con questo bambino... Accetterai anche lui?» Feci un altro cenno d'assenso. «Lo amerai come se fosse il tuo?»

Annuii. «Lo amerò... Dopotutto è il fratello dei miei figli ed è parte di te.» Tirai su con il naso. «Lui non ha colpe.»

Darren mi afferrò di slancio il volto, posando un bacio delicato sulla fronte e poi la fece scontrare con la sua.
Chiusi gli occhi, sentendo le carezze leggere che mi lasciava sugli zigomi, poi mi percorse il viso con i pollici e mi abbracciò. Mi strinse forte, poggiando il mento sulla mia spalla mentre liberavo un sospiro colmo di sollievo. Il calore dei nostri colpi mi teneva al sicuro – ne avevo bisogno di sentirlo vicino? Forse sì... poteva essere il primo passo per un nuovo inizio.
Avevamo una lunga strada da percorrere per ricostruire il nostro rapporto, ma una voce femminile distrusse la bolla di felicità.

«Darren?»

Ci staccammo notando che Helen era di fronte a noi. Ci osservava e spostai lo sguardo su Darren. Esalò un sospiro e abbassai gli occhi sulle nostre mani – le dita erano ancora intrecciate – ma lui slegò quella presa.
Voltò le spalle e afferrò quella della moglie, portandola via. Mi abbandonò nel giardino, buttando all'aria le sue promesse ed ebbi la sensazione di non poter respirare.

«Darren, non andare.» Lo supplicai, ma era lontano. Il vento soffiò impetuoso tra le fronde degli alberi e le lacrime mi rigarono il viso. «Darren, non andare. Non andare, Darren...» Si chiuse dietro il pesante portone dopo aver fatto entrare la moglie e la pioggia si infittì. Nel frattempo, boccheggiai come a corto di fiato sempre di più...
I miei polmoni si erano svuotati. La gola si chiuse in un nodo e la vista si annebbiò.

Ad un certo punto, gli occhi si spalancarono, mentre tentavo di non soffocare.

«Nora, svegliati.» Thomas era seduto proprio sul bordo del letto e un senso di pesantezza mi opprimeva il petto. Mi tirai su di scatto. «Hai avuto un incubo... Non è niente, è stato solo un incubo. Guarda, sei nella tua stanza. Stanno tutti bene... Nessuno è andato da nessuna parte, va bene?» Il moro cercò di rassicurarmi e spiegarmi che ciò che avevo immaginato era frutto della mia fantasia. Ma non sortì l'effetto che sperava e singhiozzai, dondolandomi. Provò a offrirmi dell'acqua, indicando il comodino, ma scossi il capo. Scoppiai a piangere e mi lasciai andare fra le braccia.
Lui mi accolse senza dire niente e riversai il viso sul suo petto.
Il pianto era intervallato da molti singhiozzi. «Va bene, piangi. Piangi quanto vuoi. Non preoccuparti, ci sono io qui. Non sei da sola.»

Mi circondò la schiena e la massaggiò, mentre gli stritolavo di più il braccio. Ascoltò il mio sfogo e trascorse tutta la notte a consolarmi...

~🦋~

Dopo il pesante crollo emotivo avuto la notte scorsa, la mattina scesi a fare colazione apparentemente tranquilla. Thomas mi aveva sentito parlare nel sonno, ma non gli avevo rivelato della persona che stavo implorando di non lasciarmi. Avevo bisogno di dimenticarla e girare pagina. Helen controllò qualcosa sul suo cellulare e lo comunicò.

«Papà, stanno preparando un torneo d'oro. Perché non hai partecipato?»

«Non mi piace più come una volta. Mi annoia.»

«Basta dire: “Sto diventando vecchio e stanco, Matthew.» Lo canzonò la moglie.

«No, non sono d'accordo. Papà è ancora giovane, bello e carismatico!» Quel commento innescò la risatina della castana intenta a succhiare uno spicchio di limone.

«È solo gelosa, tesoro.» Replicò il diretto interessato. Non partecipai ai loro discorsi e continuai a mangiare.

«Porto altre tè.» Annunciò Dorothy scattando in piedi, per raccogliere le tazze di ognuno. Questo atteggiamento stupì non poco la padrona di casa.

«Perché non chiami Dayane e lo fai portare a lei?» Schioccò la lingua e andò ad appoggiare su un carrello dell'argenteria. «Perché tutta questa fretta?»

«Se aspettiamo lei, ci vorranno tre ore...» Ritornò per prendere prima la tazza di Helen e poi quella di Darren. Una volta messi anche quelli, si voltò e allungò il braccio. «Anche la tua, tesoruccio.»

Gliela passai e si sporse verso Thomas con tono dolce. Lui gliela porse e la ringraziò.

«Chissà perché oggi è così servizievole...» Si chiese Matthew. Intanto cercò di strappare la tazza alla suocera, che oltretutto stava ancora bevendo e protestò. Riuscì così a vincere la sua resistenza.

«É impazzita di nuovo.»
Poi in men che non si dica, si diresse in cucina. Dopo qualche minuto che non tornava, la signora Nadine cominciò a spazientirsi e agitarsi.
Dayane aveva portato a tavola il pane, dicendo di essere stata cacciata quando aveva cercato di strapparle il vassoio.

«Allora, berremmo acqua.» Ribatté il moro, alzando il suo bicchiere.

«Vado a controllare.»

«Siediti, figliola. Fa’ colazione.»
Il signor Matthew mi bloccò mentre mi stavo per alzare dalla sedia e obbedii.

Dorothy di ritorno si fiondò a prendere un pezzo di pane e se ne tornò al suo posto. Ovviamente tutti i commensali puntarono gli occhi su di lei. «Cosa succede? Perché mi guardate così?»

«Avresti dovuto portare il tè, Dorothy.» le ricordò Darren e la donna si portò la mano alla fronte. «L'hai dimenticato?»

«Non posso crederci. Nadine, sono innamorata?» Questa non le rispose ed esclamò. «Sono innamorata? Sono innamorata di tuo figlio, non riesco a pensare ad altro. Tuo figlio e i pancakes!» Scoppiò a ridere e spostai gli occhi su Thomas, che riprese a mangiare.

Finito la colazione, riportai la caraffa di succo e il cestino di pane in cucina, senza aspettare che lo facesse la riccia.
«Grazie, fiorellino. Se non fossi esistita, avrebbero dovuto inventarti. Sei umile e pronta a dare una mano, anche se sei una donna ricca.» Sorrisi per tutti i complimenti e Thomas entrò, arrivando trafelato accanto a me.

«Dayane, allora vado a comprare la torta. Quale prendo?»

«Non comprarla, abbiamo già un pasticciere speciale.»

«Chi?»

«Qualcuno che ha sempre preparato torte fantastiche per le feste di compleanno. Secondo te, chi è?»

Thomas aggrottò la fronte guardando prima me e poi la cognata. «Chi?»

«Dayane Hank!» La ragazza fece svolazzare le mani in aria e si lasciò scappare una risata.

«Di chi è il compleanno, Dayane?» Mi intromisi.

«Della signora Abbie.»

Fissai Thomas. “Non mi aveva parlato di quella ricorrenza” e spalancai le labbra sorpresa.

«Già. Non festeggiamo il compleanno della mamma da diciassette anni e vorrei fare qualcosa per rimediare. Le voglio preparare qualcosa di speciale.»

Mi sfuggì un “Ah” posando le mani sui fianchi e Alan con lo stesso nervosismo si fiondò dentro. «Dayane, porterò mia madre al mercato così qui potrete finire il resto. Posso trattenerla per un’ora e poi la conosci, vorrà ritornare.»

«Un'ora non basta, Alan! Cosa sono io, un robot? Portala a fare un giro per la città di due o tre ore, inventa una scusa, convincila a fare shopping.»

Io e Thomas ci lanciammo uno sguardo mentre i due battibeccavano.

«Ok, troverò una scusa... Vado.»

Quando uscì, restò con le mani divaricate e la rassicurai.
«Non preoccuparti, ti aiuterò io. Ce la faremo.»

«Avrei anche tempo, se non fosse per il mercato. La signora Helen vuole che compri i prodotti lì ogni settimana.» Annuì e agitò l'indice. «E se tu andassi al mio posto, mi faresti un grande favore. Sarebbe fantastico.»

Osservai Thomas, sperando che mi tirasse fuori dall'impiccio. «Esiste ancora quel mercato?» La riccia annuì sorridente. Poi si voltò. «Nora, è un posto splendido. Puoi comprare tutto con tranquillità e oltretutto respirare aria fresca. Puoi arrivare in cinque minuti con un taxi.» Feci un cenno che lui ricambiò prontamente.

Fissai di nuovo la riccia.
«Va bene...»

«Bene, cara! Ho fatto bene a ricordarmelo. Scusami se ti scomodo di nuovo...Vado a prenderti la lista.»

E si diresse fuori.

(Darren POV)

Uscendo di casa, vidi Anna accovacciata accanto alla bici in compagnia di Charlie. «Che succede? C'è qualche problema?»

Kevin sollevò lo sguardo. «No...» rispose allungando la vocale finale. Anna intanto sbloccò la rotella inceppata e si rimise in piedi. «Bene, ho fatto, puoi salire.»

«Figliolo, ringrazia tua sorella Anna.»

«Non sono sua sorella!» Obiettò prontamente guardandomi in cagnesco. Ci rimasi male e sicuramente anche il piccolino. «L'ho solo aiutato perché era in difficoltà, tutto qui.» Si incamminò per il sentiero, diretta all'altra casa e mentre pensavo a un modo di sistemare le cose con lei, ecco che le due donne sopraggiunsero.

«Nora, verrei con te, se non fossi impegnata. Questo mercato però è molto popolare in città.»

Quest'ultima si sistemò la borsa sulla spalla. «É quello che ha detto anche Thomas. Buona giornata.»

Helen ricambiò il saluto e la osservai allontanarsi verso il cancello.

«Sta andando al mercato?»

«Sì. Forse potresti darle un passaggio. Fra poco pioverà.»

«Non posso perdere tempo, Helen. Farò tardi al lavoro.» Posai la mano sul suo braccio. «Tu entra dentro.» Poi mi rivolsi al bambino accovacciato ancora vicino alla bici. «Kevin! Non rimanere sotto la pioggia.» Helen allungò la mano e dopo lo aiutò a tirarsi su. «Amore, non fare tardi. Ci vediamo dopo.» Li lasciai rientrare e raggiunsi la mia auto bianca parcheggiata, prendendo il telecomando per sbloccare le portiere.

(Nora POV)

Avevo già acquistato gran parte della merce segnata sulla lista e continuai a passeggiare sulla viuzza, costeggiata da bancarelle, circondate da molte persone intente a comprare il cibo.
In quel mercatino si potevano trovare prodotti tipici della cucina locale, ma anche da altre parti del mondo. Inoltre, erano esposti anche vinili antichi e oggetti dall'aspetto vintage.
A quel punto, mi fermai ad un'altra bancarella.

«I porri sono freschi?»

«Lo sono, signora, ne vuole?»

Cercai di capire se fossero buoni attraverso il tatto. «Me ne dia...»

«Ce ne dia tre chili.»

Una voce maschile si accavallò alla mia e fui sorpresa di trovarmi il riccio di fianco. Mentre il venditore preparava l'ordine, mi soffermai a guardarlo. «Che cosa ci fai qui?»

Fece spallucce. «Sono venuto a fare la spesa, Nora.» Distolsi il volto poco convinta e prese l'ortaggio. «I porri sono freschi, prendili, così li mangiamo. Sai che mi piacciono.»

«Non lo so e non mi importa.»

«Non lo sai. Andiamo! Li odiavo e tu me li hai fatti amare. Con tanto limone e carote. Davvero non lo ricordi?»

Ripresi a fissarlo e tornò a galla un giorno, che avevo cercato di scacciare dalla memoria.

***

Raccolsi la busta di arance che mi porgeva l'uomo confinato al bancone e Darren, a quel punto, mi prese per mano e ricominciammo a camminare per il mercato del paese.
Alzai il palmo dell'altra mano per mettere in chiaro un concetto.
«Te lo dico subito... Non pensare che faccia tutto Nora.»

«Va bene. Laverò i piatti, promesso.»

«Ok, io cucinerò, laverò i panni mentre tu pulirai anche i vetri delle finestre.»

«Cosa?»

Fissai il giovane che si era fermato su due piedi nel bel mezzo della stradina trafficata. «Cosa?»

«Non se ne parla. Non voglio che la gente dica che la moglie di Darren gli fa pulire le finestre. Dopotutto, sono un uomo e ho una reputazione da mantenere.»

«Uomo? Reputazione? Che discorso è questo, Darren?» Gli lasciai la mano. «In che secolo viviamo? Gli uomini non posso pulire le finestre? Sentirti parlare in modo così maschilista, mi fa davvero arrabbiare!» ammisi, lasciandomelo alle spalle.

Mi corse dietro, prendendomi sottobraccio. «Okay, okay, non arrabbiarti. Pulirò tutti i vetri, se vuoi. Diventerò perfino il tuo schiavo, strega!»

«Se servirà, sarai uno schiavo. Vivremo insieme per tanti anni, quindi sarà meglio che ti ci abitui. La vita è fatta di compromessi.»

«Se lo dici tu...»

«Compriamo dei porri?» Proposi indicandoli passando vicino a un'altra bancarella. Mi voltai di scatto verso Darren. «Ah, ma al principino non piacciono, vero?»

«Mi piaceranno. Mi piacerà tutto ciò che mi cucinerai. Mangerò tutto quello che uscirà fuori da queste adorabili mani... potrei mangiarle anche queste mani.» Prese la mia mano per portarsela alle labbra e la baciò. Mi osservò trasmettendomi l'imbarazzo e mi concentrai sulla verdura. «Nora...» Mi chiamò e lo guardai di rimando. «E pulirò anche le finestre.» Poi ordinò all'uomo di darcene tre chili e sorrisi mordendomi il labbro inferiore. Mi attirò a sé stringendomi a sé e baciò dolcemente sulla testa.

***

Fu la voce del venditore a riportarmi bruscamente alla realtà. Mi affrettai a prendere il portafoglio, ma Darren mi aveva anticipato porgendo i soldi.
Mi piegai per raccogliere i vari sacchetti e il riccio – testardo – li prese al mio posto.

«Lascia!»

«Faccio io.» Insisté.

Non c'era niente che potessi fare per fargli cambiare idea. Riprendemmo così a passeggiare l'uno di fianco all'altra.
«Lo cucinerai tu?»

«No, Dayane.»

«Dille di cucinarli come fai tu.»

«Questa parte non mi riguarda. Cosa ci fai al mercato, Darren?» chiesi tornando al discorso precedente. «Mi stai seguendo?»

«Per evitare che ti rapiscano, Nora! Sai quanti malintenzionati ci sono in giro? Sono venuto per te. Ho fatto male?» Allungai il braccio per togliergli la busta, ma lui la allontanò con sfida.

«Dammelo.»

A quel punto, si guardò un attimo attorno. «Vuoi venire a prendere un caffè con me? C'è un cafè da queste parti...»

«Ridammelo, non verrò da nessuna parte con te.»

«Non lo farò. Vieni a prendere un dolce, non essere testarda.»

«Dammelo, il mio portafoglio è lì dentro.»

«Allora il capo sei tu. Se non vieni, non te lo restituirò.» Feci l'ennesimo tentativo di acchiappare la busta, ma la allontanò. «Non fare la testarda, vieni.» Tentò di prendermi il braccio, ma mi scansai dal tocco. Potevo camminare da sola. «Questa caffetteria fa dei dolci deliziosi...» spiegò mentre lo seguivo con le braccia incrociate al petto.



“Continuing...

Ecco qui una nuova interessante parte e spero che la storia continui ad appassionarvi. Se avete qualche segnalazione per quanto riguarda gli errori, non esitate a scriverli nei commenti.

Ritorniamo a fare un tuffo nel passato: Danora ci fanno rivivere nuovi momenti ricchi di complicità fra di loro, ma al tempo stesso assistiamo ad un crollo emotivo della povera Nora. Ha pseudo sognato che Darren l'ha abbandonata di nuovo per tornare con Helen e al suo risveglio Tommy l'ha rincuorata ❤️  È stata una padre molto triste – Lo ammetto – e spero di avervi mostrato il dolore. Tommy ha un cuore grande, non credete? Merita il meglio.

Intanto Darren invita Nora a prendere un caffè con lui, cosa porterà questo incontro tra i due lontano dalla villa?

Scopriremo altri retroscena che hanno sconvolto le loro vite e convinto Darren ad abbandonare la sua famiglia?

Se volete lasciarmi una stellina o un commento (un vostro parere) mi fareste molto felice.

Ci vediamo nell'ultima parte del capitolo 6.

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