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6.1 - Un pericoloso stratagemma 🦋

~🦋~

«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»

UN PERICOLOSO STRATAGEMMA
Capitolo 6
(Prima parte)

(Nora POV)

Speravo che stesse andando tutto bene e invece, dovevo ricredermi: avevo davanti a me l'ennesima minaccia. La sua presenza mi aveva immobilizzato, mentre osservava tutti come bocconcini deliziosi leccandosi le labbra.

«Be’? Non mi chiedi come sto? Oh... È rimasta di ghiaccio appena mi ha visto, eppure abbiamo sempre vissuto nello stesso quartiere e ci conosciamo bene.» spiegò e trattenni il respiro nel silenzio religioso della sala. «Vieni Nora, abbracciamoci. È da così tanto che non ci vediamo.» Mi incalzò il ragazzo.

Con una buona dose di nervosismo, gli andai incontro e lo abbracciai. Fece scivolare le mani sulla mia schiena e avvicinai le labbra al suo orecchio bisbigliando. «Andy, per favore, non dire nulla. Aspettami fuori, io arrivo subito.»

Dopodiché mi allontanai fugacemente guardandolo, sperando che avesse recepito la mia richiesta.

«Comunque... Che bella coincidenza averti incontrato qui. Alloggio in quest'hotel da poco e avevo deciso di fare un giro, quando ho visto la mia carissima amica e sarebbe stato scortese non salutarla.» In realtà lui non faceva niente senza un tornaconto personale e di certo non era per educazione quel gesto. «Mi dispiace di aver interrotto la vostra serata. Scusate.» Abbassai lo sguardo e con la mano mi spostai il ciuffo dal viso. Il signor Matthew ne approfittò per invitarlo a prendere qualcosa, ma il moro rifiutò. «No, grazie. Magari un'altra volta. Ci vediamo, Nora. Sarò nei paraggi.» Mi lanciò un'occhiata complice, spostando gli occhi su Darren ancora accanto a me, per poi inchinarsi. «I miei saluti, signori. I miei saluti.»

«Ci vediamo.»

Il giovane quindi tolse il disturbo.

«Non capisco come facciano entrare persone del genere in questo posto! È aberrante!» Esordì Dorothy.

«Non lo so, in qualche modo l'avranno fatto entrare.» Continuò il marito.

«Anche tuo padre... invita tutti senza curarsi delle loro origini. Vengono da una zona povera e naturalmente gli amici sono anch'essi degli straccioni. Purtroppo non c'è niente da fare.»

Altezzosa, la bruna girò i tacchi, seguita, dopo qualche minuto, dagli altri che ripresero a chiacchierare, mentre io rimasta immobile, pensavo a cosa avrei potuto fare per risolvere quel grosso problema materializzatosi sul mio cammino.

«Chi era quel ragazzo? Ha detto che viveva nel tuo quartiere. Stai bene, giusto? Nessun problema?» Chiese Thomas raggiungendomi con le mani seppellite nelle tasche.

«No, va tutto bene. Vado un attimo in bagno e torno.» Senza accennare alla questione, mi allontanai a passo svelto dal giovane. Non sapendo che direzione avesse preso, imboccai un lungo corridoio, facendomi guidare dall'istinto. Appurato che fossi realmente sola, continuai a camminare e scrutare i dintorni. Mi fermai in un punto, girovagando avanti e indietro con solo il ticchettio delle scarpe in sottofondo. Poi, qualcuno fischiò dietro di me e mi girai di scatto. Il ragazzo era saltato fuori dal nascondiglio ed era appoggiato con la spalla allo stipite di una porta.

«Ben fatto, ragazza. Sei venuta.»

Non avevo voglia di scherzare.
Mi incamminai prontamente verso di lui, che mi squadrava con fare malizioso.

«Come hai saputo di noi? Qualcun altro sa che siamo qui?»

«No ragazza, calmati. Non lo sa nessuno e non dirò niente. Sta' tranquilla, oppure il tuo bel faccino si rovinerà.» Si schiodò dalla porta e avvicinò a me. «Ebbene, cara Nora... Per puro caso ho letto su una rivista che Charlie era diventato il nipote di una famiglia benestante e la cosa ha stuzzicato la mia curiosità.» Voltai la faccia altrove inspirando. «Ho pensato: “Come può essere?” e allora sono venuto subito a Dublino. Per prima cosa, ho deciso di soggiornare nel loro hotel e l'indomani sarei venuto a trovarti, ma tu stessa sei venuta da me.»

«Che hai intenzione di fare, Andy? Mi consegnerai alla polizia?»

«Se avessi una tale intenzione, allora sarei andato di corsa alla polizia con la rivista, non credi? Ma... Non l'ho fatto, ho deciso di darti una possibilità e ascoltarti.» Mi guardò di sottecchi negli occhi, cercando di incutermi paura. «Cosa volevi da un ragazzo così giovane? Che problemi ti hanno spinto ad ammazzare Henry?»

«Quel bastardo di Henry che tu chiami amico se l'è meritato. Lui ha quasi violentato mia figlia. Ed io, l'ho protetta.»

«Che cosa? Cosa stai dicendo?» Era quella la verità: meritava di morire e di finire all'inferno, anche se questo aveva irreparabilmente contributo alla fine della nostra pace. Andy rimase in silenzio per qualche secondo confuso, ad assorbire le mie parole. «Dannato... pervertito! Diceva che la trovava carina e le piaceva, ma non pensavo che si sarebbe spinto fino a quel...» Si bloccò distogliendo lo sguardo per prendere un bel respiro. «Quindi l'hai accoltellato?»

«Sì.» Asserii senza far tremare la voce.

«Non sapevo niente, lo giuro. Veramente sono rimasto sorpreso.» poi sussurrò più a sé stesso. «Che pena...» Mi osservò. «Sono senza parole. Quella canaglia!» Buttò fuori un altro sospiro. «Che hai fatto dopo? Hai preso i bambini e sei scappata?» Annuii. «E cosa c'entrano i Miller con questo? Come ha fatto Charlie a diventare loro nipote?»

«Un uomo ci ha aiutati, ha detto a tutti che eravamo la sua famiglia.»

«Strano, e il motivo?»

«L'ha fatto per nasconderci. Quando la polizia ha chiesto i documenti, ha affermato che io ero sua moglie e i bambini i suoi figli. Poi siamo arrivati a Dublino e si è scoperto essere il figlio dei Miller.»

«Ah, capisco. E sei diventata anche tu una Miller.» Feci un cenno affermativo con la testa e la abbassai. «Hai usato anche dei documenti falsi, come nei film?»

«No. Niente del genere.»

«Andiamo! Come ha fatto a non accorgersi di quella parte? Che vergogna.» Il giovane poi si spostò leggermente da un lato e posò la mano su un tavolino. «Qual è il nome di questo angelo custode senza ali?» “Perché voleva saperlo?” pensai continuando a guardarlo senza aprir bocca. «Sto parlando del tuo maritino, ragazza. Qual è il nome?» mi incalzò inarcando il busto.

«Thomas.»

«Thomas... Eccellente. Facciamo così Nora, prima di tutto non voglio stare in una stanza normale, fammi avere una suite. Ovviamente tutte le spese le metteranno sul tuo conto, cara “signora” Miller. Va bene? Dì pure al signor Thomas che mi trova qui domani. Avanti, non perdiamo altro tempo.» Mi oltrepassò, pronto per andarsene, ma lo fermai.

«Cosa vuoi da Thomas?»

Il ragazzo dai capelli scuri si voltò nella mia direzione. «Perchè pensi abbia guidato fin qui, dolcezza? Se terrò la bocca chiusa, otterrò qualcosa in cambio, no? Dal momento che è una brava persona... E che si è fatto carico di tutti i tuoi problemi, sarà interessante parlare con lui a quattr'occhi.»

«Ascolta, Andy.» Gli andai dietro, bloccandolo saldamente per un braccio. «Vattene e non toccarci, hai capito? Non essere stronzo

«Oh... Non è affatto un linguaggio  adatto ad una signora. Tesoro, ora sei una Miller, giusto? Comportati come una vera signora.»

«Non dire sciocchezze, Andy. Non scherzare con me. Vattene o non risponderò delle mie azioni.»

«Non disturbarti tanto. Ti ho detto quali sono i patti. Ragazzina, hai trovato la tua fortuna, non rovinare tutto, ok? Ti auguro una felice serata.» Detto ciò, si liberò dalla presa e stava per togliere il disturbo. «A proposito, l'uomo con cui stavi ballando, è tuo marito

«No, non è lui.» Mentii.

Andy ridusse gli occhi in minuscole fessure. «Chi era quel ragazzo affascinante?»

«Suppongo un membro della famiglia. Non lo conosco, l'ho visto qui anch'io.»

«Mhm... Davvero?» Ci rifletté, come se stesse scavando nella sua memoria alla ricerca di quell'informazione. «Mi era sembrato di conoscerlo, ma... Non mi viene in mente chi possa essere ora. Porta i miei saluti a Thomas, lo aspetterò domani.» nuovamente se ne andò, lasciandomi in mezzo al corridoio.

Ora che potevo fare?” mi chiesi, alzando gli occhi al cielo e ponendo le mani sui fianchi. “Possibile che non esistesse un briciolo di tranquillità in questa vita e fosse sempre un percorso in salita?







(Darren POV)

Quel tipo non mi era piaciuto, c'era qualcosa di strano che avevo percepito nel suo sguardo e inoltre si era preso troppa confidenza con Nora. Diceva di essere un suo amico, quindi proveniva da Doolin e non era da escludere l'ipotesi che conoscesse anche il sottoscritto. Una carezza da parte di Helen mi strappò a quei pensieri e per giustificarmi accampai la classica scusa del lavoro, dicendo che avrei voluto cambiare le decorazioni. La donna si inbronciò, pregandomi di trovare tempo per lei e mi baciò sulla guancia. In seguito, si allontanò per contemplare il dipinto in compagnia di Dorothy. Le due si misero a discutere dei dettagli, dopodiché mia moglie annunciò di dover andare in bagno e sparì un momento. Oliver intanto stava assaporando un pezzo del tiramisù, facendo continui versi di apprezzamento. Matthew lo invitò a sedersi e rilassarsi mentre riprendevo a sorseggiare il caffè. Bastò dargli l'appellativo di “capo” per convincerlo e mi passò accanto per tornare a posto.
Proprio nel momento in cui stavo bevendo l'acqua, Nora ritornò in sala e Dorothy la intercettò per prima, chiedendole se avesse avuto problemi allo stomaco.

«No, va tutto bene.» le rispose.

«Mi stavo chiedendo se ti fosse piaciuta di più la bruschetta o il carpaccio? Cosa ti è piaciuto?»

«Non capisco, di cosa stai parlando?»

Fissai la donna in carne tenendola d'occhio e contrassi automaticamente la mascella.

«Certo, non l'hai mai mangiato. No... lascia perdere.»

«Sì, ma era tutto molto gustoso.» Dichiarò Nora, mentre il mio sguardo truce continuava ad essere focalizzato sull'altra. Quando se ne accorse, mi mimò con le labbra: “che c'è?” e dopodiché aggirò l'intera tavola per raggiungermi.

«Perchè mi guardi così male? Ho fatto qualcosa di sbagliato?»

Ruotai il collo, facendo un solo passo in avanti. «Non mi piace che umili le persone.»

Fece spallucce.
«Non ho umiliato nessuno... E trovo strano il tuo atteggiamento da avvocato difensore. Questa è la seconda volta, come mai?»

Mi sporsi di più. «Forse sto cercando di essere una brava persona, Dorothy?»

Si fece indietro bruscamente e spostò gli occhi altrove per sfuggire al mio sguardo adirato. «Provaci, potrebbe funzionare.» Girai la faccia. «E non guardarmi più così male.»

Finché non avrebbe smesso di ronzare attorno come un moscone, non le avrei risparmiato quegli sguardi infuocati. Doveva smetterla di starle con il fiato sul collo o non mi sarei limitato a indirizzare occhiatacce assassine.

«Che cosa confabulate voi due?» L'intromissione di Helen interruppe la conversazione e Dorothy si voltò verso quest'ultima.

«Tuo marito mi stava dando una lezione di umanità e non riesco ancora a riprendermi.» Mi sfilò accanto, dandomi qualche pacca amichevole sul braccio. «Sei un gentiluomo, caro...»

«È tipico di Dorothy.» giustificai notando la perplessità dipingersi sul volto di Helen.


Ci rimettemmo seduti tutti per assaggiare il dolce e, dopo pochissimo tempo, lo spilungone dai capelli ricci annunciò che sarebbero andati via. Il signor Matthew acconsentì e chiamò il figlio dall'altro capo del tavolo, facendogli alzare la testa dal piatto. Gli disse di far portare le auto all'ingresso e la serata volse al termine, così ci alzammo.

A darci il benvenuto quella notte, sulla porta, fu Dayane. Nadine si spogliò del cappotto e della borsa e li mollò a quest'ultima. Dorothy e Oliver sparirono subito, quando lei lo tirò verso il corridoio. Mia moglie domandò se il bambino si fosse addormentato, ottenendo un sì, e le andai dietro, trasportando il dipinto al livello del fianco per dirigerci nella stanza.







(Nora POV)

Quando tutti se ne furono andati, Thomas chiuse la porta d'ingresso alle sue spalle e mi rivolsi alla ragazza riccia. «Dayane, i bambini hanno creato qualche problema?»

Parve scuotere la testa in segno di diniego e fissò entrambi.
«Non hanno creato problemi...» Dopodiché si interruppe, osservando attentamente il piano inferiore come se avesse paura di essere sentita da qualcuno.

«Dayane, che succede? Parla, non tenerci sulle spine.» la incalzò Thomas allarmandosi.

«Venite con me in cucina, meglio non parlarne qui.»

Iniziò così a scendere i gradini e lanciai uno sguardo stranito al giovane al mio fianco, poi la seguimmo. Prima entrò lei e dopo lasciò passare noi, chiudendo la porta.

«Cos'è successo, Dayane?»

«Anna... è da un paio di giorni che non sta passando un buon momento. Dopo che ve ne siete andati, ho cercato di parlarle, ma si è rifiutata di rispondere.»

«Che succede con lei?» chiesi soffocando un sospiro.

«Thomas, è furiosa con te. Dice che non sei suo padre, urla e piange disperatamente.»

Dopo uno scambio veloce di sguardi, voltai la testa e si prese la briga di risponderle.
«Sarà arrabbiata con me, perciò reagisce così.»

«Me ne sono resa conto, è ancora un'adolescente, altrimenti perché avrebbe dovuto dire che non sei suo padre?» Feci sì con la testa cercando di vincere l'imbarazzo. «Non so quale sia il punto, ma sarebbe meglio che parlassi con lei. Mi si spezza il cuore vederla in quello stato.» Confessò la riccia con aria mortificata.

«Va bene, parlerò con lei. Non preoccuparti.» la rassicurò Thomas e la donna annuì.

«D'accordo. Bene, vado a vedere se hanno bisogno di qualcosa in soggiorno. Buonanotte.» Il riccioluto la salutò prima che uscisse e si spostò di fronte a me.

«Abbiamo già troppi problemi, perché peggiorare di più la situazione? Perché si sta comportando così?» chiesi al limite dello sfinimento.

«Va bene, va bene, non arrabbiarti con lei. È ancora un'adolescente. Non è facile quello che sta passando, lo sai.»

«Non lo è.» Concordai, abbassando la testa contro il pavimento. Quell'aggressione subìta il giorno della fuga era ancora una ferita fresca e stava mostrando i suoi effetti, attraverso quegli scatti di feroce rabbia. Anna non era in sé. «Allora, vado a vedere come stanno.»

«Nora, calmati, va bene? Le parlerò io.» Assentii. «Nora.» Mi fermò ancora. «Eri un po' irrequieta a cena. In macchina, c'era troppa gente e non abbiamo potuto parlarne. Avevi detto che me lo avresti detto a casa.»

Aveva ragione. Stavo per dimenticare una cosa fondamentale.

«Thomas, vado a dare un'occhiata ai ragazzi e poi ti spiegherò tutto.»

Lui annuì. «Okay.»

Lo lasciai nella cucina al piano di sotto e salii di sopra. Varcai silenziosamente l'uscio della camera dei ragazzi e vidi che erano già profondamente addormentati. Decisi di entrare e avvicinarmi ai loro lettini, facendo meno rumore possibile per non disturbarli. Passai a rimboccare le coperte del piccolo, lasciandogli un bacio sulla fronte e, infine, mi inginocchiai vicino al capezzale di Anna, la mia bambina.
Dopo essersi disperata abbastanza il sonno l'aveva sopraffatta e le tolsi di mano il fazzoletto stropicciato e totalmente bagnato di lacrime.
La osservai, posando la mano sul suo braccio per accarezzarlo. «Piccolina mia...» Sussurrai. «Vorrei che non fossi così triste...»

Mi chinai per lasciarle un bacio sulla guancia. Una volta fuori di lì, mentre svoltavo l'angolo del muro, incrociai la figura del riccio e mi bloccai di scatto.

«Nora.» Mi venne incontro e posò la sua mano sul mio braccio, ostacolandomi il passaggio col suo corpo. «Dobbiamo parlare.»

«Lasciami.»

Mi fece indietreggiare e insisté. «Nora, è importante, dai.» Mi riportò di fronte alla porta della camera dei bambini, anche se gli avevo detto mille volte di vivere la vita che aveva scelto senza curarsi di noi ma era ostinato. «Chi era quel tizio? Ha detto che abitava nel tuo stesso quartiere. È di Doolin? Mi conosce?»

«Sei preoccupato per questo ora? Sei così spaventato, Darren?»

«Nora, qui non c'entra niente la paura. Se mi conosce, le cose potrebbero complicarsi. È importante per te e per me che questa storia resti segreta.»

«Non ti ha riconosciuto. Non preoccuparti, la tua vita ricca non è in pericolo.» Il riccio alzò gli occhi al cielo. Feci per andarmene, ma ci ripensai. C'era una domanda che mi stava tormentando da tempo. Tornai così di fronte a lui. «Sono curiosa, non l'hai mai detto a Helen? Non potevi dirle semplicemente che hai due figli? Ti vergognavi?»

«Non potevo.» affermò senza guardarmi in faccia.

«Come mai? Potevi dirle che eri sposato e che avevi due figli? Oppure temevi di non poter aspirare al posto di “genero” di questa famiglia?»

«All'inizio non potevo dirglielo, poi era già troppo tardi. Ok? Non c'è altro.» Ribatté, innervosito.

«Quindi tu stesso ti sei vergognato del tuo passato e hai voluto cancellarlo. Hai voluto credere alle tue bugie.» Il giovane respirò in modo irregolare e continuò a fissarmi. Sapeva che avevo ragione e non replicò nulla, anzi girò i tacchi e sparì dal mio campo visivo in un momento. «Scappa, scappa. Questa è l'unica cosa che ti riesce meglio.» Bofonchiai irritata proseguendo verso la mia stanza.








(Darren POV)

Rientrai nella camera, trovando mia moglie alle prese con il dipinto mentre si spostava da una parte all'altra con smania per decidere dove appenderlo.
«Amore, dove sei stato? Sei scomparso all'improvviso.»

«Non riuscivo a digerire e ho bevuto una gazzosa in cucina.»

«Già, abbiamo mangiato tanto.» rispose troppo concentrata sul quadro e intanto tolsi la giacca. «Come ti sembra qui?»

«Potrebbe andare.» Commentai, sbottonando i polsini della camicia con la testa impegnata in altri pensieri.

«O meglio quell'altro muro?»

«Helen, non lo so, appendilo dove ti pare!» Sbottai, riversando su di lei tutto il nervosismo che sentivo e ciò la fece rabbuiare e smise di assillarmi. Lo appoggiò delicatamente sul pavimento, accarezzando la cornice con la punta delle dita e mi resi conto di aver esagerato con il tono. «Perdonami... Non intendevo offenderti.»

«Non è successo niente, sono abituata alla tua apatia.» rispose mettendosi seduta sul letto e mi diede le spalle.

«Helen...» la richiamai avvicinandomi abbastanza. «Non imbrociarti, ti prego.»

«Non sto facendo niente, Darren.» Si girò. «Non ho mai fatto niente. Sei sempre infelice, ormai ci ho fatto l'abitudine.»

Mi misi seduto. «Non sono infelice. Non c'è niente, ok?»

Abbozzò un sorrisetto tirato e le sfuggì una risata amara. «Almeno, non mentire. Eh?» a quel punto, distolsi lo sguardo. «Non c'è niente di giusto, no, Darren?» Riportai gli occhi in quelli azzurri di Helen. «É stato così per molto tempo... Cerco di fare del mio meglio. Pensavo che sarebbe tornato tutto come prima, che se mi fossi seriamente impegnata non ci saremmo trovati in questa situazione. Ma... non importa quello che faccio, non funziona nulla.» Mi dispiaceva non poterle dare l'amore e l'affetto che avrebbe dovuto meritare da qualcun altro, ma il più delle volte era difficile guardarla in faccia e dirle che andava tutto bene. «Per esempio, quando è stata l'ultima che mi hai abbracciato? O quando è stata l'ultima volta che abbiamo riso a crepapelle? Te lo ricordi?»

«Sai che non sono un tipo divertente.»

«Lo so. Lo so, voglio dire... Sei sempre stato triste. C'era sempre qualcosa di rotto in te, lo so. All'inizio mi chiedevo spesso...» Tirò su con il naso. «Perché è così? A che pensa? Perché è arrabbiato? Da cosa è ossessionato? Ci ho pensato a lungo, poi mi sono arresa... Mi sono innamorata di un uomo così, vuoto...» La ascoltai, con sguardo schivo, gli occhi che bruciavano e il respiro flebile. «E pensavo che saremmo stati felici. Ma ora sono già stanca, Darren.» La ragazza tremò e si passò le mani sul volto. «Sono molto stanca!» urlò e si coprí la faccia, singhiozzando sempre di più.

Mi rialzai, mettendomi al suo fianco, e avvolsi le sue spalle gracili con le braccia, spingendola a posare il capo sul mio petto. «Va bene, va bene, va bene. Mi dispiace. Scusami per tutto. Tornerò in me, te lo prometto. Ok? Avanti, non piangere.» La tenni stretta a me e chiusi le palpebre, sospirando. Helen singhiozzava di meno. «Non piangere.» La feci sollevare e si asciugò il viso con le mani. «Tornerò quello di prima, te lo prometto.» Scattai in piedi all'improvviso, prendendo la cornice e andai verso la parete accanto alla porta del bagno. «Ti va di appenderlo qui? Sembra che ci stia molto bene qui, no?»

La giovane ritrovò un po' di buon umore e si alzò. «È molto dolce il fatto che tu abbia voluto partire dal dipinto per tranquillizzarmi.»

«Quindi, ho sbagliato?»

«No, al contrario, mi piace.» Misi a terra il quadro, appoggiandolo contro il muro, e mi voltai a guardarla. La malinconia sembrò riemergere sul suo volto, facendo sparire il sorriso, e prese un lungo sospiro. «Darren, voglio confessarti una cosa.»

Tornò seduta e così anch'io. «Sì... Cosa c'è?» Mormorai.

Dopo qualche secondo passato a fissarmi, continuò. «Penso di essere un po' gelosa di Nora e Thomas.»

«Che vuoi dire?»

«Non lo so... Si guardano con molto amore e rispetto. Loro sono molto felici. Ad esempio, oggi, quando si sono scambiati gli anelli... erano impacciati, timidi, con i visi arrossati...» Piegò il capo. «E poi ho pensato a noi. Se solo fossimo come loro.»

«Sono molto felici?» domandai con espressione vacua, dopo aver sentito quelle parole. Helen non mi tolse gli occhi di dosso. «Cioè, ne avete parlato tra donne?» mi corressi.

Helen negò con gli occhi puntati a terra. «Non abbiamo parlato. Ma... Non lo so è così che mi sono sentita. Non credi sia così?»

Ammutolii per qualche momento, con lei che attendeva una risposta, quando alla fine spezzai il silenzio. «Non lo so. Inoltre, cosa ci interessa? Dirò ad Alan di appendere quel quadro...» Aggiunsi rivolgendo un'occhiata all'oggetto. Helen accennò un lieve sorriso. «Andiamo a letto? Sono un po' stanco.»

La bionda tirò su con il naso e asciugò le lacrime, prima di annunciare che sarebbe tornata presto, andando in bagno. Mi lasciò così da solo, spostai lo sguardo su quel quadro e poi sulla mano sinistra, dove spiccava la fede luccicante.
La sfiorai con il pollice. Alzai il volto ed trassi un sospiro. Un altro ricordo si fece volutamente spazio nella mia testa e si poteva riassumere con un'unica frase: il giorno più bello della mia vita.

Tutto stava cambiando e il mondo si era colorato dei colori della felicità e dell'amore.

***

Non potevo chiedere nessun'altra cosa al padre celeste e varcai l'uscita dell'ufficio comunale, in cui avevamo appena legato in modo indissolubile le nostre vite e ci eravamo promessi amore eterno. La portavo in braccio come una sposa, esultando ad alta voce e volteggiando su me stesso. Nonostante non fosse stata una cerimonia in grande stile, con tanti invitati, il sorriso presente sui nostri volti diceva tutt'altro. Non avevamo bisogno di niente, contava quel ‘Sì, lo voglio’ e noi l'avevamo pronunciato dinanzi a Dio. Se qualcuno mi avesse visto, mi avrebbe scambiato certamente per un pazzo e forse lo ero. Sprizzavo gioia da ogni poro e niente mi avrebbe impedito di pensare a cose brutte.

La misi giù con delicatezza e mi donò un sorriso meraviglioso. «Darren!»

«Ora sei mia, mia, mia!» Agitai le braccia e provocai la sua risata. «Tu sei mia moglie, la mia casa, la mia vita, la custode del mio cuore. Sei tutto per me. Sei tutto...» le presi il viso, infilando le dita nei suoi capelli biondi, e la baciai sulle labbra. Anche se bramavo un contatto più intimo, lei abbassò lo sguardo lentamente e parve rattristarsi un pochino. Sulle sue guance si formò un lieve rossore e posai un bacio delicato sulla sua fronte facendo scendere le mani sulle sue braccia sottili.

«Vorrei che ci fossero stati anche i miei genitori qui, Darren.»

«Amore mio, gli ho detto io di non venire? Loro non mi vogliono. Pensano che meriti di meglio. Oh... In effetti, non hanno tutti i torti, dato che ho rubato la loro preziosa figlia.» Mia moglie mi osservò, mettendo il broncio. «Non ti sei arrabbiata perché ho detto così?»

Nora sbuffò. «Non sono arrabbiata.» Poi sollevò gli occhi di colpo speranzosa. «Ma quando avremo un bambino, lo porteremo da loro e ci perdoneranno, giusto?»

«Un bambino?»

«Cosa? Non ne avremo uno?» chiese confusa.

«Dieci bambini, dieci!» Urlai agitando le braccia e mi assestò una sberla scherzosa.

«E chi li partorisce? Io?»

«No, faremo a metà.»

«Non dire sciocchezze, Darren! Voglio una femmina e un maschio, non esagerare.»

Mi portai la mano in testa, non riuscendo a smettere di ridere. «Non so nemmeno cosa sto dicendo, potrei morire per la felicità. Non arrabbiarti se me ne andrò in giro saltando come un matto oggi!» Cominciai appunto a farlo e Nora ridacchiò, afferrando i lembi della mia camicia. Il suo sorriso contagiò anche me, mentre le nostri fronti si univano, come i nasi, e il cuore batteva all'impazzata nei nostri petti. I suoi occhi azzurri erano pieni di luce e di bellezza e avrai passato la vita a specchiarmi in loro. Mi fissava con amore. «Nora del mio cuore, unico amore della mia vita!» Ridendo, fece scontrare le nostre fronti. «Sono felice e accanto a te lo sarò sempre...»

Mentre ci guardavamo come se tutto attorno fosse svanito, una voce maschile esclamò.
«Congratulazioni, ragazzi!» Ci voltammo all'unisono e Nora si separò da me. «Possa il cielo permettervi di avere una lunghissima vita insieme.»

«Oh, vecchio mio!» gridai fiondandomi nelle braccia dell'uomo, che mi tirò delle pacche vigorose sulla schiena. «Grazie! Sei stato l'unico testimone del nostro amore!»

«Di nulla, figliolo. Sai a quante unioni di giovani coppie ho già assistito? Ma ascoltami, giovanotto.» Puntò l'indice verso la mia amata. «Apprezza questa ragazza dagli occhi meravigliosi. Capito? Non ferirla!»

Mi voltai di scatto. «Come potrei ferirla?» Mi riavvicinai a mia moglie, prendendole il volto. «Potrei mai farlo? Lei è la mia vita, il centro del mio mondo, la mia anima, la mia Nora!» Rise e l'abbracciai forte, mentre l'uomo se ne andava lasciandoci i nostri spazi. Nascosi il viso nell'incavo del suo collo, annusando a pieni polmoni il profumo che emanava. Non mi sarei mai stancato di sfiorarla, toccarla, baciarla. Quando ci fummo separati, afferrai le sue manine delicate e baciai il dorso ad entrambe.

A quel punto, con le mani intrecciate, mi trascinò con sé giù per quegli scalini, pronti per goderci ogni attimo di quella vita che avremmo trascorso insieme...

***

Quando la visione sfumò nel nulla, ero più triste che mai e stavo ancora sfiorando l'anello. Scossi la testa per scacciarla. Anche se era totalmente sbagliato, non avevo mai passato un solo momento felice, senza la sua presenza. Senza di lei...

Mi alzai, tuffando le mani fra i ricci arruffandomeli e mi accostai alla finestra per osservare quel panorama lugubre. Il vetro si appannò gradualmente quando formai uno strato sottile di condensa con il mio fiato.









(Nora POV)

«Di cosa ha bisogno questo tizio? Che vuole?» Domandò Thomas camminando avanti e indietro nella camera, per poi fermarsi e gesticolare con la mano. «Da quello che ho capito, non ti tradirà.»

«Non andrà alla polizia, cerca qualcos'altro.» Mi fece cenno di continuare. «Vuole soldi.»

«Quanto vuole? Te l'ha detto?»

Negai con il capo. «Non me l'ha detto.»

«Ok, me ne occupo io.» Annunciò dopo un po', facendomi sollevare la testa. «Vediamo se serve a qualcosa essere un Miller.»

«Vuoi chiedere al signor Matthew?» Domandai, sgranando gli occhi per lo stupore.

«Mi ha fatto venire per darmi ciò che mi spetta di diritto. È arrivata l'opportunità di dimostrarmi se tiene a me, come dice.»

«Ma il denaro è per te, non spenderlo a causa nostra, Thomas.»

«Nora, ascoltami...» mi interruppe e si venne a sedere poco distante da me. «Non ci sei solo tu in questa storia, ci sono anch'io. Capiscilo.» Rilassai le spalle, sentendomi di colpo giù di morale. «Non sono tornato in questa città per i soldi. Dal momento che ho quest'opportunità, allora ti aiuterò. Voglio farlo.»

«Thomas, non so cosa dirti, davvero...» Borbottai senza guardarlo in faccia. «Mi sento così a disagio davanti a te.»

«Non parliamone più. Io e te non siamo diventati amici? Se cadi, ti terrò la mano. E se cado io, me la terrai tu.»

«Certo che lo farò.» affermai guardandolo e mi riservò un sorriso. «Non ho mai conosciuto una persona come te in vita mia, Thomas. Sei speciale, sei una bella persona.» Sospirai. «È un bene che ti abbia incontrato.»

Si fissò le mani, che poi posò sulle ginocchia. «Non dire così o comincerò a pensare di essere importante.»

«Lo sei.»

Mi fissò per poco, come se volesse evitare di incrociare i miei occhi e alla fine increspò un sorriso. «Riposa, sarai stanca.»

«Quindi, io...»

«Certo.»

Presi il mio cappotto stendendolo sull'avambraccio e mi diressi nel bagno, per togliere il vestito. Magari riposare mi avrebbe aiutato a non pensare all'incontro, che avrebbe avuto Thomas l'indomani.

~🦋~

Quando entrai in cucina, alle otto della mattina, non mi sarei mai aspettata di trovare Charlie sveglio che divorava un toast seduto alla penisola in compagnia della signora Abbie.

Da quando aveva preso l'abitudine di svegliarsi all'alba?”

«Amore, sei già sveglio?»

Charlie annuì alla domanda.

«Mio nipote si è svegliato con i galli, è sceso giù e gli ho preparato un toast.» Spiegò la donna mentre lo baciavo sulla testa.

«Grazie per le tue premure, Abbie.» Poi mi rivolsi al bambino. «Tua sorella è sveglia, tesoro?»

«No, sta ancora dormendo.»

«Non ho visto neanche Thomas, sai dov'è andato?» chiesi invece ad Abbie.

«Si è alzato presto oggi e sta prendendo il caffè con il signor Matthew.» rispose la donna e feci cenno di aver capito. Probabilmente era per quella questione di cui avevamo parlato ieri sera: avrebbe chiesto dei soldi per chiudere la bocca di Andy.

«Nonnina, puoi farmi la spremuta?»

«Certo, la faccio subito!»

«No, ti ha già disturbata abbastanza. Siediti, la faccio io.» proposi ma Abbie non volle sentir ragione e andò a prendere due arance dal cesto della frutta.

«Che disturbo, piccola mia? Sono così felice di fare qualcosa per il mio tesoro.» Si mise all'opera mentre lasciavo un'altra carezza a mio figlio, sedendomi su uno sgabello. «Che ti cucino oggi?»

«Patatine fritte!»

«E che altro?»

«Cotolette!»

«E la vuoi la pasta? E anche un succo di frutta.»

Charlie accettò di buon grado con il sorriso stampato sulle labbra. «Nonna, fai dei biscotti deliziosi.» La signora Abbie mi guardò e parve sciogliersi come burro. «Ti prego, fammeli ancora!»

«Ma certo che te li faccio! Che domande, amore! Vediamo... prima ceni e poi te li porto. Dopodiché preparo dei popcorn mentre guardi il film e per finire in bellezza una bella tazza di latte con cioccolato.» Lui annuì e gesticolai con la mano in aria. «Possiamo mettere un trono in soggiorno?» chiese facendo un passo avanti.

Charlie si accigliò. «Trono?»

«Sì. Il trono per un principe.» La donna ridacchiò. «Non sei il nostro principe, tesoro della nonna?»

«Ah, ora ho capito.»

Abbie gli lasciò un bacio sulla fronte, per poi tornare vicino alla cucina, mentre lo spronavo a mangiare prima che si raffreddasse. Il piccolo cominciò ad addentarlo con gusto.









(Thomas POV)

«Quindi hai bisogno di soldi, giusto?» chiese l'uomo seduto dietro la scrivania con un velo di delusione nella voce, dato che avevo accettato l'invito per fargli quella richiesta.

«È stato un fatto inaspettato... altrimenti mi sarei preparato in anticipo.» Feci un sospiro. «Per questo sono costretto a chiederli.»

«Va bene, figliolo, va bene. Non c'è bisogno di dare alcuna spiegazione. A chi altro chiederai se non a me?»

«Li prendo in prestito e dopo te li restituisco.» aggiunsi e l'anziano allontanò le labbra dalla tazzina, rimettendola sul piattino.

«Per favore. Non voglio più sentir parlare di prestito. Puoi prendere tutto quello che ti serve. Non fraintendermi, figliolo.» Si sporse in avanti, a mani conserte. «Ma questa è una grande somma. Non sei nei guai, vero?»

«No, non è niente.»

«Dimmi la verità.» insistè. «Figliolo, ora siamo una famiglia. Se c'è qualcosa di serio, lo risolveremo insieme.»

«Come ho detto, posso cavarmela da solo. Ma grazie per l'interesse.»

«Va bene.» Inforcò gli occhiali da lettura e prese il cellulare per comporre un numero. Quando risposero dall'altro lato, richiese di parlare con un supervisore, un certo “Berber”, uno dei suoi uomini fedeli, immaginavo. Gli chiese di fare un trasferimento, ma proprio in quel momento cruciale la porta si spalancò e Oliver fece il suo ingresso.

«Papà, abbiamo una riunione con...» Quest'ultimo alzò l'indice chiedendogli di aspettare. «Con il signor Richard... Non mi sono accorto che eri al cellulare.»

«Puoi preparare 500 mila euro per il signor Thomas Hank? Oggi verrà a ritirarli.» Annuì e agganciò. «È tutto apposto, Thomas. Devi solo andare in banca.»

Oliver se ne stette in silenzio e in disparte, ma non volevo che mettesse il naso nei miei affari, così ringraziai il signor Miller e abbandonai l'ufficio.









(Helen POV)

Appena spalancai le palpebre, osservai mio marito che dormiva profondamente e non riuscii a resistere alla tentazione. Mi avvicinai e gli lasciai un bacio fugace sulla guancia. Lui ruotò il capo sul cuscino e sfoderai un sorriso smagliante. Quella tristezza sembrava essere svanita dopo quello sfogo.

«Buongiorno...» Mi salutò ancora assonnato.

«Buongiorno... Hai fame?»

«Un po'.»

«Vuoi fare colazione a letto?» proposi.

«D'accordo.»

«Allora scendo e preparo qualcosa, poi lo porto qui.» Mi issai su con i gomiti e Darren rimase disteso. Mentre infilavo le pantofole, un piccolo ciclone spalancò la porta, gridando.
«Papà!»

«Buongiorno! Vieni qui, fatti abbracciare.» Darren si mise immediatamente seduto sul materasso e lo invitò a salire sul nostro letto. Nel frattempo, stavo mettendo la vestaglia di seta e sentivo i loro discorsi. Kevin stava raccontando il sogno che aveva fatto su una macchina temporale, che ci aveva portati a fare un giretto nello spazio, perfino su Plutone. Mio marito era eccitato della cosa e lo fissava, spalancando gli occhi ad ogni dettaglio. Non riuscii a non ridere di fronte a quella scena.
Darren lo baciò sulla testa e anche io. Ero felice di averli entrambi nella mia vita, ero felice della mia famiglia.
Mi chiusi la porta dietro, sentendo i gridolini eccitati di mio figlio mentre Darren lo torturava per il solletico e scesi di sotto.










(Nora POV)

Feci uno sbadiglio, cercando di soffocarlo con il palmo della mano mentre Charlie aveva appena terminato lo spuntino.
«Mamma, sono pieno.»

«La spremuta...» Gli feci notare che ne era rimasta una goccia e non poteva andare sprecata.

«Ma mamma, non riesco a mangiare più nulla! Finirò per scoppiare!» Obiettò raccogliendo le mani sul pancino.

«Ne è rimasto molto, e tutte le vitamine si accumulano sul fondo del bicchiere.» Alla fine, nonostante tutto, lo bevve. «A quanto pare, non hai mangiato, vero?» ironizzai, prendendo il piatto in cui non c'erano nemmeno le briciole. Aveva divorato tutto.

«Ciao!» Esclamò Thomas entrando nella cucina.

«Buongiorno, papà!»

«Buongiorno...» Sussurrai mentre posavo tutto nella lavastoviglie.

Thomas si fiondò ad abbracciare il bambino e Charlie gli comunicò che aveva già fatto colazione, ma voleva fargli compagnia ugualmente a tavola.

«Giovanotto, ho molte cose da fare stamani. Devo uscire purtroppo. Andrò prima in banca e poi in hotel.» Si girò verso di me. «Risolverò quella faccenda.» strizzò l'occhio e annuii.

«Allora vengo a lavoro con te.»

«Charlie, non dire sciocchezze.» lo ammonii.

«Perchè? Farò il bravo, papà. E potrei aiutarti.»

«Sono molto impegnato piccoletto, ma ti prometto che un altro giorno ti mostrerò l'hotel. Affare fatto?» Il ragazzo gli accarezzò la guancia sorridendo.

«Affare fatto! Però ti accompagno fuori.»

«Certo. Allora, salta!» Lo fece salire in piedi sullo sgabello e sorrisi apertamente, quando se lo caricò sulle spalle. «Nora... Sono andato a controllare Anna, ma stava ancora dormendo. Non faccio che pensare alle parole di Dayane. Le parlerò stasera, ok?»

«Certo, d'accordo.»

Sperando che la ragazzina fosse disposta ad avere una conversazione pacifica.

Charlie strillò aggrappandosi meglio al suo collo.
«Papà, sto cadendo!»

«Non ti preoccupare, non succederà nulla!»

E detto ciò, prese la rincorsa per uscire, rischiando di travolgere Dayane. La ragazza si spostò di lato per un pelo.

«Che sta succedendo!? C'è molto traffico in casa! Fate attenzione a non colpire nessuno.» Poi sbuffò. «Santo cielo, quel bambino è una forza della natura e Thomas gli fa fare quello che vuole.»

«Sì, Charlie non si allontana mai da lui.»

«Dev'essere così. Sono i momenti migliori. Poi quando iniziano a crescere e andarsene in giro con la faccia scura... ti mancheranno.» Mi sedetti sullo sgabello e la riccia assunse un'espressione seria tutta d'un tratto. «Nora... Devo dirti una cosa e non ho ritenuto opportuno parlarne ieri davanti a Thomas.»

«Che succede, Dayane?»

«Tu... Ricordi che il vestito della signora Helen era macchiato con del rossetto rosso? Tutti hanno pensato che fosse stato Kevin a combinare quel disastro. Non è stato lui, ma Anna.» La ascoltai senza muovermi di un centimetro. «Adesso ti dico come l'ho scoperto. Quando siete usciti, volevo togliere la polvere nella camera della signora Helen. E sai cos'ho trovato sul pavimento?» Sbattei le ciglia, trattenendo il respiro. «La collana di Anna.» Me la mostrò, aprendo la mano. «Da lì mi è sorto un sospetto e sono andata da lei per chiederle se avesse rovinato il vestito... All'inizio ha negato, poi l'ha ammesso. Cioè... è stata tua figlia a sporcare intenzionalmente il vestito. Mi dispiace se ti sono sembrata acida nel dirlo, ma...»

«No, Dayane, hai fatto bene.»

La ragazza mi consegnò il ciondolo per riprendere con le mansioni, mentre mi immergevo nei miei pensieri sul fatto che se Anna non si dava un freno, il nostro piano di salvezza sarebbe saltato. L'ultima cosa che volevo era che finisse in prigione.











(Darren POV)

Uscii dal bagno dopo essermi rinfrescato un po' il viso e mio figlio cercava di costruire un aereoplano. Mi chiese un aiuto dato che la faccenda era macchinosa e mi allungò la carta, quando Helen entrò furente, sbattendo forte la porta.

«Non posso crederci! Non posso crederci!».

La fissai perplesso. «Che succede, Helen?» mi ignorò per sedersi sul letto e abbracciare Kevin, scusandosi di nuovo con lui. «Helen, che sta succedendo?»

La bionda si alzò di scatto, parandosi di fronte a me. «Kevin non ha rovinato il mio vestito. Sai chi è stato? Anna!»

«Come? Ne sei certa?»

«Ovviamente. Ho appena sentito Nora e Dayane che ne parlavano in cucina...» Restituii la carta al bambino e alzai gli occhi al cielo. «Non posso crederci! Non capisco! Che diamine ho fatto a questa ragazza? Perché mi vede come una nemica?»

«Va bene, calmati.»

«Come posso calmarmi, Darren!? È assolutamente sgarbato e gliela farò pagare!»

«Helen, non essere sciocca. È solo una bambina. Non vorrai metterti a litigare con lei?»

«Non è una bambina! È adulta e capisce tutto.»

«D'accordo, sei troppo arrabbiata. Calmati.» tentai di farla ragionare.

«Darren, ho rimproverato questo bambino per quella ragazzina! Kevin aveva detto di non c'entrare nulla, ma io non gli ho creduto. L'ho incolpato per niente? Adesso chi risponderà di quest'azione?»

«Risponderà lei, ma le parlerò io.»

«Tu? Perché le dovresti parlare tu? Lei ha problemi con me.»

«Perchè sei arrabbiata e finiresti per peggiorare la situazione. Siediti.» Le indicai il posto accanto a Kevin. «Ci penso io. Mi cambio e vado. Ok?»

Mi diressi verso l'armadio per infilarmi i vestiti e intanto Helen si mise a giocare con il bambino, seguendo il mio consiglio.

~🦋~

Dopo qualche minuto, spalancai di scatto la porta della camera e Anna con la schiena premuta alla testiera del letto e le braccia avvolte attorno alle gambe, si ripulì la faccia appena mi vide. Chiusi a quel punto la porta.

«Che succede?»

«Non lo so, dimmelo tu. O se preferisci, comincia da come hai rovinato il vestito di Helen.»

«Non ho niente da dire.» Troncò bruscamente evitandomi.

«Anna, cosa stai cercando di fare? Helen non ha fatto nulla. Se vuoi dire qualcosa, allora dilla a me. Se vuoi fare qualcosa, falla a me!» La sua indifferenza mi fece imbestialire. «Anna, con chi sto parlando?!» le gridai.

«Ti ha portato via da noi! Se non fosse stato per lei, non ci avresti mai abbandonato.»

Roteai gli occhi e sospirai.
«Anna, tesoro...» Ammorbidii il tono, sedendomi e allungai la mano per sfiorarle la gamba. Ma lei si ritrasse.

«Non dirlo. Per favore, non chiamarmi così.» La guardai chiudersi nel suo guscio e portarsi le gambe contro il petto. «Poi mi sembra che mi ami e comincio a sperarci.»

«Va bene, non lo dirò più. Scusami.» Mi osservò per un po', con le lacrime che scivolavano sulle sue guance. «Ascolta, Anna... Se c'è qualcuno da incolpare, quello sono io. Vi ho lasciato e ho distrutto tutto. Non è colpa di Helen.»

«La stai proteggendo!» Sospirai ancora e distolsi la faccia. «Non ti è mai importato di noi.»

«Anna, capisco quanto sia pesante per te questa situazione. Davanti ai tuoi occhi, ho un'altra famiglia, sono il padre di un altro bambino. Non è semplice da sopportare. Non pensare che non ti capisca. Ma anche per me è dura, sai? Chiamate “papà” un altro uomo davanti a me.» Anna si sfregò il naso, soffocando un singhiozzo. «Ma che si può fare? Siamo bloccati qui! Non possiamo dire una parola, perché siamo costretti a mentire.»

«Perché?» chiese con un filo di voce.

«Perché ognuno ha la sua famiglia, il suo equilibrio. Non puoi distruggere tutto in una volta, Anna.»

«Perché?!» Gridò. «Non hai distrutto la nostra famiglia? Ora perché non puoi farlo ancora?» Chinai la testa. «Perché non ci ami?»

«Che parole sono queste? Certo che vi amo! Voi siete la mia vita.  Ma... Non posso farlo.» Il labbro inferiore le iniziò a tremare e i suoi occhi cerulei si velarono di tristezza e pianto. «Te l'ho già spiegato. Non saremo mai più una famiglia. Tua madre e io non abbiamo più nulla da spartire l'uno con l'altro. Non possiamo stare insieme. Perché non lo capisci? Dai, finiamola e chiudiamo qui l'argomento.» Mi misi in piedi e posai le mani sui fianchi. «Ora uscirai da questa stanza e chiederai scusa a Helen, sono stato chiaro?» La ragazzina non si mosse e la incalzai. «Anna! Andiamo, ti ho detto!»
Non avendo altra scelta, mi seguì fino alla mia stanza e appena si trovò davanti Helen, incassò la testa. Mia moglie impostata come un comandante la fissava a braccia conserte.
«Anna, deve dirti qualcosa, Helen.»

«Mi dispiace...» Bisbigliò la ragazzina.

«Perché l'hai fatto?» Seguì un lungo momento di silenzio in cui entrambe si fissarono. «Ti ho fatto una semplice domanda.»

«Helen, la ragazza si è già scusata. Non infierire.»

«Darren, non sto affatto infierendo. Voglio solo sapere perché Anna mi odia così tanto.» Quest'ultima si voltò nella mia direzione. «Avanti, dimmi, ti sto ascoltando.»

«Ero gelosa.» Confessò riportando gli occhi su di lei.

«Come, prego?»

«Tutti qui amano molto te e Kevin.»

Helen sospirò e Dorothy, appena uscita dalla camera, chiese cosa stesse accadendo, ma nessuno di noi tre le diede retta.

«Non so proprio cosa dire, Anna.
Pensavo di aver detto qualcosa di male e di averti ferita... Ma non pensavo che la tua gelosia arrivasse a un punto simile.»

«Che cosa? Non ho capito.» Mormorò Dorothy.

«C'è stato un tempo in cui sono stata gelosa delle persone, ma non tanto da arrivare a ferirle o di danneggiare le loro cose. Esiste un limite per questo!» Gli occhi di Anna si velarono di lacrime e trasse un fugace sospiro. «Penso che questo tipo di gelosia sia dannosa per te e per chi ti circonda.»

«Basta così, argomento chiuso. Anna si è resa conto del suo errore e ciò non si ripeterà più. Dico bene?» La ragazzina voltò le spalle a entrambi e andò via.

Helen brontolò che quella storia le aveva appena rovinato l'appetito e la spinsi a rientrare, insieme a Kevin, ignorando il soliloquio di Dorothy.

continuing...”

La prima parte di un capitolo molto esplosivo, con l'arrivo di “Andy”, il personaggio che a quanto pare è arrivato lì per uno scopo. Thomas decide di chiedere aiuto economico al padre per poter risolvere la situazione... Riuscirà a chiudere la bocca con tutti quei quattrini?

Intanto... Helen scopre chi è stato a rovinarle il vestito e Darren ha un confronto piuttosto spinoso con Anna, che si ritrova cosí a dover accettare la dura e triste realtà.

Al centro abbiamo anche un bel flashback... Sono un po' debole quando si parla del passato... E voi? Cosa ne pensate dei prossimi sviluppi della storia? Qualche personaggio si rivelerà cattivo o buono a secondo delle sue azioni? Questo lo scoprirete dai prossimi aggiornamenti...

Se c'è qualsiasi errore, segnalateli attraverso i commenti, così correggo in un secondo momento!

Scusate per la lunghezza del capitolo, se volete i prossimi saranno un pochino più brevi.

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