5.1 - Il piano di Anna 🦋
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«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»
IL PIANO DI ANNA
Capitolo 5
(Prima parte)
(Nora POV)
Qualcuno ci aveva visto o, perlomeno, così mi era sembrato dopo aver avvertito quei passi. Sapevo che seguirlo in questo bosco era una pessima scelta, così non si sarebbe nemmeno preso la libertà di baciarmi.
Ma il guaio più terribile era che quella persona poteva spiattellare tutto e distruggere le nostre vite.
"Grandioso!" Pensai.
Iniziai ad innervosirmi, mentre il riccio guardava i dintorni con il gracchiare dei corvi in sottofondo, che rendeva l'atmosfera poco rassicurante.
Congiunsi le mani vicino alle labbra e passai il dito sotto l'occhio per asciugare una lacrima.
Darren si allontanò leggermente, dandomi le spalle per osservare le chiome degli alberi.
«Non c'è nessuno qui.»
«Sì, ho sentito chiaramente dei passi.»
«Ma ho controllato, Nora del mio cuore.» Quando osò allungare le mani di nuovo per prendermi il volto, gli agguantai i polsi spingendolo indietro. Credeva che quello stupidissimo bacio avesse sistemato le cose? Allora... si sbagliava di grosso. Non avevo alcuna intenzione di permettergli altri gesti simili e lui parve deluso dalla mia reazione. «Non toccarmi!»
«Nora...»
«Non c'è Nora! Non lo capisci? Non c'è Anna! Non c'è Charlie!» Sospirò languidamente. «Noi non esistiamo. Stai lontano da noi, Darren. Dimenticati di noi!» Lo superai, ma dopo soltanto qualche passo, mi voltai e sollevai l'indice. «E non osare, non osare toccarmi di nuovo!»
Girai i tacchi, sferzando l'aria con i capelli e a passi veloci raggiunsi l'uscita del bosco, non curandomi di averlo lasciato lì.
Prima di apprestarmi a raggiungere l'abitazione mi assicurai che non ci fosse nessuno e proseguii.
«Nora?» Thomas mi venne incontro con un sorriso luminoso e rallentai, rischiando di inciampare sui miei stessi piedi per lo shock. «Che stavi facendo? Da dove venivi?» chiese subito.
«Ero andata a fare una passeggiata, ma fa' molto freddo.» Inventai e, per essere più credibile, scrollai le spalle, fingendo di avere i brividi.
Quelli li avevo di sicuro, oltre al sangue che si era gelato nelle vene.
«Sì, fa' freddo e sei uscita senza neppure coprirti. Prendi!» Fece l'atto di levare la giacca, ma lo bloccai immediatamente.
«No, non serve. Stavo per entrare.»
«Va bene, non raffreddarti.»
Si diede una breve sistemata e poi appoggiò la mano sulla mia schiena per incoraggiarmi a camminare verso la villa. Appena rientrammo, gli dissi che non stavo bene e preferivo salire in camera a riposare, così ci separammo. Sorbirmi il resto della famiglia e gli sguardi infuocati di quella donna non era nei miei piani.
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Non avevo idea di cosa sarebbe accaduto se avessero scoperto ciò che era capitato nel bosco e la situazione man mano stava diventando ingestibile, tanto da rendere complicato vivere qui in questo covo di serpenti. Incominciai ad andare avanti e indietro per la camera, quando una fitta lancinante mi attraversò lo stomaco. Tutte le preoccupazioni, questo stato di perenne ansia non era salutare.
Non stavo bene, dormivo male, saltato i pasti... da quando eravamo fuggiti dal paese e il mio corpo si stava ribellando.
Dopotutto non avevo mai trascorso giornate tranquille, sia con i miei, che con Darren quando era andato via.
Con le mani sui fianchi, continuavo a ciondolare sul posto, finché qualcuno non bussò alla porta. Mi girai e mia figlia entrò.
«Ti stavo cercando, dov'eri?»
«Ero qui, Anna. Cos'è successo?» Mi sedetti quando sentii di non poter reggere tutto il peso delle bugie che stavo raccontando.
«Eri qui, quindi?»
La guardai di sfuggita e mugugolai un sì. Lei scivolò accanto a me e non smise di fissarmi per un tempo interminabile, increspando un sorriso sornione.
«Che succede, Anna? Perché mi fissi in quel modo? Cos'è quella rivista?» cambiai discorso indicandola e si incupì.
«Mamma, sai che rivista è?» La posò sulla coperta e la sfogliò, finché non arrivò alla pagina desiderata. «Dentro ci sono foto di Charlie.»
«Che cosa?» La afferrai per osservarla meglio alzandomi. I riquadri erano delle dimensioni giuste per risaltare all'occhio dei lettori ed era improbabile che la gente non lo notasse. «Cosa facciamo ora? E se qualcuno le vedesse e scoprissero dove ci stiamo nascondendo?»
Spostai gli occhi dal giornale a mia figlia. Neanche quest'ultima aveva la minima idea di come dovessimo comportarci e si limitò a scuotere la testa e chinare gli occhi verso il basso.
«Posso passare?» Il moretto aprì piano la porta e distolsi lo sguardo dalle immagini.
«Thomas! Thomas!» Corsi da lui in preda all'agitazione e gli mostrai la rivista mentre richiudeva la porta. «Ci sono foto di tuo padre e di Charlie qui dentro.»
«Come? In che senso?»
«Che facciamo? Che facciamo? Se qualcuno l'ha visto? Se lo denunciassero alla polizia? Se ci trovassero... Non può succedere. Dobbiamo fare i bagagli e andarcene il prima possibile.» Parlavo a raffica senza dargli il modo di rispondere.
«Aspettate, un momento. Niente panico, niente panico. È una stupida rivista scandalistica, nessuno la vedrebbe a Doolin.»
«Non è venduta ovunque?»
«Sì, la vendono. Ma aspetta un attimo... Vedila da questo punto di vista: compreranno la rivista, riconosceranno il volto e dopo andranno anche alla polizia a denunciare il fatto? Penso che la probabilità che accada sia bassa.» spiegò con un filo di voce quando nominò la polizia e portai le mani sui fianchi, spostandomi verso il letto.
«Mamma, credo che Thomas abbia ragione. Anche se qualcuno la vedrà, non potrà essere sicuro che si tratti di lui. Potrebbero dire che somiglia a Charlie e basta.» si intromise Anna per tranquillizzarmi. «Inoltre, non siamo al livello dei Miller. Non ci faranno caso.»
Avrei voluto essere fiduciosa come loro, ma non ci riuscivo. Ero tesa come una corda di violino. «Beh...» Thomas emise un sospiro e lanciò la rivista sul letto, sedendosi più vicino a me. «Questo ci deve servire da lezione, dovete fare più attenzione, ok? Non c'è bisogno che ve ne andiate. Fidatevi di me. Andrà tutto per il meglio.»
Feci un respiro profondo, strofinando le mani sudate sul pantalone e gli occhi iniziarono a pizzicare. «Sono irrequieta, Thomas.»
«Ok, sta' calma, niente panico. Non aver paura e non preoccuparti. Lo proibisco ad entrambe, ok, ragazze?» Continuai a sbattere le ciglia per scacciare la sensazione di pianto, che si intensificava, così come il nodo alla gola. Però stavolta non avrei resistito, era inevitabile. «Lo proibisco.» Mi curvai con i gomiti sulle ginocchia e le mani premute sulla bocca, singhiozzando prima sommessamente poi più forte. «Nor... Nora.» A Thomas uscì un filo di voce vedendomi in quello stato tanto pietoso. Odiavo mostrare la fragilità, di solito ero una donna di poche parole, apparentemente calma con il sorriso sulle labbra, ma la verità era un'altra. «Nora... Non c'è niente di cui aver paura. Ti prego, non piangere.»
Feci appello alle ultime forze e mi drizzai. «Non posso più avere paura tutto il tempo. Temo che ci troveranno e mi separeranno dai miei figli. È come se una mano invisibile mi stesse stritolando il cuore... Sento che sto morendo.»
Nascosi la faccia e Thomas azzardò a darmi carezze sulla schiena. Dopo poco chiese a mia figlia di portare dell'acqua e lei obbedì lasciandoci da soli.
«Nora, non lo dico per consolarti... Ma io sono qui.» Incontrai il suo sguardo cordiale e fece un cenno con la testa. «Sappi che sarò dalla tua parte, anche se dovesse andare male.»
Per molti anni, avevo dovuto reggere quel peso da sola, farmi carico di responsabilità, crescere due bambini piccoli e ora la sua presenza sembrava quasi una benedizione. Era stato come un faro che rischiarava l'oscurità in mezzo all'oceano. Ero grata al destino di averlo conosciuto quel giorno. «Ne abbiamo discusso. Non ho scelto di vivere per proteggerti?» Mi sentii in colpa e distolsi lo sguardo. «Non permetterò che vi accada niente di brutto. Ora tu e i bambini siete la mia famiglia.» Ritornai a fissare i suoi occhi. «Va bene? Fidati di me.»
Alzai gli occhi al cielo e mi maledissi per averlo implicato in questo pasticcio. Posi la mano sul suo dorso. «Lo so, Thomas. Non so cosa farei se non ci fossi tu.»
Quando l'allontanai, nella stanza calò il silenzio e smise di accarezzarmi la schiena.
Anna tornò con un bicchiere porgendomelo e appena bevvi un sorso, il fastidio di prima si accentuò. Appoggiai la mano sullo stomaco, arricciando il naso e trattenni il respiro. Entrambi si allarmarono.
«Che succede?»
«Ho mal di stomaco.»
«Dev'essere lo stress. Hai accumulato molta rabbia. È un miracolo che per tanti giorni sia andato tutto bene. Su, mettiti a letto.» Mi prese il braccio aiutandomi ad alzarmi.
«Lasciala, Thomas. Mi prendo cura io di mia madre.» affermò Anna, come se avesse fretta di disfarsene. Quell'atteggiamento distaccato non passò inosservato neppure a lui, pietrificandolo, dopodiché acconsentí con un debole "certo."
«No, sono solo crampi, adesso mi passano. Piuttosto prenditi cura di tuo fratello, Anna.»
«Va bene, mamma.» Rispose mentre mi accomodavo sul ciglio del letto.
«Porto una borsa d'acqua calda e la metti sulla pancia. Vuoi qualcos'altro?» chiese premuroso il giovane.
«No, grazie Thomas.»
Così se ne andò senza aggiungere altro, mentre sfilavo gli stivali. Intanto, mia figlia sistemò i cuscini per farmi stare comoda e mi ci appoggiai con la schiena, guardando il soffitto con le mani raccolte sulla pancia.
(Darren POV)
Quando rientrai in casa, Helen insistette per sapere se la chiamata col direttore dell'hotel fosse andata a buon fine e le risposi che non c'erano stati problemi. Nel momento in cui mi accomodai a tavola, dovetti sorbirmi gli sguardi sospettosi di Dorothy, che scelsi di ignorare, e ascoltai per sommi capi la discussione scoppiata tra Oliver e mio suocero riguardo un video sparito dalla galleria. Tutto ciò non mi interessava poi tanto.
Mi trasferii nella cucina per bere un po' d'acqua e il riccioluto fece il suo ingresso, salutandomi con un formale cenno della testa per poi rivolgersi alla donna.
«Ciao, mamma. Buon lavoro.»
«Grazie, tesoro. Ti serve qualcosa?»
«In effetti, sì. Nora ha mal di stomaco, le abbiamo messo una borsa d'acqua calda. Che altro possiamo fare per alleviare il dolore?»
«C'era la zuppa che ti preparavo da piccolo quando avevi l'influenza. L'ho appena cucinata. Fagliela bere finché è calda.»
«Bene.» Assentì e si diresse verso il mobile aprendolo.
«Ah... Thomas, aggiungi anche il timo per insaporirla di più.»
«Ok...» Sussurrò prendendo un barattolo contenente la spezia. Ma, ovviamente, non conosceva bene come pensava i gusti di Nora, a differenza mia.
«Non le piace il timo.» Lo informai facendolo voltare di scatto verso di me.
Con quella dichiarazione avevo colpito nel segno e la perplessità gli si dipinse in faccia, mentre sbatteva lentamente le ciglia.
«Scusa? Come fai a saperlo?» chiese con aria da sbruffoncello.
Mi persi a guardare il vuoto assorto nei pensieri, poi sospirai, e aggiunsi. «Stava parlando con Helen e ho ascoltato.» Annuì. «Ma è strano che tu non lo sappia.» gli feci presente e adesso quello in difficoltà finì lui, dopo che la madre gli lanciò uno sguardo confuso.
«No... certo che so quello che piace a mia moglie, siamo sposati da molti anni. Infatti... l'ho appena ricordato.»
«Bene... Spero che si rimetta.»
Mi ringraziò dell'interesse che avevo avuto per sua moglie e terminai di bere l'ultima goccia, appoggiando il bicchiere sul mobile con un tonfo secco.
Mi diressi al piano superiore ma invece di andare in camera, notai la porta leggermente spalancata di Nora e decisi di dare una sbirciatina. Mi affacciai trovandola semi distesa, con una borsa d'acqua calda sulla pancia e il volto girato dall'altra parte.
"Ecco la nostra malata."
Appena notò la mia presenza sull'uscio, si staccò dai cuscini e mi indirizzò un'occhiataccia.
«Che stai facendo qui?»
«Volevo solo sapere se stavi bene.»
«Non preoccuparti, Darren. Vattene da qui!»
Tornò nella posizione precedente rifiutando un contatto visivo e abbracciò la borsa con le braccia.
«Ti ho fatto arrabbiare. So che lo stomaco inizia subito a farti male quando ti innervosisci. Scusa.»
Mi avvicinai al letto e si voltò, pronta a rispondermi per le rime, se non fosse stato per il caro marito.
Arrivò con le mani occupate da un vassoio e lo fissai a mia volta mentre sfoggiava un sorriso smagliante.
«Avevo detto che eri malata, ma non pensavo volessi visite.»
La giovane si limitò a un cenno di diniego e io la anticipai.
«Non sono venuto per visitarla, ero solo di passaggio e l'ho sentita tossire, così sono entrato per vedere se voleva dell'acqua.»
«Hai avuto anche la tosse, cara?» domandò preoccupato, raggiungendo il capezzale.
«No, no. Sto bene.»
Posò il vassoio sopra quel comodino accanto e si sedette su una poltrona bianca piazzata lì.
La complicità era palese e salutandoli, me ne andai. Non mi andava di essere il "terzo incomodo" tra quella coppietta e, nonostante non mi andasse giù, era pur sempre l'uomo che aveva sposato, dopo di me.
(Nora POV)
Darren mi stava facendo impazzire con le sue uscite fuori luogo, ma per fortuna se ne era andato e mi ero rasserenata.
Thomas mi passò il vassoio, che appoggiai sulle gambe, spiegando che quella zuppa era miracolosa e guariva tutti i malesseri. D'altronde il profumo che stavo inalando non mi suggeriva altrimenti, specie se era stata Abbie a cucinarla. Iniziai ad assaporarla, apprezzando il sapore squisito della zucca e Anna ritornò, dopo essere andata a controllare Charlie per mia espressa richiesta.
«Anna... Dov'è tuo fratello?»
Si lasciò cadere dalla parte vuota del letto e rispose. «Sta giocando con Kevin in giardino.»
«Nora, non ti piace il timo.» Intervenne il riccioluto, facendomi bloccare con il cucchiaio in bocca senza poter né deglutire né mandare giù quel brodo bollente. «Non lo sapevo, l'ho scoperto da Darren.» Ancora pietrificata, spinsi giù tutto con una fatica immensa e mi ustionai persino l'esofago. «Anche voi siete molto sorprese, vero? Ha sentito te e Helen che ne parlavate. Ho bisogno di sapere cosa ti piace e cosa no.» Abbassai lo sguardo. «Altrimenti penseranno che sono un marito distratto.» Girai gli occhi su Anna, che lo fissava compiaciuta e mi sforzai di mangiare, seppur mi fosse appena passato l'appetito. «Questa zuppa farà molto bene a tua madre, la rimetterà in sesto, non preoccuparti.»
«Non devi lavorare, Thomas?» Ignorò bellamente le sue parole di conforto e mi girai ancora. «È già ora di pranzo. Ci sto io con la mamma, tu va' pure in ufficio.»
«Oh... certo.» Il ragazzo schiarì la voce, imbarazzato. «Allora, esco. Ti affido tua madre.»
Lei annuì con un sorriso vittorioso stampato sulle labbra, notando di essere riuscita in quell'intento, quando abbandonò la camera augurando buona giornata a tutte e due.
Quando la ragazzina si voltò nella mia direzione, non riuscivo a capire cosa le fosse preso, ma non mi fornì alcuna spiegazione facendo spallucce.
Thomas si stava facendo in quattro per noi, per tenerci al sicuro e stava mentendo a tutti - compresa la sua famiglia - perché non gli mostrava almeno un briciolo di comprensione?
(Darren POV)
Quel giorno, avremmo dovuto firmare un accordo importante con dei potenziali soci. Avevo passato dei mesi a convincere il signor Brown a darci la possibilità di collaborare con lui e, infine, ce l'avevo fatta.
L'atto finale era oggi, poi avremmo brindato insieme sui nostri futuri successi. Incontrai mio cognato appena mi recai all'hotel e ci appostammo in corridoio a parlare nell'attesa che il terzo componente si facesse vivo. Quando arrivò, non perse tempo a domandare se gli uomini fossero già in azienda.
«Sono dentro. Ma comunque quest'incontro non durerà a lungo. Ho avuto una lunga conversazione con loro, quindi firmeremo e termineremo in fretta.» spiegai.
«Hai capito, fratellino.» lo pungolò Oliver e mi feci strada per primo verso la sala riunioni, seguito dagli altri due.
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Quando entrammo, ci disponemmo al tavolo e io ero di fronte al signor Brown e battei la mano sul tavolo per cominciare il mio discorso e rompere il ghiaccio. «Quindi, credo che abbiamo un accordo. Siamo pronti a firmare il contratto.»
«Allora, permettete che ordini il caffè per tutti, se volete. Oppure possiamo bere qualcosa all'angolo bar dell'ultimo piano, fa' ottimi cocktail. A proposito, avete già visitato l'hotel?» Oliver stava provvedendo ad abbabbiare i tre con una proposta che difficilmente avrebbero rifiutato, quando la voce del moro spezzò l'armonia.
«Abbiamo già ricevuto altre offerte oltre questa?» Mi girai di colpo e corrugai la fronte.
«Non capisco.»
«Perchè facciamo tutte le vendite con un'unica azienda?» Chiese interrompendo il silenzio tombale calato tra di noi.
Oliver aveva un'espressione completamente scioccata e risposi io al suo posto. «Perchè ci offrono il giusto prezzo.»
«Io non la penso come te. Dovremmo incontrarci con altre aziende e fare almeno un confronto.» Chiuse il plico che aveva letto e ci appoggiò sopra la penna mentre trattenevo una smorfia. «Questo è un prezzo troppo alto.»
«Come lo sa, signor Thomas? Ha già gestito degli hotel in vita sua?»
«No. Sono un finanziere, Oliver. Quando effettuo un semplice calcolo e faccio il resoconto, mi rendo conto che non c'è alcun buon profitto. Abbiamo bisogno di un controllo modificato.»
«Pensavo che avessimo parlato di tutto e fossimo d'accordo. Stiamo tornando all'inizio, signor Darren?» protestò il signor Brown e alzai la testa, malcelando il mio disappunto per l'intromissione del ragazzo dai capelli ricci, che non solo mandava in frantumi la mia pace interiore ma metteva in dubbio anche la mia opinione lavorativa.
«No, non torneremo all'inizio. Ci occuperemo di questo piccolo problemino se può concederci due minuti per parlare con il signor Thomas.»
«Non inganniamo nessuno. Non accetterò questo accordo senza prima valutare altre offerte.» Obiettò risoluto. «Pertanto, non è una cosa che si risolve in due minuti.»
«Dovreste prima mettervi d'accordo fra di voi e poi ci chiamate. Penso che sarebbe meglio... E adesso vogliate scusarci, abbiamo un'altra riunione in programma.»
Si alzarono prendendo le loro valigette e i documenti e sia io che Oliver saltammo in piedi, scusandoci di non aver potuto concludere l'affare. Il signor Brown ci assicurò che non fosse un problema aspettare e andò via, portandosi dietro gli altri due. Appena chiusero la porta, non potevo credere che quell'uomo avesse rovinato la riunione per degli assurdi dubbi sul prezzo stabilito.
«Che stai cercando di fare? Perché crei problemi?» lo interrogò Oliver sporgendosi dalla sua poltrona.
«Lavoriamo anche a Londra con queste persone!» Aggiunsi stizzito e quel saputello mi fissò impassibile. «Se non ne fossi stato sicuro, credi che non avrei chiesto anche ad altri, no?!»
«La tua fiducia da sola non basta, Darren.» Roteai gli occhi e puntellai le mani ai fianchi, infastidito. «Dato che ora lavoriamo insieme, dovremo esserne sicuri tutti. E in generale, voglio prima leggere il contratto che andrò a firmare. Sarebbe meglio che tu non mi affrontassi durante l'incontro.»
"Ma chi si credeva di essere? Voleva mettermi i bastoni tra le ruote anche nel mio lavoro? Non era abbastanza condividere la vita o il letto con la mia ex moglie? Con quell'attraente facciata di dolcezza, premura e perfezione aveva conquistato l'affetto di mio figlio... E ora anche questo. Credo che sarei esploso a momenti per la rabbia. "
Annunciò che ci saremmo visti a casa quella sera e, ingalluzzito, mi superò per andarsene dalla sala, lasciandomi con l'amaro in bocca e i nervi a fior di pelle.
"Era un incubo. Un incubo della peggior specie."
«Sì... Te l'ho detto, cognato.» Inspirai a pieni polmoni. «D'ora in avanti, per respirare dovremo convincere il signor Thomas.» Oliver si rimise in piedi e mi assestò una pacca amichevole sulla spalla. «E con la benedizione di Dio... Ci vediamo a casa.» Poi sgattaiolò via, lasciandomi solo in quella grande sala ormai vuota e mi passai la mano sulla faccia. Sprofondai nella poltrona, sbattendo le mani sui braccioli emettendo un altro sospiro, poi con una manata scaraventai a terra alcuni fogli, arrabbiato.
(Anna POV)
Era una serata serena e stavo contemplando l'acqua senza ombra di preoccupazioni, come non mi capitava da tempo.
Mi voltai, raggiungendo il tavolino a bordo piscina e presi una mela, informando mia madre che sarei andata a fare un giretto nei dintorni, lasciandola immersa nella lettura del suo libro. Proprio mentre risalivo i gradini, iniziando a gustare quel frutto di cui ero ghiotta, come un segnale divino, vidi papà che arrivava dalle parti dal cancello, impegnato a guardare il display del cellulare. "Era il momento giusto." Mi dissi sorridendo. Guardai prima la mamma, distratta a leggere e dopo lui, il mio obiettivo.
Mi incamminai, poi finsi di cadere e mi piegai sul muretto, rantolando per il dolore.
«Anna!» Spaventato, papà si precipitò da me mentre gemevo ancora e mi lamentavo. Il pesce aveva abboccato all'amo, grazie alla mia recitazione. «Anna, cos'è successo? Stai bene?»
«Sono inciampata su una pietra, credo.»
«Andiamo all'ospedale? Forse è qualcosa di serio. Una frattura, una lussazione.»
«No, credo di essermi slogata la caviglia.» risposi e gli mostrai che zoppicavo, costringendolo a non lasciare la presa sul mio braccio.
«Piano, piano. Ti porto io a casa. Appoggiati a me.»
«La mamma è seduta laggiù. Possiamo andare da lei? Così posso stendere la gamba.»
«Va bene, ti ci porto io.» Tenendomi al suo braccio, ripresi a zoppicare, facendo qualche smorfia e nascondendo a stento i sorrisi quando lo scrutavo di sottecchi. «Fa' piano... attenta...»
Ci avvicinammo sempre di più a bordo piscina, a mia madre, ignara dell'accaduto, ma appena mi notò, abbandonò il libro e scattò in piedi. «Anna, cosa c'è che non va alla gamba? Tesoro, perché stai zoppicando?»
«È tutto a posto, non preoccuparti.» la rassicurò papà mentre scendevamo un gradino dopo l'altro. Mamma però corse trafelata e ci raggiunse, sostenendomi l'altro braccio.
«Tesoro, cos'è successo?»
«Non lo so... Sono inciampata su un sasso e sono caduta.»
«Anna, perché sei sempre maldestra e non guardi mai dove metti i piedi? Potevi romperti una gamba o peggio!»
«Facciamola sedere.» Propose papà guidandomi verso il divanetto. «Va bene, Nora, non c'è niente da temere. Ha preso una storta, niente di serio.»
«Lo spero.» Bisbigliò spostandosi una ciocca bionda dietro l'orecchio. «Fa' molto male?»
«No, non tanto...»
Papà intanto spostò immediatamente il vassoio di frutta più in là per mettere un cuscino e la mamma mi fece stendere la gamba.
Sembrava che stessimo facendo un nostalgico tuffo nel passato, a quando ero bambina e spesso cadevo dalla bicicletta. Loro mi stavano vicino, mi disinfettavano la ferita e papà mi distraeva dal bruciore che provavo. Era esattamente come all'epoca, solo che ora ero più grande.
Si sedette vicino a me e ne approfittai per fare una cosa che detestava: ovvero dare morsi alla mela e cominciare a masticarla. Quel suono che produceva lo faceva rabbrividire e stavolta sortì lo stesso effetto. Girò subito il viso e strizzò gli occhi.
«È una mela quella?»
«Mhm... Sì. Ti infastidisce ancora?»
Mi guardò e sorrisi. «Sì.»
Da piccola, ero un vero tormento. Spesso gli facevo scherzi e la mamma, a volte, avendo pietà di lui, mi chiedeva di smettere. Solo che papà era un tipo masochista, quindi adorava riceverli.
«Per favore, mangiala più tardi.»
«E perché? È gustosa.» Diedi un altro morso e mugugnò irritato.
«Anna! Stai cercando di infastidirmi? Lo facevi anche da bambina. Mordevi le mele appena sotto il mio orecchio.»
«"Non ci saranno più mele in questa casa", hai detto.» Citai e scoppiai a ridere.
«Ha ripetuto la stessa frase, Nora. Posso vietarlo?» sghignazzai, scuotendo la testa. «No, eh? E se ti ricordi mi sono arrampicato sull'albero di quel muso lungo di Rupert solo perché le volevi.»
«Già. Per un pelo, non ti ha scoperto e cacciato a bastonate dalla sua proprietà. Ma hai raccolto molte mele. Mamma, ricordi che le mettemmo in un cestino?»
«Ne hai perfino mangiate cinque durante il tragitto. Avevamo paura che ti venisse il mal di pancia.» aggiunse papà divertito, mentre ricordavamo il passato.
«Il dolore alla gamba sembra esserti passato, vero, Anna?» La mamma troncò quel momento di leggerezza e ripresi a toccarla.
«No, fa ancora male...»
«Vieni, appoggiati qui e stendila. Vedrai che passerà tutto.»
Lo guardai dritto negli occhi, ne ero da sempre stata invaghita dalle sue sfumature.
«Grazie, papà.»
Dopo che era andato via - nonostante tutto - una parte di me aveva continuato a sperare che sarebbe ritornato e avrei potuto abbracciarlo. Quella speranza era rimasta viva in me, anche se la mamma mi diceva sempre il contrario.
Un sorriso si formò sulle sue labbra e i suoi occhi luminosi completavano la rappresentazione vivente della felicità. Sentire di nuovo quella parola l'aveva commosso.
Ci fissammo a vicenda, ritrovando la vecchia complicità e, a quel punto, rispose:
«Prego, figlia mia.»
Anche quella parola mi fece battere il cuore più forte mentre mi accarezzava la spalla.
«Anna.» La mamma infranse subito la bolla in cui mi ero rinchiusa con lui. «Alzati. Andiamo in camera. Non puoi stare qui.»
«Mamma, ma è confortevole qui.»
«Nora, lascia riposare la piccola.»
«Può riposare anche lì. Qui inizia a far freddo. Andiamo.»
Sbuffai. «Uffa, mamma!»
Perché non coglieva mai i segnali?
«Ciao!» Ma oltre mia madre, ci pensò una voce femminile fastidiosa quanto un campanello rotto a rovinare i piani e quando vidi la donna cercai di trattenere una smorfia. «Oh, Anna! Cos'è successo? Stai bene, dolcezza?»
«Sto bene.» mi limitai a rispondere, scocciata. Stavo bene, prima della sua comparsa.
«Ha preso una storta, niente di serio.» spiegò la mamma.
«Ah... Si è gonfiata la caviglia?»
La scrutai a braccia conserte, chiedendomi se davvero le importasse qualcosa o lo stesse facendo per mettersi in mostra con mio padre.
«No... O non ancora, non lo sappiamo.» rispose quest'ultimo, facendo l'occhiolino che ricambiai con un sorriso.
«Abbiamo un unguento per tali situazioni. L'abbiamo comprato per Kevin, dato che cade spesso. Vita mia, possiamo metterglielo? Le donerebbe sollievo.»
«No, non lo voglio, non mi serve. Cioè... presto starò meglio.» Mi alzai aiutata dai miei genitori.
«Certo, come vuoi, ma ti aiuterebbe.»
«Le metto del ghiaccio in camera.» disse la mamma.
«Posso aiutarvi.» Propose papà.
«No, non serve.» rifiutò mamma.
Con lo sguardo focalizzato su mio padre, non riuscii a smettere di sorridere ed essere felice. Mia madre mi trascinò via da lì, ma mi voltai un'ultima volta e ci scambiammo un altro sguardo.
Se solo la moglie non avesse rovinato tutto arrivando lì.
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Mi accompagnò direttamente in camera, aprendo la porta con l'altra mano e superai la soglia con passo sbilenco. Il fatto di aver lasciato mio padre con quella strega bionda non mi piaceva per niente e, per tutto il tragitto non facevo altro che imprecare. «Scusa, ma da dove viene tutta quella generosità? Questa donna si comporta come se andasse tutto bene, mi infastidisce.» Mi condusse verso il mio letto e mi sedetti. «Oltretutto si è comportata da ragazzina viziata e ha rovinato la nostra pace. Che insopportabile!» Tirai la gamba sulla coperta e mi massaggiai la parte lesa. «Continua a farmi male la caviglia, mi ero sistemata così bene su quel divanetto, poi è arrivata mr. reginetta antipatica.» Gonfiai le guance. «Se non fosse arrivata quella, non ce ne saremmo andate via così presto...» La mamma se ne restò zitta a guardarmi. «Mamma, mi sistemi il cuscino?» Nessuna risposta o reazione da parte sua, sbatté le ciglia ogni secondo e poi inclinò da un lato la testa. «Mamma? Mi hai sentito? Mi sistemi il cuscino, per favore?»
«Che c'è che non va in te, Anna? Cosa stai cercando di fare?»
«Che intendi dire?» risposi con un'altra domanda.
«Rispondi. Perché hai ricominciato a chiamarlo "papà" e a ricordare il passato, come se niente fosse successo?»
Distolsi lo sguardo dal suo per massaggiarmi la gamba. «Di che parli, mamma? Ho solo detto che mi fa male la caviglia.»
«Anna.» Mi riprese alterandosi.
Trassi uno sbuffo. «Okay! Mi è scappato. Non ho potuto farne a meno.»
«Smettila con questi ridicoli giochetti, Anna. Credi che non abbia capito cosa cercavi di fare? Non sono nata ieri.»
«E, sentiamo, cosa starei cercando di fare?»
«Stai cercando di impressionare Darren? Pensi che lascerà sua moglie e suo figlio, e tornerà con noi? Non ti ho detto di non sperare invano, Anna?» Le sue parole veritiere, ma dure, mi fecero zittire e incupire. "Lo sapevo questo, ma che succedeva se continuavo a sperarci o a sognare?" Balzò in piedi e mi puntò contro l'indice. «Non fare più una cosa del genere, d'accordo?» Evitai di guardarla con palese disaccordo. «Capito, Anna!?» Tuonò alzando i toni.
Mi girai di scatto, sfinita. «Va bene, mamma, va bene!»
«Ovviamente la tua caviglia è a posto. Non serve che porti il ghiaccio.»
«No.» risposi seccata, sprofondando sul cuscino a braccia conserte e lei abbandonò la stanza. Non appena chiuse la porta, mi tirai su con i gomiti. «Ma tu hai baciato mio padre, signora Nora. Provi ancora dei forti sentimenti per lui.» Mi dissi mentre un sorriso aleggiava sulle mie labbra. Anche se ero distante, da dietro quell'albero avevo visto tutta la scena.
(Nora POV)
Anna stava superando il limite, prima trattando male Thomas e poi montando una ridicola farsa solo per costringere Darren a stare insieme a noi. Quella ragazzina non poteva fare quello che le passava per la testa.
Non era così che funzionava la realtà e quando si sarebbe scontrata contro lo stesso muro, magari avrebbe imparato una lezione vitale. Nel frattempo, tornai al piano di sotto preoccupata di non aver trovato Charlie da nessuna parte nelle ultime ore e appena scesi le scale, vidi Dayane che spolverava sui mobili.
«Dayane, hai visto Charlie?»
«Era qui. Stava correndo per casa con Kevin. Ma hanno smesso di fare baccano all'improvviso.»
«Forse sono in giardino?» Ipotizzai, voltandomi dopo essermi sporta vicino al tavolo per guardare in cucina.
«Va' a vedere, Nora. Non si può mai sapere cosa frulla nella testa di questi bambini.» Mi avvicinai alle vetrate per individuare una loro sagoma, anche se era buio pesto e Dayane fece lo stesso. «Staranno combinando qualcosa... tutto questo silenzio è strano. Aspetta, guardo se sono nel retro.» Uscì dal salone mentre restai appiccicata con la faccia al vetro per focalizzare meglio l'esterno. Improvvisamente, mi giunse alle orecchie l'esclamazione di Helen, impegnata al telefono che stava scendendo le scale, seguita dal marito. Tentai di ignorarli, mentre la donna sparì per continuare la conversazione altrove e automaticamente i miei piedi si mossero per sorpassare l'uomo, prima che aprisse bocca.
«Nora.»
Mi bloccai all'istante e girai.
«Papà! Papà!» Urlò Kevin e ci voltammo all'unisono, vedendolo sopra le scale. «Charlie è rimasto intrappolato dentro la stanza.»
«Che cosa? Dove?!»
Mi affrettai su per le scale e Darren mi seguì.
«Nella camera dove la porta è rotta.» Ci indicò.
Percorsi il corridoio e salii un'altra rampa di scale, arrivando per prima, sentendo la sua vocina che mi chiamava.
«Charlie!» Afferrai la maniglia, strattonandola e abbassandola, ma il tentativo fallì. Mi accostai maggiormente alla porta. «Stai bene, tesoro?»
«Mamma, apri la porta. Mamma, non posso uscire. Apri questa porta, ti prego!» mi implorò.
«Non aver paura, tesoro, ok? Sono qui. Ti tireremo fuori di lì.» Tentai di forzare la maniglia, ma qualcosa non andava. «Maledizione! Perché non si apre?»
«Aspetta, fa provare me.» disse Darren, ripetendo la stessa manovra con maggior forza, ma invano. «No... è bloccata oppure rotta, non capisco.»
«Mamma, perché non apri? Mamma apri la porta!»
«Tesoro, abbi un po' di pazienza. Stiamo cercando un modo per farti uscire.» Continuai a rassicurarlo a parole, per poi guardare il riccio, che si stava grattando la nuca. «Che facciamo? Porto un cacciavite?»
«No, non sarà necessario.» Mi fece spostare e presi le spalle di Kevin per allontanarlo un po', mentre Darren ordinò. «Charlie, allontanati dalla porta.»
«Perché?» chiese, preoccupato.
«Fa' come ti dico.» Aspettò qualche secondo, poi aggiunse. «Ti sei allontanato?»
«Sì.» confermò.
A quel punto, Darren sfondò la porta con una potente spallata ed entrai immediatamente per poter prendere il viso del mio bambino tra le mani.
«Amore... stai bene?»
«Mamma...» riuscì a proferire, prima di abbracciarmi forte tremando come una foglia.
«Amore... Ti sei spaventato tanto?» gli passai la mano fra i ricci e quando lo staccai da me, accarezzai le sue guance.
«Mi sono spaventato molto, mamma. Ad un certo punto ho pensato che sarei rimasto chiuso qui dentro per sempre.»
«Perché vi siete messi a giocare proprio in casa visto che abbiamo un bel giardino, Kevin? Dovete guardare dove entrate. È molto pericoloso.» lo ammonì Darren.
«Stavi giocando a nascondino, amore?» domandai a Charlie.
«Sì, giocavamo a nascondino. Poi Kevin ha chiuso la porta perché pensava che non mi avrebbe più trovato e sono rimasto intrappolato.» raccontò.
«No, non sono stato io, fratellino.» rispose Kevin negando con la testa.
«Allora, com'è successo? La porta si è chiusa da sola?» continuò Darren.
«No, è stata zia Dorothy.»
«Cosa!?» Esclamai.
«Si è arrabbiata perché facevamo troppo rumore, ci ha sgridati e voleva punirci, così ha chiuso la porta.»
Non potevo credere alle mie orecchie. Ero letteralmente scioccata e la rabbia mi annebbiò la testa. Arrivare a punire un bambino, a chiuderlo in una stanza, come aveva osato? Quell'azione spregevole era peggiore di qualsiasi insulto rivolto a mia figlia. E l'avrebbe pagata.
Mentre Darren parlava con Kevin, io ero già corsa fuori, ignorando il suo richiamo.
Feci irruzione in quella stanza, senza preoccuparmi di bussare e la donna staccò gli occhi dal rivista quando la porta si schiantò contro il comodino, rischiando di far volare a terra la lampada per la vibrazione.
«Ma che cosa...»
«Come hai potuto chiudere mio figlio in quella stanza!?» Gridai.
«Ma che diavolo dici? Come osi entrare nella mia stanza in questo modo? Le persone normali bussano. Di cosa stai parlando?»
«Hai chiuso la porta con la serratura rotta, ecco di cosa sto parlando! Vuoi che ti faccia un disegno? Cos'è che non hai capito?» Mi chinai in avanti. «Volevi dare una punizione a mio figlio. Chi sei per punire mio figlio? Chi sei!?»
«Quale punizione? Quale figlio? Di che parli?» continuò a fingere di non sapere niente e tornai in posizione eretta con il busto, con le mani sui fianchi e il sangue che ribolliva nelle vene. «È colpa mia se tuo figlio gioca in casa e poi si chiude a chiave da solo? Non ho fatto niente a tuo figlio!»
«Andiamo, Dorothy, non farlo. Kevin non mente.» Intervenne il riccio. «Prima hai urlato contro i bambini e poi hai chiuso deliberatamente la porta appena hai visto che Charlie entrava.».
La donna, a quel punto, ci guardò spaesata e mormorò. «La porta... Questa porta... Ti riferisci alla cameretta?» Gesticolai con le braccia per poi incrociarle al petto. «Ascolta, Darren, te lo giuro, ho detto un milione di volte ad Alan di sistemare quella porta. La chiudo sempre per evitare incidenti. Davvero. Scusate, ma è mia la colpa se quella porta è rotta?» Si portò le mani sulla faccia, fingendo dispiacere. «Oh, povero caro... Charlie era lì dentro?»
«Non mentire. Non mentire!» scandii agitando l'indice e mi piegai di nuovo. «Cosa vuoi da noi? Che problema hai?»
«Dovresti darti una calmata. Punto primo: io sono la signora di questa casa. E secondo, sono Dorothy. Avanti, dille qualcosa.» si rivolse al ragazzo. «Non dirò niente. Falla rinsavire.» Le diedi le spalle per un momento.
«Nora ha ragione.» Inaspettatamente Darren prese le mie difese e lo guardai un istante sorpresa. La donna nel frattempo si era alzata. «Da quando sono arrivati qui, sei ossessionata da loro. Prima la storia del coltello, ora questo. Lasciali in pace.»
«Oh, santo cielo...» Strinse gli occhi in due fessure. «Nora ha ragione? Chi è Nora? Chi è? Stai abbandonando tua cognata per proteggere Nora? Perché?» Darren non le rispose. Io continuavo ad incenerirla serrando la mascella. «Non voglio parlare con nessuno dei due e vi voglio fuori di qui, quando ritornerò.» Dopo l'ultimo avviso, mi sorpassò e se ne andò.
«Guarda questa donna!» sbottai. «Maniaca, totalmente pazza!» Un sorriso indugiò sulle sue labbra e mi fece inarcare le sopracciglia. «Perché sorridi come lo Stregatto?»
«Anche tu sei un po' pazza... Quando ti arrabbi, nessuno può fermarti. Mi piace il modo in cui tiri fuori gli artigli e difendi i tuoi cuccioli, come una leonessa intraprendente.» Inclinò la testa. «Nora del mio cuore.»
«Risparmiati questi complimenti, Darren. Sei patetico.» Lo squadrai dall'alto in basso, per poi uscire dalla stanza.
“Continuing...”
Eccomi qui con il nuovo aggiornamento e ho deciso di aggiornare un po' prima, rispetto agli standard abituali.
È successo di tutto. Vediamo Anna che si comporta un po' scostante con Thomas - secondo voi, lo fa per gelosia? -
Inoltre Nora ha un crollo emotivo forte e scoppia a piangere, spaventata che la polizia un giorno li troverà e le toglierà i suoi bambini. Thomas cerca di sostenerla come può.
#Nommy carinissimi, vero? ❤️
Intanto Thomas manda all'aria un importante accordo, scatenando così l'ira di Darren.
Tra i due uomini che accadrà dai prossimi capitoli?
Anna, intanto, attua un piano per attirare l'attenzione del padre e i due per un momento rammentano il passato e dimostrano complicità.
A quanto pare, la ragazzina si è subito costruita un castello in aria e crede che la madre ami ancora suo padre. Sarà vero?
Anna riuscirà a rimettere insieme la sua famiglia?
Charlie passa un bruttissimo quarto d'ora, a causa di Dorothy, che l'ha chiuso in una stanza. Nora agguerrita l'attacca pesantemente... 🔥 Darren si schiera dalla sua parte questa volta. 😏
EH EH EH...
In fondo non è così cattivo, come pensate. Ma nei prossimi capitoli emergeranno nuovi particolari. Se vi è piaciuta la prima parte, cliccate una stellina o un commento e, se avete qualche segnalazione da fare su errori o consigli, saranno ben accetti.
Grazie per il vostro sostegno. Siete speciali ❤️.
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