4.1 - Primi sospetti 🦋
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«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»
PRIMI SOSPETTI
Capitolo 4
(Prima parte)
(Thomas POV)
I poliziotti si apprestavano a scendere, scortati da Alan e la tensione investì tutti i presenti. Nessuno sapeva ancora il motivo di tale visita e Nora e i bambini erano preoccupati che riguardasse l'omicidio.
«Dica, agente. Qual è il problema?» Li accolse il signor Matthew facendosi avanti. Anche mia madre e Dayane tornarono in sala per capire che stesse succedendo e rivolsi loro un cenno rassicurante.
«Uno dei vostri dipendenti ha presentato una denuncia. Dice di essere stato aggredito da un cliente del vostro hotel. Deve venire con noi alla stazione di polizia.»
Immediatamente l'anziano si voltò, lanciando un'occhiataccia a Oliver, presumendo che fosse il colpevole della storia.
«Come mai? È stato mio figlio ad aggredirlo? Andate piuttosto a cercare il vero colpevole.» Intervenne la donna.
L'agente la ignorò. «Signor Oliver, l'incidente è avvenuto nel suo hotel.»
«Sono consapevole.» Tese le mani. «Ma non capisco perché comporti un problema tanto grave.»
Nel frattempo io, Nora e i bambini tornammo seduti ai nostri posti con tranquillità.
«Non interferire con il lavoro delle forze dell'ordine! Se si sono presentati alla nostra porta significa che dev'essere importante. Quindi va' con loro e risolvi questa vergogna.» Lo rimbeccò e lui obbedì.
La moglie gli afferrò il braccio, chiedendogli di chiamarla per non farla preoccupare e lui replicò che non doveva essere esagerata e che si sarebbe aggiustato tutto, prima di precedere i due poliziotti.
La tensione aleggiava ancora nella stanza anche dopo che se ne furono andati e Nadine sbraitò. «Che fate lì impalate voi due? Non è niente di serio. Mettetevi a lavoro, forza!»
Mia madre quindi spintonò la moretta verso la cucina.
Tutti si sedettero per finire di mangiare, quando la castana si alzò in piedi, raggiungendo la sedia di Nora e allungò la mano verso Charlie. «Hai molta paura della polizia?» D'istinto, gli accarezzò la testa, mentre mi ritrovavo a deglutire un groppo in gola. «Perché sei così impaurito, dimmi?» Non ottenendo risposte, ritentò. «Perché aveva paura, mamma?» Poi si chinò di più. «Hai paura? Dillo.» Charlie guardò nella mia direzione contrito. «Perché eri spaventato? Parla... Dimmelo!» Nora distolse lo sguardo da Dorothy. «Era talmente spaventato che a momenti si bagnava i pantaloni.»
«Dorothy, è ancora un bambino. È venuta la polizia e ha pensato che fosse successo qualcosa, perciò era spaventato.» Intervenni.
«No. Non è così.» Gettò una rapida occhiata ai presenti, gesticolando con l'indice. «Nessuno di voi l'ha notato? Quando è arrivata la polizia, ha detto: "Mamma, è arrivata la polizia, nascondiamoci". "Nascondiamoci", ha detto. Sono stata l'unica ad aver prestato attenzione a questo particolare?» la stanza piombò nel silenzio. «Perché mi guardate come se stessi dicendo sciocchezze?»
«Dici sciocchezze, ecco perché, Dorothy. Per favore, chiudi quest'argomento. Stai solo creando disagio alle persone.»
«Non lo chiuderò, Matthew. Come conosci Thomas?» Distolsi lo sguardo, sopprimendo uno sbuffo.
«Ah! Ti prego, stai parlando di mio figlio, lo sai?» Mi indicò gesticolando con le braccia e poi la guardò in cagnesco.
«Come fai a conoscerlo? Thomas sarà anche tuo figlio, ma per anni non l'abbiamo visto. Cosa ha fatto? Chi è lui?» Alzai gli occhi e l'anziano si rifiutò di replicare. «Con chi ha lavorato? Con chi ha avuto rapporti? Lo sai, forse? Perché l'hai portato a casa nostra!» Poi mi urlò contro. «Chi sei? Non ti conosco!»
Sollevai il mento. Se voleva una risposta, gliel'avrei data, ma a modo mio. «Ho contatti con la mafia russa, te l'avevo detto?»
«Ah, molto divertente. Ma non me la bevo.» Fece un passo avanti e mi puntò con l'indice. «Non conosco né te né tua moglie. E non mi piace affatto avere estranei in casa! E adesso ti faccio vedere qualcos'altro di molto interessante, sei pronto?» Tirò fuori la sua pochette, mentre distoglievo la faccia e mi grattavo la guancia, impassibile.
«Dorothy... e le sue sciocchezze!» Borbottò il signor Matthew.
«Aspetta!» Tirò fuori un coltello e alla sua vista Anna e Nora sobbalzarono sulle sedie. «Sai cos'è, vero?» Me lo mostrava al pari di un trofeo che aveva vinto. «Sapete dov'è saltato fuori? Lei ha preso questo coltello e di mattina presto l'ha gettato nella spazzatura. Cosa significa?» chiese girandosi di scatto verso l'imputata. Nora intercettò il mio sguardo ed erano gli stessi occhi pieni di terrore di quando dovevamo controllare i documenti quella notte. «Che cosa ha fatto con questo coltello e perché l'ha gettato nella spazzatura? Poi è rientrata subito in casa, guardandosi intorno, come se avesse paura di essere vista! Che cosa significa?» Nora la fissò e la incalzò. «Rispondimi, carina!»
Superato lo sbalordimento iniziale, aprii bocca. «Ti sei messa a pedinare le persone di mattina? Un po' strano, no?»
«Non è questo il punto e non distorcere le parole!» Alzò l'oggetto a livello della sua faccia. «Chiedo di questo coltello.»
«Anna... l'ha trovato in giardino.» Affermò Nora.
«E quindi?»
«Me l'ha portato e l'ho buttato via così i bambini non si tagliavano.»
«Molto credibile...» Commentò. «E tu che dici?» Picchiettò la spalla della ragazzina e Nora le circondò la schiena per spingerla più verso sé. «Parla!» La spronò.
«Sì, ho dato il coltello a mia madre.»
«Mentono. Il bambino aveva paura della polizia. Madre e figlia gettano via un coltello a casa mia la mattina presto e... loro mi guardano come se avessi io le traveggole?»
«Dorothy, metti giù quel coltello. Se hai finito di fare colazione, sali in camera tua!» Le ordinò perentoria il suocero.
«Non me ne andrò. Non devi trattarmi come una bambina, Matthew. Perché mi guardate come se fossi pazza?» Alzò la voce di un'ottava, tenendo il coltello in verticale con la punta delle dita. «Non vi sorprende?!»
«Dorothy, basta.»
«Continuano a dire "basta". Sai qualcosa che io non so?» Sbraitò rivolgendosi alla suocera.
«Dorothy, i bambini sono tesi. Possiamo chiudere l'argomento?» la pregò mia sorella.
In effetti, sia Kevin che Charlie, erano appiccicati alle loro madri e quest'ultimo era scosso.
Dayane tornò per chiedere a Nadine se gradisse il tè.
«Ma quale tè! Prendi quel dannato coltello e fallo sparire dalla mia vista. Subito!»
«Che... coltello?» Chiese confusa la mora e sgranò gli occhi quando lo vide.
«No, non ti darò il coltello. Non ho ancora finito con questa faccenda...» Abbassai lo sguardo, mentre il silenzio si era impadronito della stanza.
Nadine scattò in piedi per avvicinarsi a lei, ordinando alla castana di darglielo.
«No, non lo restituirò!»
«Dorothy! Dorothy, avanti, dammi il coltello!»
«Dorothy!» Gridò Matthew.
«Dorothy!»
«Non sei interessata a scoprirne di più...-»
«Restituisci quel dannato coltello!» Alla fine, al signor Matthew saltarono i nervi, e la moglie riuscì a strapparglielo di mano dandolo a Dayane. «Finiscila! Hai perduto completamente il senno!»
La donna bofonchiò sottovoce qualcosa di incomprensibile prima di coprirsi la faccia.
«Calmiamoci tutti. I bambini sono molto tesi.» prese parola l'uomo dai capelli ricci. «Dayane, portali all'aperto, per favore.»
«Ovviamente.»
«Andiamo, Charlie.»
«Bene...» Sibilò, alzandosi.
«Forza, figliolo, va' a giocare con tuo fratello Kevin.» Poi si girò a guardare la bionda per avere la sua approvazione. «Può andare, vero, Nora?» Lei fece un cenno affermativo con il capo.
«Il bambino sta tremando... Alzati e prendigli un bicchiere d'acqua prima che svenga. Alzati!» le ordinò rudemente e Nora si portò la mano contro la fronte.
Ero stato calmo e pacato per troppo, ma avevo esaurito l'ultima stilla di pazienza. Scattai in piedi come una molla e tuonai: «Basta! Mi hai stancato!»
«Non mi sgriderai a casa mia! C'è una donna davanti a te, non ti permetterò di alzare la voce!»
«Basta!» Ci interruppe Matthew schiantando la mano sulla tavola. «Questa casa è diventata un circo, smettetela di litigare! Che vergogna!»
«Dillo a tua nuora!» puntai l'indice contro la donna dalla lingua tagliente, che aveva smesso di ringhiare come un bulldozer affamato. «Nessuno può mettere in dubbio la mia famiglia! Nessuno!» Rivolsi lo sguardo a Nora che era balzata in piedi. «Siamo pieni, andiamo.»
Le ragazze si avviarono verso le scale e prima che potessi raggiungerle, l'anziano mi ricordò che avevamo un impegno in azienda e gli risposi con un cenno del capo.
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Era palese che se non fossimo stati attenti, la situazione ci sarebbe sfuggita di mano e specie con quella donna nei paraggi.
«Perché hai nascosto quel coltello per tanto tempo? Nora, sei impazzita?» Domandai una volta al sicuro in camera.
Fece un sospiro, rilassando le spalle. «Ti chiedo scusa, Thomas. Ti abbiamo messo in una posizione difficile.»
«Non riguarda me. Devi essere molto prudente. Questa donna... Dorothy è una squilibrata. Si inventerà di tutto pur di screditarci e metterci nei guai. Devi stare attenta a lei, Nora.»
Stette in silenzio con il capo abbassato e gli occhi rivolti giù.
«La mamma ha tenuto il coltello per proteggermi, Thomas.» La ragazzina spostò gli occhi. «Voleva arrendersi e dichiarare che aveva commesso il delitto.»
«Arrendersi?» Ripetei stupito con un sopracciglio alzato. La bionda prontamente distolse lo sguardo. «Non hai quest'opzione, Nora.»
«In quel momento, non mi è venuto altro in mente. Pensavo solo a mettere in salvo i ragazzi.»
«Non ti arrenderai, scordatelo.»
«Certamente. L'ha giurato sulle vite dei suoi figli. Non è così, mamma?» La incalzò spazientita.
«Ok, Anna, ok. Te l'ho giurato, ecco perché ho acconsentito a buttare via il coltello. Ok? Te lo giuro.» Le ribadì.
«Non c'erano tracce di sangue sul coltello? Non ho potuto vederlo da dove stavo.»
«C'erano... ma Dorothy avrà pensato che fosse ruggine.» Rispose Nora.
«Per fortuna, altrimenti staremmo ancora lì a discutere.»
«L'avevamo avvolto in un panno, ma probabilmente non se n'è accorta.» Aggiunse Anna.
Nora si girò nella mia direzione allarmata. «Devo andare a prenderlo?»
«No, no. Alan porta fuori la spazzatura a quest'ora. Possiamo stare tranquilli.» Trassi un sospiro e poi osservai le espressioni demoralizzate dipinte sui loro volti. Questa situazione stava consumando le loro energie e molto presto si sarebbe ritrovate sfinite. Mi accomodai sul bracciolo del divano e sospirai. «Di cosa stavamo parlando? Abbiamo un posto dove stare qui, non vi manca niente e siete al sicuro al mio fianco. Anna...» La interpellai. «Non sei d'accordo anche tu?» Fece sì e chinò la testa. «Non dovete preoccuparvi. Ma... per cortesia non fare nulla a mia insaputa, Nora. Combatteremo insieme e uniti. D'accordo?»
La donna acconsentì con un altro cenno.
«Mamma, il coltello è nelle mani di quella donna, non avremmo dovuto riprendercelo?»
«No, no. Non dimostreremo che questo fatto ci interessi. L'argomento è chiuso per noi.»
Le ragazze accettarono la proposta di buon grado e il silenzio regnò sovrano per qualche secondo. Ad un certo punto, però, udimmo delle urla infernali, paragonabili allo starnazzare di un'oca provenire dal piano di sotto.
«Che succede?» Domandò Nora.
Mi accigliai, guardando la porta ancora chiusa per poi slittare gli occhi su di loro. «Restate qui, vado a dare un'occhiata e torno.»
Le lasciai lì e mi recai di sotto.
Il baccano veniva dalla cucina e quando mi affacciai, una schiera di corpi mi si presentò di fronte e quella donna strillava. Le mancava la camicia di forza.
«Non li voglio! Non la voglio Nora, non mi piace! Non credo a questa donna, c'è qualcosa di strano in lei!» Riducendo gli occhi in fessure, mi feci subito largo per entrare disponendomi accanto al riccio. «Le toglierò la maschera dalla faccia, scoprirò che cosa sta tramando, vedrete!»
«Non ti avevo detto di non infastidire la mia famiglia? Non sono stato chiaro?»
«Che succede se lo faccio?» Mi sfidò.
«Thomas, ti prego, non cominciare anche tu.» Mi pregò Helen ma la ignorai bellamente.
«Questa è l'ultima volta che te lo ripeto, l'ultima!» Sentenziai alzando l'indice e lei mosse la testa come a dire "cosa?". «Non osare mai più pronunciare il nome di mia moglie, perché se lo farai...-»
«Cosa? Cosa farai?» Cantilenò. Puntellò i palmi sul tavolo e digrignai i denti. «É casa mia, non li voglio qui!»
«Va bene, Thomas, non aggiungere benzina sul fuoco.»
«L'aggiungo!» Replicai guardando di sfuggita il marito di Helen. «Nessuno ha il diritto di parlare così della mia famiglia!»
«Sì, come no.»
«Non spingerti oltre.» Insisté.
Lo fulminai con lo sguardo. «Darren, stanne fuori, questo non ti riguarda.»
Il riccio non mi tolse gli occhi di dosso, pronto ad incenerirmi, e la cosa sarebbe degenerata se la moglie non si fosse messa fisicamente in mezzo.
«Va bene, ora non iniziate voi due, vi prego.» Il marito preferì andarsene. «Che cosa sta succedendo? Perché sono tutti così tesi oggi?»
«Il problema è lei. Porta Dorothy da un buon medico. Un controllo non le farebbe affatto male.» Gliela indicai col mento. «Ormai è fuori controllo.»
«Di cosa stai parlando? Mi stai dando della pazza?» Ragionò mentre aggiravo la tavola per riprendermi l'oggetto.
«Dammi quel coltello.»
Indietreggiò di più nascondendolo dietro la schiena. «Mi hai dato della pazza?»
«Dammi il coltello.» Mi fermai di fronte a lei.
«Mi hai dato della pazza?»
A furia di ripeterlo, lo sarebbe diventata.
«Dammi il coltello.»
«Non te lo restituirò mai!»
«Restuiscimelo!» Tuonai con la vena del collo pulsante e si zittí non muovendo un muscolo. «Restuiscimelo.»
La osservai attentamente con gli occhi fissi nei suoi scuri e il braccio allungato verso di lei. Infine, non contando sull'appoggio di nessuno, si arrese e me lo consegnò.
Andai ad aprire lo sportello della cucina e lo lanciai dritto nella spazzatura. Poi la fissai truce e imboccai l'uscita, sentendola imprecare ancora.
(Nora POV)
Non ricordavo una mattinata più assurda di questa. Mia figlia si era affacciata per sentire qualcosa ma, da qualche minuto, quel frastuono si era placato.
«Le urla sono cessate, mamma.» Mi informò richiudendo la porta.
Sbuffai. «Devi mantenere le distanze da quella donna, Anna. Non ci vuole qui. Come se fossimo felici di stare qui.»
«É ossessionata, povera idiota.»
«Anna... Non parlare così. Non è carino insultare le persone.»
Increspò le labbra in un sorrisetto, curvandosi all'indietro. «E lei è la regina della gentilezza, signora Nora. Non può essere sempre così.»
«E stuzzichi anche.»
Si raddrizzò e abbassò per un momento la testa, prima di voltarsi totalmente e mettere la gamba sotto l'altra. «Mamma, ti faccio una domanda, ma rispondimi sinceramente. Me lo prometti?»
Alzai le spalle e le accarezzai la guancia. «Quando ti ho mentito, Anna? Chiedi pure.»
«Perché papà ha cambiato idea sul ritorno a Londra?»
«Perché t'interessa?»
«Non lo so...» Il suo viso si stava illuminando per la prima volta e i suoi occhi non erano lucidi, anzi brillavano. «Forse è rimasto per noi? Gli ho ridato la collana, l'ho riempito di insulti-»
«Quale collana?»
«Quella che ho sempre indossato, quella che mi ha regalato.»
«Sì.»
Mi sembrava di ricordare il momento in cui l'aveva vista esposta sulla bancarella e Darren aveva insistito per acquistarla.
«L'ho tolta e gliel'ho ridata quando ho scoperto che se ne sarebbe andato per sempre. Era molto arrabbiato e triste.» Alzò gli occhi al cielo. «Forse vuole farsi perdonare? Forse è rimasto per stare con noi? Non può essere questa la ragione?»
«No, Anna. Tuo padre ha un'altra famiglia. È rimasto per loro.» Il sorriso le si affievolì e passai il palmo sulla sua guancia, dandole altre carezze. «Non siamo la sua famiglia, altrimenti non ci avrebbe lasciato. No?»
«Sí, mamma.» Mormorò malinconica. «Non l'avrebbe fatto, hai ragione.»
Vedendola intristirsi, l'abbracciai come tutte le volte in cui la consolavo e asciugavo le sue lacrime. Stavolta non piangeva e mi circondò il busto con le sue braccia. Chiusi gli occhi, beandomi del tepore del suo corpicino contro il mio e poi ci separammo.
«Alzati, vediamo come sta Charlie.»
«Posso rimanere qui?» Chiese con aria abbattuta.
«Bene...»
Appena uscii, lasciando Anna, le due donne simultaneamente posarono i loro sguardi su di me. Probabilmente avevo interrotto il discorso e sicuramente ero io l'argomento principale.
Chiusi la porta alle mie spalle e Dorothy senza salutare si fiondò nella sua stanza.
Non mi interessava stringere amicizia con quella donna e feci per incamminarmi, quando Helen mi fermò.
«Nora, non farci caso. Cerco di calmarla, ma... È una donna un po' complicata.»
«No, va tutto bene.» Detto ciò, mi diressi verso le scale e mi imbattei nell'ennesimo ostacolo. Provai a sorpassare il riccio.
«Nora... possiamo parlare?»
Guardai alle mie spalle.
«Che vuoi, Darren?»
«Sono confuso. Ad essere sincero, non ho difeso Dorothy, ma... ho notato che Charlie era molto spaventato quando ha visto la polizia. Puoi dirmi che sta succedendo?»
«Spaventato? Di che parli?»
«Nora, ho visto che era spaventato.» Insistè. «Quando Dorothy ha tirato fuori il coltello, tu e Anna siete impallidite. Voglio sapere cosa c'è che non va.»
«Con quale diritto? Lasciami in pace, Darren.» Feci per scansarlo, ma mi bloccò.
«Nora, ti prego, non reagire così. Ero sconvolto quando ho visto la paura negli occhi del bambino. Te lo giuro, se c'è qualcosa che devo sapere, dimmela.»
Misi le mani sui fianchi e avvertimmo il cigolio di una porta, segno che sarebbe arrivato qualcuno da un momento all'altro. «Vieni, parliamo.» Ne approfittò per afferrarmi il braccio ma, con uno strattone mi liberai della presa, e mi spinse ad entrare nella stanza. E chiuse la porta, venendomi vicino. «Nora, ascolta, l'ho capito dai tuoi gesti. Ti conosco e so che quando sei nervosa... tendi a inarcare le sopracciglia.»
«Chi ti crede di essere? Capisci i miei gesti? Anna non è più la bambina che hai lasciato anni fa. È cresciuta, è quasi un'adulta. Non sai niente di lei.»
Mi squadrò di sottecchi.
«E tu? Ti conosco, Nora. Avevamo diciassette anni quando i nostri occhi si sono incrociati per la prima volta e... ci siamo innamorati.» Distolsi lo sguardo per non cedere alla sua trappola. «Siamo cresciuti insieme. Abbiamo pianto e riso insieme. Ti conosco molto bene.»
«Non sono più quella ragazzina, Darren. Sto con un altro. Sono una donna sposata. Hai capito? Lasciami in pace.»
Tentai di andare verso l'uscita, ma si stagliò lì davanti.
«Non puoi uscire se prima non me lo dici. Ok, Charlie è piccolo, anche Kevin a volte ha paura... Ma tu perché eri così tesa?»
«Non ero affatto tesa! Hai capito male.» sbottai, innervosita. «Smettila di infastidirmi! Perché non te ne sei andato? Perché sei rimasto qui, eh?»
Disgraziatamente, le sue labbra si curvarono in un sorrisetto compiaciuto. «Che c'è? Perché me lo stai chiedendo? Hai detto che non ti interessavo più?»
Distolsi lo sguardo per non dovermi scontrare con quell'espressione soddisfatta, di chi aveva la vittoria in pugno. «Perché non sopporto più di vederti, ecco perché!» Intanto aveva rimpicciolito le distanze tra i nostri petti e il suo respiro mi si depositò sulle guance, così fui costretta a spintonarlo sul petto per allontanarlo da me.
«Ma i tuoi occhi dicono il contrario. Hai chiesto perché t'interessa saperlo... Vuoi che ti dica che sono rimasto per te, vero? Ammettilo, Nora.»
Quasi mi venne da ridere e mi portai la mano sulla fronte. Poi spalancai gli occhi per guardarlo. «Darren... Tu..» Aspettò con impazienza. «Non mi interessi per niente. Averti vicino non mi fa più ne caldo né freddo.» Feci spallucce. «Va' ad occuparti di tua moglie e lasciami in pace.»
Mi diressi alla porta, ma appena appena uscii, Helen mi raggiunse. «Nora, hai visto Darren?» La sua vista mi lasciò pietrificata e mi ritrovai a fissarla incapace di spiccicare una parola. «Nora?» mi richiamò dopo un po' mentre ero totalmente in trance. «Ti ho fatto una semplice domanda, hai visto Darren?»
Mi portai la mano nei capelli scostandoli dalla guancia.
«Scusa... ero un po' assente. Ecco... non l'ho visto.»
«Oh... Ok, va bene.» Rispose e imboccai le scale per scendere di sotto, maledendomi per averle detto una bugia.
Ero una persona orribile.
Non lo meritava. Non meritava di essere presa in giro.
~🦋~
Lasciai la villa con troppi pensieri in testa e quando entrai nel salotto della dépendance, non badai a salutare la signora Abbie. Le passai accanto e andai a sedermi sul divano. Mi misi ad osservare i piccoli che giocavano sul pavimento con le costruzioni. Abbie improvvisamente mi accarezzò il braccio e la trovai seduta accanto a me.
«Nora, tutto bene, cara?»
«Bene...» Mi sporsi e accarezzai la testolina riccia di mio figlio. «Charlie, stai bene, tesoro?»
«Bene, mamma. Hai visto che bella torre abbiamo costruito!»
«Oh... Molto bene.»
Prese altri pezzi per farla più alta e, a quel punto, Abbie riprese.
«Stai pensando a Dorothy?» La fissai per poi distogliere lo sguardo, strofinandomi un sopracciglio. «È una donna un po' pazza. Mi fa stare male vederti tanto triste, Nora.»
«Non essere triste, Abbie. Non m'importa di quella donna.»
«Va bene, cara. Resta tu con i bambini, io andrò da Thomas.»
Annuii e abbandonò il salotto.
«Mamma, puoi farmi un po' di latte e miele?»
«Te lo preparo subito, amore.» Gli scompigliai i riccioli e mi sorrise con quella dentatura imperfetta, dato che gli era già caduto qualche dentino. Tornò a concentrarsi sulla torre colorata mentre il biondino si divertiva con una macchinina. «Kevin... Lo vuoi anche tu?»
«Non mi piace... mi piace di più come lo prepara il mio papà.»
«Come lo prepara tuo padre?»
«Ci mette dentro una strana polverina marrone e così ha un sapore molto, molto più gustoso.» spiegò gesticolando con il braccio come se stesse facendo una magia.
«Ha un buon profumo, eh, come di cannella?»
«Sì, cannella! Come lo sapevi?» Esclamò.
«Nemmeno ad Anna piaceva il latte, lo beveva con la cannella.»
«Anna è come me!»
«Già...» Sussurrai. In effetti, non c'era da stupirsi se Kevin si sentisse così legato a Charlie, avrebbero avuto sempre un rapporto speciale per tutta la vita. «Continuate a giocare e io intanto vi porto il latte.»
Lasciai un'altra affettuosa carezza a Charlie e mi diressi in cucina.
(Darren POV)
Avevo rischiato grosso, ma avevo avuto la prontezza di nascondermi dietro la porta sentendo la voce di Helen. Certo, non era un comportamento da adulto responsabile ma se mi avesse scoperto non avrei saputo giustificare la mia presenza.
Per mia fortuna, si era affacciata solo un istante e dopo aveva chiuso la porta. Avevo sospirato profondamente per il sollievo.
Dopo un po', la raggiunsi in veranda trovandola che beveva il caffè.
«Che ci fai qui da sola?»
«Niente, mi riposo un po'.»
«Hai ragione.» Mi sedetti accanto a lei sul divanetto a due posti. «È stata una mattina rumorosa.»
«Dove sei stato? Ti ho cercato dappertutto. Sembrava ti avesse inghiottito la terra.» chiese reggendo il volto sul palmo della mano e tenendo nell'altra la tazza fumante.
«Ho camminato un po'.»
Mugugnò, mentre scuotevo i pantaloni per non fissarla troppo. «Anche tu sei stufo, eh? Sono molto preoccupata per Kevin, è sempre al centro di questi continui combattimenti.»
«Già. Non ha capito cosa stesse accadendo.» Concordai.
«Darren, possiamo tornare a casa a Londra?» mi voltai, incrociando il suo sguardo supplicante. «Questo caos non fa per noi.»
«No, Helen, dobbiamo restare qui.»
«Come mai? Non volevi andartene anche tu? Cos'è successo che ora ti piace tanto Dublino?»
Distolsi lo sguardo e feci un respiro profondo. «Non è perché mi piaccia, la situazione è confusa. Tuo padre ha bisogno di noi, non possiamo lasciarlo solo.»
Abbozzò un piccolo sorriso.
«Vero.» Adagiò la mano sulla mia guancia. «Amore mio... Mi piace il fatto che tu veda la mia famiglia come la tua.» Gliela afferrai allontanandola dalla mia faccia e lei intrecciò i nostri incavi. «Hai ragione, restiamo, papà ha bisogno di noi.»
Si portò la tazza alle labbra per fare altri sorsi, non immaginando minimamente che la mia testa fosse occupata da ben altro. Ma restai in silenzio.
(Thomas POV)
«Caro, questa Dorothy non ti lascerà in pace. Come affronterai questa donna?»
«Saprò tenerle testa mamma, non preoccuparti.» le risposi appoggiando la tazza di tè sul tavolino basso nel salotto.
«Oh, caro ragazzo!» esclamò con gli occhi che brillavano, toccandomi il braccio. «Sono così felice di vedere che ti prendi cura della tua famiglia. Ah, Thomas, mi sono appena ricordata... Non hai foto o video del tuo matrimonio?»
«Il matrimonio?»
«Esatto, il matrimonio. Oggi la gente registra addirittura la nascita dei figli. Avete qualche video? Mi piacerebbe poter guardare quella cerimonia.»
Ci pensai su velocemente.
«Ehm, no... abbiamo perso tutto nell'incidente.»
«Oh! Hai ragione, ovviamente.» Mi mostrai dispiaciuto. «Bene, ok, d'ora in poi scatteremo moltissime foto.»
Mi diede una pacca leggera sulla gamba sorridendomi e appoggiai la mano sul suo dorso.
«Certo, non preoccuparti. Faremo un album tutto per te.»
«Thomas, posso dirti una cosa?» Annuii. «Nora è come te. Così amorevole, calma. E inoltre... ha un sorriso meraviglioso. Quando sorride i suoi occhi irradiano una luce particolare come-»
«Stelle!» Affermai con impeto, senza controllarmi, come se quelle parole mi fossero state suggerite dal cuore. «I suoi occhi brillano come stelle.»
«Sì, come stelle! È bellissima!»
«Bellissima, certo.» Ripetei trasognato.
«Tesoro, amatevi sempre l'un l'altro, passate momenti meravigliosi, perché la vita è così breve. In un attimo finisce tutto.»
«Certo, mamma.» La rassicurai posando la mano sulla sua.
La voce delicata di Nora ci interruppe e ci girammo all'unisono vedendola scendere le scale, tenendo per mano i due bambini. Mia madre si alzò in piedi e io seguii ogni movimento della giovane con lo sguardo. Disse a Charlie di fare uno spuntino in cucina e li guardò correre via.
«Vieni qui, Nora... Vieni, cara.» La invitò ad avvicinarsi maternamente e Nora si appoggiò al bordo del divano. Poi, d'un tratto, si rabbuiò. «Tesoro, non ha la fede... come se non foste sposati.» Nora trasalì e ritrasse le mani. «Non indossate gli anelli?»
Io e la bionda ci scambiammo un'occhiata. «Non ci piacciono gli anelli, mamma.»
«Ma caro, la fede è il simbolo dell'amore che vi siete giurati sull'altare, va' messa.»
Mia madre ci teneva a certe tradizioni e non potevo certo andare contro il suo volere.
«Ok, li compreremo.»
Sorrise a entrambi e Nora se ne andò per controllare i bambini. In quel momento arrivò anche Darren.
«Oh, caro, siete una famiglia meravigliosa!» Cinguettò per poi congedarsi dicendo che sarebbe tornata in cucina, ai suoi doveri o la signora Nadine avrebbe protestato.
Il riccio, a quel punto, salì direttamente di sopra senza salutare e ripresi a bere il tè, anche se si era raffreddato.
(Darren POV)
Uscii fuori per prendere un po' d'aria e mi incamminai verso il bambino, che girava i pedali della bici avanti e poi indietro.
«Non è pronta.»
«Pronta? Sto testando le catene.»
Mi lasciai scappare una risatina e alzai le mani. «Oh, ha ragione, maestro. Scusi se non l'ho capito.» Smontò dalla sella e fece per allontanarsi. «Aspetta, dove vai? Hai già finito?»
«No, vado da Kevin.»
«È con la mamma.»
«Non verrà in giardino?»
«Probabilmente sì. Ma che succede?»
«È noioso andare in bicicletta senza di lui.» Fece una smorfia.
Ogni volta che parlava mi riempiva il cuore di gioia. Era così spontaneo e perspicace.
Mi avvicinai e posai la mano sulla sua testa. «Tu e Kevin siete diventati ottimi amici.»
«Sí, certo! Non ci separeremo mai come mamma e zia Denise. Quando saremo grandi, saremo inseparabili come loro.» affermò con un sorriso gigante sulle labbra.
Guardai i dintorni e poi lentamente mi abbassai alla sua altezza. «Tua madre è ancora in contatto con zia Denise?»
«Sì.»
Schiusi le labbra, sorpreso. «Anche Denise vive in Russia?»
«No, vicino casa nostra. Scendi la salita, oltrepassi il parco e zia Denise abita lì.»
Come faceva un bambino che non aveva mai vissuto in un paese a descriverne così bene i posti?
La mia mente iniziò immediatamente a lavorare a pieno regime.
«La conosce?» chiese, stupito.
«No, non la conosco.»
Sbuffò. «Non è ancora arrivato!»
Tornai di nuovo con i piedi per terra e inarcai un sopracciglio. «Chi?»
«Suo figlio, Kevin.»
Ridacchiai e mi rimisi in piedi. «Vai a chiamarlo.»
Non se lo fece ripetere e corse verso la villa. Infilai le mani nelle tasche e iniziai a girovagare per il patio. Ma quel dubbio che si era insinuato nel cervello chiedeva di essere soddisfatto al più presto.
E c'era unica persona in grado di soddisfare quella sete di curiosità.
(Thomas POV)
«Thomas, fra poco l'avvocato porterà il contratto.» Annuii ad ogni parola, mentre ero seduto su una poltrona nella sala dell'ultimo piano dell'hotel. «È tutto pronto, devi solo mettere la firma.»
«D'accordo, firmerò. Ma... volevo chiederti.» L'uomo allontanò la tazza dalle labbra. «Sei in cura, vero?»
Annuì. «Sì.»
«Non abbiamo potuto parlare prima. Ma mi stavo chiedendo... Che dice il tuo medico? Come sarà questo periodo?»
«Ho un cancro al fegato, Thomas. Il medico dice che posso eseguire l'intervento. Ma non sono abbastanza forte per combattere questa malattia. Diabete, pressione alta, l'età che avanza...» Emise un flebile sospiro. «Come puoi immaginare, l'operazione è rischiosa. C'è un alto rischio di morire sul tavolo operatorio.»
«E la chemioterapia?»
«No. Non ho ancora iniziato.» Distolse lo sguardo dal mio. «Voglio iniziare? Non ne sono sicuro.» Ammise, triste.
«Quindi, vuoi morire?» Mi fissò e rivolse un lieve sorriso. «Una volta che rifiuti il trattamento.»
«La vita è bella. Chi vuole morire? Quando puoi vivere.»
Allontanai lo sguardo dal suo, che appariva ancora mesto e lo abbassai, fissandomi le mani.
«Salve, il contratto è pronto, signore.» Esordì un uomo con una ventiquattrore in mano, posando il fascicolo sul tavolino che ci separava e se ne andò, così come era arrivato. Lo afferrai insieme alla penna, sfogliando quella manciata di fogli. Sotto quelle righe, apportai la firma.
«Congratulazioni, figliolo.»
«Oh, vi state divertendo.» Guardai di sfuggita Oliver. «Mentre io sono in una stazione di polizia, tu sei qui a rilassarti con il tuo figlio prediletto. Che bello. Non ti preoccupi per tuo figlio, papà?»
«Hai detto che non era niente di importante.» Slittai gli occhi da un viso all'altro. «Dovevi risolverla tu.»
«Vero, hai ragione. È un bene che tu sappia che posso gestire qualsiasi cosa.» Poi si rivolse a me. «Cosa stai firmando?»
«Thomas, è il nostro nuovo CFO, Oliver. Come puoi vedere, ha appena firmato il contratto.»
«Veramente? Chi è la mente geniale che l'ha proposto?»
Tra i due uomini sarebbe presto scoppiata una nuova lite, a cui non volevo partecipare.
«Se è tutto, vado.»
«No.» Lanciò un'occhiata all'altro. «Me ne vado anch'io, figliolo. Andiamo insieme.» Mi invitò con un cenno della mano e ci rimettemmo in piedi all'unisono.
«Papà, ti ho fatto una domanda. Perché Thomas è diventato CFO? Ha esperienza o la formazione per ottenere una posizione del genere nella nostra azienda?»
«Devo chiederti chi assumere e in che posizione, Oliver?»
L'uomo curvò le labbra, costretto a mangiare la foglia. «Hai ragione. Chi sono io? Tu sei il capo.»
«Lo penso anch'io.» continuò a sfoggiare un sorriso tirato e Matthew aggrottò le folte sopracciglia bianche. «Sono io il capo. Andiamo, figliolo.»
Mi invitò a seguirlo e ce lo lasciammo alle spalle.
(Darren POV)
«Pronto?» Riconobbi la sua voce appena rispose dall'altro capo della linea e le ricordai con chi stesse parlando. «Darren di Nora?»
«Esatto, il Darren di Nora.» Ripetei con il sorriso sulle labbra. Mi piaceva quell'affermazione. Suonava bene. «Come va? Sono cambiate tante cose nel corso degli anni nelle nostre vite. Ma il tuo negozio è ancora in piedi. Brava!»
«Sì, c'è ancora. Ma a te cosa importa? Di che sciocchezza parli? Perché mi chiami dopo tutti questi anni? Che vuoi?»
«Ma sembra che tu abbia cambiato casa. Vero? Più vicino al parco.» La ragazza restò zitta, forse troppo scioccata per ribattere. «Anche Nora si è trasferita o abita ancora in casa nostra? Che sta facendo?»
«Stai scherzando? Devi aver battuto la testa se mi parli con tanta calma. Penso che tu sia pazzo.» Inumidii le labbra. «Cosa te ne importa? Come osi chiedermi questo?»
«Aspetta, Denise, non ti arrabbiare. Era una semplice domanda. Dammi una risposta.»
«Scordatelo! Non ho intenzione di rispondere. Te ne sei andato tanti anni fa senza dire nulla. Non li hai mai chiamati per tutti questi anni e ora vuoi che ti parli della vita di Nora?» Fece una pausa. «Hai fatto a pezzi la mia amica nel modo peggiore, quindi no, non se ne parla. Non ho niente da dirti! E non chiamarmi più.» Mi intimò prima di attaccare la telefonata.
Non mi curai degli insulti che mi aveva rivolto poc'anzi, perché una risposta l'avevo avuta. Lasciai scivolare il cellulare in tasca e mi avviai, entrando nella veranda. Nora era lì ad annaffiare i fiori. Non le piaceva stare con le mani in mano.
«Hai bisogno di una mano?» Mi ignorò e così passai al sodo. «Ho appena parlato con Denise.» Com'era prevedibile, ruotò il collo di scatto. «Ma non mi ha salutato... Probabilmente è ancora arrabbiata con me.»
«Perché hai chiamato Denise?»
«E perché no? Dopotutto ero un suo amico anch'io.» Mi fissò come se mi fosse spuntato un terzo occhio. Era agitata. «Ho parlato con Charlie e mi ha detto che siete ancora in contatto. E ho deciso di chiamarla per sapere come stesse.»
Posò così il vaso per incrociare le braccia al petto. «Hai estorto informazioni a mio figlio?»
«No, ho solo parlato con mio figlio. Ma non intendo mentirti. Sì, gli ho parlato per sapere qualcosa...» La bionda girò la faccia altrove repentinamente. «L'ho chiamata, non me l'aspettavo che rispondesse, ma l'ha fatto. Dato che Denise vive ancora a Doolin... E che Charlie dice che siete vicini di casa. Questo significa che non sei venuta qui dalla Russia, dico bene, Nora?»
I suoi occhi prima rivolti al cielo, si puntarono nei miei.
«Ha detto la verità. Abbiamo ancora una casa a Doolin. Ma viviamo principalmente in Russia. Cioè, vivevamo... prima di venire qui.» Poi guardò da un'altra parte, come se avesse il timore che potessi smascherare quest'altra bugia.
«Stai mentendo.» Sospirò. «E hai mentito anche prima. Hai detto di essere andata in Russia quando Charlie aveva sei mesi.» I suoi occhi azzurri mi scrutarono. «Ma io ti ho vista, eri a Doolin. Nel parco, vicino casa nostra. Stavate festeggiando il compleanno di Charlie. Aveva un anno.»
«Perché sei venuto a Doolin?»
«Sono venuto. Il resto non importa.»
«Rispondimi. Perché l'hai fatto?» Mi incalzò.
Feci scorrere la mano sulla nuca, ritornando poi a fissarla. «Per te... Volevo tornare da te, dai nostri bambini.» Le sue labbra si schiusero di poco. «Volevo davvero farlo. M-»
«Ma non potevi.» Mi anticipò. Poi per poco non scoppiò a ridere, premendo il dito sotto il mento. «Quindi ora si scopre che ci hai lasciato per ben due volte di fila? Ho capito bene? Sei venuto, ci hai visto e te ne sei andato... giusto?» Gesticolò con la mano. «E a cosa hai pensato... No, aspetta, non me lo dire.» Guardò un punto oltre le mie spalle e scosse la testa. «"No, non mi servono, non li voglio." È così?»
«Nora...» Tentai di dire.
«Che razza di uomo sei? Dici che sei tornato da noi senza nessuna vergogna.»
«Helen mi ha detto che era incinta.» Le confessai a bruciapelo.
«Che cosa?»
Deglutii. «L'ho scoperto lì.» Presi un bel respiro, scuotendo il capo e chiudendo gli occhi. Non volevo vedere la delusione sul suo volto. «Dovevo prendere una decisione...»
E ho scelto lei. Ma dentro mi ero sentito morire lentamente. Il mio cuore aveva smesso di battere.
«Sei sempre stato così, Darren?» mi chiese dopo un po'. «Una persona così ripugnante. E perché non me ne sono accorta? Te lo chiedo davvero. Mi conoscevi meglio di chiunque altro.» Mi accigliai. «Sono stata così stupida? Ero una ragazzina patetica e irragionevole?» Roteai gli occhi e la testa. «Bene... preferisco morire piuttosto che amare un codardo come te.»
«Un codardo?» Ripetei, stupito. Annuì con i lineamenti contratti in una smorfia di palese disgusto. «Ora sono diventato un codardo. Bene, ok. Volevo sapere se hai problemi, ok? Anche Anna e Charlie sono i miei figli.»
Schioccò la lingua. «Non mentire. Tu non pensi affatto a noi. Vuoi solo trovare il nostro punto debole. Sei geloso di noi? Il pensiero che potremmo essere felici anche senza di te ti sta facendo impazzire? Non hai detto che non volevi infrangere il tuo equilibrio?» Sospirai. «Darren, io sono sposata e tu sei sposato. Smettila di inseguirmi.»
«Non ti sto inseguendo.» Obiettai facendo un'alzata di spalle e lei abbassò gli occhi con un cenno della testa. «Ok, hai ragione. Abbiamo entrambi il nostro equilibrio. E non voglio che venga distrutto.»
«Bene, allora vattene.»
Sentivo che i piedi si erano come radicati al pavimento e non riuscivo a muoverli o evitare di immergermi negli occhi cobalto di questa donna.
Quando stavo per farlo, dalla tenda sbucò il marito.
«Che succede? C'è qualche problema?»
«No, stavamo parlando di quanto accaduto stamattina. Voglio dire... della sfuriata di Dorothy. A proposito... mi dispiace per la piccola lite avuta in cucina.»
«È acqua passata, ormai è tutto dimenticato.»
«Anche secondo me è meglio così... Dimenticare. Il passato rimane nel passato, no?» Nora mi guardò con la coda dell'occhio. «Invece di preoccuparci di cose futili, dovremmo goderci i piccoli momenti che ci regala la vita.»
«Sì.» concordò il moro.
«Ok, allora vado.» Annunciai, salutando entrambi, per poi rientrare in casa.
“Continuing...”
Eccoci con un nuovo aggiornamento... e scusatemi molto per l'attesa, ma praticamente l'ho riscritto completamente. Se comunque avete avuto la pazienza di leggere fino a qui, allora siete pronti davvero ai colpi di scena che avverranno prossimamente.
L'emoticon giusta 💥 è questa.
Dorothy ha appena portato un bel po' di scompiglio a tavola mostrando a tutti quel coltello e riesce a instillare dubbi in Darren che - senza alcun diritto - fa indagini per conto suo per arrivare alla verità...
Lui e Nora discutono nuovamente e la ragazza lo asfalta (LA AMO) ma la performance di Tommy non la si può non NOTARE.
Thomas difende a spada tratta Nora e i ragazzi, ma si lascia scappare qualche apprezzamento sospetto su... Nora.
Pensate che il ragazzo abbia cominciato a sviluppare strani emozioni nei suoi confronti?
Perdonatemi se ci sono stati pochi pov di Helen, ma arriverà il suo momento.
Tempo al tempo...
Nel frattempo, se vi è piaciuto, mettete una stellina e fatemi sapere qualcosa. Inoltre, come sempre, se trovate qualsiasi errore che sia potuto sfuggire, per favore segnalatelo.
Spero che questa storia continui ad appassionare, perché non è come le altre che finora ho scritto.
Attenzione...
Ci vediamo nel prossimo aggiornamento!
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