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19.4 - Sogniamo, forse accadrà...🦋

~🦋~

«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»

SOGNIAMO, FORSE ACCADRÀ
Capitolo 19
(Quarta parte)

(Darren POV)

Anna, capendo il mio stato d'animo tormentato, dopo l'alterco avuto con quell'impertinente di Thomas Miller mi porse la mano, che afferrai, tirandomi e poi avvolse il braccio dietro la mia schiena, avviandoci verso il famoso stand delle freccette.

«Papà, voglio quel grande orso bianco!» mi informò Kevin.

«Papà, voglio quel grande orso blu!» Esclamò Charlie allungando il braccio per indicarlo.

Dal suo canto, Thomas acconsentì per mettersi in mostra e vincere il premio come "miglior genitore dell'anno".

«Allora vincerò quello che vuoi!»

«Faresti meglio a concentrarti su quello che vuole Kevin.»

Mi voltai a rallentatore per guardarlo, impugnando la prima freccetta. Pretendeva di darmi stupide lezioncine e dirmi come dovessi comportarmi con i miei figli? Non era patetico?

«Aspettate, è il mio turno!» Comunicò Anna.

«Vai tu, cara.»

Mi feci da parte e tirò subito la freccetta, ma purtroppo mancò il bersaglio, finendo sul cinquanta. Si intristì, abbassando gli occhi.

«Ce la farai. Devi prendere meglio la mira, tesoro. Rilassa il braccio, in questo modo.» Glielo feci vedere mettendo il mio a mezz'aria e lei annuì. «Poi concentrati. Guarda il bersaglio e...» Tirai la freccetta, che si conficcò nel cerchietto che valeva cento punti.

«Uuuuh!» Esultò, applaudendo. Kevin alzò le braccia al cielo.

Il ragazzo mi passò il premio: un peluche a forma di orso polare con le zampette viola.

«Chi lo vuole?»

«Io, io!» Strillò il più piccolo alzando la manina in alto.

«Non lo voglio. Lo vincerà papà il mio.» Rifiutò Charlie e incrociai l'espressione vittoriosa dipinta sulle labbra di Thomas.

Iniziava a darmi sui nervi quella faccia da schiaffi e quelle mosse da macho, che faceva in ogni occasione. Consegnai il peluche al biondino e Thomas poggiò la mano sulla spalla di Charlie.

«Dimmi quale vuoi, così lo prendiamo.»

«Quell'orso blu!»

«Credo sia il turno di Anna.» Mi accostai a quest'ultima che aveva già impugnato la freccetta e aggiunsi sottovoce. «Ti insegnerà papà come si fa.» Sorrise poco convinta. «Rimani sciolta.» Scrutò il bersaglio e le sollevai il polso. «Concentrati, tieni gli occhi sul bersaglio...» Scagliò la freccetta e stavolta centrò. «Bravissima!» Si voltò saltellando e battemmo le mani.

«Wow, sorellina! Hai centrato il bersaglio! Ci sei riuscita.»

«Se l'è guadagnato. Oh, oh!» Il ragazzo le passò un lupo gigante, che stritolò fra le braccia.

«Charlie, tu che cosa vuoi?» Chiese il moro per la terza volta. Gli indicò uno grande.

«Bene, vinciamolo.»

La finta parvenza di sicurezza mi fece trattenere un risolino e mi inumidii le labbra, incapace di nasconderlo. Mi rimisi seduto, aspettando il suo tiro con molta impazienza. Si mise in posizione con la freccetta, mi lanciò un'occhiata e tentò di concentrarsi ma quando lanciò, lo mancò.

Tirai un sospiro.

«Se vuoi, posso farlo io.»

Ero buono, gli avrei dato volentieri una mano, se ne avesse avuto bisogno.

«Non serve.» Con un sorriso, gongolai e incrociai le braccia al petto. Decise di provare ancora, come se il primo non fosse stato abbastanza e anche stavolta la fortuna non girò dalla sua parte e sbagliò. Gli fu consegnato un peluche minuscolo a forma di delfino, molto carino, ma non esattamente quello che Charlie aveva chiesto. «Non era quello che volevi, però...»

«Va bene, è comunque bello.»

«Vincerò quello che volevi. Promesso.»

Forse avrebbe dovuto fare qualche lezione di tiro, era totalmente negato.

«Posso farlo io, Thomas. Non possiamo deludere il bambino.»

Mi guardò di traverso, rispondendomi con astio. «Non c'è alcun bisogno, Darren.»

«Papà, lascia provare lo zio Darren almeno una volta. Potrebbe vincerlo lui.»

Ci guardammo a vicenda, ma dopo l'intervento del ragazzino, decise di scendere a quel compromesso. Mi spostai così da affiancare Charlie.

«Dimmi un po', quale vuoi?»

«Quell'orso blu!» Lo indicò. Era bello e gigante, quasi quanto quello di sua sorella con due grandi occhi marroni e un fiocco grigio topo al collo.

«Allora questo tiro sarà per l'orso blu! Sì?»

Rivolsi un'occhiata a Thomas e, senza nemmeno guardare il bersaglio, colpii. Anna esplose in un urlo di gioia.

«Evviva! L'abbiamo vinto, papà!»

«Ho visto, figliolo.»

Diedi un altro cinque a mia figlia, che era super elettrizzata con un sorriso che le andava da un orecchio all'altro e finalmente l'orso bramato passò nelle manine di Charlie.

«Lì ho visto che vendono lo zucchero filato. Lo compriamo?» propose Anna sporgendosi a vedere oltre le mie spalle.

«Certo! Chi vuole mangiare lo zucchero filato?»

«Io, io!» Risposero in coro i due, Anna alzò la mano e con un gesto del braccio gli feci cenno di proseguire verso quella parte.
Mi seguirono a ruota e indirizzai un'occhiata vittoriosa a Thomas rimasto fermo allo stand.

Era dolce come lo zucchero filato il sapore di quella vittoria...

~🦋~

«Papa, possiamo salire su quella?» Chiese dirigendoci verso una delle attrazioni più spericolate dell'intero luna park.

«No. Meglio di no.»

Il ragazzino inchiodò il passo. «Sembra divertente! Non mi fa così paura, come la casa delle streghe che abbiamo visto.»

«Se vuoi, posso venirci io con te, Charlie. Che dici?»

Sorrise ampiamente. «D'accordo!»

«Non credo che questa giostra sia adatta alla tua età.» Puntualizzò il signor so-tutto-io.

«Ho visto altri bambini salire. Perché io no?» insistè.

«Ha ragione. Bisogna essere coraggiosi nella vita, come suo padre.» Ogni riferimento non era casuale. Balzai sulla pedana per avvicinarmi alla biglietteria e chiedere due biglietti con lo sguardo puntato fermamente su quell'uomo.

«Se dovessi sentire un po' di nausea, muovi il braccio e farò immediatamente fermare la giostra, d'accordo?»

Charlie annuì. Mi abbassai alla sua altezza. Sembrava la mia fotocopia, anche a me piacevano le avventure da bambino e passavo interi pomeriggi ad esplorare posti sconosciuti.

«Ti piace divertirti quanto me, eh? Forza, andiamo.» Fece un passo avanti e gli porsi la mano. La prese, ma un urlo catturò la mia attenzione. Kevin mi stava chiamando e dovetti correre. Lo vidi a terra. «Che succede? Piccolo, che hai? Tutto bene?» Lo aiutai a rimettersi in piedi.

«Mi fa male...»

«Cosa? È il ginocchio?» Lo ispezionai, era un po' sbucciato, ma nulla di grave. Si guardò le scarpe e gli alzai dolcemente il mento. «Cos'è successo?»

«Andiamo a casa.»

«Che c'è che non va?»

Non volle parlare e lo presi in braccio. Forse era meglio rincasare, stava per fare buio.

«Ha iniziato a correre ed è scivolato.» spiegò mia figlia.

«Ok, non è successo niente.»

«Ma abbiamo già comprato i biglietti. Sta per iniziare!» protestò Charlie che voleva ad ogni costo fare quel giro.

«Mi fa tanto male, papà.»

«Tranquillo, piccolino. Ce ne andiamo, va bene? Un altro giorno, Charlie. Abbiamo fatto abbastanza giri per oggi. Kevin si è fatto male.»

«Rimango qui con papà.»

Sospirai combattuto. «Vorrei rimanere anch'io con te e fare il giro sulla nave, ma l'hai visto anche tu che Kevin non sta bene.»

«Non sei ancora stanco, fratellino? Dovremmo tornare.»

«Vai tu, sorellina. Io resto qui insieme a papà!»

Thomas lo spalleggiò.

«Brucia... papà.»

«Ok, andiamo. Charlie, non dimenticare che mi devi un giro la prossima volta. Promesso?»

Non disse nulla, probabilmente ci era rimasto male, ma non potevo ignorare i malesseri di Kevin e ci separammo da loro, abbandonando il parco.

(Nora POV)

«Probabilmente si staranno divertendo, ecco perché non ti hanno chiamato. Tranquillizzati, fiorellino.» ipotizzò Dayane nell'intenzione di alleggerire il mio cuore dall'angoscia. Era più difficile a farsi, perché le preoccupazioni erano molte e mi stavano sopraffacendo. Affondai le mani nei capelli.

«Lo spero.» sibilai.

Smise di sorseggiare il caffè. «Nora?» Feci un cenno con la testa, posando la tazzina. «Hai presente quei giochi con le pistole, dove spari e ricevi in cambio un premio? Che succederebbe se si sparassero a vicenda mentre giocano?»

Scoppiò in una risata ma l'ipotesi non mi entusiasmò. Non volevo pensare all'eventualità che davvero accadesse, oltretutto davanti ai bambini.

«Per cortesia Dayane, non dirlo.»

«Stavo scherzando. A volte parlo a vanvera, non farci caso. Ormai sai come sono» Abbassò d'un tratto il tono della voce e poi anche il capo. «A proposito di "pazzi" ne sta arrivando una...»

«Hai detto qualcosa?» Esordì Dorothy, la nuova arrivata.

Per qualche secondo ci pensò su prima di negare. «No.»

«Vorrei una bistecca con salsa e un cafè de Paris. Preparalo per cena.»

La ragazza mi fissò perplessa, come se avesse parlato in una lingua a lei sconosciuta. Dorothy e i suoi gusti stravaganti.

«Sì, ma che salsa è? Non lo so.»

«Come fai a non saperlo? Lavori in questa casa da anni. Cerca su internet e impara a farlo. Non è difficile. Devi allargare un po' i tuoi orizzonti. Sei troppo rozza.» Portai la mano sulla fronte, senza intervenire. «Dove sono quei mostri? La casa è troppo silenziosa.»

«Sono usciti.» mi limitai a dire, evitando di guardarla.

«Sono andati al luna park con il loro papà.» Aggiunse Dayane.

«Quale papà?»

Osservai la strega con gli occhi ridotti a fessure e tolsi la mano dalla guancia.

«Thomas con Anna e Charlie, il signor Darren con Kevin.» Gesticolò in aria con la mano e ruotai la faccia. «Mi dispiace, mi sono confusa, per un momento.»

«Sì, complicato.» Serrai le palpebre. «E tu, perché non sei con loro? Non possono divertirsi senza di te, ci sono troppi papà. Avresti fatto una foto prima con un papà a sinistra e dopo con l'altro a destra.» Inclinai il capo da un lato per capire dove volesse andare parare. Era sempre pronta a spettegolare e a intromettersi negli affari, che non la riguardavano. «Che bel quadretto familiare!»

«Dorothy, non hai nulla da fare?»

Sollevò le sopracciglia. «No.»

«Si vede.» Sputai.

Il suo scopo essenziale nella vita era infastidire le persone, che vivevano sotto il suo tetto e portarle all'esasperazione.

«Che devi fare tu?»

«Caffè...» rispose.

Ribadì lo stesso ordine per poi togliere il disturbo, almeno fino a che non sarebbe partita all'attacco.

«Perché si sta comportando così, secondo te? È del tutto fuori di testa da un paio di giorni.» Domandò Dayane, non avendo capito granché.

«Ha saputo di Darren.» Restò paralizzata sul posto e poi strabuzzò gli occhi. «Ha ascoltato la conversazione tra Thomas e Darren.»

Le sfuggì un urlo. «Non può essere! Abbiamo una bomba a orologeria in casa!» Sfortunatamente, dovetti annuire, ruotando il capo. «Lo dirà a tutti. Lo verranno a sapere anche i giornali locali.»

«Non dirà nulla. Continua solo a punzecchiare e a disturbare dalla mattina alla sera.»

Si raddrizzò con la schiena. «Eh?» Portai la mano a sostenere la guancia. «Sicuramente, è per la signora Nadine.» Ipotizzò.

«Credi?»

«Se la signora Dorothy non ha parlato, ci dev'essere senz'altro un motivo sotto. Quella donna sarebbe già corsa a spifferare la notizia a tutta la città.»

Scrollai le spalle. Non ne avevo la più pallida idea, ma il suo non era un ragionamento scorretto.
La signora Nadine aveva molto da perdere in quella faccenda. Se fosse saltata fuori la paternità di Darren, il matrimonio della figlia si sarebbe distrutto e lei ne avrebbe dovuto raccogliere i pezzi. Stavo impazzendo. Chiusi gli occhi ed emisi uno sbuffo.

Perché non c'era mai pace?

~🦋~

«Anna.» Udendo la mia voce, si girò mentre stava togliendo la giacchetta. «Com'è andata, tesoro?» chiesi curiosa, chiudendo la porta della camera. «Non ho nemmeno visto Thomas.»

«Oh, voleva andare in hotel, dopo il parco divertimenti.» Mi accomodai sul letto di Charlie. «Mamma, è stato così divertente!» rivelò mettendosi seduta al mio fianco.

«Davvero?» chiesi esterefatta e annuì. «Nessuno ha creato problemi o è diventato spavaldo?»

«Ti riferisci a papà e Thomas?» chiese accarezzando distrattamente il lobo dell'orecchio.

«Hanno litigato?»

«No, però non era difficile intuire le parolacce che si scambiavano nelle loro teste.» Ridacchiò.

La guardai di sbieco. «Anna, non è divertente. Smettila.»

«Ma lo era, mamma! Si capisce che non si piacciono. Ecco quello che è successo: c'era uno stand dove si lanciava la freccetta e, se si colpiva il bersaglio, vincevi un premio. Charlie voleva un orso. Thomas prese la freccetta, tirò e lo mancò. Riprovò ma fallì, così papà ha preso la freccetta, l'ha tirata e ha colpito il bersaglio vincendo il peluche che voleva Charlie. E lui era così felice!» Tirai un sospiro. «Papà è stato fortissimo.»

Distolsi lo sguardo, alzando gli occhi al cielo.

«È ciò che ha sempre fatto: "mettersi in mostra". È il solito.»

«Ma si addice molto a papà, non credi?»

«Per favore, Anna, non lasci mai che nessuno dica niente di male su tuo padre, giusto?»

«Sì, perché lui è il mio caro papà. Aspetta, devo mostrarti una cosa!» Si alzò, saltellando per raggiungere il mobile. Prese un foglio e tornò a sedersi. «L'ho finito. Vi ho disegnato insieme.» sottolineò porgendomelo. La guardai, sospirando. «Che ne pensi? Ti piace?»

Spostai gli occhi sul ritratto, eravamo seduti sul divano con la mano poggiata sulla mia.

Alzai il viso incontrando gli occhi speranzosi ed emozionati dell'artista. Era così brava da lasciarmi senza parole. «Che posso dire, Anna? È bellissimo.»

Sorrise e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Grazie. Lo appenderò nella nostra nuova stanza. Dovresti vederla, è magnifica!» esclamò levando gli occhi al cielo con aria sognante. «Ha un giardino carino. Belle camere. Volevi andare a fare la spesa, ci sei già andata?»

«Non ancora. Perché me lo chiedi?»

«La casa è proprio vicina. Potresti passare lì e lasciare il  disegno. Lo faresti, mamma?»

«Che stai cercando di fare, Anna?»

«Voglio che anche tu veda com'è bella la nostra nuova casa!» ribadì. Voltai la testa. «Così potresti aiutare papà con la decorazione. Lui non ne capisce.»

Tornai a guardarla di scatto.
«Ah, quindi tuo padre è lì?»

«Sì, ha detto che ci sarebbe andato.» Roteai gli occhi. «Va bene mamma, so che avete divorziato, però ci saranno dei momenti in cui dovrete condividere gli spazi per il nostro bene, e questo è uno di quelli.» Provai a chiudere gli occhi e ignorare la sua richiesta. «Vedresti la casa e lasceresti il disegno. Per favore, per favore!»

Quando si metteva in testa una cosa, nessuno le poteva dire di "no". Era inutile convincerla del contrario. Rilasciai un lunghissimo sospiro e mi grattai leggermente la fronte.

«Accidenti...» bisbigliai.

Non mi restava altra scelta.

~🦋~

Seguendo le istruzioni che mi aveva impartito, mi ritrovai dinanzi ad un cancello semi aperto e mi sporsi per spiare l'interno. Era lì Darren, accovacciato in mezzo all'aiuola, che stava annusando un limone. Mi avvicinai di qualche passo, scostando qualche ciocca dal viso e mi bloccai. Il ricciolino continuò ad annusare, ad accarezzare le foglie e quella visione mi fece pensare ad un momento...

Il profumo aveva un odore delizioso, anche se aspro.

***

Doolin, 17 anni prima

«Il profumo dei limoni è delizioso. Lo senti anche tu, Darren? Che buono...» Inspirai a pieni polmoni quell'aria.

«Tesoro.» Mi costrinse a fermarmi in quel sentiero di campagna. «Vuoi un limone? Andrò a comprartelo!» chiese con tono apprensivo. In realtà lo era da sempre, ma da quando avevamo scoperto che avremmo avuto un bambino, non aveva smesso di chiedermi con più frequenza se avessi qualche voglia in particolare da soddisfare.

«No. Ho solo detto che ha un buon odore, caro.» Gli afferrai la mano e riprendemmo il cammino. Girando lo sguardo, notai dei tavolini all'esterno e un bel cottage. «Darren, guarda che bello!» Esclamai deviando immediatamente verso quella direzione.

«Sì, meraviglioso...» Andai dritto verso la pianta di limone e mi chinai per annusare il profumo inconfondibile che sprigionava. Darren salutò le persone che erano lì, intente a mangiare. «Oh, la mia signora e il nostro piccolino volevano un limone, eh.» Mi accarezzò il pancione, mancava davvero poco al termine della gravidanza. «È bello.» concordò.

Non staccai gli occhi.

«Darren, che bella casa, no?»

«Vero.»

Ci fermammo ad ammirarla. Sembrava un sogno poter costruire una casa così... ma per mio marito, nulla era impossibile. Darren avrebbe fatto qualunque cosa per realizzare i miei desideri, anche quando non lo dicevo apertamente.

«Credi che avremo mai una casa così?»

«Certo, perché no?»

«Non abbiamo molti soldi.»

«Sognare è gratis, cara. Sogniamo, forse accadrà.»

«Allora, avremo tantissimi limoni per tutto il giardino!» Esclamai sorridendo e allargando le braccia.

«Tutti i limoni che vuoi! E se non ci sono, li pianterò. Trasformerò quel posto in un bosco di limoni!»

«Lo farai sul serio?» Giocai con il colletto della sua camicia.

«Certo, Nora del mio cuore. Farei qualunque cosa che tu mi chieda!» Mi avvolse le braccia attorno al corpo, strappandomi una risata divertita e poi si abbassò all'altezza del mio ventre per lasciarvi un dolce bacio. «Posso diventare un limone!»

Ridacchiai e mi attirò a sé per scoccarmi un bacio sulla guancia.

«Darren.»

«Sarò un limone, eh.»

Non riuscivo più a smettere di ridere a crepapelle, con le mani raccolte sul pancione.

«Avremo non solo alberi di limone, anche una bella casa, e tutte le finestre così di notte vedrai le stelle prima di addormentarti!»

Continuammo a parlare dei nostri progetti, della casa, dei limoni che avremmo piantato, allontanandoci abbracciati, di quello che avremmo fatto quando le possibilità economiche ce lo avrebbero permesso. Non potevamo immaginare cosa ci avrebbe riservato il destino.

Eravamo troppo ingenui.

***

Non avevamo mai concretizzato quel progetto, purtroppo. Mi liberai di quel macigno che stava opprimendo il petto e avanzai nella direzione dell'uomo, troppo impegnato con la piantina.

«Ciao.»

Notandomi, Darren si sollevò d'impeto e scrollò via il terreno. «Nora? Benvenuta. T-Ti offrirei una sedia, ma non ho ancora comprato nulla. Se avessi saputo che saresti venuta, io-»

«No, non serve. Avevo da fare fuori dalla villa. Anna ha insistito tanto per...»

«Ah...» Si mostrò quasi deluso.

«Per lasciare questo.»

«Capisco.»

«Stai piantando un albero di limoni?» Sviai il discorso.

«Non abbiamo avuto una pensione come speravi, ma almeno avremo una foresta di limoni.» Lo fissai, di rimando. «E se vuoi, potrei aprire anche una pensione, ma tu hai scelto il tuo amato marito Thomas. Sto cercando di realizzare a metà i nostri sogni, signora Nora.»

«L'hai piantato male.»

«Come?»

«Devi scavare ancora più a fondo, così non va bene.»

Gli diedi il disegno e lo superai per poi accovacciarmi in mezzo all'aiuola. Tolsi la pianta e poi iniziai a scavare con il rastrello per allargare la buca.

«Aspetta, aspetta, ti aiuto. Ti stai sporcando le mani.» Si accovacciò dalla parte opposta e infilò la mano nel terreno, finendo per sfiorare la mia impercettibilmente. Mi guardò profondamente negli occhi e distolsi i miei, per proseguire. «Mio figlio ed io stiamo andando più d'accordo. Sembra che non mi odi più così tanto.»

«Lo so. Anna me l'ha detto.»

«E tu quando perdonerai Darren? Sono curioso.» Mi specchiai nei suoi occhi verdi per qualche istante e, per non cadere in quella trappola come un topolino, li evitai. «Non ti ho cercato, non ti ho forzato, ma ci sono troppe domande nella mia testa. Ad esempio, perché hai dovuto scegliere Thomas? Quest'uomo ti ha tradito con un'altra donna, eppure non hai chiesto ancora il divorzio. Vorrei scoprire il perché...»

«Darren, vuoi ancora parlare dello stesso argomento, eh?»

«Ok, ok, chiudiamo l'argomento. Non ne parlerò più. Adesso la mia priorità principale è pensare ai miei figli.»

Mi venne spontaneo. «Quindi, ti sei dimenticato di me?»

«Sì, signora Nora.» affermò con una certa risolutezza e rialzai la testa di scatto, tanto da lasciarmi un po' esterrefatta. «Ti rende triste?» disse sfacciato.

Lo guardai senza ribattere.

Perché avrebbe dovuto?

La buca ormai era profonda e presi la pianta per sistemarla, ricoprendo il fosso col terreno.

«Ecco, così va meglio...»

Mi rimisi in piedi, scrollando le mani. «Grazie.» Mi imitò. «Lascio questo dentro e ti do un passaggio.»

«Non importa. Tornerò da sola.»

«Non essere testarda per una volta. Lascia che ti accompagni. Puoi entrare e vedere le stanze dei tuoi figli. Sono venute carine.»

«No, non entro. Vai tu e lascia lì il disegno. Ti aspetterò qui.»

Lo convinsi e afferrai l'annaffiatoio per dare una rinfrescata al piccolo alberello, che sicuramente con le dovute cure sarebbe cresciuto rigoglioso e pieno di frutti. Quel profumo piacevole si diffuse nell'aria fino a solleticarmi le narici. Quando uscì, avevo finito di annacquare. Lo raggiunsi sul patio esterno.

«Non mi dà fastidio camminare a piedi fino alla villa.»

«E a me non dà fastidio accompagnarti.» Si diresse alla sua vettura parcheggiata e aprì lo sportello. «E poi è il minimo che posso fare, sei venuta fin qui.» Aggiunse e, con un ulteriore sospiro, mi rassegnai a salire dentro. Fece un velocissimo giro e prese posto alla guida. Mi misi la cintura e avviò il motore.

(Thomas POV)

Mi affacciai nella stanza e la ragazzina se ne stava distesa sul proprio letto:

«Anna, tutto ok? Che stai facendo?»

Si mise dritta. «Sì, alla grande, Thomas. Stavo disegnando.»

Mi accomodai sull'altro letto. «Siamo stanchi oggi. Vado a riposarmi un po'.»

«È stato stancante, però anche divertente. Per la prima volta, in tantissimi anni, ho trascorso delle ore con il mio papà.»

Quando parlava di lui, le brillavano gli occhi. Stravedeva per quell'uomo, certamente: era suo padre. Deglutii un attimo, un groppo mi si formò in gola.

«Dov'è tua madre? Non l'ho trovata alla villa.»

«È andata da papà.»

«Dove?»

«Alla nuova casa che ha comprato.»

Nuova casa? Un momento...

Un'espressione stupita si fece strada sul mio volto. «Capisco, ok...» bisbigliai più a me stesso. La salutai, lasciandola alle sue cose, per fiondarmi di sotto e uscire. Una macchina imboccò il cancello principale mentre chiudevo la porta. Era arrivato nel momento giusto.

Darren scese e mi stagliai di fronte a lui con il chiaro intento di avere una conversazione.
Ma non sarebbe stata pacifica.

«Buon pomeriggio!» Non scomposi l'espressione imperturbabile. Mi doveva delle spiegazioni. «Cosa c'è?»

«Mi hai anticipato, stavo per chiederti la stessa cosa.»

Accennò un mezzo sorriso. «Lasciami in pace.»

Se ne stava andando, ma gli agguantai saldamente il braccio.

Dove credeva di scappare...

«Senti, non interferirò nel rapporto tra te e i tuoi figli, però stai lontano da Nora. Lei è mia moglie.» sottolineai.

I nostri occhi si scontrarono, erano allo stesso livello e non avevo paura di lui.

«Chi ti credi di essere? Sei spaventato, Thomas? Temi che Nora mi ami ancora? Rispondi.»

«Darren, questi giochetti non funzionano, ma sarò chiaro con te, così capisci. Hai comprato una casa per i tuoi figli, ottimo, ma se pensi che Nora farà parte di questa tua nuova vita, ti sbagli. Le cose tra di voi sono finite molto tempo fa.»

«Certo, capisco.» Alzò brevemente gli occhi. «Hai scoperto che Nora è venuta a trovarmi nella nuova casa, vero?» Annui a malapena, ingoiando un'altra volta. «Abbiamo piantato insieme un albero di limoni. E tu sai... Oh no, certo che non sai.» Cantilenò. «Nora ama gli alberi di limone. È da tutta la vita che sogna una foresta di limoni.»

Chiusi gli occhi, per non perdere la pazienza. «Darren, non te lo ripeterò.»

«No, lo dirai molto altre volte, perché è solo l'inizio.»

Aggrottai la fronte e, dopo avermi lanciato un'occhiata poco amichevole e quell'avvertimento, accelerò il passo sul sentiero. «Non è finita, Darren!» gli urlai da dietro, puntando l'indice.

«Sì, Thomas, non è finita!» Concordò con lo stesso tono, gesticolando con la mano, raggiungendo in poco tempo la porta della villa chiudendola.

(Helen POV)

«Ah, chi mi starà chiamando adesso? Questo cellulare non smette mai di squillare!»

Entrai in camera da letto prendendolo e gettai una breve occhiata allo schermo. Era un numero privato. «Pronto?»

«Pronto, signora Helen. Sono Andy. Dobbiamo parlare urgentemente.»

Parlare? Io e quest'uomo? Colui che aveva manipolato mia nipote per denaro, sposandola in segreto e fingendo un sentimento, che in realtà, non provava?

«Di cosa dovrei parlare con te?»

«Riguarda suo marito, signora Helen.» Sgranai gli occhi. «Sa che proveniamo dallo stesso paese. Non è una cosa risaputa, però conosco Darren Davies da molto più tempo di lei. C'è qualcosa che dovrebbe sapere sul suo passato. Venga nel luogo che le sto per mandare e lo capirà.»

Tolsi il cellulare dall'orecchio e poco dopo mi arrivò una notifica.

«Di che parla? Conosceva davvero Darren?» mi chiesi fra me e me, puntando lo sguardo nel vuoto, persa fra i miei pensieri contorti. Tutta quella storia mi stava incuriosendo, così aprii il messaggio e controllai la posizione su Google Maps. Non era distante dalla villa. Nonostante di quell'uomo non nutrissi fiducia, raggiunsi quel luogo in poco tempo e mi accolse con un gran sorriso sulle labbra.

«Benvenuta, signora Helen!»

Scesi in fretta della macchina. «Zitto. Non volevo venire.» tagliai corto, ponendomi di fronte al ragazzo. «Mio marito non mi nasconde niente. Cosa vuoi da noi?» lo incalzai, irritata.

«Signora Helen, mi dispiace per lei, sa?» Sollevai le sopracciglia, emettendo un risolino. «Non si fidi così tanto di suo marito.»

Scrollai le spalle. «Cosa? Chi ti credi di essere per rivolgerti a me, in questo modo?»

«Lo conosco dai tempi dell'infanzia, l'ho visto crescere. Era un ragazzo affascinante, devo ammettere e tutti lo idolatravano in paese. Naturalmente ha sposato la ragazza più bella del quartiere.»

«Cosa?»

«Proprio così. Darren era sposato e ha due figli. Poi, dal nulla, lasciò sua moglie e scappò da Doolin. Non l'abbiamo più visto.» Non riuscii a spiccicare parola, solo guardarlo intontita. «Quando ha lasciato sua moglie, suo figlio era appena nato.»

No, quella storia aveva dell'incredibile, sembrava un film. Scossi la testa, lo negai a me stessa con tutte le forze. Darren non poteva avermi nascosto tutto quanto, per così tanti anni.

Non poteva avermi mentito.

«Stai mentendo.»

Dissentì, schioccando la lingua. «Non è una bugia. Conosce molto bene anche sua moglie, anzi l'ex moglie. Buffo?» Quasi persi l'equilibrio. «Si dice che il mondo è piccolo, ma non ci ho mai creduto, fino ad allora.»

«C-Chi è?» balbettai, la voce mi fuoriuscì a stento dalle labbra.

Si mordicchiò il labbro inferiore e mi guardò come un rapace, pronto ad accanirsi sulla preda indifesa.

«Nora.» L'osservai, incredula e sconvolta, il terreno mi mancò sotto i piedi. «Quella che considera una dolce e amorevole cognata, è in realtà l'ex moglie del suo amato Darren. Vuole che glielo dimostri? Ho le prove. Guardi, questa è la casa che Darren ha comprato per vivere insieme a loro. La porta è aperta, controlli pure.»

Lo sguardo si spostò sull'abitazione. Scrutai ogni singolo dettaglio, più confusa, non riuscendo a capacitarmi di come fosse possibile. Era senz'altro uno scherzo di cattivo gusto, quell'uomo era capace delle peggiori cattiverie pur di minare la fiducia che avevo in mio marito. M'incamminai, scorgendo una piantina di limoni e poi verso la casa. Il mio corpo iniziò a muoversi, come se fossi incapace di controllarlo, e mi diressi all'ingresso.

"Come poteva averlo fatto..."

Un respiro dopo l'altro e continuai ad arrancare verso quell'imponente porta.
Salii i tre scalini e sostai un momento alla soglia, aggrappandomi con le mani allo stipite. Cercai di farmi forza e mi spinsi ad entrare: gli ambienti erano vuoti, ma quando vidi la scritta sulla porta a destra che citava la frase:

"al mio caro figlio Charlie"

Ebbi un forte capogiro.

Proseguii lentamente e incrociai un'altra porta, chiusa anch'essa, mentre una lacrima mi cadeva sulla guancia.

"Al mio caro figlio Kevin".

Un altro colpo sleale, e girandomi, proseguii sulle scatole dove sicuramente ci sarebbe stata un'altra.

Mi ritrovai a fissare la stessa scritta uguale alle altre, ma stavolta, vi entrai. Mi guardai attorno, c'erano degli schizzi sui muri e mi bloccai al centro di vessa. Ormai, priva di forze, le ginocchia mi cedettero e crollai al suolo, con faccia devastata.

Per anni, la mia vita era stata un'abominevole menzogna.
La persona di cui mi ero fidata sin dal primo istante, con cui avevo costruito un futuro luminoso e avuto un bambino... mi aveva pugnalato alle spalle, mentito, raggirato. Guardando in basso, mi accorsi di un foglio e lo raccolsi. Aprendolo, scrutai attonita il contenuto: era seduto sul divano, in compagnia di... quella donna, le teneva la mano e mi assalì il bisogno di piangere. Iniziai a singhiozzare forte.

Più in basso una dedica:

"Al mio caro papà, Anna..."

Il cuore perse più di un battito, si sbriciolò, mi sentii risucchiare in una voragine di dolore.

Era vero.

Mi aveva ingannato.

E gli avevo sempre creduto.

L'avevo amato più di me stessa, più di quanto amassi il mio stesso figlio, avrei dato la vita!

E lui... aveva comprato una casa per un'altra donna!

Quella fu l'ultima goccia che fece traboccare un vaso già pieno...

“Continuing”

Helen ha finalmente scoperto tutta la verità o quasi... sulla relazione tra Nora e Darren...

Finalmente ogni nodo è venuto al pettine, mentre la guerra tra Thomas e Darren rischia di destabilizzare la stabilità di tutta la famiglia Miller.

MA io sono innamorata di Nora e Darren, per me, nonostante gli errori compiuti, restano la coppia più bella di questa storia.

Ci avventuriamo nella fase più tosta, dove tutti dovranno fare i conti con una verità amara... Cadrà qualche maschera, nel frattempo?

Possiamo scoprirlo solo nei prossimi capitoli e intanto sviluppate anche le vostre teorie in merito a tutti i personaggi!

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