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10.2 - Le persone si fidano di chi amano. 🦋

~🦋~

«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»

LE PERSONE SI FIDANO
DI CHI AMANO
(seconda parte)

(Anna POV)

Ero in procinto di andare a letto per terminare quella giornata estenuante e gettai un'occhiata a mio fratello che invece era già confinato nel mondo dei sogni.
Dopo aver trascorso l'intera giornata a costruire l'aquilone con Thomas, era letteralmente crollato. Povero piccolino.

«Guarda, si è scoperto di nuovo...» Lo coprii per bene con il lenzuolo, dandogli un bacio leggero sulla fronte e finalmente fu il mio turno di mettermi a letto. Però appena tolsi la coperta, vi trovai una scatola a forma di parallelepipedo con un fiocco rosa. Non avevo idea di cosa contenesse né di chi l'avesse nascosta qui sotto, così incuriosita mi misi seduta per aprire quel misterioso regalo. Quel sorriso sparì dalle mie labbra quando notai un carillon bianco e rosa, somigliava alla giostra su cui amavo salire da bambina. L'ultimo giro che feci sulla giostra fu nel periodo natalizio, qualche mese prima della sua "partenza" e, nonostante tutto, conservavo un bellissimo ricordo. Tirai fuori l'oggetto e caricai la molla facendo partire il motivetto. I cavalli iniziarono a ruotare e nel mio cervello si presentarono quelle immagini vivide...

«Papà, è così divertente!» urlai con un gigante sorriso.

«Oh, piccola...» Mi prese la manina staccandola dall'asta di ferro a cui ero aggrappata per baciarmi il dorso e poi fece la stessa cosa con la guancia. Mi rivolse uno di quei sorrisi splendidi, con gli occhi che sprizzano gioia.

Il ricordo sfumò via nell'istante in cui la base musicale si arrestò. Notai che sul fondo c'era anche un biglietto e lo lessi.

"Le figlie possono abbandonare i loro padri, ma i padri non abbandoneranno mai le figlie."

Quella dedica era l'ennesima presa in giro, un modo per ripulirsi la coscienza di aver fatto quello sbaglio tempo fa? O cosa?
La rabbia si insinuò dentro di me e accartocciai tra le dita quell'inutile pezzo di carta, riponendo anche l'oggetto nella scatola. Dopodiché lanciai il foglio appallottolato dentro il cassetto e scattai verso l'armadio per nascondere la scatola tra i vestiti. Poi mi fiondai a letto, anche se non ero sicura che dopo quella sferzata di dolore sarei riuscita a prendere sonno come avrei voluto. Appoggiai testa sul cuscino, voltandomi su un fianco, e mi coprii la bocca per soffocare i singhiozzi. Passai la notte a ingoiare le lacrime e a crogiolarmi nella disperazione in assoluto silenzio, fino a che non mi addormentai.

~🦋~

La mattina successiva alla villa arrivò un ospite, si trattava di una donna, amica di Helen, che vantava di essere un ottimo avvocato e di aver vinto cause da molti ritenute impossibili.

«Sarah, è stato grandioso ciò che hai fatto! Complimenti, hai vinto molte cause e fatto scalpore in città! Cioè... Il tuo nome prima era già così noto a tutti, adesso ti sentirai sopraffatta dalla gioia!»

La diretta interessata guardò Helen che subito aggiunse. «Sì, Dorothy, Sarah è molto felice dei risultati che ha raggiunto.»

«Non è così?»

«Non sono riuscita a seguire bene la vicenda, ma suppongo sia stato importante. Congratulazioni.» Concordò mia madre, costretta a dover prendere parte alla chiacchierata.

«Sì. La mia cliente ha accoltellato l'uomo che l'ha violentata.» Il mio sguardo si rabbuiò ascoltando quella storia, la stessa che avevo vissuto anch'io. «Poiché il coltello apparteneva all'aggressore, abbiamo dimostrato che l'ha fatto per legittima difesa. Per fortuna è stata rilasciata.»

«Non è finita in prigione?» Domandai di punto in bianco.

«No, cara. Non è andata in prigione.»

Abbassai lo sguardo. «La persona è morta?»

«No. È stato ricoverato in terapia intensiva. Naturalmente, durante questo periodo è stata dietro alle sbarre in attesa del processo. Però dato che non c'erano delle prove sufficienti a incriminarla, è stata scagionata.»

«E se avesse finito per ucciderlo, sarebbe rimasta in prigione?»

«Allora la faccenda sarebbe stata più complessa. E sfortunatamente sì, l'ordine di arresto si sarebbe protratto.»

«L'età del colpevole è importante?»

Il mio interrogatorio stava diventando più serrato di prima e l'avvocato alzò gli occhi al cielo per riflettere sulla risposta da dare.

«Beh-»

«Sei un'assassina?» si intromise la donna antipatica, che non aveva fatto altro che nutrire sospetti da quando aveva trovato il coltello nella spazzatura. Poi scoppiò a ridere. «Non lo so!»

«Dorothy, non puoi dire certe cose ad una ragazzina!» la rimproverò bonariamente Helen.

«Fa' tante domande, come se avesse ammazzato qualcuno!»

Distolsi lo sguardo, incrociando le braccia al petto, innervosita dal suo intervento.

Pensò la mamma a spiegare. «Anche lei vuole studiare legge, perciò è così interessata, Sarah.»

La donna sorrise. «Sul serio? Ma hai posto domande molto logiche e intelligenti. Sono sicura che un giorno diventerai un brillante avvocato.»

«Lei? Un avvocato?» domandò di rimando Dorothy, addentando un biscotto.

L'avvocato si girò brevemente nella sua direzione. «Perchè no? Quale università vorresti frequentare, cara? Hai già qualche idea in merito?»

Scossi la testa. «Non lo so. Non l'ho ancora pensato.»

«Ti consiglio l'università di Oxford. Saresti la benvenuta lì, se volessi iscriverti.»

«La ringrazio.» sussurrai. Fissai mia madre, che aveva appoggiato la mano sulla coscia, mentre provava a carpire il mio stato d'animo. Avvicinai le dita alle sue e finii per stringerle.

Farlo mi faceva sentire meglio, mi dava il coraggio di andare avanti, anche se era dura. Come avrei voluto che smettessimo di nasconderci, poter tornare alle nostre vite, prima di questo incubo, quando vivevamo nella nostra piccola casa in paese tranquilli. Adesso era sempre un continuo vivere nel terrore. Facevo fatica a rilassarmi, ero sempre sul chi va là, con la paura che la mamma finisse in prigione.

Ero io la colpevole e se ci fosse stato un modo per trarre tutti in salvo avrei scelto di utilizzarlo per il bene di mia madre e di mio fratello. Non potevano vivere nella paura o essere dei fuggitivi, non potevo permettere che attraversassero quell'inferno insieme a me.

~🦋~

Dopo un po', arrivò il momento di uscire e la mamma raccomandò a Charlie di non far arrabbiare la zia Dayane.
A quel punto, mio fratello scappò via. Gli altri stavano aspettando accanto alle vetture e li superammo senza soffermarci troppo sui loro commenti.

Salimmo in auto e Thomas mise in moto. Durante il tragitto, ne approfittai esponendo la tesi su cui stavo rimuginando da un po'.

«Questa donna è un ottimo avvocato. Forse se le dicessimo la verità, potrebbe aiutarci. Non lo pensi anche tu, Thomas?» interpellai il moro che mi guardò dallo specchietto per pochi secondi, essendo concentrato alla guida. «In fondo ha salvato una donna. È riuscito a dimostrare che ha compiuto quel gesto per proteggersi.»

«Anna, per favore, togliti questo pensiero dalla testa. Siamo scappati, tesoro. Visto che siamo scappati, non saremo in grado di provare la nostra innocenza.»

«Non è colpa tua, mamma! Non sei stata tu. Sono stata io, ho ammazzato quella feccia!»

«Anna... Anna, calmati, calmati. Le ho detto la stessa cosa anch'io quando me l'ha detto, che sarebbe stato meglio andare alla polizia e raccontare la verità.»

«Come potremmo farlo, Thomas? La mamma confesserebbe che è stata lei a uccidere Henry e verrebbe messa in prigione!»

«Be', ti capisco... Ma esiste una cosa chiamata "legittima difesa" lo ha anche detto l'avvocato. Non può essere tutto perduto.»

Negai, scuotendo la testa con lo sguardo inchiodato in basso.

«Se l'uomo è morto... ci sarà una pena, Thomas, l'ha detto anche la signora Sarah.» ribadì mia madre.

Sbuffò. «Non è possibile, davvero non è possibile. Stiamo cercando di trovare una soluzione tirando ad indovinare da ciò che sentiamo. Non siamo avvocati. Anna ha ragione, Nora. Dovremmo consultare un avvocato.»

«Thomas, ti prego.» La mamma lo fissò. «Mi sono fidata di te, sei l'unica persona a cui l'ho detto. Non deve saperlo nessun altro, per favore.» Thomas non obbiettò. «Anna, siamo scappati. Non ci siamo consegnati di nostra volontà, chi ci crederebbe? Se non mi prenderò la colpa, non ti lascerò parlare con nessun avvocato.»

«No, mamma! Non ti prenderai la colpa! Non lo farai, capito? Non getterai al vento la tua vita per colpa mia!» gridai per poi lasciarmi ricadere contro lo schienale a braccia incrociate al petto e il broncio evidente sulle labbra.

La mamma esalò un sospiro. «Thomas... non dirlo a nessuno, ti prego. Deve rimanere un segreto.»

«Va bene, non preoccuparti.» Serrai le palpebre lasciando scendere una lacrima. «Dai, non essere arrabbiata. Quando ti vedo triste, è come se il mondo mi crollasse addosso.» Mi asciugai il volto e il moro decise di risollevarci il morale, accendendo lo stereo.
Una musica terribile però inondò l'abitacolo e sussultò, commentando "i pessimi gusti musicali del fratello" per poi spegnere. Improvvisamente qualcosa apparso all'orizzonte destò l'attenzione di tutti.

«Thomas...» si limitò a proferire la mamma, guardando avanti.

«Da dove sono spuntati?»

Il cuore iniziò a scalpitare nel petto e mi tirai su d'impeto aggrappandomi ai due sedili, appena notai una serie di vedette della polizia parcheggiate al lato della carreggiata. Uno dei poliziotti ci indicò di accostare, sventolando la paletta rossa.

«Shh, calma, calma. Non facciamoci prendere dal panico. Me ne occupo io, va bene?»

Tornai seduta a rallentatore, cercando di non esternare il mio sgomento mentre il moro accostava - come gli era stato ordinato. La mamma senza muovere un muscolo facciale mi ricordò di non aver paura.
Ma ne avevo così tanta da non riuscire a spiccicare una sillaba.
Feci di sì con la testa, asciugando la faccia per l'ennesima volta e tirò su con il naso. Thomas, nel frattempo, abbassò il finestrino per salutare l'agente.

«Posso avere i suoi documenti?»

«Certo.» Thomas rivolse un'occhiata sfuggevole alla mamma e tirò fuori dalla tasca i suoi, porgendoli all'agente.

«Posso controllare anche il suo?» chiese riferendosi alla mamma, che alzò a malapena la testa.

Thomas la guardò per una manciata di secondi per poi rivolgere all'agente un sorriso. «Sono mia moglie e mia figlia.»

«Capisco, ma devo controllare tutto prima di farvi passare.»

«Bene...» Sussurrò il giovane e guardò mia madre, intenta ad aprire la borsa con estrema lentezza, quasi a voler rinviare il più possibile quel momento.

«Siete imparentati con Matthew Miller?» Domandò.

«Lui è mio padre.» rispose Thomas in tutta franchezza.

«Ah, davvero? Mio cugino ha lavorato per molto tempo per la Miller Holding. Il figlio era molto malato, aveva bisogno di cure, e grazie al signor Matthew ha coperto tutti i costi necessari. Lo ricordiamo con molta gratitudine.»

«Ah... bene...»

«Okay, allora non serve altro. Tenga il documento e mi saluti tanto suo padre.» Ci liquidò in un attimo con un sorriso e si allontanò per tornare agli altri controlli della giornata.

Thomas era incredulo alla notizia che la raccomandazione dei Miller funzionasse.

«Possiamo ringraziare mio padre.» Il terrore non sarebbe svanito facilmente e mi ritrovai a trattenere le lacrime, pronte a straripare. «Il cognome Miller ci è tornato utile per la prima volta. Su, riprendetevi, è tutto finito, ok? La polizia non ci ha scoperti e non c'è alcun problema.»

E invece il nostro problema non era svanito. C'era sempre il rischio che venissimo catturati e che la mamma finisse in prigione. Quella tensione che ci attanagliava rischiava di succhiarci via ogni forza.
Non sapevo per quanto saremmo andati avanti senza crollare.

«Se un giorno questo accadrà, cioè se ci salveremo, allora diventerò un avvocato.» Alla mia affermazione a bruciapelo, si voltarono entrambi e piegai la testa. «Nessuno merita di soffrire in questo modo, nessuno dovrebbe marcire in quest'inferno.»

Era orribile... era devastante e mentre ruotavo la testa altrove, mi sfuggì un'altra lacrima. Thomas intanto ripartì, mettendosi in carreggiata per raggiungere l'hotel.

Arrivati lì, ci fermammo all'inizio della sala, osservando la quantità di partecipanti, che godevano del buffet di apertura, prima che iniziasse la cerimonia.

«Allora, signore sorridiamo... Nessuno qui ci conosce e la polizia non verrà. Pensiamo a divertirci, va bene?» disse Thomas, invitandoci ad avanzare mentre era dietro le nostre spalle. La mamma mi toccò il braccio, ma non avevo preso mai parte ad eventi mondani, quindi temevo il confronto.

Sfilammo vicino alla signora Nadine che si stava intrattenendo a parlare con un'altra donna e prendemmo posto accanto ad un tavolo.

Il signor Matthew non era riuscito ad essere presente di persona sul palco, però l'aveva fatto con una videochiamata.

«Questo ente di beneficenza che siamo stati in grado di creare grazie a voi ragazzi è probabilmente una delle cose migliori che abbiamo mai fatto nella nostra vita. Ci ho sempre creduto, da quando ero al comando...» dichiarò. «A proposito, mio figlio, Thomas Miller, è tornato dalla sua famiglia dopo molti anni di lontananza e ora ha iniziato a lavorare con noi. Pertanto, ora siamo ancora più forti.» Voltai la testa verso il giovane che era visibilmente imbarazzato. «Naturalmente, non siete di certo venuti fin qui per ascoltare i discorsi di un povero vecchio. Bisogna dare spazio ai giovani! Per questo motivo, vorrei invitare mio figlio su questo palco.» L'uomo gli fece cenno di farsi avanti. La gente applaudì e il signor Matthew terminò, scusandosi di non aver potuto prendere parte di persona per altri impegni e lasciò infine la parola al moro, chiudendo il collegamento. Thomas aveva già preso il posto dietro quel leggio ed era visibilmente emozionato.

«Buon pomeriggio a tutti.» Esordì. «Vorrei iniziare dicendo che le ragazze hanno il potere di cambiare tutto. Soprattutto i suoi genitori. Sono anche padre e grazie a mia figlia Anna ogni giorno cerco di essere il padre che merita. In tua presenza, vorrei ringraziarti! Grazie.» Non riuscii a trattenere il sorriso mentre partiva un altro applauso. La mamma mi accarezzò la schiena e sorrise. Sentivo di essere felice, forse per la prima volta nella mia vita, di aver ricevuto un padre come lui, così buono e generoso. Thomas dopo qualche minuto si schiarì la voce. «Vorrei aprire una biblioteca per una scuola bisognosa e darle il nome di mia figlia. E così forse sarà d'ispirazione per altri genitori. Grazie per il tempo che mi avete dedicato e buona serata.» concluse. Scese dal palco e si avviò verso di noi.

Quando lo ebbi di fronte, mi buttai fra le sue braccia e lo abbracciai, pensando alle cose belle che aveva detto negli ultimi giorni e mi sentii appagata.
Era davvero quello che mi serviva, essere importante per qualcuno, essere una priorità e non la seconda scelta.
La vita mi aveva dato una seconda possibilità, mi aveva fatto conoscere una persona, un padre splendido - molto più di quanto facesse quello vero - e finora non avevo colto questi segnali.

Ci staccammo e tenendolo per mano lo accompagnai dalla mamma. Quest'ultima mi strofinò il braccio mentre asciugavo gli occhi che per l'emozione erano diventati lucidi.
Alla mamma squillò il cellulare, lo prese dalla pochette e si scusò allontanandosi. Mi lasciò con il moro, ma poco dopo ci raggiunse anche la sorella per congratularsi per il discorso meraviglioso.





(Nora POV)

«Charlie, non mangiare il gelato. Per favore, ascolta zia Dayane e non fare i capricci.» Replicò che lo voleva e mi fece roteare gli occhi. «Va bene, tesoro, va bene. Puoi avere il cioccolato, ok? Ma non troppo, altrimenti ti viene il mal di pancia.» Disse che mi voleva tanto bene e ricambiai. «Anch'io.»

Staccai la telefonata per tornare in sala, quando di fronte a me si parò Darren con un'espressione adirata e il braccio a mezz'aria. «Cos'è successo ora, Nora? Eh? Questo Thomas sta cercando di impressionare mia figlia con questi mezzucci patetici e tu glielo permetti. Ottimo lavoro!»

«Di cosa stai parlando, Darren? Cosa stai farneticando? Thomas fa di tutto affinché Anna non si disperi. Ci sta provando.» Darren ruotò il collo con un patetico sorrisino. «Grazie a lui, mia figlia sorride un po'. Cosa dovrei fare? Dimmi? Di non farlo? Di non rendere felice Anna? Cosa devo dirgli?»

Tentai di superarlo, ma mi sbarrò la strada. «Digli che ha già un padre, d'accordo? Di avere rispetto nei miei confronti. Non farlo agire come se fosse il vero padre di Anna, perché non lo è!»

«Si rispettano i padri defunti, Darren, non quelli che hanno abbandonato i propri figli con patetiche scuse nel momento in cui ne avevano bisogno. A causa tua, Anna ha il cuore spezzato. E Thomas cerca di guarire quelle ferite.» Si inumidì le labbra. «Ma siccome sei egoista, anche in una situazione del genere, pensi solo a te stesso, bravo!»

Disgustata, cercai di andarmene, ma continuò a starmi in mezzo ai piedi. «Perchè non mi lasci provare, Nora.» Mi arrestai. «Non riesco nemmeno ad avvicinarmi a mia figlia. Perché non mi dai questa possibilità, Nora?»

«Perchè hai sprecato questa possibilità!» Affermai stringendo i denti e alzandogli l'indice davanti alla faccia. «Sto impazzendo, Darren. Giuro che mi farai uscire di testa! Se non fossimo venuti alla villa, non ti saresti mai preoccupato per quei ragazzi. Come puoi dirmelo ogni volta che una cosa non ti sta bene?! Sei solo un egoista!» esclamai perdendo di colpo tutta la calma che mi ero imposta, ma con lui andava a farsi benedire tutte le volte e mi allontanai con veloci falcate. Non mi andava di discutere di cose che ormai non gli riguardavano più.

~🦋~

Tornata alla villa, arrivai in cucina e sorrisi alla vista di mio figlio che beveva il succo di frutta seduto alla penisola.
Appena mi notò, balzò giù dallo sgabello e corse ad abbracciarmi. Ero stata lontana per qualche ora, eppure tutte le volte era un'eternità. Il mio bambino mi mancava come l'aria. «Mammina!» Urlò.

«Oh, amore mio...» Lo strinsi a mia volta e gli diedi un bacino sulla testa.

«Mamma, dov'è papà?»

«Aveva un affare con il signor Matthew, sarà qui molto presto.»

«E l'aquilone?» domandò con faccino dispiaciuto.

Alzai gli occhi incrociando quelli di mia cognata, che stava sorridendo e poi rivolsi lo sguardo a Charlie. «Ha detto che sarebbe arrivato tardi.»

«Non ha fatto altro che parlare dell'aquilone tutta la giornata.» spiegò Dayane intromettendosi nella conversazione per poi portarsi la mano al naso.

«Zia Dayane, ti ho fatto stare male? Perché piangi?»

«Come potresti farmi male, Charlie?»

Mi misi seduta sullo sgabello dalla parte opposta mentre Alan si alzò per avvicinarsi alla moglie, appoggiandole la mano sul braccio. «Cara, i tuoi occhi pieni di lacrime hanno impressionato il bambino.» Poi si rivolse a mio figlio che si era seduto. «Brandon è andato via, per questo la zia è triste. Non è colpa tua.»

«Non lo so... È solo che sarà strano non vederlo più a cena con noi. Non ci sono abituata.»

Annuii. «È normale, ci vuole tempo per abituarsi.»

«Tesoro, non è chissà quanto lontano da qui. Possiamo andare a trovarlo ogni volta che vorrai, ma non piangere così o il ragazzo si rattristerà.»

«Mi chiedo se almeno gli manchiamo, se sta bene.» Accennai un sorriso quando la donna si voltò a guardarmi.

«È un ragazzo. Si starà concentrando sugli studi e si sarà fatto dei nuovi amici.»

Dayane si girò verso il marito. «Stai insinuando che mio figlio si sarà dimenticato di me, Alan?»

«No, non ti ha dimenticato.» Il discorso venne interrotto da Charlie. «I bambini non dimenticano i loro genitori, anche se vanno in paradiso. Non ho dimenticato mio padre.» Quell'affermazione mi fece spostare lo sguardo sulla riccia che stava aggrottando la fronte. Mi portai le mani sulle labbra cercando di non far trapelare il nervosismo. L'ansia stava inesorabilmente prendendo il sopravvento e dovevo mantenere i nervi saldi per non crollare.

La donna si fece più vicina.
«Di che parli, piccolo? I tuoi genitori sono vivi.»
Charlie continuò ad apparire triste e mi mordicchiai l'interno della guancia, la bugia sarebbe crollata come un castello di carte, quando se ne spostava una. Perdeva il suo equilibrio e non si poteva più restare in piedi.

«Charlie, l'hai sentito in TV da qualche parte?» domandò Alan mettendogli la mano sulla spalla. «Tuo padre Thomas è vivo, vero?» Charlie annuì, continuando a fissarlo. «Tutto il giorno accanto a mia madre, chissà che programmi gli avrà fatto guardare quella benedetta donna!» disse alla moglie.

«Bisogna dirglielo. Per un attimo, mi è salito il panico per quello che stava dicendo.» Dopodiché si piegò in avanti. «Tesoro, la mamma e il papà sono vivi e stanno benissimo!» Charlie mi guardò un momento. «Dimentica quello che hai sentito dal programma. Sono sciocchezze!»

Negai con il capo più volte, non sapendo esattamente cosa dire e Charlie si scusò.

«Dayane, chiamiamo Brandon. Mi manca.» propose il marito.

«Andiamo, però facciamo la videochiamata. Vorrei vedere la sua faccia.»

Finalmente la coppia abbandonò la cucina ed ebbi modo di parlargli. Ero stata con il cuore nella gola per tutto il tempo, con la paura di venire smascherata.

«Tesoro, stai attento. L'hanno quasi capito.»

«Mamma, sono sempre stato attento. Stavo recitando bene.» Passai dall'altra parte della penisola e gli presi il viso paffuto tra le mani. «Ma mi è scappato per sbaglio.»

«Lo so, lo so, piccolo.» Lo baciai sulla fronte e mi misi seduta sullo sgabello di fianco al suo.

«Mamma, la polizia ci sta ancora cercando?»

Presi un bel respiro. «Sì, ci stanno cercando.»

«Pensavo che si fossero dimenticati di noi e non ci stessero cercando più.»

«Non preoccuparti, siamo al sicuro con Thomas, ok?» Appoggiai la mano sulla sua spalla, ottenendo un flebile cenno d'assenso, e mi alzai per abbracciarlo. Purtroppo quella situazione stava diventando man mano pesante anche per un bambino di quell'età, i giorni passavano e temevo che scoprissero tutto.







(Thomas POV)

«Vorrei prescriverle prima una terapia farmacologica intelligente.» dichiarò con massima professionalità il medico, da cui avevo fissato un appuntamento. Finalmente mio padre aveva deciso di farsi visitare e consigliare. Non poteva permettere che la malattia trionfasse. «In questo modo eviteremo che il tumore si diffonda. Quando le dimensioni del tumore si saranno ridotte, allora dovrà sottoporsi ad un intervento chirurgico. E proseguiremo con la terapia radiologiolica.»

L'uomo mi gettò una fugace occhiata per poi unire i polpastrelli. «D'ora in poi farò quello che dice mio figlio, non si preoccupi. Accetto di fare il trattamento, dottore.»

Ciondolai con la testa, approvando la sua scelta.

«Perfetto. Faremo tutto ciò che è in nostro potere. Sarebbe grandioso se si impegnasse a contribuire anche lei. Continui con la cura che le ho dato e mantenga il buon umore.»

«Non si preoccupi, lo terrò d'occhio io.»

«In questo periodo, è molto importante essere forti e determinati. Deve stare lontano dallo stress, dal lavoro extra. Seguire attentamente la dieta. Stilerò un posto in programma.»

«Va bene. Farò tutto il possibile.»

Annuii. «Hai sentito, vero? Stai migliorando e vincerai questa malattia con le tue forze.»

«Grazie mille, figliolo. Lo prometto. Farò del mio meglio.»

Sorrisi. «Lo spero.»

«Grazie...» tagliò corto per poi guardare il vuoto con gli occhi spinti, di chi aveva bisogno di crederci.





(Anna POV)

I discorsi di quelle tre non mi attiravano, anche se mi rimbombavano nelle orecchie. Dorothy si era appena definitiva una principessa, facendo il paragone con "la regina Diana". Parlarono di altri argomenti, mettendo in mezzo Thomas che era stato plateale con il parlare della biblioteca che voleva fondare o del fatto che fossi sua figlia davanti a tutta quella gente. Ero impegnata a calcare il bordo con la matita, quando la bionda esclamò. «Darren!» Sollevai gli occhi dal disegno e lo vidi scendere le scale con le braccia occupate dai regali. «Che cosa sono?»

«Ho comprato un po' di regali per i bambini.» Lo guardai indifferente mentre metteva piede sull'ultimo scalino e appoggiava quei pacchi su un mobile a caso. Mio fratello e Kevin non persero tempo ad avvicinarsi.

«Che bello questo babbo natale moderno! Oh-oh-oh!» Dorothy si mise ad imitarlo, scrollando le spalle.

«Esattamente. Non ti causa qualche problema, no?» la prese in contropiede l'altro.

«No, perché dovrebbe?»

«Bene. Apriteli, coraggio.» li incalzò scartarli sul tavolino da caffè grande abbastanza per esserne sommerso. Immaginavo che si stesse riferendo alla sottoscritta, ma non ne avevo nessuna voglia e continuai a dare sfogo alla mia arte astratta.

«Anna, vieni anche tu!» mi richiamò la moglie.

Vedendo che aveva catturato l'attenzione di un po' di persone, fui costretta ad assecondarli.
Mi alzai innervosita e incrociai le braccia e non gli rivolsi neppure uno sguardo. Né lui né i suoi regali mi interessavano e rimasi lì a vedere mio fratello tirare fuori una macchinina telecomandata.

«Zio Darren, questa è mia?»

«Già.»

Aveva svaligiato un negozio, ma non mi importava. Le cose più importanti come partecipare ad una semplice festicciola di compleanno erano l'ultima priorità nella sua lista e tornai ad assumere una posa rigida.
La moglie scherzò, definendolo una persona dolce, io invece avevo un termine molto più consono: ipocrita.

Tornò a rivolgermi uno sguardo, ma lo ignorai bellamente.

«Ma Charlie è il più felice di tutti. Papà non ti compra i giocattoli, Charlie?» Quella donna dalla lingua biforcuta doveva sempre parlare quando nessuno le aveva chiesto niente.

«Me li compra.»

La guardai in malo modo, ma non se ne accorse.

«Dorothy, smettila di infastidire il bambino, ok?» la rimproverò il cognato accarezzando la testa di mio fratello.

«Non ho detto niente di male.» dichiarò sfacciata.

La mamma fu di ritorno dalla cucina con il piatto di frutta promesso ai bambini e mi voltai.

«Nora, guarda, Darren ha comprato un po' di giocattoli ai bambini! Sono impazziti di felicità!»

La mamma posò il piatto sul ripiano. «Non era necessario.»

«Lo penso anch'io. Non c'era alcun bisogno.» concordò Nadine.

«Mamma, ha voluto farlo, ha pensato ai bambini. Perché parli in questo modo?» domandò la figlia, ignara della situazione.

Nel frattempo assottigliai le labbra osservando la scena in religioso silenzio e, a un certo punto, si avvicinò e lo squadrai, soffermandomi sulle buste che mi stava porgendo con un sorriso sulle labbra. «Anna, sono per te.»

«Non era necessario, signor Darren. Non doveva disturbarsi.»

«Volevo farlo.»

«Papà, hai comprato altri regali a mia sorella Anna?» domandò Kevin e abbassai lo sguardo.

«Oh, giusto...» Lo guardai a mia volta con gli occhi lucidi. «Non me ne ero proprio accorto.»

«Come non te ne sei accorto? Sono tre pacchi pieni di regali.» puntualizzò la signora di casa.

«Mamma! Perché sei così arrabbiata con Darren?» chiese un'altra volta la figlia.

«Grazie per il pensiero, ma non c'era alcun bisogno.»

«Non è nulla. Volevo solo farlo.»

«Vado in camera, mamma.» tagliai corto voltando le spalle a quell'uomo e non restare in balia degli sguardi da amorevole genitore che mi lanciava, risalendo velocemente le scale.

Una volta lì, scartai tutti i regali, sparpagliandoli sul letto e li osservai: c'erano vestiti ma anche apparecchi elettronici che dovevano essergli costati molto. Ma non mi importava. Guardargli mi convinceva quanto ancora una volta fosse così ipocrita il suo tentativo di essere perdonato.

Qualcuno bussò leggermente alla porta ed era proprio lui.
"Parli del diavolo ed ecco spuntare le corna". Pensai. Girai in fretta il volto, asciugandomi le lacrime e avanzò verso il letto.

«Ti sono piaciuti i regali? Sono venuto per chiedertelo.» Squadrai la sua figura in piedi di fronte a me. «In realtà volevo comprartene un altro, poi però ho pensato che questo ti sarebbe piaciuto di più. Lascia stare, comprerò un altro tablet, ok?»

«Cerchi di comprarmi con regali costosi?»

«No, Anna, non ho tali intenzioni.»

«E allora cos'è?» Mio padre inspirò. «Sai che dovevi fare. Dovevi solo venire alla mia festa di compleanno per mezz'ora.» Non aprì bocca, sapeva che avevo ragione ed aveva torto marcio, per cui proseguii. «Per il mio compleanno, volevo solo averti vicino!» I suoi occhi non volevano incrociare i miei. «Ma non sei venuto. E cosa dovrei fare con questo?!» gli indicai con la mano i tanti pacchetti che giacevano sulla coperta.

Era in evidente difficoltà e farfugliò. «Mi... dispiace. Perdonami.»

«Cosa devo perdonarti?» Scossi la testa. «Non lo so neanch'io. Ma non sarai in grado di dimostrare il tuo amore e la tua fiducia in noi in questo modo!» sbottai trattenendo il pianto.

«Allora cosa dovrei fare? Dimmelo. Prometto che farò quello che vuoi.»

Scattai in piedi e strillai piena di rabbia. «Sei tu il padre! Devo essere io a dirti quello che devi fare?!» Alzai il braccio e gli indicai la porta con l'indice. «Esci dalla mia stanza.»

Mi osservo con sguardo abbattuto, ma qui la persona che soffriva non era lui. Ero una stupida perché commettevo lo stesso errore: gli davo fiducia e poi rimanevo con il cuore a pezzi e un'altra delusione da aggiungere al lungo catalogo. Alla fine, annuì e con la testa chinata al pavimento si avviò verso l'uscita. Mi guardò un'ultima volta prima di sparire nel corridoio e andai direttamente a chiudere la porta con impeto. Poi tornai a sedermi sul bordo del letto con un tonfo secco e osservai l'armadio. Spalancai l'anta e tirai fuori la scatola che avevo riposto.

Mi sedetti nuovamente sul letto e mi rigirai il carillon fra le mani, riprendendo a farlo suonare. Quella familiare e dolce melodia inondò l'ambiente e mi riportò in quella spirale di vecchi ricordi.




"Continuing..."

Finalmente pubblico, non sapete quante volte ho cancellato parti, riscritto tutto, poi di nuovo ricancellato per tante settimane. Avevo la parte nella bozza, ma non ero convinta al 100%.

Posso dire che stilando la quota di punti, la buona partenza è stata di Anna e Thomas che hanno accumulato più punti rispetto agli altri.

Nora invece non ha fatto granché e Darren ha collezionato più malus che bonus 🤣 Darren, ma che combini? Vedremo come si comporta nei prossimi capitoli.

Mi dispiace per chi l'ha scelto nella propria squadra, non avrà fatto chissà un buon acquisto. Uguale discorso per Helen, il piccolo Charlie che porta solo "15" di punteggio, Andy, Denise rimasti a 5 punti.

Pubblicherò i risultati sul mio ig, che se non lo sapete è kissenlove_autore.

Nora asfalta Darren. Ci piace! Stavolta dà soddisfazione. Thomas ovviamente da grande dimostrazione di tenere ad Anna volendo renderle omaggio con un biblioteca che porterà il suo nome. Ma quanto è dolce il nostro Tommy?
Sta facendo del suo meglio per farsi apprezzare da Nora.

Intanto piccola defaiance da parte di Charlie che stava per far saltare l'intera pantomima 🤣 menomale che Alan ha salvato in calcio d'angolo allontanando la moglie e dando la colpa a Abbie...

Allora che ne pensate di quanto ho scritto? Se ci sono errori nel testo non esitate a farmeli notare almeno così correggo. Devo fare una revisione degli ultimi capitoli che ho scritto e non dimenticate che nel Fanta Destino tutto può cambiare!

Non fidatevi delle apparenze. Preparatevi a vivere dei colpi di scena favolosi. Solo chi vince la fase finale del capitolo avrà uno spoiler su un personaggio a scelta, quindi tenete d'occhio il punteggio che accumulate.

Ci si vede nel prossimo e per il conteggio dei punti su Instagram. ❤️

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