1.3 - Fuggitivi 🦋
~🦋~
«È un tale destino.
Una tale punizione per me.
Anche se spari mille volte,
NON MORIRÒ.»
FUGGITIVI
Capitolo 1
(Terza parte)
Questo ragazzo ci stava dando un passaggio, senza sapere chi fossimo e magari perché una donna svenuta in mezzo alla strada gli aveva fatto compassione.
Chi poteva saperlo?
Sta di fatto che non avevo detto una parola da quando eravamo partiti e fu lui a rompere il silenzio.
«Volete ascoltare un po' di musica?»
I bambini non risposero e mi voltai nella loro direzione, prima di riportare gli occhi sul moro.
«Per favore, non ci faccia caso. Sono un po' timidi.»
«È normale perché non ci conosciamo ancora.» Non sembrò offendersi, anzi il contrario, aveva un fare affabile e gentile, almeno in apparenza. «Io sono Thomas.»
Loro non aprirono bocca e toccò a me il compito di fare le presentazioni. «Loro sono Charlie e Anna.» li indicai. «E io la loro madre, Nora.»
«Piacere di conoscerla, Nora.» Nell'abitacolo calò il silenzio per qualche secondo, poi riprese. «E grazie per avermi accompagnato. Ero stufo di parlare con me stesso e continuare a ripetermi le stesse cose.»
«Lei parla da solo?» chiese Charlie, stupito.
«Sì, lo so che sono pazzo.»
Il sorriso formatosi sulle mie labbra si affievolì pian piano e indirizzai gli occhi al finestrino contemplando il panorama brullo con le montagne sullo sfondo. «Che classe fai, Charlie?» cambiò argomento Thomas.
«Prima elementare.»
«Oh, bello. E tu, Anna?»
«Il liceo.»
«Mhm, bene. Hai già deciso cosa vuoi studiare all'Università o è ancora presto per questa domanda?»
«Studierò legge. Voglio diventare avvocato.»
Mia figlia aveva sempre avuto le idee chiare sul futuro e di questo ne ero orgogliosa fino al midollo. Era un adolescente responsabile e non aveva grilli per la testa, rispetto alle sue coetanee.
«Ma è fantastico. Anch'io volevo studiare legge, ma mi appassionavano i numeri e mi sono dedicato anima e corpo alla finanza.» raccontò e poi tornò a concentrarsi meglio sulla guida.
«Sorellina, posso sdraiarmi sulle tue ginocchia, per favore?»
«Come se dicessi di no e tu non lo facessi. Dai, vieni.» Ma di punto in bianco mia figlia mi richiamò. «Mamma.» mi girai. «Sta salendo la temperatura. Gli diamo un altro po' di sciroppo, che dici?» Allungai il braccio per toccare la fronte. Scottava un po', di questo passo poteva venirgli la febbre.
Cercai immediatamente nella borsa il flacone, traendo degli sbuffi, e glielo passai.
Thomas intanto accese lo stereo per alleggerire l'atmosfera.
«Lasci che la porti in ospedale. Anche lei non ha un bell'aspetto. Compreremo anche le medicine per Charlie e dopo riprenderemo il tragitto più tranquilli.»
Era ammirevole il fatto che si preoccupasse, ma il mio non era un malessere fisico. Solo che non mi sembrava il caso di parlarne con uno sconosciuto.
«No, è che siamo stati in viaggio per molto tempo... E sono stanca. Charlie il mese scorso ha avuto un'infezione ai polmoni, ma sta migliorando. Gli stiamo già dando le medicine prescritte, perciò non serve. Grazie.»
Fece cenno di aver capito.
«Da dove viene?»
«Doolin. Vivevamo lì, ma ora stiamo andando da mia zia.»
«Come siete arrivati fin lì?»
«Un nostro parente che lavorava lì ci ha dato un passaggio. Poi avevamo pensato di prendere un autobus.» spiegai tentando di risultare credibile alle orecchie del moro, sfoderando le mie doti di attrice.
«Capisco.» rispose e la musica sostituì per un po' le nostre voci. Dopodiché, aprì un altro discorso. «Come le ho detto, sto tornando dalla Russia. È la prima volta che rivedo la terra che ho abbandonato all'età di diciotto anni.»
«Non è più venuto da allora?»
Schioccó la lingua sotto il palato. «No, mai. È la prima volta negli ultimi diciassette anni. Voglio dire, non era nemmeno previsto. È per una questione di famiglia.»
"Questione di famiglia?" Pensai.
«Spero che non sia nulla di grave.»
Tentennó. «Be'... è complicato.» Annuii. «É una ferita profonda.»
Non aggiunse nient'altro, ne tantomeno gli domandai quale fosse il significato latente delle parole. Erano comunque fatti privati che non mi riguardavano e avevo già abbastanza pensieri da tenere a bada.
Alla fine, tornai al mio passatempo preferito: ovvero stare zitta e osservare il paesaggio.
~🦋~
Decise di fare una sosta appena si fece buio per riposare le gambe e mettere qualcosa sotto i denti, così ci propose un take away, la cui specialità era il kebab. A quanto pare, ne andava ghiotto. Ci sedemmo e iniziammo a gustare una cena a base di carne. Soprattutto Charlie, mangiava con l'appetito di una mandria di bufali e fortunatamente si era ripreso.
«Ho mangiato questo kebab proprio qui diciassette anni fa. Mi mancava questo profumo e questo sapore delizioso...» Sbocconcellai una fetta di pane, ascoltandolo. Era un tipo prolisso e il suo viso si illuminava quando parlava di aneddoti passati. «Volevo davvero provarlo e a pensarci bene-» Agitò la forchetta nell'aria. «Ero destinato a farlo con voi.»
«E' delizioso.» commentò Anna alzando a malapena gli occhi. Thomas increspò un sorriso e scosse il capo, annuendo.
«Non ho nemmeno il portafoglio e non voglio diventare un peso per lei.»
«Niente affatto. Non dica così. Ho avuto una cena così gradevole, grazie a lei e non mi capitava da molto tempo.»
Era carino da parte sua e, per l'imbarazzo, abbassai lo sguardo.
«Mamma. Voglio comprare i waffles a Thomas!»
Quest'ultimo sfoderò un enorme sorriso e gli accerchiò le spalle, dandogli qualche pacca amichevole. «Ma che giovanotto generoso sei! Bravissimo!»
«Mamma, questi bastano?» mostrò degli spiccioli che aveva tirato fuori dalla tasca.
Annuii. «Sì, certo.»
Li posò sul tavolo. «Sorellina, andiamo. Mi accompagni?»
Si alzarono entrambi.
«Charlie, metti il cappotto che fuori si gela. Anna, anche tu.» Ordinai per poi tagliare la carne.
«Mamma… Mi porto il cellulare così controllo se qualcuno chiama.»
La fissai mentre si piegava per estrarlo dalla tasca del mio cappotto. Poi lo accese e prendendo gli spiccioli uscì con il fratello, lasciando me e Thomas da soli al tavolo. Quest'ultimo si soffermò a guardarli con tenerezza e mi sorrise.
«Sono molto dolci i suoi bambini.»
«Grazie.»
«Il padre è rimasto a Doolin?»
«No, ci siamo separati anni fa.»
«Non vede mai i suoi figli?»
L'argomento era decisamente spinoso. Si trattava di una vecchia ferita che il tempo non aveva cicatrizzato. Nonostante tutto quel tempo, bruciava come un fuoco. «No.» feci una pausa per pulire la bocca con il tovagliolo. «Charlie pensa che il padre sia morto. Non l'ha mai visto e non volevo dirgli che ci aveva abbandonati. Per favore, non parli di questa storia di fronte a lui.»
«Certo, certo, non dirò nulla. Può stare tranquilla, sono bravo a mantenere i segreti.»
Gli feci un cenno di ringraziamento con la testa e riprendemmo a mangiare.
Bevve un sorso d'acqua e afferrai un'altra fetta di pane.
«I suoi figli sono rimasti in Russia?»
Ingerì un boccone e ammise.
«Non mi sono mai sposato.»
«Ah, capisco.»
A quel punto, non volendo porre altre domande per non metterlo a disagio, continuammo a mangiare, in silenzio.
Solo che la carne mi andò di traverso e la calma fu un lontano ricordo quando Anna si precipitò al tavolo, con la potenza di uragano quando sventrava il tetto di una casa. «Henry è morto, mamma! Perché non me l'hai detto?»
Notando che il moro la stava fissando palesemente perplesso, il mio cuore fece un triplo salto mortale. «A-Aspetta… Anna. Vieni con me.» Mi alzai e li condussi subito all'esterno. Quando ci allontanammo da occhi e orecchie indiscrete, la feci fermare e voltare verso di me. «Anna! Anna, perché l'hai detto? Non capisci ch'è molto pericoloso parlarne di fronte a quello sconosciuto?»
«Perché non me l'hai detto, mamma?» Insisté.
«Da chi l'hai saputo?»
«Mamma, prima ha chiamato Denise e ha raccontato tutto a mia sorella.» Spiegò Charlie mentre ruotavo gli occhi altrove maledendomi in tutte le lingue per averle lasciato prendere il cellulare. Non poteva scoprirlo nel modo peggiore.
«Ora sono un'assassina, mamma? Mi arresteranno? Cosa succederà adesso, mamma? Sono un'assassina? Mi sbatteranno in galera e finirò al processo con l'accusa di omicidio o che altro? Sono un'assassina ora, mamma?» Parlava senza freni, in preda al panico, e portai le mani ai lati del suo volto, mentre gli occhi le diventavano lucidi.
«Anna! Ascolta, devi fidarti di me. Non ti succederà niente, ok? Lo giuro sulla mia vita che non permetterò che ti sbattano in una cella.» La guardai di sottecchi. «Okay, tesoro? Okay!» Sprofondò nelle mie braccia e anche Charlie si aggiunse all'abbraccio. Se rimanevamo insieme e uniti saremmo stati forti contro le avversità, ne ero sicura. Quella situazione non ci avrebbe scalfito. Guardai dietro e il moro ci stava osservando, ma appena realizzò di essere stato colto in flagrante, distolse gli occhi.
«Non facciamolo aspettare. Quell'uomo ci sta guardando e dobbiamo cercare di non dargli il pretesto di dubitare su qualcosa.» Quindi smettemmo con le smancerie e mi abbassai all'altezza del bambino, agitando l'indice. «Charlie, ascoltami. Non dovrai dire una sola parola dell'accaduto davanti a Thomas. Non è successo niente di male a Doolin, va bene?»
«Va bene, mamma.»
Gli passai la mano nei ricci e toccai dolcemente la spalla di Anna, accarezzandole il volto.
«Vai a lavarti la faccia tesoro, su.» Le tolsi il cellulare dalle mani e la spinsi sulla schiena, in direzione dei bagni, per poi incrociare le braccia sotto il seno e gettare un'altra occhiata alle mie spalle.
Se quell'uomo alla fine sospettava qualcosa e scopriva la nostra bugia, sarei passata al piano A: costituirmi alla polizia e lasciare i bambini a mia zia.
Alzai gli occhi fissando il cielo stellato e mi decisi a rientrare, ma in quel momento l'arrivo di una chiamata mi fece bloccare.
«Ciao, zia Joyce?»
«Nora? Come stai, tesoro?»
Sentire la sua voce fu un vero sollievo, significava che la vicina l'aveva avvisata della chiamata di quella mattina.
«Bene, grazie. E tu? Ho sentito che Victoria sta per sposarsi.»
«Oh, sì! È un casino, non farmi domande, cara. Non ho tempo né per sedermi né per dormire. Ho saputo che stai venendo anche tu e sono felice di rivederti.»
«Sì, sto arrivando con i miei figli.»
«Bene, venite pure, così potrai aiutarmi a liberare la casa.»
«Liberare la casa? In che senso?» chiesi dopo un attimo di confusione.
«Oh, tu non lo sai! Victoria si trasferisce in Germania e vuole che vada a vivere con lei e il marito. Mi sono rifiutata, ma non ha voluto sentire ragioni.» Le sue parole fecero cadere nel vuoto le speranze e allontanai il telefono stritolandolo nella mano per nascondere i singhiozzi pronti a sgusciare dalla bocca. Strizzai gli occhi. «Ho dovuto accettare. Sgombrerò la casa e andrò ad abitare con loro in un altro paese. Voi quando arriverete, figliola?»
«Domani... credo.»
«Va bene, fate buon viaggio, tesoro.» mi augurò euforica, mentre il mio umore era più cupo di prima.
«Grazie, zia.»
Riattaccai e mi strinsi nelle spalle, pensando che la mia ultima possibilità era sfumata. Iniziai a torturare il labbro inferiore con i denti e un lieve sbuffo attirò la mia attenzione.
Thomas mi aveva raggiunto, mantenendo una busta.
«Ho comprato delle bibite nel caso ci venisse sete durante il viaggio.» poi mi guardò in faccia, dovevo essere proprio la rappresentazione sputata dell'angoscia per fargli aggiungere. «C'è qualche problema?»
Definirlo "problema" il mio... era assai riduttivo.
«No.»
Mi porse il cappotto che avevo lasciato nel locale.
«Aspettiamo i bambini in macchina. Fa' abbastanza freddo.» Assentii indossandolo e mi recai vicino alla macchina.
~🦋~
Ci rimettemmo in marcia sull'autostrada e continuai a guardare il finestrino, con l'abitacolo invaso dal silenzio. Thomas voleva preservare le energie per il viaggio e non aveva aperto bocca.
Quando spostai gli occhi sul rettilineo, delle luci rosse e blu spiccarono nel buio, oltre ai fanali delle altre vetture.
Erano appostati in una piazzola.
«Vorranno controllare i documenti, credo.» Mi staccai istantaneamente dallo schienale e ruotai il collo allo stesso modo verso i sedili posteriori, inquadrando i miei figli dormire profondamente, inconsapevoli di quell'ennesima tragedia.
Con gli occhi sgranati e fissi in quel punto, deglutii il groppo nella gola, e mi incollai al sedile.
Tentai di mantenere la calma, mentre un poliziotto ci segnalava con la paletta rossa di accostare e metterci in fila.
Dov'era il Signore Onnipotente quando serviva in questi casi?!
Mi girai d'impulso verso Anna e sentii le lacrime pervadere gli occhi, la paura mi stringeva il cuore in una morsa ferrea. Thomas accostò dietro un'altra auto, prima guardai i bambini, poi lui, come se gli stessi inviando una disperata richiesta di aiuto e fosse il salvagente in grado di riportarmi a galla.
Iniziai a scivolare più in basso, anche se avrei preferito avere un mantello dell'invisibilità.
«Chiuda gli occhi e faccia finta di dormire.» suggerí dopo che per un lasso di tempo aveva letto il terrore attraversare i miei occhi.
Gli diedi subito retta rannicchiandomi dalla parte opposta mentre ripartiva.
«Buonasera, agente!»
«Salve, patente di guida e libretto, per favore.»
«Certo.» Serrai le palpebre, rallentando il respiro. «Prego. Senta, sto venendo dalla Russia e questo è il mio sesto controllo. Ormai ho acquisito esperienza.»
«Dalla Russia? Avete fatto molta strada.»
«Sì, molta. Per mia moglie e i miei figli è facile perché possono dormire, ma io sono distrutto. Ho le gambe che mi fanno male a furia di schiacciare il pedale. Voglio raggiungere il prima possibile Dublino e riposarmi.»
«Le è mancata molto l'Irlanda?»
«Certo. Potrebbe non mancarmi una terra meravigliosa come questa, per non parlare del suo mare? Mi è mancata da morire!» Ascoltavo in silenzio i discorsi, mentre il mio corpo fremeva.
«Tenga.»
«Grazie. E mia moglie e i miei figli?»
Per un momento che stava durando un'eternità trattenni il fiato, quando il poliziotto tacque.
«Non c'è bisogno. Buon viaggio.»
Una lacrima corse lungo la mia guancia quando capii di essermi salvata. Era come se mi fossi liberata di un peso opprimente, tornando a respirare.
Thomas ripartì e continuai a dargli le spalle, guardando la strada scorrere velocissima.
Poi ruotai il busto e sussurrai.
«Grazie.»
Assentì con la testa e mi passai la mano sulla faccia per asciugare le lacrime e tenni chiuse le palpebre per riprendermi.
Per non dovermi sorbire il probabile interrogatorio che mi avrebbe fatto, tornai a guardare il finestrino: la strada scura, i profili di qualche casa qua e là, il terreno ad ambo i lati del guardrail e dopo un po' la stanchezza mi precipitò addosso.
Quando udii il frastuono di un clacson, trasalii, e una luce accecante mi abbagliò la vista. Mi portai il braccio contro il viso e seguì uno schianto devastante, i vetri si frantumarono, l'airbag scoppiò. Poi colpii contro qualcosa di duro e il buio totale avvolse la scena.
~🦋~
La mia mente si paralizzò, l'ultima immagine era distorta e poco chiara. Percepivo il mio corpo, ero ancora viva, ma probabilmente a causa del trauma non potevo muovere alcun muscolo.
Prima di perdere i sensi, riuscii ad avvertire un'esplosione di voci maschili e femminili che mi accerchiavano, un viso sfocato che mi puntava una luce biancastra dritta in faccia, poi tornai a galleggiare in una dimensione astratta.
Quando le palpebre si sforzarono di collaborare e sollevarsi, vidi un soffitto bianco, delle pareti dello stesso colore con una striscia marrone nel mezzo e realizzai di essere distesa su una superficie morbida, con una donna al mio fianco che si toglieva i guanti.
«Dove… sono?» biascicai con la voce impastata.
Mi sentivo indolenzita, ma più precisamente era la fronte a darmi più fastidio. Avevo urtato da qualche parte...
«Si calmi, è in ospedale. Non si preoccupi, è tutto apposto.» Ancora confusa, sbattei di nuovo le palpebre mettendo a fuoco la goccia che stava per scivolare lentamente in una boccetta piena di liquido trasparente. Poi una consapevolezza mi colpì come uno schiaffo e mi alzai di corsa dal lettino. «Signora, dove sta andando?! La flebo non è ancora finita! Signora, si fermi!»
Ignorai il richiamo della donna che, mi afferrò il braccio, dato che stavo per trafiggermelo per strapparmi l'ago.
«I miei figli!»
Mi precipitai alla porta.
«I suoi figli stanno bene!»
«Anna!» Uscii nel corridoio mentre l'infermiera mi stava alle costole e cercava disperatamente di farsi ascoltare, ma non le davo retta, gridando a squarciagola. «Anna! Charlie!»
«Signora!»
«Anna! Charlie!» Spalancai una porta dietro l'altra come una pazza evasa da un manicomio.
«Signora, la prego, si calmi un attimo! Deve tornare a letto!»
«Anna, dove sei? Dove sono?» Raggiunsi il banco delle accettazioni, facendo scattare un uomo in piedi. «Dove sono i miei bambini?!»
«Cos'è successo, signora?» chiese con un tono dannatamente tranquillo.
«Ditemi dove sono!?» Schiacciai la mano sul petto, avvertendo il cuore sul punto di arrestarsi.
«Signora, si calmi o avrà di nuovo un collasso!»
"Come poteva chiedermi di calmarmi? Era fuori discussione."
Spostai lo sguardo sul corridoio con affanno, come se avessi corso per l'intero ospedale, e in quel momento udii la voce di mia figlia. Mi stava chiamando.
«Anna!» Corsi a perdifiato verso quella porta e mi catapultai all'interno. «Anna!»
«Mamma!» Mi venne incontro e si tuffò nelle mie braccia. La strinsi forte e le lacrime mi rigarono il viso. «Mamma, ho avuto tanta paura. Ero così spaventata. Sono venuta da te, ma non eri cosciente. Guardati, hai una ferita sulla fronte, stai bene?» mi riempí di domande mentre le prendevo il volto fra le mani, scuotendo la testa, e non riuscii a frenare i singhiozzi.
«Anna, cosa ti è successo al braccio?» le domandai, notando la fasciatura. Ma non le diedi modo di spiegarmi. «Charlie! Charlie! Dov'è?»
«Mamma…»
La sorpassai entrando definitivamente, inquadrando il lettino, dove c'era il mio bambino. «Charlie! Perché sta dormendo? Cos'è successo?» Mi sedetti sul ciglio del letto. «Cos'è successo, Anna? Parla!»
«Tossiva così i medici gli hanno dato una maschera per l'ossigeno.»
Tirai un sospiro e toccai il suo corpicino, per poi baciargli la manina. «Il mio bambino…» Feci scorrere le dita nei suoi capelli e si spostò leggermente la maschera.
«Mamma...»
«Piccolo mio… Rimettila, ok. I dottori hanno detto che non puoi toglierla.» gliela sistemai come prima e tirai su con il naso. Poi, girai gli occhi su una figlia e le accarezzai la guancia. «Anna, ti fa male il braccio? Come stai?»
«Ho una frattura, mi hanno dato un antidolorifico, ma sto bene.»
Riportai lo sguardo afflitto su mio figlio, sentendo poi un bussare leggero alla porta e un dottore entrò.
«Si rimetta presto, signora. Mi hanno detto che si è svegliata.»
Mi alzai. «Grazie. Cos'è… successo? É... qualcosa di grave?»
«No, nulla che riguardi l'incidente. Per fortuna, il giovanotto non ha riportato un solo graffio.» tirai un altro sospiro, congiungendo le mani in preghiera. «Ma non posso dire lo stesso dei polmoni.»
«Si stava riprendendo. Il medico gli ha prescritto uno sciroppo.»
«Penso che non sia stato sufficiente. Gli abbiamo dato ossigeno e siero, ma la malattia è progredita a causa dell'evidente stato di debolezza del corpo.»
«Che dobbiamo fare?»
«Continuerà con il trattamento. E lei faccia particolare attenzione alla sua dieta, per favore.» Annuii. «Deve prendersi molta cura di suo figlio se vuole che guarisca rapidamente.»
«Certo. Lo farò.»
«Ora però gli scriverò qualche altro farmaco. Continueremo il trattamento con altri farmaci e vedrà che in poco tempo starà meglio.» Aggiunse mentre mi stringevo nelle spalle contrita e si rivolse poi a Charlie. «Ascolta tua madre, ok? Non dovrai correre o stancarti troppo. Affare fatto, giovanotto?» Mio figlio si limitò ad un cenno. «Bravissimo!» poi mi salutò. «Spero che si riprenda presto.»
«Grazie.» Tornai a sedermi e mi balzò in mente un dettaglio importante, così scattai in piedi. «Infermiera, scusi?!» La mora ch'era la stessa che aveva cercato di tranquillizzarmi poco fa, si voltò. «Anche il signor Thomas era con noi. Stava guidando. Come sono le sue condizioni?»
«Oh, sì! È stato sottoposto a un intervento chirurgico, ma non ho altri aggiornamenti.»
«Grazie.»
Poi uscì dalla stanza e tornai a sedermi.
«Spero stia bene.»
«Lo spero anch'io.»
Quell'uomo non meritava assolutamente di morire dopo quello che aveva fatto, mi aveva salvato da un controllo della polizia senza battere ciglio.
«Sembrava un bravo ragazzo. Giusto, mamma?»
Annuii. «Sì, cara.» Ripresi ad accarezzare la guancia di Charlie e poi feci la stessa cosa con lei.
Se li avessi persi, non so cosa avrei fatto. Probabilmente non sarei sopravvissuta a quel dolore, loro erano tutto per me.
~🦋~
«Il dottore ha prescritto i nuovi farmaci e potremo dimetterlo, appena sarà finita la flebo.» annunciò un'altra giovane infermiera con i capelli a caschetto porgendo la ricetta a mia figlia. «Può occuparsi lei delle pratiche.»
«Grazie.»
«Mamma!» esclamò Anna innervosita.
Mi girai completamente irrigidendomi appena i due agenti fecero il loro ingresso in camera.
"Cos'erano venuti a fare?"
«Spero che si rimetta al più presto, signora. Dobbiamo farle alcune domande riguardo all'incidente.» Esordí lo spilungone, allacciando le mani dietro la schiena.
«C'era anche lei in macchina, giusto?» continuò il collega, più basso e in carne.
«Mm-Mhm. Sì.»
«Possiamo vedere i suoi documenti, per favore?»
Ingoiai un fiotto di saliva e slittai gli occhi su entrambi, cercando una scusa plausibile. Guardai Anna. «Mia figlia... ha raccolto solo la sua borsa per lo shock e i documenti erano nella mia. Immagino sia volata da qualche parte nell'incidente.»
«Comunque, non è un problema. Completeremo la procedura con il documento di suo marito.»
«Suo marito era alla guida, giusto?» chiese l'altro mentre facevo scena muta, limitandomi ad annuire. «Può dirci com'è avvenuto l'incidente?»
«Io… In realtà non stavo dormendo, ma continuavo a sonnecchiare tra una cosa e l'altra… all'improvviso ho sentito il suono di un clacson, poi ho visto che ci stava venendo addosso, ma… Non ricordo con chiarezza. Probabilmente, avrò perso i sensi.»
L'agente annuii, mentre il collega stava scrivendo ciò che avevo dichiarato. Poi, un altro uomo entrò e si avvicinò ai due.
«Ah, agenti!» Mi vide e fece un cenno con la mano. «Scusi...» Annuii permettendogli di interromperci, in fondo era ciò che volevo. Non avrei retto a lungo il colloquio. «Il vostro collega nel corridoio mi ha indirizzato qui. State preparando un rapporto sull'incidente di mio fratello. Ci sono novità? L'autista del camion verrà punito?»
«Stiamo ancora investigando, signore.» Poi l'agente guardò me, tirandomi in ballo. «Dopo aver completato il suo rapporto con la dichiarazione della moglie, informeremo le autorità competenti.»
Appena sentí la parola "moglie" mi guardò come fossi stata un'aliena venuta dallo spazio.
«Sua moglie?» Avanzò. «Sei la moglie di mio fratello?» Annuii strofinandomi il collo. «Come... sarebbe?»
«Non conosce la signora?» lo interrogò l'agente.
«No, non è per quello. Mio fratello ha vissuto in Russia per anni e non siamo mai riusciti a conoscerla. Non sapevamo nulla di lei, per questo sono rimasto sorpreso.»
«Oh, capisco. Abbiamo testimonianze che dicono che l'autista del camion stava guidando nella direzione sbagliata. Molto probabilmente verrà avviato un processo. Se non c'è nient'altro da aggiungere, può leggere e firmare il documento?» me lo porse, dandomi anche una penna, e firmai. «Grazie. Guarite presto, bambini. Buona giornata.» Detto ciò, abbandonarono la stanza lasciandoci da soli con il fratello di Thomas ch'era impalato di fronte a me e con una paresi facciale.
«Sono i vostri figli?»
«Mhm-hm.»
Aveva lo sguardo triste, mentre abbozzava un sorriso.
«Oh… wow! I figli di mio fratello.» Anna e Charlie si lanciarono uno sguardo interrogativo. «Informerò gli altri. Voi, per favore, restate qui, d'accordo? Okay, cara cognata? Torno subito.»
Annuii e uscì, così andai a chiudere la porta.
Non contenta, avevo combinato un altro pasticcio...
Mi portai la mano fra i capelli, stava per scoppiarmi il cervello.
«Avevo paura che ci tormentassero per avere i nostri documenti!»
«Anche io.» Anna sbuffò. «Sono rimasta stupita quando mi hanno chiesto se ero sua moglie e ho dovuto rispondere di sì.»
«Va bene mamma, ma… cosa succederà con…» gettò un'altra occhiata alla porta. «Quell'uomo… e suo fratello?»
«Non lo so, Anna. Non lo so.» Sventolai la mano in aria senza sapere che diamine fare.
«Mamma.» Charlie si calò la mascherina dalla bocca. «Pensano che siamo i figli del signor Thomas?»
Mi sedetti. «Sì, tesoro.»
«E' una cosa buona, mamma. Ora i poliziotti non ci daranno più fastidio e non ti metteranno in carcere, vero?»
Alzai gli occhi al cielo e gli riposizionai la maschera, dandogli un'altra carezza.
~🦋~
Finalmente avevo firmato le carte e la flebo era finita, così potevamo lasciare l'ospedale.
Afferrai il cappotto mettendolo sull'avambraccio e la borsa dal tavolo, mentre Anna prese il foglio avvicinandosi.
«Abbiamo bisogno di comprare queste altre medicine.»
Charlie si mise seduto.
«Mamma, Maynooth è troppo lontana?»
Posai la borsa e il cappotto per aiutarlo con le scarpe.
«Siamo solo a 3-4 ore di distanza, vero mamma?»
«Non andiamo più a Maynooth.»
«Vero! Siamo bloccati qui, tutti i nostri soldi sono andati persi e mi chiedo di chi sia la colpa.» sottintese alzando la voce e fulminando il fratello.
«Mamma! Credi l'abbia fatto di proposito? Di qualcosa a tua figlia!»
«Va bene. Mia zia si trasferisce in Germania con la figlia e il genero.» Spiegai facendo mettere il cappotto a Charlie.
«Hai parlato con lei e non ha voluto che andassimo lì?»
«Ci ho parlato Anna, ma credo che pensasse che stessimo andando per una visita. Non lo so.»
Aiutai anche lei a mettere il cappotto sulle spalle, dato che non poteva indossare la manica a causa del tutore.
«E se non andiamo a Maynooth, dove andremo adesso? Vivremo per strada come i barboni?» si chiese il piccolo.
«Cosa significa? Non abbiamo più un posto dove andare?» Aggiunse Anna.
Il discorso venne interrotto dalla porta. Una donna di mezz'età irruppe dentro con un sorriso a trentadue denti sulla faccia e gli occhi fuori dalle orbite.
“Continuing...”
Eccoci qui con il nuovo aggiornamento e assistiamo all'ennesimo dramma: Thomas ha avuto un incidente e Nora, pur di non farli scoprire, decide di raccontare una bugia agli agenti e fingere di essere la moglie del ragazzo.
Quali conseguenze avranno le sue scelte sul futuro?
Ovviamente se avete da segnalare errori, fatelo, se avete dei consigli altrettanto e se vi piace il capitolo non dimenticate una stellina o un commento.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro