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III

La mattina seguente, mi svegliai presto.
Una goccia gelida mi cadde sul naso e spaventata mi alzai di colpo.
Non vidi nulla, la luce era fioca ed il sole sembrava non essere ancora sorto.
Mi toccai il naso, era bagnato.
Guardandomi attorno notai che in quella casetta mancavano le luci.
La casetta. Allora non era stato un sogno, era tutto vero.
Il cuore mi accelerò di colpo.
Vidi Sole star ancora dormendo e mi impegnai a non svegliarla.
Un'altra goccia mi cadde sulla testa.
Alzai lo sguardo e solo allora sentii dei ticchettii sul tetto.
Stava piovendo e a quanto pare le gocce penetravano dalle assi di legno.
Sbuffai rumorosamente e decisi di andare in salotto. Ormai mi ero svegliata e non sarei più riuscita a prendere sonno. Guardai fuori dalla porta scorrevole e vidi che il sole sarebbe sorto da lì a poco. Notai anche una sigaretta sulle assi del balcone.
Ieri sera Julian si era ritrovato un pacchetto di sigarette mezzo vuoto nella tasca dei suoi pantaloni e aveva deciso di offrirle a tutti.
"Non ricordavo di essere un fumatore."
Disse incredulo tirando fuori l'accendino dall'altra tasca.
Nemmeno io ricordavo se avessi mai provato a fumare, ma quella sera tossii parecchio, e lo facemmo tutti.
Chiacchierammo molto prima di andare a dormire, ma nessuno parlò mai di sé. Non ricordavamo abbastanza della nostra vita precedente.
Eravamo spaventati, ma al tempo stesso confortati di non essere soli.
Avere qualcuno con cui condividere quell'incubo ci rendeva più tranquilli.
"Qualcuno di voi ha mai ammazzato una persona?"
Intervenne Simon nel bel mezzo del silenzio poco dopo che finimmo di fumare le sigarette.
Tutti scossero la testa.
Anche se lo avessero fatto, non lo potevano ricordare.
Guardando meglio le persone che mi circondavano avevo notato che probabilmente io e Sole eravamo le più piccole del gruppo. Leo era sicuramente il più grande. Non era altissimo, ma era possente e sembrava abbastanza muscoloso. Simon e Julian probabilmente avevano la stessa età, sembravano molto giovani, mentre io forse ero poco più grande di Sole.

Raccolsi la sigaretta buttandola nella spazzatura in cucina, anche se chiamarla cucina era esagerato; si trattava solamente di un angolo con due ripiani.
Successivamente andai in bagno per lavarmi la faccia. Ero ancora assonnata e avrei fatto meglio a svegliarmi bene ed essere reattiva.

Il bagno era molto stretto ma riuscii lo stesso a lavarmi. Mi asciugai il viso con l'asciugamano posto accanto, evitando di guardarmi allo specchio. Avevo paura di vedere il mio viso. Ieri, prima di andare a dormire, ero stata la seconda ad andare in bagno, subito dopo Julian, ma quando ero entrata avevo trovato lo specchio coperto da un panno. Evidentemente anche lui aveva avuto paura a vedersi.
Tolsi l'asciugamano dalla faccia con gli occhi ancora chiusi.
Forse era meglio vedere il mio riflesso.
Infondo tutti mi vedevano esattamente come io potevo vedere loro.
Aprii lentamente un occhio ma subito lo richiusi per la paura.
Poi li aprii di nuovo.
Il mio volto sembrava un viso di una sconosciuta e lo toccai con le mani per verificare se fossi veramente io.
La fronte era leggermente alta, dove erano posizionate due sopracciglia fini e castane. Il naso era dritto e piccolo, leggermente all'insù e le labbra rosee erano carnose.
Era strano vedersi per la prima volta.
Uscii velocemente da quella stanza.
Per un po' avrei preferito non vedermi più allo specchio. Mi metteva paura non sapere chi fossi.
Mi sedetti sul divano. Davanti a me, sul tavolino, era riposto un telecomando. Lo presi e accesi la televisione ma sembrava non esserci nessun segnale. La cosa che trovai più strana di tutte era che su quel televisore era presente solamente un canale. Decisi di spegnerlo, delusa.

In quel momento udii qualcuno uscire dalla camera dei ragazzi e andare in bagno. Sentii l'acqua scorrere, probabilmente aveva deciso di farsi una doccia.
Mi alzai e mi diressi in cucina accorgendomi di avere un po' di fame.
La stanza era veramente piccola e di cibo non c'era traccia.
Sbuffai sentendo un'altra goccia cadermi in testa.
Mi accorsi che su un ripiano era presente una scatolina nera, simile ad un forno microonde ma molto più piccola.
Provai ad aprirla ma inutilmente, quell'aggeggio non ne voleva sapersi di aprire.
Solo allora mi accorsi che accanto ad esso erano presenti dei pulsanti vicino a delle figure di cibi.
Cliccai la figura di una brioche per puro caso e l'aggeggio iniziò a tremare e a fare un rumore terribile. Cercai di fermarlo in qualche modo, di questo passo avrei svegliato tutti quanti.
Poi lo sportello si aprì di scatto.
Guardai al suo interno.
Era apparsa una brioche.
Rimasi sbalordita, immobile davanti a ciò che avevo appena visto e mi strofinai gli occhi convinta di stare ancora dormendo.
Incredula la presi e l'annusai.
Era calda e aveva un buon odore.
La spezzai in due e ne assaggiai un pezzo. Era buonissima, la migliore brioche che avessi mai mangiato in vita mia. O almeno credevo dato che non lo ricordavo.
In quel momento vidi arrivare Simon in accappatoio.
"Scusa, credevo fossi Leo!"
Disse imbarazzato nel farsi vedere vestito in quel modo.
"Non l'ho visto nel suo letto e credevo fosse lui ad aver fatto questo rumore."
Continuò mentre io ero intenta a masticare la mia colazione.

"Leo non l'ho visto."
Dissi a bocca piena mettendomi una mano davanti.

"Credevo di essere l'unica sveglia."
Dissi porgendogli il pezzo di brioche che avevo in mano.
"Vuoi assaggiare? È buonissima! L'ho fatta con questa specie di fornello che materializza il cibo."
E alle mie parole vidi Simon fare una faccia strana, un misto tra stupore e scetticismo.
Prese dalle mie mani il pezzo di dolce.
"Si è materializzato in quel coso?"
Disse indicando la scatola nera sul ripiano della cucina.
Io mi limitai ad annuire.
Se la portò alla bocca, diede un morso e sul suo volto comparve un espressione di sollievo.
"Ma è buonissimo!"
Disse con la bocca ancora piena.
"Te l'avevo detto."
Dissi uscendo dalla cucina dirigendomi sul balcone.

Fuori, il cielo si stava aprendo, la pioggia sembrava cessata ed il sole stava sorgendo.
Sentii Simon andare in camera, probabilmente per cambiarsi, ma Leo non l'avevo ancora visto. Che fosse uscito...?
Guardando giù, mi accorsi che la scaletta era stata calata.

"Che fai?"
Chiese Simon dietro di me e mi spaventai. Credevo di essere sola.
"Penso che Leo sia andato a fare un giro."
Mi limitai a dire.
"Andiamo anche noi?"
Rimasi stupita nel sentire quelle parole. Era già stato abbastanza scioccante ritrovarsi in quel campus e di andare in giro non avevo molta voglia, specie vedendo la terra bagnata, ma alla fine riuscì a convincermi.
Scendere dalla scaletta fu più difficile che salire.
Le corde dondolavano e mi impedivano di posizionare bene i piedi.
Sentii un brivido corrermi lungo la schiena quando i miei piedi toccarono la terra bagnata e fangosa.
"Che schifo."
Sibilai inorridita ma Simon sembrò non farci caso.

"Destra o sinistra?"
Chiese guardandosi attorno.
Io feci spallucce. Imboccare un sentiero piuttosto che un altro era totalmente indifferente. L'unica cosa che mi importava era tornare sani e salvi.

Lo vidi proseguire verso destra e lo seguii cercando di non rimanere indietro.
"Aspettami!"
Gridai.
Procedeva a passo svelto e mi risultava difficile stargli accanto.
Ad un tratto lo vidi fermarsi improvvisamente e ci mancò poco che non gli andai addosso.
"Kriss..."
Sussurrò e mi sembrò strano sentire pronunciare quel nome che non ricordavo mi appartenesse.
"Guarda su."
Disse.
Alzai lo sguardo.
Non ero sicura di volere davvero vedere ciò che Simon mi aveva indicato, ma mi feci coraggio.

"Distretto 12"
Un'insegna gigantesca su un'asse di legno, riportava la seguente scritta.
Non mi stupii più di tanto, anzi, essere vicina ad un distretto che non era il mio mi metteva paura.
"Torniamo indietro."
Dissi, ma Simon provò ad avvicinarsi ancora di più all'insegna.
"Torniamo indietro!"
Dissi di nuovo.

"Tranquilla..."
Rispose il ragazzo.
"Più avanti di così non si può andare. Un vetro divide i due distretti."

Tirai un sospiro di sollievo.
Avevo già paura che qualcuno potesse ucciderci.
Da quel poco che si poteva vedere, il distretto 12 sembrava privo di vegetazione rispetto al nostro.
La stradina fangosa proseguiva, ma gli alberi sembravano non esserci più.

"Torniamo indietro..."
Dalla bocca di Simon uscirono delle parole amareggiate.
Lo guardai.
Il suo volto sembrava sempre nascondere le sue emozioni.

"Dovremmo trovare una via di fuga."
Disse prima di iniziare di nuovo a correre.
Quel ragazzo andava troppo veloce.
"Puoi rallentare per favore?"
Mi lamentai ancora, ma sembrò non far caso alle mie parole.
Alzai gli occhi al cielo, convivere con lui sarebbe stato sicuramente più difficile di quanto avessi immaginato.
I piedi mi facevano male, e tutto quel fango era scivoloso, ma la troppa paura di rimanere sola fece correre anche me.

Poco dopo, lo vidi fermarsi.
Che avesse trovato una via di fuga...?
"Hai trovato qualcosa?"
Domandai speranzosa una volta dopo averlo raggiunto ma lui mi zittì mettendomi un dito davanti alla bocca.
"Sta zitta!"
Bisbigliò.
Solo allora mi accorsi che eravamo finiti nel bel mezzo della foresta, in un posto molto isolato e alquanto ombroso. Poco più avanti a noi c'era una capanna con del fuoco vicino.
"Ho intravisto nel bosco la guardia che ieri ci ha portati qui e ho deciso di seguirla."
Continuò bisbigliando.
Il silenzio regnava in quella foresta e gli unici suoni che si sentivano erano gli scoppiettii del fuoco e alcune risate che provenivano dalla tenda.

"Jack ci ha dato l'autorizzazione."
Risuonò la voce di una sconosciuta.
"Presto inizierà il gioco."
Si sentì la risata di un uomo, probabilmente dell'uomo che avevamo incontrato ieri.
"Facciamo sta sera? Ho voglia di divertirmi."
Disse.
"Le telecamere non sono ancora pronte. Se riusciremo a sistemarle entro sta sera, daremo l'avviso a tutti i distretti."
Disse la voce della donna.
"Ormai il pubblico non si accontenta facilmente."
Intervenì una terza voce, bassa, rauca e molto pacata.
"Finché non dobbiamo morire noi, va benissimo. Infondo sono loro che hanno scelto di venire qui. Non li abbiamo mica rapiti."
Continuò a dire l'uomo.
"Sta sera ne vedremo delle belle, ho troppa voglia di vedere chi sarà il primo a morire!"
Disse una voce ridendo in modo acuto.
"Secondo me la prima a morire del distretto sarà quella ragazzina minuta... come si chiama già? Ah si, Sole, la più piccola di tutto il distretto!"
Disse l'uomo.
"Il distretto 7 ha più di mille persone. Speriamo solo che non decidano di uccidersi quando non ci sono sfide. Dobbiamo cercare di filmare il maggior numero di morti possibili."
Una suoneria, fortunatamente, mi impedì di sentire altre parole.
Volevo solamente andarmene via, non capivo di cosa stessero parlando, ma sicuramente di cose che non riuscivamo a ricordare.

"Zitti tutti!"
Strillò la donna.
"È Jack."

Poi qualcuno uscì dalla tenda.
Io e Simon ci scambiammo un'occhiata veloce.
Sentivo il cuore in gola.
Se quell'uomo ci avesse visti saremo stati noi i primi a morire.
Appena rientrò, scappammo di corsa.
Non volevo morire.

"Infondo sono loro che hanno scelto di venire qui. Non li abbiamo mica rapiti."
Cosa significava?
Non ricordavo, ed il non ricordare mi faceva paura.
Poco mi era chiaro in quel momento e cercai di concentrarmi sulle mie gambe che tremavano mentre correvo.
Non avevo altra scelta che uccidere. Solo in questo modo mi sarei salvata, e al momento era la cosa più importante.

Quando tornammo alla base, eravamo ancora spaventati da quanto avevamo sentito. Simon aveva un'espressione assente in quel momento e tutti se ne accorsero.
Leo era già rientrato e aveva portato con sé brutte notizie: si era svegliato presto, e nonostante la pioggia aveva deciso di uscire per trovare una via di fuga, ma pur avendo perlustrato il campo da cima a fondo sembrava non esserci nessun uscita.

"Va tutto bene?"
Aveva esordito poi Sole entrando in salotto dove ci trovavamo tutti. Evidentemente si era appena svegliata.
Julian si stiracchiò ma nessuno disse nulla.
Simon si alzò in piedi di scatto dal divano su cui era seduto.
"Nulla potrà andare bene finché saremo chiusi qua dentro."
Tirò un pugno alla porta che conduceva alle camere da letto e successivamente se ne andò dal salone sbattendola violentemente e provocando un rumore assordante.

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