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Epilogo

16 agosto, Londra. Hart vagava per l’Hyde Park per dare soccorso alle vittime dell’invasione aliena.

Vide di sfuggita una strana luce apparire e scomparire in un breve secondo.

Andò verso di essa.

Non poté credere a ciò che aveva davanti, anzi, a chi.

Osservava sbalordito ciò che c'era davanti ai suoi occhi.

Ripensò a ciò che aveva fatto appena tornato nel suo futuro dopo aver lasciato il 1945.

~

Era andato a fare rapporto ai suoi superiori, aveva scoperto che l’eroe era ancora vivo ed era andato a parlargli.

Era ancora lì, nella sua tenuta da carcerato scura e la maschera di ferro.

Gli raccontò ciò che era successo nella Seconda Guerra Mondiale, ciò che aveva scoperto sui suoi superiori, ciò che aveva saputo di lui e dei suoi vecchi amici.

Quell'uomo vecchissimo gli confermò tutto.

Hart gli chiese come potesse agire per salvare l’umanità.

Inizialmente incerto, l'eroe gli diede il modo.

Senza esitare, l’Inglese agì.

Prima di partire avrebbe dovuto impedire che i suoi colleghi potessero seguirlo e impedirgli di fare ciò che doveva.

La base di quei “Conservatori del Tempo” era sospesa nello spazio, c’era un nucleo centrale che permetteva a chi era nella base di fare tutto, vivere, mangiare, lavarsi, avere elettricità.

Hart si diresse proprio lì.

Stese le guardie e andò al tavolo di controllo, dove poi attivò l’autodistruzione.

L’allarme scattò, alcuni scapparono verso l’hangar per poi fuggire, qualcuno corse a fermare Hart, altri scelsero di provare a disattivare l’autodistruzione.

Il countdown arrivò a zero.

Mentre la distruzione iniziava, Hart camminava calmo verso l’hangar.

Passò fuori la cella dell’eroe.

Ci si soffermò per qualche secondo.

Avrebbe accettato la sua richiesta di lasciarlo lì a morire.

Hart arrivò all’hangar, prese la sua nave temporale e si diresse lontano.

Verso la meta che l’eroe gli aveva dato.

~

Ora che era lì, mentre osservava la figura davanti a lui rimettersi in piedi, gli era tutto più chiaro.

Lo aveva sempre avuto davanti agli occhi.

Quel modo di essere, quell’uniforme che per lo stile gli era sembrata familiare, i superiori che lo definivano come il diavolo in persone, come un grande nemico.

I modi con cui l’eroe si rivolgeva a lui, come se lo conoscesse da sempre.

Era perché, in effetti, lui lo aveva sempre conosciuto.

Sascha si tolse la maschera, i suoi occhi luccicavano, incredulo per essere riuscito a tornare nella sua epoca.

Incredulo nel trovare alle sue spalle Hart.

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