voglio vivere
- Non lo trovi noioso? -
È strano il modo in cui Yukiyo mi ha porso questa domanda, l'ha detto in tono così sicuro da farla sembrare più un'affermazione che altro.
Io non le rispondo subito, in un primo momento mi limito a distogliere lo sguardo dall'orologio a muro, appeso sulla parete alle sue spalle, affianco alla lavagna, per poi osservarla perplessa.
- Stare da sola. - Aggiunge allora, rendendosi conto che io non avevo capito cosa intendesse dire. - A lungo andare non è noioso? -
L'ha fatto di nuovo.
Ha porso quella che è chiaramente una domanda con lo stesso tono di voce con il quale si dovrebbe fare un'affermazione.
- Mi sorprende che tu sappia cosa significa la parola "solitudine". -
Ribatto io in un basso borbottio.
Lei solleva leggermente un angolo delle labbra all'udire quelle parole, ma non dice nulla per ribattere.
- Comunque no. -
Aggiungo io alcuni istanti dopo.
Lei mi guarda confusa, ci mette un po' a capire che sto rispondendo alla sua "non domanda" di prima.
- Non è affatto noioso. - Aggiungo mentre punto il gomito sul banco e abbandono la guancia contro il palmo della mano. - Al contrario, è molto interessante. Faccio delle conversazioni davvero niente male con me stessa. -
- Suona incredibilmente depressa questa frase. -
Commenta allargando quasi impercettibilmente il suo sorriso.
- Pensala come ti pare. - Ribatto con un'alzata di spalle. - Ma ti ripeto che io non sono depressa. -
- No, non lo sei. -
Strabuzzo gli occhi nel sentirla darmi ragione e per poco non mi prendo un colpo quando sento la sua mano morbida e gelida posarsi lentamente sulla mia fronte, per poi portarmi dietro l'orecchio una ciocca di capelli che mi era finita davanti il viso.
- Che fai? -
Sbuffo assottigliando lo sguardo.
Lei non risponde e continua a far passare le dita lunghe e affusolate tra i miei capelli.
Una parte di me spera che le si sporchino di forfora fin sotto le unghie, l'altra pensa che dopotutto questa sensazione è così piacevole che forse potrei quasi abituarmici.
- Ma allora... - Dice di punto in bianco mentre lentamente ritira la mano, riprendendo il discorso di poco fa. - Come mai sembri sempre annoiata? -
- Perchè lo sono. -
A questa risposta la vedo strabuzzare gli occhi basita e non riesco a fare a meno di piegare leggermente in su le labbra divertita.
- Ma prima hai detto... -
- Ho detto che stare da sola non mi annoia. - La interrompo mentre lei continua ad osservarmi perplessa. - Ma ciò non significa che io non sia annoiata. Semplicemente la causa non è lo stare da sola. -
- Capisco... - Mormora, ma non sembra molto convinta. - Ma allora la causa qual è? -
Faccio per risponderle, ma a quel punto mi interrompo di colpo.
Bella domanda, questa sì che è proprio una bella domanda.
Non so proprio cosa risponderle.
Soprattutto perché in questo momento, e me ne rendo conto con un certo stupore, non sono particolarmente annoiata.
Anzi, diciamo che non lo sono affatto.
- Beh, ci sono un sacco di cose che possono annoiare, ma diciamo che solitamente è la vita in generale a risultarmi noiosa. -
- Questo suona ancora più depresso. -
- Ma mi annoia anche l'idea della morte. -
- Allora suona stupido e basta. -
- Sei stata tu ad avermelo chiesto. - Sbuffo distogliendo lo sguardo. - Se sai solo criticare, allora non ti rispondo più. -
- Ma no, dai. Stavo scherzando. - Ribatte lei ridacchiando. - È solo che mi chiedo... Mi chiedo come si faccia a trovare la vita e la morte noiose. Insomma, puoi pensare che siano spaventose, disgustose o senza senso, ma noiose... Semmai è esistere e basta, come mi pare che stia facendo tu, ad essere noioso. -
- È così. - Ribatto atono con un'alzata di spalle. - Che ci posso fare? -
- Immagino nulla. - Risponde lei aggrottando leggermente la fronte, per poi sussultare. - Ma un attimo! Prima per caso non hai detto "solitamente"? -
- E allora? -
- Significa che adesso non ti stai annoiando? -
E nel porgermi quella domanda il suo sorriso si allarga così tanto che per un istante mi torna in mente la kuchisake-onna, alla quale avevo pensato anche qualche giorno fa.
Io rispondo con un'alzata di spalle appena accennata, lo sguardo fisso sulla finestra.
- Hai mai pensato... -
Inizia alcuni istanti dopo.
Mi sorprende quanto sia cambiato rapidamente il tono della sua voce, adesso è quasi diventato serio.
- A cosa? -
Chiedo quasi senza pensarci.
- Al fatto che facendo pensieri del genere non fai che rovinarti da sola. -
- Certo che ci ho pensato. -
Ribatto subito assottigliando lo sguardo, senza ancora voltarmi verso di lei.
La sento sospirare leggermente.
- Secondo te... - Riprende poco dopo, il tono di voce che ormai si è abbassato ad un bisbiglio appena udibile. - Fa più paura vivere o morire? -
- Vivere. - Rispondo senza pensarci due volte. - Morire non può fare paura, perché quando sei morto non puoi provare nulla, no? Semmai può farti paura il pensiero della morte. -
- Il tuo ragionamento non fa una piega. -
A questo punto però mi assale un dubbio.
Come mai mi ha fatto una domanda del genere?
Mi volto di scatto verso di lei, scrutandole il viso alla ricerca di qualche indizio.
Lei sembra notare le mie intenzioni, perchè subito scoppia a ridere, prendendo a scuotere il capo.
- Oh, non farti strane idee. - Mi dice continuando a ridere. - Al contrario di te, io non mi limito ad esistere, io voglio vivere. Ne ho ancora di cose da fare, non ho alcuna intenzione di tirare le cuoia così presto. Volevo solo dimostrarti che anche io ogni tanto sono capace di tirare fuori qualche discorso serio. E poi, se io morissi chi ti scoccerebbe dalla mattina alla sera? -
- Tu non mi dai fastidio dalla mattina alla sera. - Ribatto alzando lo sguardo al cielo. - Ci vediamo solo la mattina a scuola e mi parli solo prima dell'inizio delle lezioni e durante la pausa pranzo. -
All'udire quelle parole lei scoppia inspiegabilmente a ridere, sotto il mio sguardo sbigottito.
Continua per diverso tempo, quindi, quando sembrava che stesse per darsi una calmata, mi osserva in volto e nel vedere il mio sguardo perplesso scoppia nuovamente a ridere.
- Certo che... - Dice tra una risata e un'altra. - Per essere una che guarda l'orologio dietro di me e fuori dalla finestra ogni volta che ne ha l'occasione, sei parecchio distratta. -
In un primo momento non capisco cosa intenda dire, ma poi sgrano gli occhi di colpo e con uno scatto mi volto alla mia sinistra.
Il sole sta per tramontare.
- Davvero non te n'eri accorta? - Continua a ridacchiare lei. - Siamo qui a parlare da due ore e passa, sai? -
Non posso dire che non mi capiti spesso di perdere la cognizione del tempo, ma questa volta ho davvero dato il meglio di me.
Mi volto verso l'orologio a muro.
Sono le cinque e quarantacinque.
Le lezioni sono finite due ore e un quarto fa.
- Immagino che allora non ti stessi davvero annoiando. -
Aggiunge Yukiyo continuando a ridere.
Inizialmente continuo a tenerle gli occhi assottigliati e la fronte aggrottata, pronta ad ammonirla.
Ma poi, un po' perchè la sua risata è davvero contagiosa e un po' perchè la situazione è davvero ai limiti del ridicolo, scoppio a ridere anche io.
Mi tornano in mente le parole di Yukiyo.
Forse è vero.
Forse ciò che mi annoia davvero non è vivere, nè il pensiero della morte.
Forse ad annoiarmi davvero è proprio la condizione nella quale mi trovo adesso, questo mio limitarmi ad esistere.
Forse potrei voler provare a vivere e vedere come ci si sente.
Così allungo la mano e afferro il filo del ragno.
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