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forse giusto un po'

- Shimada. -

- Eh? -

- Shimada. Il mio cognome. Usalo. -

Yukiyo mi osserva perplessa per alcuni istanti.
Cosa ci sia di tanto difficile da capire è per me un mistero.
Voglio dire, solo perché lei ha deciso di punto in bianco di volersi avvicinare a me, ciò non significa che io glielo lascerò fare.

- Ma Naru, ci conosciamo da tre anni e passa ormai, non ti pare che sia ora di smetterla di essere così formali? -

Tre anni e passa.
Giusto, perchè stavamo in classe insieme anche alle medie.
O meglio, anche all'ultimo anno delle scuole medie, dato che mi sono trasferita qui in città solo "tre anni e passa" fa.

Questa sua osservazione però non fa che insospettirmi ulteriormente.
Voglio dire, in tre anni e passa non mi ha mai rivolto la parola, cos'è adesso tutta questa confidenza?

- Allora? -

Sollevo lo sguardo verso di lei, osservando dubbiosa il suo largo sorriso a trentadue denti.
Il capo leggermente piegato verso destra, in un'angolazione talmente perfetta da essere stata sicuramente studiata a lungo e con particolare cura prima di venire messa in pratica.

Rifletto per alcuni istanti su ciò che mi ha chiesto.

Non è tanto il nome in sè che non mi vada a genio.
Voglio dire, dopotutto un nome vale l'altro, potrebbe anche inventarselo lei un nome con cui chiamarmi, ovviamente a condizione che poi mi renda partecipe della sua decisione, e non credo che mi cambierebbe qualcosa.

Il problema è l'importanza che viene data a un nome.
L'importanza che tutti noi gli diamo seppur a volte quasi inconsciamente.

Bene o male puoi capire che considerazione gli altri abbiano di te semplicemente sentendo come ti chiamano.
Certo, io non sono una psicologa, ma sono quasi certa del fatto che se qualcuno ti chiama per nome o addirittura per soprannome pur non conoscendoti affatto, stia cercando un qualche tipo di contatto con te.
Viceversa, se ti chiama per cognome o insiste perchè tu lo chiami così, o è timido o sta proprio cercando di tenere le distanze.

Ma alla fine, che un nome sia più importante o meno rispetto ad un altro, rimane pur sempre una parola.
Un insieme di simboli e suoni senza alcun significato, se non quello che noi per primi decidiamo di dargli.

- Fai come ti pare. -

E di sicuro io non sono il tipo di persona che da chissà quanta importanza a cose del genere.

- Ottimo! - Esulta lei sgranando dalla meraviglia i grandi occhi scuri, quasi da cerbiatto. - Allora da adesso in poi ti chiamerò Naru-tan! -

Ok, sarò pure una persona che non da chissà quanta importanza a titoli, suffissi onorifici, soprannomi e cose del genere, ma c'è un limite a tutto.

E la qui presente yuki-onna l'ha appena ampiamente superato.

- Narumi-san. Al limite Narumi.
Naru-tan scordatelo. -

- Ma mi hai appena detto di fare come mi pare. -

Basta, ci rinuncio.
È una battaglia persa in partenza, questo è poco ma sicuro.

- E va bene. Se proprio non puoi farne a meno... -

Sospiro alzando svogliatamente le spalle, per poi posare la guancia destra sul palmo della mano e volgere lo sguardo verso la finestra alla mia sinistra.

Voglio sperare che pur non essendo in grado di comprendere il linguaggio verbale, sia in grado di capire dal linguaggio del corpo quando una persona è propensa al dialogo e quando invece ha tutta l'intenzione di rimanersene per i fatti suoi.

- Ehi Naru-tan. -

Ma che ci speravo a fare?

- Tu hai fatto i compiti di inglese? -

Ah, ecco a cosa mirava.
Me lo sarei dovuto aspettare.

- Io sì. - Continua poi soffiando via una piccola ciocca di capelli che le era finita davanti al viso. - Non erano difficili. -

Come non detto.

- Ehi, ti va un cracker? -

Che fa adesso?
Prova a prendermi per la gola?

Forse sa che il momento nel quale una persona mangia è uno dei momenti nei quali è più "vulnerabile".
Può essere molto fastidioso mangiare in compagnia di qualcuno con il quale non si ha particolare confidenza.
Ovviamente questo non vale proprio per tutti, non ho la più pallida idea di cosa accada nella mente di chi mi sta intorno, ma per me è così.

- No, grazie. -

Rispondo prima di volgere lo sguardo alle sue spalle, in direzione dell'orologio a muro.

Solitamente arrivo in classe solo cinque minuti prima che inizino le lezioni, ma oggi in qualche modo sono riuscita ad arrivare addirittura com un quarto d'ora di anticipo.
Temo proprio che dovrò sorbirmela ancora per un po'.

- Che fai di bello stasera? -

Ritenta lei, mentre noto con la coda dell'occhio la sua mano destra rinfossarsi all'interno della tasca del giubbotto, quasi fosse stata pronta solo pochi istanti prima a tirarla fuori, probabilmente insieme a un pacchetto di crackers.

- Sto a casa. -

Credo sia piuttosto evidente ciò che sto cercando di fare, smorzando sul nascere ogni suo tentativo di intavolare una conversazione con me.
Ma allora perché non riesce a capirlo?

Insomma, io non sono un'asociale.
O perlomeno, non completamente.
Volendo sono perfettamente capace di sostenere una conversazione, anche con persone appena conosciute.
Il problema arriva quando la persona in questione invade i miei spazi senza alcun preavviso, imponendomi la sua presenza completamente incurante di ciò che potrei pensare io al riguardo.

- Tutto apposto? -

Tenta un'approccio più semplice.
Il tono un po' sofferente, quasi lamentoso, con cui mi ha posto questa domanda mi irrita leggermente.
Tanto lo sa che se anche le cose non fossero affatto apposto, è sempre "sì" la risposta che sentirà.
Ormai domande del genere esistono solo per cortesia (o per sentirsi chiedere "e tu?" e poter iniziare ad autocommiserarsi).

- S... -

- Io no. -

Mi interrompe lei, pur continuando a rivolgermi quel largo sorriso.

Ecco, proprio come temevo.
Ora non riuscirò a liberarmi di lei finchè non avrà finito di raccontarmi tutti i suoi problemi, neanche fossi il suo confessore personale.

Sorprendentemente, però, dopo averlo detto Yukiyo si volta alla sua sinistra e torna al suo posto come se nulla fosse.
Non si voltò più verso di me.
Non mi rivolse più la parola per il resto della giornata.

Cos'era quello?
Uno squallido tentativo di suscitare in me un briciolo di compassione nei suoi confronti? O magari curiosità?

Perché per quanto riguarda la prima, direi che ha fallito miseramente.
Ma per la seconda... Non so, forse giusto un po', un pochino, così poco da esserlo a malapena, c'è riuscita.

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