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Capitolo V

Da piccola, quando mia madre mi raccontava i grandi miti della mitologia classica, immaginavo la Grecia come un luogo magico in cui l'acqua del mare era cristallina e i templi antichi risplendevano
sotto il sole caldo.
Ed effettivamente, una volta arrivata lì, avevo realmente costatato quanto fosse bella, anche se ciò che da piccola mi appariva speciale adesso, con gli occhi di una ragazza affaticata dalla malattia, rappresentava per lo più una totale agonia.
I raggi del sole cocente mi scavavano la pelle mentre, con la fronte madida di sudore, visitavo l'Acropoli della magnifica Atene.
Il luogo che avevo sempre sognato però, non sapeva dell'affascinante alone di magia e misteri che credevo, bensì di fatica, sudore e colonia da uomo di pessima qualità.

Forse, riflettei mentre finalmente tornavamo in hotel, l'impressione che la città mi stava trasmettendo era in larga parte influenzata dall'aver passato un'intera giornata senza fermarmi nemmeno un attimo a riposare.
Era stata così sfiancante che, una volta tornata in camera ero crollata sul letto e non mi ero più mossa.

" Indovino, la giornata è stata decisamente blu notte."

Dee mi osservava con sguardo di rimprovero, come se avessi deciso di mia sponte di stancarmi così tanto. Mentre formulavo questo pensiero mi tornò in mente quando, alcuni mesi prima, i miei avevano cercato di dissuadermi dall'andare in gita proprio per questo motivo.
Okay, forse me l'ero cercata.

" Nero di seppia" la corressi e come risposta ottenni una fastidiosa smorfia.

Dopo essersi cambiata, Dee frugò velocemente nella mia valigia e mi lanciò un top nero, seguito da una collana a forma di cuore che mi mise direttamente al collo.

" Lara è già al piano ristorante" mi informò " dobbiamo andare, sarà meglio che ti vesti"

" Non so se ce la faccio."

Mentre tenevo ancora la faccia immersa nel cuscino, mi sentii lo sguardo di Dee addosso e poi le sue mani che cercavano di togliermi la maglia.

" Che stai facendo?!"

Per tutta risposta Dee mi fece sedere con la forza sul letto e mi sfilò la t-shirt rosa che indossavo,
la rimpiazzò col top che mi aveva lanciato e infine mi spruzzò una dose esagerata del suo profumo alla vaniglia.

" Dee, questa roba è veramente troppo dolce."

La mia amica mi ignorò mentre si truccava gli occhi con cura, poi passò alle labbra.
Mi chiesi dove fosse il mio lucidalabbra rosa e in quel momento, come se mi avesse letta nel pensiero, Dee si posizionò di fronte a me e mi porse due suoi lipgloss: uno rosso fuoco e l'altro coi brillantini.
Indicai il secondo e lei me lo mise con pazienza.
Quando ebbe finito l'operazione, mentre io ero ancora seduta scomposta sul letto, sciolse la coda sfatta che avevo tenuto durante il giorno e la rimpiazzò con una treccia alla francese.
Quando terminò, fece un fischio d'apprezzamento di fronte alla sua opera.
Mi porse un braccio per aiutarmi e rialzarmi e, quando barcollai, mi sostenne col suo peso.
Insieme, uscimmo dalla stanza.

La camera d'hotel, una tripla che condividevo con Dee e la nostra amica Lara, era completamente vuota quando mi chiusi la porta alle spalle.
Dopo cena Dee aveva preferito restare nella hall con alcune nostre compagne di classe e io non ne ero affatto scontenta poiché, dato che Lara era rimasta con Malcolm, il suo fidanzato, avrei avuto la camera tutta per me.

Sospirando rilassata, mi sfilaii i vestiti e mi immersi sotto il getto bollente della doccia, lasciando che l'acqua calda lavasse via le fatiche della giornata.
Sarei voluta restare lì per sempre, ma sapevo anche di aver bisogno di riposo. Mi avvolsi nel ruvido asciugamano dell'albergo e, coi capelli ancora umidi dopo che li avevo tamponati, inforcai le ciabatte.
Accesi il televisore, pensando a cosa avrei fatto di lì a poco.
Avrei messo il pigiama, poi avrei letto qualche pagina del romanzo che mi attendeva sul comodino ( sospettavo che ne avrei lette ben più di quelle che erano in programma) e dopo...

La porta si mosse con uno scossone mentre qualcuno cercava di aprirla. D'istinto feci un balzo all'indietro, come la preda di un cacciatore messa all'angolo.
In realtà era una reazione esagerata, in quanto l'unica altra chiave della stanza era stata presa da Lara, tuttavia non riuscii a trattenermi.

Quando finalmente l'uscio si aprì, però, non fu Lara colei che mi ritrovai davanti.
Vincent, in abiti comodi e con gli occhi spalancati, mi fissava sconvolto sulla soglia.
Io, dal canto mio, ricambiai lo sguardo sorpreso, improvvisamente consapevole dell'asciugamano sottile che costituiva un unico minuscolo schermo prima del mio corpo nudo.

" E tu che ci fai qui?!" esclamammo contemporaneamente.

" Lara..."

" È la mia..."

Di nuovo, ci accavallammo nel parlare.
Quando , con un singolo cenno del capo, Vincent mi fece capire di potermi spiegare per prima, io mi affrettai.
Ero furiosa e imbarazzata allo stesso tempo, per quale assurdo motivo lui era entrato in possesso della chiave della mia stanza?!

" Io qui ci sto, è la stanza che condivido con Lara e Dee."

Vincent sembrò capire cosa fosse successo e questo non fece altro che farmi ribollire più di rabbia.

" Lara è rimasta nella mia stanza con Malcolm, mi ha dato la chiave perché volevo vedere la TV e pensava che qui non ci fosse nessuno."

Il ragazzo, i capelli neri che sfolgoravano sotto i faretti dell'ingresso, mi squadrò dall'alto in basso e io avvampai dall'imbarazzo.

" È evidente che si sia sbagliata" concluse, muovendo un passo verso la porta ancora socchiusa. Avevo la sensazione che indossasse il suo atteggiamento sprezzante solo a volte e che quel giorno l'avesse riposto nelle profondità di sé stesso. Mi chiesi se fosse una facciata costruita ad arte per proteggersi da mondo, e non potei che domandarmi perché con me non indossasse quella maschera.
Pensai a quanto sarebbe stato bello passare del tempo con lui e all'improvviso la prospettiva di leggere mi sembrò alquanto monotona.
Quando ero con lui il mio mondo scolorito appariva molto più vivido, come se fosse stato un raggio di sole in mezzo a una landa ghiacciata.
Così, forse per le farfalle che mi svolazzavano nello stomaco, forse per il battito accelerato del mio cuore o forse per il brivido dolce che sentivo sulla pelle, mi ritrovai a prendergli la mano per impedirgli di uscire.
Vincent mi guardò come se fossi impazzita, lasciando scorrere gli occhi sulle nostre mani intrecciate e poi sul
mio braccio. Continuò, osservandomi la spalla nuda e le clavicole, fino a giungere al bordo dell'asciugamano.
La sua mano era bollente e avevo la sensazione che il suo tocco, seppur così leggero, mi stesse lentamente consumando fino all'osso.

" Puoi restare, possiamo guardare la TV insieme."

Lui fece scivolare di nuovo lo sguardo sul mio asciugamano, un sorrisetto malizioso che gli germogliava in viso, facendomi arrossire violentemente.

" Magari prima mi vesto, però" e così dicendo gli indicai di sedersi su un letto, su cui lui si sistemò in silenzio.

Nel frattempo io recuperai un fresco vestito a fiori dalla valigia e mi affrettai a rientrare in bagno.
Una volta che fui pronta, mi scoprii a scrutarmi nello specchio pensierosa. I capelli lunghi si stavano asciugando in maniera piuttosto disordinata e il viso pulito, sprovvisto di qualsiasi cosmetico, mi appariva spento e pieno d'imperfezioni.
Sbuffai, rendendomi conto che m'importava ciò che Vincent avrebbe pensato di me.
Certo, avevo già avuto qualche cotta per un ragazzo, eppure quella volta mi sembrava qualcosa di più di una semplice cotta. Mi rimproverai per la mia stupidità. La mia mente stava vagando troppo, era giunta troppo lontano e troppo in fretta.

Sbuffando infastidita da me stessa, uscii dal bagno e trovai Vincent appoggiato alla testiera del letto matrimoniale che io e Dee condividevano.
Prima che si accorgesse di me, lo studiai a fondo.
Il viso rivolto alla TV era arricciato in un'espressione indecifrabile, anche se l'impressione di calma apparente che emanava era spezzata dal leggero tremolio di una delle lunghe gambe poggiate in maniera scomposta sul letto. Mi domandai se fosse più opportuno sistemarmi accanto a lui o sedermi sull'altro letto. Optai per la prima, lasciandomi guidare dall'istinto.

Alla TV stavano trasmettendo un programma di cucina che non capivo come potesse interessare a Vincent. Effettivamente, notai mentre cercavo di accoccolarmi sul letto a una distanza né troppo grossa né troppo piccola da lui, i suoi occhi erano puntati sullo schermo del televisore ma la sua mente sembrava lontana anni luce.
Mentre delle immagini di pietanze sconosciute scorrevano davanti a noi, mi ritrovai a studiare il profilo di Vincent.
Il naso dritto e la mascella squadrata, uniti agli zigomi pronunciati, ai piercing alle orecchie e alla leggera spruzzata di lentiggini sul naso, lo rendevano un ragazzo bellissimo, anche se non credevo che quello fosse l'unico motivo per cui la sua presenza mi rendeva così nervosa. Vincent emanava un carisma e una sicurezza che avrei voluto possedere io stessa.
Da lui sentivo provenire una muta comprensione e un sostegno che non avevo mai sperimentato prima d'ora. Era impossibile, probabilmente lo stavo immaginando, eppure non potevo fare a meno di credere che lui capisse come mi sentivo, che comprendesse il senso d'impotenza che mi caratterizzava. Avrei solo voluto...

I suoi occhi azzurro ghiaccio si posarono sui miei, rivelandomi che mi aveva beccata a osservarlo già da un po'.
Lui si avvicinò ancora un po' e in quell'istante pensai che le nostre labbra si sarebbero incontrate e fui colta dall'improvviso bisogno di scoprire se sarei avvampata dentro o raggelata fuori.
Purtroppo non lo scoprii, perché Vincent si alzò dal letto, evidentemente non più interessato alla TV.

Con due grosse falcate, raggiunse il piccolo balconcino della camera e si accomodò su una sedia intorno a un microscopico tavolino.
Io presi posto di fronte a lui, portandomi i capelli ondulati dietro le orecchie. Senza nemmeno accorgermene feci un verso infastidito rivolta alla massa che mi ricadeva sulla schiena, capendo troppo tardi che Vincent aveva seguito l'intera scena.

" Se non sopporti i capelli così lunghi, perché non li tagli?"

Era la prima volta da quasi un'ora che parlava e dovetti reprimere un piccolo brivido al suono della sua voce.
Mi chiesi se rispondere sinceramente o se piuttosto sviare il discorso, ma qualcosa mi indusse a credere che non si sarebbe arreso facilmente.

" Tagliarli è fuori discussione" gli risposi " Loro sono l'unico aspetto di me a non essere cambiato. Il mio corpo è diventato più debole, il mio sguardo ha perso lucentezza e il mio spirito si è incrinato, ma le onde dei miei capelli sono rimaste sempre le stesse. Non è molto, ma mi ricordano di com'ero... prima."

Pensavo che si sarebbe sentito a disagio, magari un po' imbarazzato, invece il suo sguardo freddo rimase fisso su di me.

" Forse è proprio per questo che dovresti tagliarli: restare incatenati nel passato non è mai una buona idea."

Sembrava che adesso stesse parlando più per esperienza che per darmi un reale consiglio.
Vincent alzò una mano e la avvicinò pericolosamente al mio viso. Quando ero ormai convinta che mi avrebbe accarezzato la guancia, lui tuffò le dita in mezzo alle mie onde castano chiaro, giocandoci e lasciandole annodare fra di loro.
Per la seconda volta quella sera, lo immaginai mentre mi baciava, solo che quella volta non rimase solo un'illusione.

Le sue labbra si posarono sulle mie, fredde e delicate come se avesse avuto paura di rompermi.
Avrei voluto dirgli di non preoccuparsi, che non mi sarei ridotta in frantumi lì davanti, ma lui continuò a limitarsi, a sfiorare le mie labbra con movimenti lenti. Ciononostante, pensai di prendere fuoco e mi domandai se davvero sarei riuscita a controllarmi se mi avesse baciata per davvero, senza sfiorarmi soltanto. A un tratto, si scostò da me con la paura in volto, come se si fosse accorto solo in quel momento di quello che stava facendo.
Avrei tanto voluto scoprire cosa sarebbe successo, ma in quel momento qualcuno bussò alla porta.

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