53. La ricerca del Quinto
Se non me lo avesse detto Gregor, non mi sarei nemmeno accorto di essere entrato nel Paese del Fuoco.
Il paesaggio era identico a quello del Paese dell'Acqua, anche se forse un po' meno boschivo. Nulla a che vedere con l'enorme balzo tra le gelide montagne di Brianne e i territori fertili governati da Warwick.
Campi sterminati si estendevano a perdita d'occhio in un mare d'erba e papaveri, intervallato ogni tanto da boschetti rigogliosi e villaggi di contadini.
Da quando avevamo varcato il confine non ci eravamo concessi un attimo di tregua. Avevamo viaggiato incessantemente, fermandoci il minimo indispensabile. L'ultimo Marchiato era vicino, ma lo erano anche le spie del re.
La povera Eve, che non era allenata a quei ritmi, aveva stretto i denti finché non le erano cedute le gambe.
-Forse per questa sera sarebbe opportuno alloggiare da qualche parte – propose Reyna. Due profonde occhiaie le incorniciavano lo sguardo di ghiaccio.
Ci trovammo tutti d'accordo.
La Locanda dei Fiori di Loto era calda e accogliente. I proprietari ci accolsero cordialmente – ancora di più una volta che li avemmo pagati – e ci condussero fino a una stanza grande, pulita e luminosa.
Non appena la porta si richiuse, Gregor si lasciò sfuggire un'esclamazione di sorpresa.
-Nulla a che vedere con le solite bettole – commentò con un ampio sorriso.
-E menomale! – aggiunse Reyna, molleggiando sul materasso. – Dopo tutti questi giorni di marcia serrata mi ci vuole proprio una bella dormita in un letto caldo.
Eve si posò una mano sulla fronte, esausta.
-Io... io credo che andrò a letto se non è un problema – mormorò con voce stanca. Le si chiudevano gli occhi.
-Fai pure – rispose Gregor dolcemente, aiutandola a sfilarsi lo zaino dalle spalle. – Riposati. Noi intanto cercheremo di capire dove è più probabile che si trovi il Marchiato del Fuoco.
Eve non se lo fece ripetere due volte: si infilò sotto le coperte ancora vestita e in un paio di minuti il suo respiro si fece pesante.
Il Marchiato della Terra si sfregò le mani, guardandoci con aria seria.
-Veniamo a noi – esordì, sfogliando il nuovissimo atlante che gli aveva regalato Eve alla Festa della Trina di Luna. – Esistono almeno quattro luoghi abbastanza isolati da non destare i sospetti del re e nessuno di questi si trova lungo la costa o in prossimità di Axor. E, visto che la zona del Massiccio dello Yanar è ovviamente disabitata, ci restano due possibilità.
Si grattò la tempia, muovendo pensosamente un dito sulla cartina.
-Cioè? – domandò Reyna, sfilandosi la tunica e restando in camicia.
Mi affrettai a distogliere lo sguardo da lei, cercando di non soffermarmi sul suo corpo sottile, sulle gambe toniche e sulla morbida curva del seno.
Percepii distintamente qualcosa dentro di me prendere fuoco e la gola farsi arida come un deserto. Stavo impazzendo, non c'era altra spiegazione.
Sì, per lei, mormorò il lieve sussurro di donna che mi aveva fatto compagnia nei boschi per lunghi anni. Da quando avevamo lasciato gli Arenas non l'avevo sentita nemmeno una volta.
La voce mi riverberò tra le costole per lunghi istanti, prima di dissolversi nel nulla.
Con la coda dell'occhio, osservai Reyna sedersi sul letto a gambe incrociate, la treccia corvina che le accarezzava il collo chiaro.
Per un istante, mi domandai come sarebbe stato posare le labbra su quella pelle nivea e immacolata e sentirla tremare contro di me, gli occhi serrati per nascondere le emozioni e la bocca socchiusa a tradirne i pensieri.
Il ricordo di un bacio mancato sotto la luce di luna e stelle mi aggrovigliò il cuore mentre scintille di elettricità scoppiettavano sui miei palmi.
Se qualcuno le notò, non commentò.
Mi faceva paura ciò che provavo. Perché quando si trattava di lei si faceva tutto più confuso, dai contorni sfocati.
Abituato da sempre a saper scindere gli opposti a prima vista, non sapevo cosa fare sotto uno sguardo che sapeva essere affilato come la punta di una freccia e morbido come una carezza.
E io avrei voluto... avrei voluto solo...
La voce di Gregor ruppe la magia.
-Potrebbe essere qui, nei pressi Solome, oppure qui – indicò un altro punto dell'atlante – vicino alle sponde del Nehir.
-Sicuramente abbiamo ristretto molto il campo, – osservò la Marchiata del Vento, tirandosi la coperta fin sopra il naso e sbadigliando vistosamente. – Direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza. Se non vi dispiace, credo proprio che imiterò Eve. Buonanotte.
Fu un attimo, uno sfarfallio di ciglia.
I nostri sguardi si incrociarono e in quegli occhi di ferro e tempesta scorsi tante di quelle cose, tante di quelle emozioni, che non ci capii più nulla.
La vidi trattenere il fiato per un istante, prima di rivolgermi un piccolo sorriso.
-Buonanotte, – ricambiai con un filo di voce.
E chiusi gli occhi, il suo viso ancora stampato sulle cornee.
Non osammo addentrarci nella città di Solome. C'erano troppe guardie, troppe sentinelle; il rischio era troppo elevato.
Il Paese del Fuoco aveva un livello di sicurezza interna in grado di rivaleggiare con quello di Brianne e noi non potevamo permetterci che ciò che era successo nel Fulmine si ripetesse.
Ci bastò poco per capire che il Marchiato del Fuoco non poteva trovarsi lì.
Iniziammo dunque a cercare vie alternative per raggiungere il fiume Nahir senza essere costretti a passare troppo vicino ai grandi centri abitati.
Fu durante una di queste deviazioni che, al lato della strada sterrata circondata da campi di erba alta, accanto a un'edicola, vedemmo un uomo che piangeva accasciato a terra. Aveva tagli su tutto il corpo e in viso segni di percosse.
Eve gli fu subito accanto e iniziò a prelevare dal suo zaino l'occorrente per curarlo.
L'uomo era sconvolto: non riusciva nemmeno a parlare. Solo dopo che ebbe bevuto un po' d'acqua riuscì a formulare qualche parola sconnessa.
-Mia... mia moglie... – biascicò, passandosi febbrilmente una mano sulla barba grigia e incolta – l'hanno presa... strega, traditrice...
-Chi? – domandò Gregor, chinandosi al suo fianco. – Chi l'ha presa?
-L'azzurro del cielo di giorno... le tenebre della volta notturna... – l'uomo sgranò gli occhi, rivolgendo lo sguardo verso di noi ma senza vederci – i servi devoti... l'hanno presa... portata via e...
Serrai la mascella. I servi devoti. Pregai con tutto me stesso di non aver capito cosa intendesse quell'uomo.
Le mani di Gregor gli si strinsero sulle spalle, cercando di non intralciare il lavoro di Eve. La ragazza proseguiva nel suo compito, medicandogli solertemente tagli e abrasioni, la fronte corrucciata e la concentrazione a raffreddare i tratti morbidi del viso. Il Marchiato della Terra tentò di porgli altre domande, ma i suoi sforzi non ebbero l'esito sperato.
Restammo con lui per quasi un'ora, i minuti scanditi dal ripetersi di parole intrise di paura e disperazione:
-Loro... i servi devoti...
Fummo costretti a lasciarlo lì: non potevamo portarlo con noi e non riuscimmo a convincerlo a farsi accompagnare al villaggio più vicino.
L'uomo si limitò a indicare l'antica edicola con un dito tremante, come per dire che ci avrebbero pensato gli Dei a proteggerlo. Lo sperai con tutto me stesso.
Ci eravamo allontanati già di diverse decine di metri quando, grazie all'udito che avevo affinato negli anni, riuscii a sentire le sue parole, soffiate nell'aria colma di terrore. E non fecero altro che confermare i miei timori.
-È stato il Rosso.
Quella sera, mangiammo circondati dal silenzio. L'incontro con l'uomo ci aveva turbato, me soprattutto. Ricordi che sarebbe stato meglio non riportare alla luce vennero dissotterrati da poche e semplici parole.
Perfino il Demone tremò al suo pensiero.
Al pensiero del Carnefice.
-Cosa intendeva secondo voi quell'uomo? – domandò Eve con un filo di voce.
Era pallida e la stanchezza le aveva scavato il volto rotondo. Le sue mani piccole e leggere erano coperte da tagli. L'unica cosa a non essere cambiata erano i suoi occhi: lucenti e brillanti come stelle turchesi.
Reyna sbuffò, mentre si scioglieva la treccia corvina e si passava le dita tra i capelli.
-Non lo so, – ammise, arricciando il labbro e cambiando posizione sul suo giaciglio. – Forse stava solo vaneggiando. Forse...
La mia voce tagliò di netto la sua frase.
-Non stava vaneggiando.
Gli occhi di tutti si puntarono su di me.
-Come fai a esserne certo? – chiese Gregor con le sopracciglia aggrottate.
Un soffio di vento fece frusciare le fronde degli alberi e si insinuò tra di noi, mentre una lama gelida mi affondava nel petto.
-Quello sguardo... – mormorai a mezza voce – quello sguardo non si dimentica facilmente. L'ho conosciuto anche io ai tempi in cui ero prigioniero a Brahar. Il Rosso mi è venuto a fare visita molto più spesso di quanto non avrei voluto.
Reyna sobbalzò, sorpresa.
-Questo non ce lo avevi detto – osservò. Ma non c'era accusa nella sua voce.
-Chi è il Rosso? – domandò invece Gregor.
Inspirai profondamente, sentendo il torace riempirsi d'aria fino quasi a scoppiare. Una paura viscerale mi fece tremare le vertebre.
-Il Rosso è...
Distesi le gambe e serrai le palpebre, rinchiudendomi nel nero del Demone per trovare il giusto coraggio. Ma non servì a nulla: adesso a riempirmi la mente, a rubarmi ogni altro pensiero, c'era solo lui, vortici neri e capelli di sangue.
- ...il Capo della Setta di Ardesia.
Gregor si sollevò in piedi di scatto.
-Hai detto – mormorò con voce tremante – il Capo della Setta di Ardesia?
Gli fremevano le mani. Annuii.
D'improvviso, il ragazzo si lanciò di lato e iniziò a frugare forsennatamente nella sua borsa.
-Dov'è... dov'è... dove sei? – continuava a borbottare.
Scambiai un'occhiata confusa con Eve e con Reyna. Restammo in attesa.
Ci vollero solo una manciata di altri secondi. Finalmente, dopo aver messo a soqquadro tutta la sua borsa, riuscì a trovare in una tasca laterale una busta dalla carta ingiallita e rovinata, tenuta insieme da un sigillo di ceralacca.
-Che cos'è quella? – chiese Eve, osservandola corrucciata.
-Tempo fa, il giorno stesso della nostra partenza dal Monastero di Riolite, l'Abate mi diede questa lettera, chiedendomi di consegnarla a una persona. Disse che erano questioni private.
-Perché non me l'hai detto? – Reyna abbassò lo sguardo, offesa e ferita.
Anche Gregor sembrò notarlo perché addolcì il tono e le si avvicinò, posandole una mano sul ginocchio.
-La persona a cui devo consegnarla è il Capo della Setta di Ardesia.
Sussultammo a quelle parole e io serrai così tanto i denti da sentirli cigolare.
-Tutti conoscono i crimini di cui si è macchiato e di cui si macchia tutt'ora. Non volevo coinvolgerti. Mi dispiace – proseguì il Marchiato della Terra.
I loro sguardi si incontrarono per un solo istante, ma quello bastò perché tra di loro si svolgesse una breve conversazione silenziosa. Infine, Reyna sospirò:
-Sei perdonato. Ma si può sapere che cosa contiene quella lettera di tanto importante?
Gregor scosse la testa, sconsolato.
-Purtroppo non ha voluto dirmelo, ma mi ha assicurato che non era niente che ci avrebbe danneggiato.
-E tu ti sei fidato?
-Cosa avrei dovuto fare?
-L'Abate – iniziai, bloccando sul nascere il loro battibecco – è sempre stato un tipo strano, ma mi fidavo di lui. Aveva molti difetti, ma non era un mostro. Mi ha sempre aiutato e protetto finché gli è stato possibile, perfino con i suoi confratelli.
Reyna si accigliò, le sopracciglia nere e il labbro superiore increspati.
-Cosa intendi?
-Quando i monaci scoprirono che ero un Marchiato diedero letteralmente di matto – ricordai, mentre un brivido freddo mi risaliva la schiena. – Io ero la fonte del potere dei Cinque finalmente giunta nelle loro mani. Alcuni proposero perfino di aprirmi il petto in due per vedere cosa ci fosse dentro.
A Eve si mozzò il fiato in gola e la ragazza si portò le mani alla bocca.
-Ma è terribile! – esalò in un soffio strozzato.
-Più per loro che per me – replicai senza esitare, mentre piccole saette mi danzavano sui polpastrelli. – Se ci avessero provato li avrei fatti fuori uno dopo l'altro. Avevo sconfitto i Segugi di Raev. Sicuramente non temevo qualche decina di monaci anziani.
Gregor si massaggiò la radice del naso, pensieroso.
-Avevo immaginato che fosse accaduto qualcosa del genere. Mentre eravamo lì, Erika ci aveva avvertito che sarebbe potuto essere pericoloso rivelare la nostra identità, anche se non ci aveva mai spiegato il perché.
Il verso di un gufo riempì l'aria frizzante della notte, mentre Reyna si lasciava cadere all'indietro sul suo giaciglio.
-In sintesi: dobbiamo trovare il Marchiato del Fuoco senza farci catturare né da Jordan, né dalla Setta e né... gli Dei non vogliano... dal re, convincerlo a partire con noi e trovare la Sede Centrale dei Ribelli. E chiaramente, per farlo, dovremo risolvere quello stupido messaggio in codice di Dafne.
Gregor sospirò.
-Direi che è una buona sintesi.
Sul volto di Reyna comparve un ghigno ferino. I suoi occhi di ferro lampeggiarono di sfida quando concluse:
-Ci sarà da divertirsi.
Le fronde degli alberi si piegavano sopra il sentiero, creando una volta verde che ci schermava dai raggi primaverili del sole. Cespugli di bacche costeggiavano la strada e in lontananza si percepiva il gorgoglio di un fiume: il Nahir, finalmente.
Quel giorno scorreva in noi una strana eccitazione: eravamo vicini, lo sentivamo. Proprio per quel motivo avanzavamo veloci lungo il sentiero battuto, sospinti da un'energia fuori dal comune.
Fino a quel momento era filato tutto liscio come l'olio. Non avevamo avuto incontri spiacevoli con l'esercito e con la Setta e avevamo acqua e provviste in abbondanza.
D'improvviso Gregor – che guidava la fila – si bloccò e io quasi finii addosso alla povera Eve, che rischiò seriamente di morire schiacciata sotto il mio peso.
Reyna, alle mie spalle, allungò il collo.
-Che succede? C'è qualche problema? – domandò imbracciando l'arco.
-No, o almeno non credo – fu la risposta di Gregor, che continuò a guardare un punto indistinto dritto davanti a sé. – Ma c'è qualcuno laggiù, quindi cercate di sembrare disinvolti.
Cauti, iniziammo a camminare più lentamente, cercando allo stesso tempo di apparire tranquilli.
A poco a poco, davanti ai nostri occhi il sentiero si divise in un bivio. La diramazione di sinistra ci avrebbe portato a fiancheggiare il Nahir, mentre quella di destra ci avrebbe fatto addentrare ancora di più nella foresta.
Proprio al centro del bivio, a separare le due strade, troneggiava un masso. Alto, grigio e illuminato da uno spiraglio di sole, svettava sopra di noi come una montagna in un'immensa pianura.
E sopra il masso, con le gambe a penzoloni e le braccia incrociate, sedeva un ragazzo. Al suo fianco erano appoggiati una bisaccia e il fodero di una spada.
-Era ora che arrivaste – lo sentimmo sogghignare sopra le nostre teste.
Provai ad aguzzare la vista ma, con il sole negli occhi, non vedevo niente.
Non fu un problema, perché il ragazzo, in un unico e flessuoso movimento, si diede la spinta, saltò a terra e atterrò con fermezza sulle gambe.
Fu allora che riconobbi ciuffi mossi di un rosso tendente all'arancione che incorniciavano un viso chiaro, dalla pelle luminosa spruzzata da centinaia di lentiggini.
Mi ci volle poco a capire che quel volto d'angelo nascondeva il ghigno di un demone. Lo vidi nei suoi occhi nocciola dal taglio allungato, in quel sorriso mordace e sardonico che gli tagliava le labbra.
-Vi stavo aspettando – disse ancora con voce affettata.
-Chi sei? – domandò Gregor, facendo un passo avanti per fare da scudo a Eve, una mano già pronta sul pomolo della spada.
Quel movimento non passò inosservato al misterioso ragazzo, il cui ghigno compiaciuto si allargò ulteriormente.
-Che maleducati – sibilò, leccandosi appena il labbro inferiore. – Eppure dovreste essere voi a presentarvi per primi.
Reyna fece una smorfia, pronta a rispondere a tono, quando il misterioso ragazzo la interruppe bruscamente con un gesto secco della mano.
-Per fortuna però le voci girano e non siete certo un mistero per coloro che sanno mettere insieme le informazioni.
Sollevò il mento, fissandoci da sotto le ciglia.
-O sbaglio, Marchiati?
Il grugnito di Reyna si trasformò in un vero e proprio ringhio mentre puntava una freccia d'argento verso di lui.
-Chi sei? – ripeté con aria minacciosa. – E vedi di rispondere perché altrimenti non esiterò a infilzarti.
-La Marchiata del Vento! – la derise lui. – Che coraggiosa! Adesso vediamo se sei anche intelligente. Vediamo se indovini chi sono.
Reyna non gli lasciò nemmeno il tempo di finire la frase. Il suo volto lampeggiò di rabbia e le sue dita lasciarono la corda, scagliando la freccia d'argento contro di lui.
Ma questa non colpì mai il bersaglio.
Si sciolse letteralmente in volo, trasformandosi in una poltiglia grigiastra sul sentiero, quando venne intercettata da un muro di fiamme.
I nostri occhi si sgranarono mentre, tra gli scoppiettii del fuoco ormai morente, due occhi affilati ci fissavano divertiti.
-Che peccato... – mormorò il ragazzo, che sembrava sinceramente dispiaciuto. – Mi sarei aspettato molto di più da te, da voi. Siete stati una delusione.
E mentre nelle sue iridi si spegneva l'ultimo bagliore delle fiamme, aggiunse:
-Speravo che avreste capito da soli che sono il Marchiato del Fuoco.
Così. Di botto. Senza senso.
Ammettetelo: non vi aspettavate che il Marchiato del Fuoco sarebbe comparso così in fretta. E sicuramente non che sarebbe stato lui stesso ad andare incontro alla nostra compagnia.
Per una volta, si sono risparmiati la fatica di dover girare mezzo mondo. 😂
Comunque... vi è piaciuta la sua entrata a effetto? Com'è la prima impressione? 🔥
E, notizia delle notizie... adesso che abbiamo trovato anche il quinto pargolo ci stiamo avvicinando sempre di più alla conclusione del primo libro! Quasi non ci credo!
*applausi in sottofondo*
Detto questo, vi auguro una buona serata! ❤
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