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Le speranze e le sconfitte

Era biricchino il faro d'agosto, nelle sere esauste, reduci dal grande calore estivo,in quelle sere, il faro accendeva il suo occhio rosso, fiammeggiava a sprazzi, si accendeva come un riflettore, e oggi, oggi in questa sera estenuata, illuminava il giovane Nino, detto Bomboloni.

Nino percorreva tutta la spiaggia, zoppicava per tutta la spiaggia, portando la sua borsa a tracolla, era un giovane sciancato. con una suola in sughero, molto alta, che cercava di bilanciare la frana dell'altra anca, andava per la spiaggi affogata di calore, gridava:

- "Bomboloni".

Ma avrebbe voluto gridare:

-"perchè mia madre e mio padre non mi hanno mandato a scuola? Con la quinta elementare sarò sempre un poveraccio.

"Bomboloni" strillava e avrebbe voluto dire:

"perchè sono lo zimbello di tutti? Chi autorizza questa gente a trattarmi come uno scemo? Sono sciancato non idiota e se mi avessero operato se mi operassero, avrei il passo fermo e sicuro come tutti gli altri e, prenderei a calci in culo tutti quanti, e strillava:"Bomboloni" distribuendo a casaccio i grossi cubetti dolciastri che ritirava in una fabbrichetta sporca e maleodorante: era diretta da suo zio che non solo lo sfruttava dandogli una paga misera ma si vantava di mantenere il nipote

Mentre zoppicava tra gli ombrelloni, gli occhi di Nino fuggivano via, in  alto ,rapiti dalle luci turchesi e la c'erano le moderne farfalle, le libellule, i parapendii! Prima li seguì timido con lo sguardo esitante, poi, preso dalla frenesia, cominciò a inseguirli, zoppicò, cadde , si rialzò , finchè ne raggiunse uno, un morbido  veliero dalle vele afflosciate, seta, seta tesa sulle aste da alluminio: il pilota, ingloriosamente caduto ,lo cacciò in malo modo;cosa voleva quel giovane rachidico e sciancato? Nino realizzò in un attimo quello che era il suo piu' grande desiderio: Nino voleva volare, Nino sapeva che era un sogno impossibile, come svellere le radici che lo saldavano  a terra? Perciò continuava a strillare:" Bomboloni" incrociando l'altra sciancata Raffaella, pure lei barcollava ,ma di vergogna, non osando neanche guardare la strada su cui camminava.

Intanto pure Severino si era fermato folgorato dal riflettore rosso del faro, poi ricominciò il suo lavoro sistemando le bottiglie di birra, strano quel faro , gli aveva riportato alla mente una visione forse un sogno che persequitava le sue notti, aveva sognato che il fiume anonimo, il magro torrente, che vicino al fortino finiva in mare con un modesto delta, quel fiumiciattolo insomma non era piu' limaccioso e incolore ,ma al contrario si rovesciava con un moto violento e possente: il fiume si era come sollevato dal suo letto, formava una cascata e, dalla cima remota di quella cascata, precipitava ,verso antiche cavità marine si perchè , il mare, in quel punto, era come sprofondato ed accoglieva un nuovo enorme flotto di acque, intanto esondava tumultuoso il fiume, mostruoso travolgeva  e distruggeva ,lasciando detriti e relitti, lambiva le persone, mondandole da tutti i loro peccati  da tutte le brutture, da tutte le sconfitte.

Ma c'erano anche cadaveri sulle sponde del fiume, vittime incolpevoli che pagavano il loro tributo per la redenzione, intanto l'altra umanità quella salvata si precipitava oltre i ponti arrugginiti verso la terra promessa. Pure il suo fortino veniva allagato e del rione Ferrovieri si vedevano solo gli abbaini, anche le villette a schiera sparivano, spazzate dalle frane.


Poi Severino si addormentò e sognò, o era sveglio e sperava? Immaginò i fiordi della Norvegia, il gelo di un vento spietato, e, finalmente una notte perenne, che aveva sconfitto alla fine il volto beffardo del sole, quel sole che aveva illuminato una a una le sue sventure.

Bisognava solo avere il coraggio di partire, il coraggio di affrontare un altra specie di solitudine perchè , ormai aveva dato fondo a tutte le solitudini possibili, là sotto la linea ferrata. 

Il faro d'agosto dardeggiava anche il giovane Giando, che saltellava sulle traversine della ferrovia, il giovane assorto nella musica, non fece caso a quel fascio di luce rossa, pulsante, accostò ancor piu' la radiolina all'orecchio non sentii il mostro ferrato, il mostro brutale che,, veloce e sbrigativo, maciullò i suoi quattordici anni e gettò, quello che restava di lui nella scarpata accanto le belle di giorno, sanguigne e meste.

Sotto la linea ferrata rimase sua madre, la sua giovane madre stranita da quel dolore incomprensibili assieme ai suoi fratelli, alle sue sorelle. tutti quei ragazzi, giovani fiammelle, spente all'improvviso. i loro svettanti ceri, un soffio mortale sulla leggerezza delle loro vite.

Con oscena velocità si mossero i  rapidi attori, la madre, con il vestito di cotonina urlava, un lacerante grido, gridava, alle cinque della sera ,e gli uomini, la trattenevano perchè non si precipitasse sotto la scarpata ,perchè, là, in fondo, sul muro, c'era una macchia densa di strazio, sangue e sudore.

E furono tante le persone, tanto veloci, rapidissimi bestioni, che andarono a contemplare, il povero corpo straziato,si precipitarono intere folle, cortei con tante facce gonfie, avide, di curiosità animale 

Tutto il quartiere, ben presto fu  messo al corrente: Cece balbettando indicava i binari e la madre di Gianto, gridando, strappava il manifesto funebre, di già incollato accanto al portone di casa. Erano le cinque della sera.

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