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Capitolo 26 Di una passeggiata newyorkese e di un miracolo di Kate


«Warren era proprio carino» Morgan aveva commentato, ammirata, il selfie sul telefonino di Kate, scattato al cinema.

«È ancora carino, mica è morto. Vero, Lucky?» il golden retrivier abbaiò di rimando alla sua padroncina. In fondo Morgan aveva usato il giusto tempo passato, perché Worthington III era scomparso dalla sua vita alla stessa velocità con cui c'era entrato. Le Terre Selvagge erano un paese lontano, ostile per i progetti di Erik Lehnsherr e loro due non si erano nemmeno scambiati i numeri di cellulare, posto che un rapporto sentimentale a una simile distanza era improponibile.

«Peccato sia andato via» la giovane Stark cercò di sollevare l'amica «Almeno i tuoi si sono concentrati su di lui e non sulla tua punizione».

«Piuttosto è stato merito di zia Ororo. Fissata com'è coi vestiti, ha consigliato a mia madre un'abbuffata di shopping per me, per dimenticare quanto successo ieri». Tempesta era stata sua madrina di battesimo e sempre presente nella sua vita, offrendo suggerimenti a Julia sulla gestione della figlia, un occhio esterno moderno e anticonformista. Dalle una piccola cifra con cui comprerà un abbigliamento adatto alla sua età per la prossima serata con un ragazzo perché non indossi le tue cose. La principessa era riuscita a persuadere Clint e Fenice e persino Tony da remoto che un pomeriggio di acquisti avrebbe distratto l'arciera, meglio se con Morgan.

«Cento dollari basteranno per un vestitino decente, e le scarpe? Mio padre è andato a risparmio, il solito brontolone» il Falco le aveva dato una banconota e una battuta secca: Secondo me i tuoi vestiti andavano benissimo ma non ho la forza di mettermi contro due super donne come Tempesta e tua mamma.

«Basteranno, ti aiuterò io, sarai la mia bambola da vestire» la figura snella riempiva il cappottino rosso acceso, un paio di stivali neri, leggings e un maglione verde, capi prestigiosi e di marca, in puro stile Stark. La ragazza aveva ereditato il fisico longilineo dalla mamma Pepper, i colori dei capelli e degli occhi da Tony. Il volto era una combinazione dei tratti somatici di entrambi i genitori.

«Sono contenta, sì» Kate mosse i polpastrelli delle dita della destra gli uni sugli altri. Le bruciavano, dopo la stretta di mano di saluto di Warren all'entrata della stazione della metro. Lui le aveva preso la mano trattenendola fra le sue qualche attimo più del necessario, gli occhi fissi nei suoi e un saluto significativo «Ciao, arciera».

«Kate, sei con me? Se non hai voglia non siamo obbligate, chiamo l'autista e torniamo a casa» l'incontro con Warren e il suo epilogo avevano turbato Kate, al pari del sapere che i mutanti capeggiati da Magneto avessero intenzionalmente attentato alla vita di suo padre. Morgan si accertò nuovamente che stesse bene.

«Sì. Proviamo qui?» indicò un piccolo negozio le cui vetrine rimandavano abiti vintage «Mi piace lo stile di Tempesta, un misto fra stravaganza e classe. Questo, per esempio» prese una stampella con un abito nero di taglio maschile.

«Kate, è un tailleur coi pantaloni e la cravatta! Credevo prendessi un vestitino a fiori e delle ballerine».

«Non contarci, lo provo assolutamente. Che c'è, bello?» prima di indossare i capi nel camerino si sincerò dello stato del cane, che l'aspettava fuori dal negozio. Lo reputò troppo agitato e preferì legarlo al gancio metallico fissato sul muro esterno dall'esercizio commerciale, pur non avendo visto alcun elemento di disturbo per l'animale, abituato al fiume di persone in movimento nel tipico struscio di Manhattan.

«È nervoso?».

«Direi di sì, è piuttosto su di giri. Tony ti ha rimproverato perché mi hai tenuto il gioco per l'appuntamento?» Kate si fece aiutare dall'amica a sistemare la giacca.

«Ha gridato al telefono per sessanta secondi, poi ha lasciato il compito a mia mamma, è lei il poliziotto cattivo» Pepper l'aveva strigliata fino alle lacrime, sia in senso generale sia per l'identità di Warren «La storia della cura dei mutanti l'ha destabilizzata, ha timore che possa capitare qualcosa di brutto. Ventilava l'ipotesi di affibbiarmi delle guardie del corpo, dopo l'attacco a tuo padre a Ginevra» la consapevolezza della volontarietà di ferire il Falco aveva allertato anche i coniugi Stark «Clint sta davvero bene?».

«È un miracolo, ha recuperato completamente» la figlia tenne il punto della guarigione dovuta alle cure di Hank e Bruce, sistemando la cravatta al collo. Era sottile, femminile sopra la blusa di voile «Potrei mettere gli stivaletti neri, sotto» esaminato il cartellino del prezzo, molto vicino ai cento dollari, pensò di rinunciare alle scarpe e spendere l'intera cifra nel tailleur.

«Non credo che i tuoi pensassero a un vestito simile ma ti sta bene. Il completo piacerebbe a Ororo, dovresti prenderlo se ti convince» Morgan insistette «e decidi in fretta, c'è qualcuno che ti aspetta» attraverso il vetro della porta d'ingresso del negozio era sbucata una testa bionda, accanto a Lucky che era saltato addosso, festoso, al suo proprietario. Un ragazzo la cui foto lei aveva scorto dal telefono dell'amica pochi minuti prima.

«Maledizione» Kate imprecò fra i denti, al saluto di Angelo.

«Bel completo, arciera» Warren si immise subito nella boutique presentandosi a Morgan e dando alla giovane Barton un'occhiata lusinghiera. Il tailleur scuro, scelto con i pantaloni, analogo a quello del giorno precedente per il cinema, le conferiva un'aria matura e provocante.

«Dovresti essere in aeroporto, l'avevi promesso».

«Ci sarò, non mi rimangio la parola data a tuo padre, ma prima volevo salutarti come si deve» non aveva mentito al Falco, solo evitato di dire nello specifico cosa avrebbe fatto nelle ore precedenti la partenza.

«Sarebbe meglio che vi lasciassi soli. Kate, porto Lucky a spasso».

«Resta, Morgan» la bruna rientrò nel camerino, spogliandosi con lentezza per raccogliere le idee. Sbirciò dalla tenda, osservando Worthington III conversare con la sua amica. Il bracciale a forma di freccia le pesava sul polso, era il segno dell'interesse del mutante per lei e che il loro incontro era stato, comunque, l'inizio di qualcosa, al di là della missione di sorveglianza della sua famiglia. Che poteva accadere nel prendere un caffè insieme, per di più in compagnia di Morgan? Terminò, rivestendosi coi propri abiti e dirigendosi alla cassa per pagare.

«La porto io» Angelo si offrì educatamente di prendere la busta. Il suo bagaglio consisteva nel solo zaino in spalla, e gli fu agevole anche porgere il braccio a Kate che lo rifiutò momentaneamente per occuparsi del cane.

«Grazie» riprese Lucky, infatti, optando per lasciargli il guinzaglio. Era metà pomeriggio e le strade dello shopping piene di newyorkesi e di turisti. Morgan, che l'aveva preceduta, requisì il quattrozampe qualche passo dietro di loro. Si sentiva un terzo incomodo sgradito, e avrebbe preferito fare un percorso alternativo; tuttavia la sua amica era stata categorica nell'impedirle di dileguarsi e lei era rimasta.

«Da quant'è che ci segui?».

«Da un po', più o meno dall'arrivo al fast food dove avete pranzato» le spiegò, stringendola di più a sé con il braccio e bisbigliando, come nel confessionale a un prete cui si confidavano i propri segreti «Kate, mi sono offerto volontario per venire a New York, quando ho saputo che Magneto avrebbe mandato uno di noi per scoprire informazioni sullo stato di salute di tuo padre. Ti ho avvicinato perché non avevo scoperto nulla di rilevante, credevo che Clint fosse ferito in modo irrimediabile e volevo una conferma. Poi ti ho conosciuta, ci sono state le nostre chiacchiere e la colazione a Central Park: invitarti a vedere Romeo e Giulietta è stato un gesto spontaneo e sentito. Credevo che ci saremmo detti addio dopo la serata e mai più rivisti; nel pomeriggio tu, il Falco e Julia siete andati alla X-Mansion, tuo papà stava bene e la mia missione era conclusa. Qualcosa dentro di me mi ha impedito di annullare l'appuntamento. Chiaramente non immaginavo che i tuoi genitori sarebbero capitati per caso al cinema. Tengo a ribadire pure che non ero a conoscenza dell'attacco di Banshee» molto disturbato dalle parole sentite nel corso dell'incontro, aveva mal digerito l'aggressione del mutante all'Avenger e che Lehnsherr fosse il mandante dell'episodio e di innumerevoli altri. Il turbamento di Julia era stato il colpo di grazia, l'aveva fatto riflettere.

Kate non rispose sulle prime, dovette assimilare il fiume di parole che l'aveva investita. Per una volta aveva pizzicato uno che chiacchierava più di lei «Ti credo. Qual è il motivo per cui hai insistito con Erik per avere l'incarico?».

«Fenice» ammise, vagando con la memoria, lo sguardo fisso fra la folla, gli occhi cerulei vispi e leali «Tua mamma mi ha insegnato a volare: se non fosse stato per lei chissà quanto tempo avrei impiegato, magari non sarei mai riuscito. Ero molto piccolo ma lo ricordo perfettamente Non è stato solo il suo potere, è stata lei. È magica».

«Lo dice sempre mio padre e non posso che concordare» Julia era una creatura straordinaria, al di là dell'affetto figliale «Ciò che mi hai raccontato di te è vero? Che studi matematica? E il resto?» si era chiesta se fossero state solo bugie inventate per una normale conversazione fra ragazzi.

«Non sono bravo a mentire, checché tu possa pensare, ti ho raccontato di me, del vero Angelo. A parte l'Inghilterra il resto è reale» aveva usato la provenienza dal regno di Sua Maestà perché parlava senza accenti o inflessioni particolari; l'inglese era la lingua madre delle Terre Selvagge.

«Ho apprezzato il tuo chiarimento però che senso ha? Stai per partire e probabilmente non ci vedremo mai più».

«Vorrei passeggiare mano nella mano con te finché non sarà ora di prendere la metropolitana per l'aeroporto, anche senza parlare, mi basterebbe» tolse il braccio dall'incrocio con il suo e provò a sostituirlo proprio con la mano aperta. Kate era buffa, aveva un musetto chiuso in un corrucciato riserbo, le fossette spiccavano. Che si mordesse le labbra non era un buon segno.

Difendersi da una delusione significava prima di tutto non esporsi troppo al rischio. Lei tendeva a mantenere il contatto con la realtà, nutriva aspettative realistiche su quanto le accadeva intorno, aveva ereditato tale aspetto caratteriale da Clint. Si sarebbe trattato di poco tempo e poi avrebbe chiuso ogni rapporto col giovanotto biondo che era lì, in attesa di un suo gesto. Forse poteva sognare, almeno un pochino, senza restare molto male. Seguì il suo cuore, sciogliendosi alla richiesta «Accetto». Rispose come alla proposta dell'appuntamento al cinema; le dita corsero a intrecciarsi con quelle gelate e insieme umide del ragazzo in un gesto affettuoso di tenera intimità.

«Sono un po' agitato» ammise Worthington III, godendo del tepore della manina calda.

«A chi lo dici» la giovane Barton rallentò il passo, cadenzando l'andatura a un ritmo lieve. La coppia si spostò verso la parte interna del marciapiede, dal lato delle vetrine, in una pigra passeggiata, la calma dopo il ciclone emotivo che li aveva colti.

Camminarono così, in un silenzio più rimbombante delle parole, per un'oretta, con la scorta di Lucky e Morgan a debita distanza fino a una fermata obbligata.

Un cordone di poliziotti in tenuta antisommossa circondava l'ingresso di un portone; transenne bianche e rosse separavano l'area antistante dal disimpegno e dalle poche scale necessarie per accedere alla struttura. Hub vaccinale lesse Kate su un foglio plastificato applicato sulla parte superiore dello sbarramento di fronte a lei.

Un manipolo di persone nella porzione di spazio opposta, più vicina alla porta, premeva per farsi strada e immettersi nell'edificio.

«Oggi è sabato, e nel pomeriggio non si effettuano vaccinazioni di nessun tipo» Morgan commentò all'indirizzo dell'amica, con preoccupazione crescente alle grida degli agguerriti manifestanti. Che non avessero armi fra le mani le permise di intuire che si trattasse di mutanti con poteri.

«Da lunedì qui somministreranno la cura a tutti coloro che si metteranno in fila, le fiale di vaccino sono già all'interno, custodite nei magazzini refrigerati. Allontanatevi, ragazzi, per piacere» la voce di un giovane agente dai capelli castani rispose, chiarendo la motivazione della presenza dei contestatori. Lo scudo trasparente all'avambraccio era lungo dalla testa alle ginocchia, il caso scuro con visiera proteggeva la testa, col solo viso a vista.

«Meglio muoversi, ha ragione, ho letto in rete che questo sarà il centro che inaugurerà l'inizio della cura, uno dei più grandi degli Stati Uniti» Warren si voltò, invitando le due amiche a scostarsi. L'abbaiare di Lucky contro un fruscio d'aria che aveva spostato anche un bicchiere di carta sporco sull'asfalto lo inquietò; lo associò al movimento repentino e scarsamente visibile a occhio nudo tipico di Pietro Maximoff, che lui ben conosceva.

Un altro volto familiare dagli orientali occhi a mandorla, nascosti dal bavero della giacca marrone rialzato e da una sciarpa scura al collo, lo agevolò nella comprensione di trovarsi nel mezzo di un attentato.

Sole Ardente, alias Shiro Yoshida, pirocineta in grado di volare, mosse le mani il momento successivo.

«State giù, Kate, giù» Angelo si gettò su di lei riparandola col proprio corpo, la busta dello shopping caduta. All'altezza di una rientranza laterale, la spinse, distinguendo sulla pelle il calore delle fiammate lanciate dal giapponese per aprire un varco.

Morgan si era spostata anche lei verso l'amica, ma il golden retrivier, terrorizzato dalle vampate di fuoco e dalle urla delle persone intorno si era liberato dalla presa del guinzaglio e ululava, girando su se stesso in uno strano e buffo gioco fra muso e coda.

«Lucky» un colpo di telecinesi e Kate riprese il laccio di cuoio, per arpionarlo nel proprio pugno e gestire il cane.

Gli agenti si erano separati per timore di essere colpiti, creando loro malgrado un passaggio per l'entrata dei mutanti nel centro vaccinale, tranne uno: il giovane dai capelli castani che bruciavano sulla sua testa, sotto il casco, come una pira.

Aveva tentato coraggiosamente di sparare contro Sole Ardente, ma la pistola gli era stata strappata di mano da una lingua di fuoco che, con velocità impressionante, lo aveva avvolto. Nell'impeto aveva perso lo scudo di materiale plastico, inutile contro la potenza della fiammata.

Rotolando si era buttato a terra e aveva cercato di spegnere le fiamme, fra grida atroci e incomprensibili. Uno dei colleghi velocemente era riuscito ad accedere nell'edificio e aveva recuperato un estintore a schiuma. La bombola rossa d'acciaio in spalla, aveva indirizzato la bocchetta sul corpo dello sfortunato compagno, spruzzando la sostanza sulle fiamme ancora ardenti.

Il segnale acustico delle ambulanze, delle pattuglie della polizia e dei vigili del fuoco in arrivo riempivano l'ambiente, l'aria era letteralmente corrosa dal puzzo del derma e dei capelli bruciati e della plastica divenuta un tutt'uno con la testa. Un rantolo usciva dalla bocca del poveretto.

«Oddio» l'arciera trasalì: il volto dell'uomo era orrendamente deformato dalle dolorose ustioni come le mani, gli abiti sembravano divenuti un'oscena seconda pelle. Alla sinistra portava la fede e notò ciò che restava di un annerito bracciale di metallo: due ciondolini a forma di pupazzetto stilizzato, un bambino e una bambina. Marito e padre, ciò che era Clint per sua mamma e per lei. Scattò, istintivamente, abbassandosi verso l'agente fra i colleghi rimasti all'esterno, in circolo.

«No, Kate, muoviamoci» Angelo la sollecitò, temendo per la sua incolumità ma lei si era persino liberata del guinzaglio del golden retrivier, che la tallonava. La osservò chinarsi e porre le mani sul torace maschile, sopra la divisa. Le dita toccarono il distintivo e il sottile rettangolo metallico con il nome dell'agente. John Smith, il nome più comune negli Stati Uniti. Non le importò delle promesse e delle paure dei suoi genitori, soltanto di salvare l'impavido agente.

Chiuse gli occhi, concentrandosi, pur conscia che non le servisse alcuno sforzo per aiutarlo. Un fluido giallo oro uscito dai palmi e dalle dita stesse si diffuse nel corpo di Smith, allargandosi verso la schiena, le gambe e la testa. In pochi attimi, sotto lo sguardo esterrefatto dei presenti il rantolo dei polmoni divenne un pieno respiro, la pelle si riformò chiudendo le scottature fino a che scomparve ogni più piccola spellatura. Era più in forma di cinque minuti prima e con qualche anno biologico in meno.

Nonostante dall'interno dell'edificio si udisse il trambusto del combattimento impari fra i mutanti e i poliziotti che si erano decisi ad affrontarli, l'interesse degli astanti tornati sui propri passi si era spostato dalla battaglia per la distruzione del siero alla strana ragazzina mora dai poteri taumaturgici. Alcuni avevano ripreso la scena coi loro smartphone e le gesta di Kate erano già state postate sui social più famosi.

«Che mi hai fatto? Ora sto bene» messosi a sedere, John si era tolto il casco e aveva balbettato all'indirizzo dell'arciera, traumatizzato del rapido passaggio da un oceano di folle dolore a una completa ripresa repentina. Il sorriso rassicurante della giovane in cappotto spigato lo confortò e lo atterrì, avendo compreso che lo avesse guarito con il solo tocco delle mani.

Warren aveva assistito al miracolo, preso dalla visione, completamente assuefatto dal prodigio della ragazza con cui sperava di passeggiare più a lungo. Rabbrividì alla reazione del pubblico. Gli agenti, turbati e sul chi va là, chiesero a Kate le generalità, in maniera intimidatoria; qualcuno dei passanti si era allontanato spaventato; alcuni altri, al contrario l'avevano circondata in cerca di un trattamento analogo, prendendola per il bavero del paltò e per le braccia, provando a trascinarla con loro.

Fu quando vide lanciare una lattina vuota contro la testa dell'arciera che Angelo si liberò dello zaino e del giubbotto, tolse il maglione e in baleno spiegò le ali. Un balzo verso Kate e una spinta alla donna robusta che l'agguantava per il polso, la cinse sulla vita in modo deciso e lei contraccambiò l'abbraccio, percependo lo stacco dei piedi dall'asfalto e l'intenzione di Worthington III.

«Tieni Lucky e chiama i miei» Morgan, incapace fino ad allora, di spiccicare una parola a causa dello stupore, avrebbe condotto il cane a casa e avvisato Clint e Julia.

Lucky alzò il muso puntando il volatile mutante che si distanziava sempre più, l'amica con voce flebile annuì, tirando a sé il golden retrivier. I flash dei cellulari continuarono a scattare foto, gli schermi a riprendere filmati.

Mentre tutto sotto di sé diventava piccolo e lontano, le gambe nel vuoto, Katherine Elizabeth Barton si sentì confortata dalla salda cinta di Warren. Posò la testa sulla sua spalla nuda, assaporando il calore della pelle e la scattante muscolatura del giovane, oasi di serenità momentanea.

«Dove andiamo?» le chiese, incerto. Aveva avuto un'idea per proteggerla che non espresse, non se la sentì di proporla.

«In un posto sicuro» sussurrò l'arciera al suo orecchio, spiegandogli quale direzione prendere.

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