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Capitolo 17 Di una giornata al mare, di tristi scoperte, di stupende rivelazioni


«La cena è andata alla grande, Clint» Poe sondò l'amico, indossando la muta nera per proteggersi dalla bassa temperatura dell'acqua dell'Oceano. Di nuovo avevano deciso di dedicarsi alla pesca dei polipi fra gli scogli di una nota spiaggia della costa per chiudere in bellezza l'ultima giornata di vacanza in North Carolina della coppia di ospiti.

«Sì» con la fiocina in mano, il Falco si immerse con Lucky, omettendo che la serata romantica non fosse stato soltanto un momento romantico e dedicato al buon cibo. 

A seguito delle rivelazioni sulla sua famiglia e sulla triste sorte del fratello Barney, lui e Julia erano tornati al cottage, avevano sparecchiato e sistemato il tavolo.

Avevano spento le candele tranne tre, che lui e la mutante avevano posato ancora accese sul davanzale della loro finestra, in memoria delle rispettive mamme, Katherine ed Elizabeth, e proprio del fratello scomparso prematuramente. Era stata un'idea della bruna, che l'arciere aveva apprezzato moltissimo. Lei lo aveva coccolato, con la porzione avanzata di tiramisù al pistacchio, con la luce spenta e Lucky per la prima volta sul letto ai loro piedi, sopra la coperta.

«Tu vieni, Nives?» nella muta verde e nera, Julia si approcciò all'acqua, con le pinne regalate da Barton in mano.

«Sì, arrivo. Matias, raggiungici se ti va». Il ragazzino era rimasto all'ombra di uno dei due ombrelloni montati dal padre e dall'arciere per ripararsi dal sole, preso dal suo tablet. Scettica che sarebbe andato con loro, l'italiana si diresse verso Julia, che, indossate le proprie pinne, camminava all'indietro. Entrò nell'acqua fino alle caviglie e, passo dopo passo, si immerse completamente per rivoltarsi e nuotare verso gli scogli. Il mare era leggermente increspato, i cavalloni dei giorni precedenti erano scomparsi, le raffiche di vento da nord si erano fermate.

«E' la giornata ideale per un commiato, quella che ti fa venire voglia di restare» la bruna scrutò il meraviglioso paesaggio che li circondava. I sorrisi di Clint e Poe erano visibili pure con maschera e boccaglio, che completavano l'attrezzatura per l'immersione in snorkeling «E Clint è così felice qui». Il paragone con la libertà di Lucky fu inevitabile «È un Avenger, ha tante responsabilità, e affronta quotidianamente un mestiere che lo mette in pericolo. Lo ammiro e lo amo per questo, però...».

«Sei preoccupata» Nives finì la frase al posto della professoressa, pinnando verso di lei, i capelli raccolti in una coda bassa.

«Abbiamo partecipato a una missione insieme, per il recupero dello scettro di Loki ed è andata a buon fine. Invece, quando la base degli Avengers è stata attaccata dal mio amico Erik» Green sospirò. Aveva già raccontato a Nives quanto accaduto con Magneto e i gemelli Maximoff «In quella circostanza il Falco, che non ha alcun potere, ha avuto la peggio e uno dei due potenziati lo ha privato dell'apparecchio acustico. Non sentiva più, Nives, sai quanto è grave quando si combatte?».

«Non puoi proteggerlo più di quanto tu abbia già fatto e non è detto che lo accompagnerai ogni volta che andrà in missione. Julia, sei riuscita a convincerlo a tornare a studiare, perché sei un'insegnante fantastica, il tuo ragazzo lo ripete continuamente. Potresti insegnare in qualsiasi scuola del paese, anche valutare un trasferimento da queste parti. Clint potrebbe riciclarsi come meccanico, se la cava molto bene coi motori. Nel settore c'è bisogno di professionisti competenti, Poe lo dice sempre. Inoltre investire sull'autodromo è stato fruttifero. Riassumendo i concetti sparsi, sta a voi decidere se cambiare vita o meno, nulla e nessuno ve lo impedisce» le aveva semplicemente delucidato le varie possibilità perché aggiunse «Ciò non toglie che casa nostra sarà sempre aperta per voi, quando vorrete venire. Ho parlato con mio marito e abbiamo concordato di darvi un mazzo delle chiavi del cottage, affinché possiate approfittarne quando non ci siamo».

«Nives, no, non posso accettare» Julia era basita. Sistemò una ciocca di capelli bagnati dietro l'orecchio, fermandosi. Era a un'altezza in cui riusciva a toccare il fondale con la punta delle pinne «Anche se ammetto che qui ho vissuto in modo sano, al di là della vacanza. Ho cucinato, letto poesie e romanzi guardando l'Atlantico, fatto jogging con il Falco e Lucky sulla spiaggia».

«Accetterai le chiavi, invece, signorina Julia, e anche l'abito rosso, dopo il successo di ieri sera. Lo porterai via con te, e lo userai per il tuo matrimonio. Sono certa che sarà prossimo. Poi me lo restituirai. Intesi?» Nives sembrò quasi minacciarla. Con una smorfietta di compiacimento, la schizzò con le mani «Guerra?».

«Guerra sia» Julia si difese, schizzandola a propria volta. Il golden retrivier si buttò nel mezzo, sotto lo sguardo esterrefatto di Barton e Dameron.

«Si sono trovate, ne ero sicuro» Poe le osservava, divertito, tolto il boccaglio e alzata la maschera sulla fronte «Una lotta a squadre? Partecipiamo?» lasciò la fiocina sullo scoglio più alto, perché non venisse portata via dall'acqua, e nuotò per raggiungerle.

«Perché no? Non avremo scampo, caro mio» l'arciere notò che le due mutanti non si fossero affatto inibite dall'uso dei loro poteri. Nives trasformava l'acqua di mare in ghiaccioli a forma di piccole perle bianche, Julia aveva alzato le mani e le respingeva con scie di energia giallo oro che risplendevano sotto la luce del sole.

«Non vale» Clint si lamentò di non poterle contrastare.

«Sì che vale» Fenice, con la telecinesi, convogliò i ghiaccioli che Nives produceva in spirali che avvolsero Poe e Barton. Il twister era suggestivo, ipnotico.

«Julia, quanti poteri hai?» Matias le aveva raggiunte, pregandola di ricevere lo stesso trattamento e si era posto con Lucky nell'occhio del ciclone dedicato a loro due.

«Forza, velocità, riflessi, telecinesi, telepatia, creazione di campi di forza, proiezioni astrali, volo. Credo di averne scordata qualcuna» non lo disse per vantarsi, fu un mero elenco.

«Volo? Tu voli?» il ragazzino, dal basso, la rimirò librarsi in alto e fargli ciao ciao con la manina. Salutò anche gli altri tre e, in modo buffissimo, camminò sopra l'acqua del mare, con le pinne in evidenza, strappando ai suoi amici una risata e un battimani.

«Julia, hai un che di mistico. Prima Gesù e poi tu, con i piedi da papera di gomma» Nives fece un paragone fra sacro e profano.

«Che significa proiezione astrale?» Matias lo domandò, pensando che avesse a che fare con le stelle e i pianeti studiati a scuola.

«Significa questo» una Julia identica si materializzò qualche metro dopo, sulla spiaggia deserta. La figura si moltiplicò, le diverse Julia erano attaccate e numerose, perfette copie sorridenti della dotata mutante.

Non si era mai esibita per Clint con alcune sue abilità. Lì, su quella spiaggia del North Carolina, si sentì affrancata da inibizioni, e spensierata; dette sfoggio di capacità che usava per combattere e che, di conseguenza, restavano nascoste nel restante tempo in cui non le utilizzava.

«Bellissima» mormorò l'arciere. Creare proiezioni astrali era uno dei poteri di Loki, il fratello di Thor. Lo aveva visto in azione durante la battaglia con i Chitauri.

«Grazie infinite, amore» la vera Fenice in carne e ossa comparve alle spalle di Barton, che sussultò, colto alla sprovvista. Le mani della mutante finirono da dietro sul suo torace, in cerca di contiguità. Non poteva stare lontana da Clint, ogni occasione era buona per una carezza o un contatto affettuoso. E viceversa «Aspetto di mangiare l'insalata di polpo alla barese di Nives, non deludermi, Romeo pescatore» glielo soffiò nell'orecchio sinistro, avvertendolo rabbrividire sugli avambracci nudi della muta, per l'effetto sensuale della loro cinta.

«Sei fantastica, mia Giulietta» la baciò, sulle labbra salate, in barba al pubblico.

«Julia, è vero, sei fortissima, un mostro di bravura» Matias appariva davvero ammirato.

Solo un mostro, pensò lei, tanto mostruosa che persino mio padre non ha più voluto vedermi e non mi ha cercato, nemmeno per sapere se stessi bene, se fossi in vita. Il ragazzino era salito sulle spalle di Poe, sua madre era mano nella mano col marito, da perfetta famiglia felice. Lo spettro del suo passato, la profondità delle sue ferite la dilaniò. Fu come se il sale dell'acqua del mare si depositasse sui tagli ancora aperti. Aveva detto a Clint che insieme avrebbero affrontato un futuro prossimo. Si domandò fino a che punto le abilità sarebbero rimaste uno spunto di divertimento, se non sarebbero diventate un motivo di separazione, un domani. Non dubitava dell'amore del compagno, ma nemmeno aveva diffidato dell'affetto di suo papà e il passare del tempo spesso aveva un effetto deleterio anche sui legami più forti.

L'agitazione crebbe nel suo animo, all'abbaiare di Lucky. Era corso fuori dall'acqua, verso la spiaggia, il muso nella borsa di paglia in cui c'erano gli effetti personali e gli accessori suoi e di Barton per una giornata al mare.

«Il sacco di pulci ha un udito sopraffino, a differenza del proprietario» muovendo verso l'ombrellone Clint sentì la suoneria del suo cellulare, impostata al massimo volume, melodia tradizionale della casa produttrice del telefono e quella più originale di Julia, la canzone A Time for Us della colonna sonora del film di Franco Zeffirelli, che avevano danzato al ballo a tema shakespeariano.

Tolti maschera e boccaglio, l'Avenger si asciugò i capelli gocciolanti con un telo da mare prima di richiamare Steve, la cui telefonata aveva perso.

«Era Charles, saranno insieme?» Julia lo ipotizzò, rimanendogli vicino, in piedi.

«Lo scopriremo» Barton mise la chiamata in vivavoce «Ciao, Cap, sei in vivavoce, c'è Julia qui con me».

«Ciao, ragazzi, scusate se vi disturbo in vacanza ma oggi è ricomparso Erik, in modo eclatante. Vi segnalo il filmato, perché non credo l'abbiate visto. Ha interrotto ogni telecomunicazione per una conferenza stampa a livello mondiale. Il direttore Fury e il professor X ci hanno convocato per un incontro, siamo alla scuola di Charles. Vi terremo informati». Fu stringato ed essenziale.

«Ci vediamo domani o prima, se dovesse servire» Clint si rese disponibile a un passaggio col jet, Fenice aveva già acconsentito col capo.

«Prestagli il tuo tablet, Matias. Ha lo schermo più grande» Poe, Nives e il figlio, usciti dall'acqua, avevano ascoltato la conversazione.

«Certo, prego, ha la scheda per la connessione dati» il ragazzino lo passò a Barton che navigò in rete, sul sito della CNN, che aveva proprio il filmato di Erik nella home page.

Su uno sfondo cartonato bianco da cui non era possibile comprendere da quale luogo avvenisse la trasmissione - schermato da qualsiasi tracciabilità, questo riferì Hank in un successivo messaggio - Erik parlò, circondato da un cordone di mutanti. 

Julia riconobbe Wanda e Pietro Maximoff, rispettivamente in uno spolverino amaranto scuro, di pelle, leggings neri e un top scollato lei, e in una tuta da ginnastica di tessuto acetato blu scuro con righe bianche lungo le maniche e i calzoni, marcata Adidas e un paio di tecnologiche scarpe da jogger lui.

«Indossano l'elmo che li protegge dalla telepatia, avevano ragione i nostri colleghi scienziati» Clint aveva notato i caschi di metallo forgiati da Magneto per i due potenziati sul modello del proprio.

«Buonasera o buongiorno, a seconda della parte del mondo in cui vivete. Sono Magneto, il presidente dello Stato mutante da me medesimo governato» il mantello e l'uniforme da combattimento, la stessa usata nella battaglia alla base degli Avengers, lo rendeva minaccioso. Il tono era superbo e borioso.

Julia rabbrividì, nella muta, complice l'alzarsi del vento. Barton l'avvolse anche col proprio asciugamano, passato il tablet a Poe, che lo tenne orientato affinché tutti loro potessero vedere le immagini.

«Chiedo alle Nazioni Unite apertamente e senza sotterfugi che la zona dove vivo con i miei fratelli e sorelle sia riconosciuta a tutti gli effetti come uno stato autonomo per me e la mia specie, al pari degli altri stati. In cambio, restituirò la Gemma della Mente agli Avengers» fece un gesto a Wanda, che estrasse la pietra dalla tasca destra dello spolverino. Sul palmo della mano pulsava della propria luce chiara tipica.

«Con il potere della Gemma avrei potuto manipolare le menti dei governanti, fare in modo di ottenere ugualmente ciò che per la mia gente è un diritto. Invece ho preferito cercare un benestare pacifico da parte delle autorità».

«Pacifico! Quant'è falso! Sta mentendo» Julia conosceva Lehnsherr, sapeva che non fosse sincero. Lo digrignò fuori dai denti.

«Calmati, amore» il Falco la prese per la vita con il braccio, attirandola a sé, sulle ultime parole di Magneto «Sulla piantina che proietterò sui vostri schermi, potrete osservare la zona a cui mi riferisco. Rimango in attesa di una celere risposta alla mia richiesta. A presto» interruppe il discorso e la carta geografica delle terre emerse comparve sullo schermo. Una lente d'ingrandimento mostrò sempre più grande una regione dell'Antartide, Le Terre Selvagge.

«Non è propriamente un'isola tropicale, ma un luogo ameno e ostile» l'arciere pensò al poster appeso in camera di Fenice, nulla di più lontano da quanto immaginava ci fosse al Polo Nord. «Perché portavano gli elmi, se poi Erik ha dato la loro posizione?».

«A sfregio, credo. Adesso sappiamo dov'è, ma solo perché ce lo ha svelato lui, non perché lo abbiamo scoperto noi. È un ricatto, un ultimatum senza data di scadenza. Fra le righe ha fatto intendere che con la Gemma poteva convincere i governanti e pure i componenti dell'Onu a concedergli ciò che vuole» la bruna sedette sull'asciugamano, la testa fra le mani, il bracciale di plastica bianca e nera in evidenza.

«C'erano tanti mutanti, lì con il tuo amico, Julia» Nives aprì la borsa frigo per versare un succo di frutta all'ananas in cinque bicchieri «Di giovane età». Nei fisici di alcuni dei soggetti inquadrati erano presenti delle evidenti mutazioni fisiche.

«Grazie» accettando il succo, Fenice rifletté a voce alta «Erik è bravo a plagiare le persone e per alcuni mutanti la convivenza con gli umani è difficoltosa. Anche per me lo è stata, prima di conoscere Clint, e ho ancora delle remore, perché non tutti sono come lui» con tutto il suo amore alzò lo sguardo sull'Avenger, che era rimasto in piedi accanto a Poe e Matias.

«Pochi possono affermare di avere avuto la stessa fortuna» il restauratore scrutò di sottecchi Barton, teso e preoccupato.

Julia considerò che aveva sentito pronunciare la parola fortuna, nell'ultimo periodo, più volte che nel resto della sua vita.



Muovendosi dalla finestra della stanza della dependance, Julia, completamente nuda, camminò, ancheggiando di proposito in modo sfacciato verso Clint, già steso nel letto. Si era spruzzata una dose abbondante di profumo al mughetto, spazzolata i capelli e lavata i denti accuratamente.

La cena, consumata in un ristorante di pesce della costa, caratteristica palafitta di legno, le aveva lasciato un sapore dolceamaro e non per i piatti, realizzati in una fresca e pregiata materia prima. Il suo ragazzo aveva voluto offrire il pasto serale alla famiglia Dameron e aveva tenuto banco, con Poe, per rallegrare la tavolata, cercando di allontanare i nefasti pensieri per la ricomparsa di Erik e l'amarezza per l'ultima serata trascorsa in North Carolina. Lei aveva persino indossato l'abito rosso di Nives, per il loro commiato, pure se si era sentita un tantino fuori luogo nel locale; lo aveva fatto per il morale di Clint, vincendo la propria diffidenza a trascorrere del tempo in luoghi pubblici, perché l'indumento tanto elegante e la sua avvenenza avevano attirato occhiate di ammirazione da ogni uomo seduto nella sala da pranzo.

Fissò Barton, con gli occhi dipinti di una strana sfumatura di tristezza, senza una parola.

Lui spostò il lenzuolo per mostrarle l'effetto provocatogli, in silenzio, attribuendo il suo atteggiamento proprio alla malinconia per la loro partenza, fissata al giorno successivo.

La osservò inginocchiarsi sul materasso e gattonare verso il suo ventre, fino a carezzare la sua virilità con la bocca. Dolcemente, guardandolo dal basso nelle iridi azzurre, proseguì nella tenera e peccaminosa blandizia, aumentando via via il ritmo del proprio movimento.

L'Avenger sospirò, a palpebre chiuse, godendosi la coccola paradisiaca della generosa compagna, semplicemente accompagnando il movimento con la mano aperta sul manto dei capelli scuri che gli solleticavano le cosce di un pizzicore singolare. Fu quando Fenice strinse il suo scettro con maggiore decisione che comprese che qualcosa con andava. Si sforzò di staccarsi dall'oceano di piacere in cui stava per tuffarsi, più ampio dell'Atlantico che rimirava dalla finestra aperta, e le sollevò il mento, fermandola «Julia, amore, vieni qui da me».

La incentivò, tirandola a sé dalla vita, fino a che lei si ritrovò allungata sopra il suo petto con la testa «Non voglio parlare, solo fare l'amore, lasciami fare, Clint, ti prego». Il Falco era un telepate senza doti di telepatia, si accorgeva di ogni leggero cambiamento del suo umore. Nella loro ultima notte nel cottage della famiglia Dameron, lei desiderava esclusivamente dedicarsi al piacere fisico e non aveva intenzione di interrompersi per confidenze che, tanto per cambiare, afferivano le proprie insicurezze. Che non avrebbe dovuto oggettivamente possedere: l'indomani sarebbe tornata a New York sul fuoristrada che le aveva comprato e avrebbe fatto le valigie per l'inizio di una vita assieme. Ma i dubbi c'erano, a fronte proprio della gioia che la vacanza in sua compagnia le aveva regalato.

«Va bene» l'arciere, con una carezza sulla guancia, acconsentì, certo che più avanti si sarebbe aperta con lui.

Soddisfatta della scontata risposta, scattò per posizionarsi seduta sopra il suo uomo, strofinando il proprio fiore sulla picca virile dell'Avenger in una naturalezza di contingenza, in cui la sua strettezza venne colmata immediatamente con un colpo di bacino dal basso. Con la schiena arcuata, flessa come la corda di un arco, Julia afferrò le mani di Barton per posizionarle sui seni assieme alle proprie.

Clint ne stuzzicò con sapienza le punte irrigidite, rigirandole in una torsione erotica e coinvolgente che spronò la sua amazzone all'inizio di una cavalcata appassionata. Una tensione pulsante a raggiera colse Julia dal profondo dello stomaco. Scese verso le pelvi e fu ampliata dai polpastrelli della sinistra del suo amante, dediti a titillare il morbido nucleo della sua femminilità «Clint, amore mio» bisbigliò, un istante prima di essere straziata da una tempesta di contrazioni irrefrenabili. Si resse con le mani alle cosce dell'Avenger, offrendoglisi nella visione della sua bellezza sfolgorante.

Clint resistette alla lussuria, cercando di trattenere il proprio culmine per prolungare ancora quello della partner. Mentre Julia continuava a godere di un orgasmo violento, la coricò di lato, possedendola da dietro. La coscia alzata, scivolò ancora in lei, spingendosi con veemenza in un rapporto dove aveva finalmente preso il comando.

Il viso di Fenice si voltò alla ricerca del bacio mancato in precedenza per via della distanza fisica del rapporto e della propria fretta, trovando la bocca del Falco pronta e vorace. Percepì in sé un'angoscia esistenziale mista a una felicità immensa. Il punto di equilibrio fra i due sentimenti non era semplice da raggiungere e, in quel momento, proprio non riuscì a bilanciarlo. Si abbandonò al bacio del suo Romeo, lasciando che la fenice prendesse il sopravvento su Julia. L'uccello infuocato, mostratosi nella propria pienezza, improvvisamente, spiegò fuori le ali, che entrarono nel petto dell'arciere appoggiato alle sue spalle, in ogni piuma di energia colorata e dinamica.

Gli occhi verdi della mutante divennero di un giallo cangiante e intenso.

Barton la trattenne a sé, cingendola con entrambe le braccia, nella trepida attesa di leggere, ancora, l'amore nella sua mente, come accaduto la volta precedente. Non solo lo vide ma comprese il motivo dello sconforto di Julia. Osservò un'immagine impressa nell'anfratto oscuro dei suoi timori, il terrore della perdita del suo grande amore, il terrore di perdere lui!

Julia, che, all'entrata della scuola, lo inseguiva mentre se ne andava assieme a Lucky, e la abbandonava, senza voltarsi indietro. La mutante, terrorizzata, lo chiamava a gran voce per trattenerlo ma non riusciva a fermarlo, nonostante l'utilizzo dei propri poteri.

La sofferenza lancinante connessa al ricordo dell'abbandono del padre disgraziato lo dilaniò, perché era insito nell'anima nonostante le dimostrazioni concrete di ciò che lui sentiva e della sua serietà. «Julia, non ti lascerò mai, amore, credimi, anzi guarda tu stessa, se riesci». Si augurò che più delle parole contasse ciò che aveva nel cuore, che le giungesse al centro dello spirito.

«Clint, io non credevo che tu...» Giulietta, di contro, vide il desiderio del suo Romeo, il sogno che lui aveva incastonato nel muscolo cardiaco, il progetto della loro vita futura maturato definitivamente sulla costa est degli Stati Uniti.

Nel letto dell'appartamento dell'Upper West Side, l'arciere la baciava, con Lucky sulla coperta. In un angolo del soggiorno c'era un grande albero di Natale illuminato da lucine intermittenti, contornato da decine di doni incartati, posati a terra.

Quando Clint si spostò sul fianco, un batuffolo di pochi giorni in tutina di ciniglia rossa, attaccato al proprio seno, e intento a poppare il latte, fece capolino, il tanto che bastava perché suo padre, una spessa fede di oro giallo al dito, scendesse immediatamente a sbaciucchiargli la testolina di capelli scuri.

La visione svanì di colpo, sostituita dal secondo piacere che le scoppiò nel ventre, in parallelo a quello del Falco. Una spirale di energia giallo oro, come il metallo prezioso della fede nuziale dell'immagine sfumata, li avviluppò entrambi, fino a svanire in una dissolvenza di particelle luminescenti.

In un romantico cottage del North Carolina, la scia portò via con sé le inutili paure di una Fenice ancora incredula.



Nota dell'autrice.

Capitolo super romantico!  Spero vi sia piaciuto! Buona lettura e buona vita.


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