Il diavolo dagli occhi angelici
Non doveva andare così.
Se lo ripeteva spesso, si dannava con quelle parole mentre fissava la sua figura non più luminosa allo specchio, mentre osservava il riflesso dei suoi errori impresso in quella scatola di vetro.
Non doveva affatto andare così.
Era stata brava a tenere alto quel muro, a lasciare che niente potesse forarlo così da poter avere accesso nella sua gabbia cucita con dei fili spinati. Si era protetta, si era chiusa nella sua bolla ermetica per evitare di spezzarsi.
E poi si era spezzata.
Era bastato uno sguardo, una parola di troppo, abbassare di poco le sue dure difese. Si era inevitabilmente spezzata sotto il flusso degli eventi, sotto ciò che non poteva fermare perché doveva seguire il suo corso. Si era fidata, si era lasciata andare.
E ne stava pagando il caro prezzo delle conseguenze.
Non doveva sbagliare, non doveva lasciare che tutto ciò che negli anni aveva con fatica costruito crollasse sotto ai suoi occhi distrutti. Stava andando tutto bene, doveva andare tutto bene e invece si era ritrovata incastrata dentro alle sue debolezze.
Perché lei, in fondo, era solo una debole.
Per quanto cercasse di negarlo, di credere che fosse così forte da riuscire a superare ogni tempesta, era soltanto fragile come carta velina. Non era sparo, ma polvere al vento, non era acqua ma vento, non era fuoco, ma paglia. Così era rimasta bloccata nelle sue dolorose consapevolezze.
Ma la vita va così: è inutile proteggersi, programmare, difendersi da ciò che inevitabilmente verrà per ucciderci. Glielo dicevano spesso ma lei non voleva crederci. A certe cose è impossibile sfuggire perché ti prenderanno. Ovunque tu vada, ovunque tu tenta di nasconderti.
E non bastava nemmeno fissarsi allo specchio e ripetersi che la colpa non era sua, perché lo era eccome. Aveva sbagliato, aveva acceso quei sentimenti che con così tanto ardore aveva spento mesi prima.
Non sarebbe nemmeno bastato spegnerli di nuovo, perché a quel punto sarebbero rimaste ancora delle cicatrici brucianti e lei sarebbe rimasta a guardarli come dei dolorosi ricordi. Ma faceva male sapere che non si era più inarrestabili, che la vulnerabilità aveva preso il sopravvento di ciò che lei voleva così tanto custodire gelosamente.
Aveva lasciato che l'amore entrasse, ma lui si era preso il suo posto sicuro e l'aveva cacciata via di casa.
Era una senzatetto, una stolta, una dannata. Era vittima di quel sentimento che tanto aveva evitato, vittima di uno scherzo che l'aveva resa fragile e sola.
Amare ferisce, ti muta, ti costringe a provare delle cose che non vorresti sentire. Lei lo sapeva benissimo ma ciò non era bastato a fermare la potenza di quegli occhi azzurri sul suo viso.
Certi sguardi uccidono, doveva prevederlo. Certi occhi non sono facili da dimenticare, certi occhi hanno il marchio della dannazione addosso.
Aveva conosciuto il diavolo, ci aveva ballato, aveva teso la mano verso di lui pur sapendo che era il signore degli inferi. Si era lasciata tentare dal maestro della tentazione e tutto quanto aveva cominciato a bruciare, tutto quanto le aveva permesso di sentirsi una stupida per la sua innata attrazione verso le tenebre.
Come una debole doveva fare i conti con le lacrime amare, doveva lasciare che le persone là fuori la vedessero nuda e ridessero di lei. Purtroppo, non aveva più mattoni per issare la sua fortezza, il diavolo dagli occhi angelici li aveva portati via con sé insieme alla sua pace.
Non le era rimasto niente che una casa distrutta, tranne per quello stupido specchio dove ogni giorno era costretta a fissarsi per rendersi conto di ciò che era diventata. Rifletteva la sua immagine, raccontava senza remore o vergogna ciò che aveva fatto per ridursi in quel modo.
Non doveva andare così.
Non doveva affatto andare così.
Aveva lasciato che il suo lato umano vincesse ed era diventata perdente, ma non aveva più ceneri da cui risorgere. Il diavolo dagli occhi angelici aveva portato via anche quelle.
Era niente, non aveva un nome, un volto, niente. Era solo un misero puntino in mezzo a tanti altri puntini, un essere insignificante che vagava senza una meta perché tutto ciò che aveva le era stato portato via.
Inevitabile. Era tutto inevitabile. Ma allora perché continuava a fare male? Perché non riusciva più a guardarsi allo specchio senza chiedersi quando tutto quello sarebbe finito?
Non doveva andare così, dannazione.
Ma poi era uscita da quella casa distrutta, si era messa in piedi e aveva deciso di provare a vivere di nuovo. Forse avrebbe trovato altri mattoni nel suo cammino, forse avrebbe potuto issare di nuovo il suo castello talmente potente da non permettere a nessuna a lancia di oltrepassarlo.
Era uscita, aveva visto il mondo, aveva visto lui.
Il diavolo dagli occhi angelici era lì, dove era sempre stato. Fermo, immobile, ad aspettarla come se dovesse valerne la sua vita. Ed era ancora così maledettamente bello che lei non riusciva nemmeno a respirare. Aveva le ali così belle, forti. Piume nere che riempivano quel mondo fatto di bianco, maestose come un falco che librava sereno per i cieli scuri della notte. Fiero, eretto, spaventosamente attrattivo.
Il diavolo dagli occhi angelici non era mai andato via, era rimasto incastrato tra i meandri della sua mente distrutta e ne era diventato il padrone. Aveva preso tutto, anche ciò che la feriva. E la stava aspettando per fare un'altra danza insieme.
Ma lei doveva resistergli. Doveva smettere di fissare quegli occhi, ammirare quelle ali e credere che lui potesse portarla a volare. Era il padrone degli inferi, il signore del male. Non poteva darle quel bene che lei tanto cercava.
Ma poi il diavolo si voltò e la guardò. Bello come il sole bruciante, come le fiamme di quel fuoco che lui aveva sempre saputo domare. Scintille, fiammi ardenti che percorrevano il suo corpo con quel potere che solo lui possedeva. La guardava, il diavolo, ne scrutava le fattezze e la rendeva ancora schiava di quegli occhi maligni.
Le sue labbra si incurvarono in tenero sorriso, paradossale gesto che le fece vibrare l'anima e tremare le gambe. E lei capì.
Doveva andare così.
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