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Capitolo 3

Spazio autore:
Vorrei essere piuttosto breve.
Innanzitutto vi ringrazio per dedicare un pò del vostro tempo a leggere la mia storia. Grazie mille.
Poi, vorrei ringraziare ancora una volta Dreamer_0103, per avermi dedicato una pagina della sua storia "Wow! Pubblicità" in cui chiunque può pubblicizzare la propria storia, in modo che tutti possano conoscerla.
Grazie ancora e buona lettura!

«Cavolo! Non ci credo, siamo finalmente a casa!», disse commosso e sollevato Matteo, buttando a terra il borsone e la sua giacca e correndo verso il divano.
«Quanto mi sei mancato!», continuò piagnucolando.
Io entrai con calma nel nostro appartamento e raccolsi le sue cose, sistemandole sull'attaccapanni che stava vicino la porta di ingresso. Mi tolsi il giubbotto nero che avevo addosso e appesi il borsone, che avrei più tardi svuotato.
«Quanto sei esagerato, Matteo! Per raggiungere il divano, le forze non ti mancano, eh?», dissi punzecchiandolo.
«Quello tra me e il divano è vero amore. Se avessi una tua ragazza non faresti fuoco e fiamme? Bene, io lo farei per il mio amatissimo divano!», concluse lui.
«Altro che medicina, dovevi prendere giurisprudenza!»
«Perché?», mi chiese.
«Perché sai dare risposte del cavolo, che però non fanno una piega! Saresti stato un ottimo avvocato.»
«Può essere. Vai per caso in cucina? No, perché ho una certa sete e non voglio lasciare il mio 'amato' solo, proprio adesso che ci siamo ritrovati.»
Sbuffai. «Cosa vorresti?», gli chiesi dirigendomi verso la cucina.
«Che c'è nel frigo come bevande?»
«Aspetta che controllo e ti dic ... », mi fermai. Ero sulla soglia della cucina, quando vidi, in direzione del frigo, un fondoschiena proprio di fronte a me che oscillava da sinistra verso destra e aveva un paio di mutandine rosa. Spalancai gli occhi e deglutii.  Confuso, feci la prima cosa che mi venne in mente di fare. Mi schiarii la gola per attirare l'attenzione della ragazza, che, in maniera molto 'simpatica', stava rovistando nel nostro frigo.
La ragazza scattò e si girò verso di me, sorridendomi. Ma dopo essersi resa conto che non ero la persona che lei pensava che io fossi, spalancò la bocca e iniziò a investirmi con un 'leggero' grido.
«Shhh!», gli feci io. «Non gridare! Vuoi per caso che i vicini chiamino i carabinieri e ci denuncino per rumori molesti?», dissi alla bionda che avevo di fronte.
Lei si tappò la bocca con entrambe le mani e accanto a me comparve Matteo.
«Marco si può sapere che diavolo succede? E chi è che ha urlat ... », si interruppe anche lui, dopo aver girato lo sguardo verso la cucina e averci trovato una ragazza bionda tinta, alta, snella e con gli occhi azzurri, in biancheria intima.
Gli tirai una gomitata per farlo riprendere dalla 'dolce visione' che aveva davanti ai suoi occhi, si girò verso di me e mi fece spallucce, ridendo.
«Sta volta lo ammazzo!», dissi io a voce alta, forse troppo alta.
«Sta volta giuro che lo faccio fuori!», continuai.
«Dai Marco! Si stava divertendo! Lascialo stare!», mi disse Matteo, rimanendo in cucina in compagnia dell'intrusa.
Ma io ero già nel corridoio, pronto ad entrare nella stanza di quel deficiente, che non era altro che l'altro mio coinquilino, Vanni, e a ripetergli sempre la stessa storia.

«Vanni!», urlai spalancando la porta della sua stanza. Era completamente al buio e c'era un odore particolare,  molto particolare. Come al solito.
Deciso, scostai le tende e aprii le imposte per fare entrare un pò di luce. Poi decisi di aprire direttamente le finestre.
"Magari cambia un pò d'aria qua dentro!", pensai arrabbiato.
«Mhm ... Marco sei tu?», mi chiese Vanni con la voce impastata dal sonno.
«No, sono tua madre! Ma che cazzo di domanda fai?!», replicai io.
«È impressione mia o fa un pò freddo nella mia stanza?»
«Ho aperto le finestre, c'è troppa aria consumata qui dentro e magari, con il freddo di dicembre, ti rinfreschi anche le idee.»
«Di che stai parlando?», mi chiese sbadigliando.
Adesso era seduto sul letto e si reggeva le coperte fino al petto per stare al caldo, era completamente nudo. Aveva i capelli biondi completamente spettinati e i suoi occhi azzurri, ancora mezzi assonnati, iniziarono a fissarmi confusi.
«Sai benissimo di cosa sto parlando.»
«No, che non lo so. Stavo dormendo beato, come un neonato, e ti sei introdotto nella mia stanza urlando come un forsennato. Quindi, scusami, ma non sto capendo a cosa tu ti stia riferendo.»
Sospirai, con lui era sempre così.
«Sì può sapere cosa diavolo ti è saltato in mente?! Cosa ci fa una sconosciuta in giro per casa nostra?»
«Sconosciuta?», chiese ancora confuso.
«Sì! Hai capito bene! Una sconosciuta stava rovistando nel nostro frigo. Dobbiamo ripetere ogni volta la stessa cosa?»
In quel momento si affacciarono nella stanza Matteo e la sconosciuta, che intanto si era messa una maglietta addosso.
Vanni si girò in direzione della porta della sua camera e riconobbe la ragazza.
«Oh, ciao Fede!», la salutò con una mano e un sorriso sghembo, stampato sul viso. Lei lo ricambiò con la mano.
Poi, improvvisamente spalancò gli occhi e rivolse lo sguardo verso  Matteo, e poi verso me.
Aveva capito cosa stava succedendo.
«Cazzo! Marco, mi dispiace. Mi sono dimenticato di avvertirvi che c'era una ragazza in casa. Ma vedi, voi non arrivavate e, così, ho pensato di andare a mangiare in una gastronomia qui vicino. Ho incontrato Federica, cioè lei », disse indicandola, «e ho pensato che volesse venire a casa per un 'caffè'. Pensavo di sbrigarmi prima che voi tornaste ... »
« ... e invece tra una chiacchiera e l'altra siete finiti a letto e vi siete anche addormentati. Non ti sei neanche preoccupato di sapere che fine avessimo fatto?»
«A dire il vero no. Ho pensato che foste andati a mangiare con i vostri colleghi e aveste dimenticato voi di avvisarmi. Così ho pensato solo a me.», concluse lui.
«Bene! Adesso ti rinfresco la memoria. Sai benissimo che nel nostro appartamento possono entrare solamente i nostri familiari e noi tre e che, se proprio dobbiamo far entrare qualcun'altro, se ne parla per la sera dopo mezzanotte?! Se invece di noi due, fosse venuto il proprietario? Che avresti fatto?», gli chiesi furente.
«Avrei fatto finta di niente, come se non ci fossi stato in casa in quel momento. Penso che sarebbe stata la cosa più logica.», disse ridendo.
Matteo gli diede un cinque, per dargli ragione e iniziarono a ridere e scherzare. La ragazza si avvicinò a loro e si presentarono. Io preferii allontarmi e andarmi a chiudere nella mia stanza.

Entrai, chiusi la porta e mi buttai sul letto. Mi misi con le braccia incrociate dietro la testa e iniziai a fissare il soffitto. Mille pensieri mi frullarono nella testa.
Sbuffai. Loro erano i miei due migliori amici, era bello vivere insieme e condividere delle esperienze comuni. Ma era vero anche che eravamo molto diversi, l'uno dall'altro. Ed era in questi casi che mi sentivo diverso dagli altri. Mi sentivo solo. Come facevano a non rendersi conto? E se quella sconosciuta fosse stata una poco di buono? Se, mentre Vanni dormiva, avesse rubato qualche nostro oggetto? E se gli avesse fatto del male, mentre noi eravamo via? Non avevano paura? Dov'era la responsabilità? Il rispetto nei confronti degli altri? Dove? Forse, pura utopia.
«Io non li capirò mai. O, forse, sono io quello che non va?! Cosa c'è di sbagliato nel preoccuparsi? Nell'essere più responsabili? Forse dovrei vivere di più come loro. Dovrei anche io iniziare a fregarmene di tutto e tutti.»

Mi sistemai su un lato e con il braccio sotto la testa, continuai a pensare. Finché gli occhi si chiusero e caddi in un sonno profondo.

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