Capitolo 2
«Muoviti Matteo! Sono già le 13.20! Così non ce la faremo mai a prenderlo!», gli gridai. Essendo molto veloce, ero più avanti rispetto a lui.
Quindi mi fermai ad aspettarlo.
«Marco, sta tranquillo! Lo prenderemo. Sai che non sono mai puntuali.», disse affannoso.
«Sì, come no! Sono sicuro che lo perderemo, se continuiamo così!», replicai.
Non appena mi raggiunse, iniziammo a correre più veloci. Mancava solo un isolato e avremmo raggiunto la fermata.
«Guarda lì, Marco! Vedo già la fermata. E c'è anche il pullman! Hai visto che avevo ragione?», disse speranzoso Matteo.
Ci fermammo un istante per recuperare il fiato e, intanto, continuai a tenere lo sguardo fisso sul mezzo.
Tutto a un tratto, la mia espressione felice si trasformò in un'espressione di stupore e rabbia.
«Io, invece, vedo qualcos'altro. Vedo il pullman partire!», dissi ad alta voce.
Ci scambiammo uno sguardo veloce e, poi, cominciammo a correre come due forsennati dietro il pullman, gridando e sperando che l'autista si accorgesse di noi!
Speranza vana. L'autista non ci vide e noi rimanemmo a terra come due perfetti cretini.
«Bene! Perfetto! Ci mancava questa a completare il tutto oggi! E siamo solo a metà giornata!», gridai sbattendo il borsone per terra.
«Dai Marco, non fare così! Vediamo a che ora passa il prossimo. E se ci sarà da aspettare, noi aspetteremo. Magari ne approfittiamo per andare a mangiare, ok? Ho una fame che mangerei un bue intero!»
«Ok.», dissi arrendendomi.
Matteo aveva un carattere abbastanza strano e anche troppo positivo, forse era per questo che riusciva a sopportare me, inguaribile pessimista, e le mie sfuriate. In quel momento avrei voluto solo gridargli contro, perché per colpa sua avevamo perso il pullman per tornare a casa, però non ci riuscivo. Non so il perché, nonostante ero io quello responsabile e che si preoccupava di tutto e di tutti, nelle situazioni più disastrose il suo essere calmo mi faceva stare molto tranquillo. Altre volte il suo comportamento mi innervosiva, perché odiavo le persone che davano tutto per scontato e non calcolavano mai gli imprevisti. Ma era proprio quel suo modo di fare e di trovare soluzioni in meno di 10 secondi che mi rendeva più sicuro. Avevo sempre pensato che sarebbe stato un ottimo medico, se avesse studiato solo un pò di più.
«Allora ... il prossimo è alle 15.30. Dobbiamo aspettare due ore circa. Che pensi di fare? Andiamo a mangiare?»
In quel momento il mio stomaco iniziò a brontolare e Matteo rise.
«Lo prendo come un si!»
«Due panini, grazie!», disse Matteo.
«Che ci volete dentro ragazzi?»
«Per me pensaci tu, mi fido dei tuoi gusti. Ah, mi raccomando ... esagera! Ho troppa fame!», continuò Matteo.
«Ok! E tu ragazzo?»
«Oh. Per me qualcosa di classico ... prosciutto cotto e fontina. Grazie.», dissi.
Eravamo in un negozio di alimentari, vicino alla fermata. Matteo voleva raggiungere un posto, in cui, secondo lui, facevano dei panini fantastici. Ma io ero contrario. Volevo tornare a casa per dormire un pò, perché la sera dovevo andare a lavorare e non potevo permettermi di perdere altro tempo. Così, trovammo un negozio vicino la fermata.
«Ecco a voi! E buon appetito ragazzi.»
«Grazie mille!», rispondemmo in coro.
«Adesso ci andiamo a sedere sulla panchina di fronte alla fermata, così appena arriva il pullman ci catapultiamo dentro, ok?», dissi a Matteo.
«Ok, ok. Però non è andata poi così male, no?», disse guardandomi con quell'espressione da finto santo che odiavo tanto.
«Vuoi litigare?!», gli dissi a denti stretti.
«Nooo ... mai sia! Altrimenti chi ti sopporta! Sei peggio di una suocera! "Tu non fai questo ... tu non fai quello ... ". Manco mia madre fa così!», mi rispose Matteo, facendomi la caricatura e ridendo di gusto.
«Scusami se sono un pò più responsabile di te.», dissi in maniera ovvia.
«Tranquillo. Ti perdono.»
A quel punto lo spinsi. Lui cadde a terra e mi guardò stranito. Iniziai a correre ridendo. Sapevo che avrebbe capito.
«Marco! Il panino! Guarda che se si è sporcato, giuro che mangio il tuo e te!», gridò.
«Prendimi allora! Scemo!», gridai io di rimando.
Mi girai un attimo, aveva iniziato a rincorrermi. E io ero più veloce. Molto più veloce.
«Sta tranquillo che ti prendo. Tanto alla fine ti stancherai!», disse con l'affanno.
«Certo come no! Forza Matteo! Forza!», gli gridai.
«Mamma mia! Ho 25 anni, ma avrò i polmoni di un 60enne! Mi spieghi come diavolo fai?», mi chiese con l'affanno.
«Io corro nel tempo libero. Tu invece stai sempre sdraiato sul divano. Direi che c'è molta differenza, non credi?», gli risposi divertito. Avevo vinto un'altra volta. E in compenso, anche se sfiniti, eravamo arrivati alla panchina dove dovevamo aspettare il pullman.
«Finalmente seduto! Adesso posso mangiare in santa pace!», disse Matteo, mentre toglieva la carta stagnola che avvolgeva il suo panino.
«Mhm ... buono. Molto buono e il tuo com'è?»
«Buono anche il mio.»
«Adesso che stiamo più tranquilli e stiamo anche mangiando, potresti spiegarmi, perché hai deciso di organizzare la tua vita universitaria in questa maniera?»
«Ti ho sempre detto che non è stata una decisione facile. Ci avevo pensato parecchio dopo la maturità. Un giorno mi alzai e comunicai ai miei nonni che, col fatto che a breve avrei iniziato l'università, avevo voglia di provare a vivere da solo. Gli dissi che non era una decisione che avevo preso alla leggera. Ci avevo pensato per mesi e volevo solo che loro si preoccupassero, insieme a mio padre, delle tasse universitarie. Volevo vivere la mia vita. Volevo imparare a prendermi cura di me stesso. Sentivo il bisogno di essere indipendente. Avevo pensato di trasferirmi in un'altra città, ma la nonna avrebbe accettato la mia decisione solo se io avessi frequentato l'università qui, a Roma. Non ho mai capito perché. Però, se era solo quella la condizione per avere la mia libertà, accettai volentieri. Ecco perché ho deciso di rimanere qui. Contento?»
«No. Non lo sono. Continuo a non capirti, Marco. Hai tutta la vita davanti per provare l'indipendenza. Cos'è tutta questa fretta?»
«Forse, perché voglio diventare subito grande. Essere un adulto con delle responsabilità, un lavoro, una casa tutta sua e altre cose del genere.»
«Non ci credo. Nessuno desidera diventare subito grande.», concluse lui, ritornando a concentrarsi sul panino.
«Io si.», dissi sottovoce.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro