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-stà crescendo a vista d'occhio. Ed è sempre più bella la mia nipotina!!!- la voce di mia madre era sempre più entusiasta mentre stringeva e cullava Hope tra le braccia.
-ti ricordi di me Hope? La nonna Astoria!- tubava quasi mentre Hope gli toccava la mano e la guardava con gli occhi spalancati. Uno sguardo curioso, pronto a fotografare tutto il mondo così com'era.
-mamma ma non sei vestita? Guarda che Rose ci stà aspettando con il pranzo pronto- la rimproverai notando che aveva i pantaloni del pigiama.
Dormiva col pigiama di mio padre dalla sua morte.
O meglio da quando si era ripresa dalla depressione ed era tornata a casa sua.
Mia madre era triste, l'avevo trovata molte volte a parlare da sola, convinta che mio padre fosse accanto a lei. Ma quando era con noi si scioglieva in sorrisi ed era felice. Specialmente di Hope.
Quando la vedeva e quando stava con lei si illuminava. Rose aveva detto che era su questo che dovevamo puntare per farla sentire di nuovo bene.
-sono quasi pronta. Dovevo solo fare delle cose prima.
Ora vado a vestirmi- mi rassicurò. Porsi le mani per prendere la bimba ma lei scosse il capo.
-faccio con lei, non ti preoccupare- e salì nella sua stanza.
Aspettai mentre guardavo la stanza. Era tutto come l'aveva lasciato mio padre. Mia madre si era limitata solo ad eliminare la polvere.
Sentì un groppo alla gola e mi rimproverai.
Non dovevo indugiare su simili pensieri. Dovevo essere forte per Rose, per Hope e specialmente per mia madre che ora aveva bisogno solo di questo.
Proprio in quel momento lei scese pronta e ci avviammo verso casa.
-compriamo un buon gelato?- chiese mia madre.
-gelato? Vuoi il gelato mamma?- chiesi stupito.
-si, voglio il gelato. Prendiamo una bella vaschetta di gelato e la mangiamo dopo pranzo. Che ne dici?-
vederla sorridere con Hope in braccio e felice all'idea del gelato mi fece sentire stranissimo.
Mia madre non era mai stata così con me. Mai.
Ma adesso sembrava una bambina entusiasta.
A cui non potevo non voler bene.
****
Mi guardai intorno. Doveva essere tutto a posto. Guardai Briciola che guardava la cucina con occhioni da cucciolo bastonato.
-aspetta un attimo. Appena arrivano mangiamo tutti insieme- lo rassicurai. Poi tornai a guardare la cucina. Il fuoco continuava a cuocere piano il tutto. Il forno andava anche bene. E a parte qualche piccola macchia causata dal sugo che che saltava, dall'olio che friggeva troppo e cose del genere, il tutto non era troppo disordinato. Poi pensai invece a come ero io.
In che stato mi trovavo, dopo che il sugo mi era saltato addosso e la torta che stavo preparando mi era invece caduto addosso?
Avvicinai il viso a Briciola.
-tu dici che sono impresentabile?- gli domandai.
Lui mi fissò davvero negli occhi. Mi si avvicinò. E mi leccò la guancia.
Ridendo mi raddrizzai e mi toccai la guancia.
-e questo voleva dire che sembro un qualcosa da mangiare o cosa?- chiesi e continuando a ridere salii sopra a lavarmi.
In effetti ero davvero in uno stato pietoso. Mi tolsi i vestiti mettendoli tra le cose da lavare e poi mi lavai veloce. Mi vestì di corsa mentre sentivo Briciola abbaiare.
Corsi sotto con la camicia ancora aperta e guardai dove il cane aveva puntato.
Il sugo stava quasi bruciando.
Svelta iniziai a mescolare e spensi il fuoco.
-bravissimo Briciola. Allora, hai notato qualcos'altro che non va?- lui abbaiò piano, quasi volesse dire no.
Sorrisi e mi chiusi la camicia. Poi guardai l'ora.
Perché ci stavano mettendo così tanto?
Il timer della torta prese a suonare esattamente nel momento in cui il suonò il campanello.
Forno o porta?
Forno. Corsi in cucina e girai la manopola del forno.
Intanto sentì Scorpius aprire la porta con la chiave e chiamarmi.
-Rose, siamo arrivati-
-arrivo- controllata la torta entrai in salotto.
E abbracciai mia suocera.
-come state signora Malfoy?- chiesi sorridendo.
-bene tesoro. Benissimo. Ma lo sai che tua figlia stà diventando sempre più bella?- e sorrise alla bimba che era tra le sue braccia. Risi mentre lei mi guardava finalmente e si sbracciava già per venire tra le mie braccia. La presi e lei si appoggiò subito al mio petto, stringendomi con tutte le sue piccole forze.
Era il suo modo per salutarmi sempre.
Io la strinsi baciandogli la testa bionda e lei alzò lo sguardo verso di me. Il suo sguardo felice.
I suoi occhi, ancora del grigio dei neonati, oggi erano un po' più chiari. Probabilmente per il sole.
Quel giorno anche i suoi capelli erano decisamente chiari, quasi bianchi. La mia piccola bimba quasi albina.
Mangiammo tranquillamente mentre Hope stava tra le mie braccia. Aveva tre mesi e si stringeva a me sempre, appropriata dell'uso delle mani benissimo.
Era stato divertente guardarla mentre scopriva che aveva delle mani e che le poteva usare per aggrapparsi a noi. O per afferrare le cose. Era stato divertentissimo vederla prendere per la prima volta il suo piedino.
Inoltre aveva iniziato a prendere tutte le cose che c'erano intorno. Quando era tra le tue braccia, non dovevi mai stare vicino a qualcosa, altrimenti lo tirava giù. E quasi per rassicurarci, non aveva fatto più magie. Lasciai la bimba in braccio a Scorpius e tolsi i piatti del primo. Tornata dalla cucina con il secondo vidi la madre di Scorpius tubare felice con Hope. Allora mi sedetti e decisi di parlare.
-sapete signora Malfoy, tra una settimana dovrei tornare a lavoro. Ho ripreso quasi subito da casa, ma devo tornare all'ufficio per ricominciare davvero.
E visto che i miei genitori la mattina lavorano sempre, pensavo che Hope potrebbe stare con voi- proposi sorridendo. Mi bastò il sorriso che illuminò il volto di mia suocera per capire che la mia scelta era giusta.
***
Devo dire la verità. Ero stato molto scettico alla fine.
Rose aveva dovuto lottare molto per convincermi quando me ne aveva parlato.
Io non volevo affidare Hope a mia madre.
Perché?
Perché era mia madre. Perché aveva reso la mia infanzia tragica, piena di freddo, di odio verso di lei e verso mio padre. E anche se ora non era così, non riuscivo a non pensarci. La mia parte irrazionale temeva ancora che spuntasse quello sguardo freddo e calcolatore che impregnava sempre i miei ricordi.
E ora guardavo mia madre salutarci, salutare Hope stringendosela a se, chiedendomi se stavamo ancora facendo la cosa giusta.
-Hope, che ne dici di dormire ora?- stava dicendo Rose alla piccola dopo aver salutato la nonna.
-vuoi che metto i piatti a lavare intanto?- chiesi.
Lei mi sorrise e io andai in cucina. I piatti nel lavello presero a lavarsi da soli dopo un cenno della bacchetta. Poi mi sedetti sulla poltrona in salotto tentando di far affiorare in me la mia parte razionale.
Ma la domanda dentro di me era questa: la gente cambia?
Spontaneamente mi veniva da dire no. Non cambia. Resta sempre la stessa. Può magari apparire diversa ma dentro è sempre lei.
Ma non solo un fatto di spontaneità. Dovevo ragionarci. In quel momento arrivò Rose che in silenzio si sedette accanto a me. Mi prese la mano tra le sue e mi distese piano la mano. Non mi ero accorto che le avevo strette a pugno. Prima allargò le dita, poi mi massaggiò il palmo, per arrivare poi a ogni singolo dito. Intanto mi rilassavo. E la mia mente ragionava meglio.
-io non sono cambiato. Odiavo il mondo in cui ero fin dal primo sguardo che vi ho dato.
Non ho mai preso il latte da mia madre. Lei non me lo ha mai voluto dare per essere. Sai chi mi dava il biberon? L'elfo domestico.
Sai chi mi faceva addormentare? L'elfo domestico.
Quel dannato elfo era mia ha fatto da madre molto più di quanto lei non abbia mai fatto. Perché ora dovrebbe essere cambiata?- Rose era pronta a parlare ma la precedetti.
-so della perdita che ha subito. So cosa è successo Rose. Ma ciò non vuol dire che quello che aveva dentro se ne è andato. Non mi sento tranquillo, vorrei che ci ripensassimo- conclusi.
Lei tentò di nuovo aprire bocca ma io invece decisi di non farla parlare.
-dimmi la verità Rose, quante persone hai visto cambiare? Dimmelo. E non intendo crescere e maturare. Non in quel senso. La radice, quello che hai dentro, rimane sempre. Magari si modifica, ma rimane sempre in quel modo- e forse ora avevo davvero concluso. Volevo seriamente sentire cosa mi avrebbe detto ora.
Lei aspettò un po' per parlare.
-uno scrittore italiano babbano diceva che chi nasce quadrato non diventerà mai tondo.
In quel caso era più legato alla possibilità dell'uomo di diventare da contadino a alto borghese, ma il succo rimane sempre lo stesso.
Uno parte da un seme. E per prima cosa costruisce le radici. Dopo aver costruito le radici noi cresciamo, possiamo fare di tutto, possiamo maturare quanto vogliamo, ma le radici rimangono sempre quelle.
Ma ti dimentichi di una cosa. Le persone hanno la straordinaria possibilità di pensare. E quindi di ragionare. E quindi di rivedere le proprie scelte, maturare, e quindi cambiare di conseguenza quello che non andava. Noi impariamo dagli errori.
Certo, non tutti e sempre in modo abbastanza marginale, ma in un modo o nell'altro lo facciamo.
Noi cresciamo proprio grazie agli errori che facciamo.
Non ho visto nessuno cambiare, ho visto tanta gente crescere. Come te, come me, come tutti gli altri.
Ma ci sono persone che si possono particolarmente premiare.
Per esempio Stone. Lui era malvagio. Lui era diverso.
E grazie a Lily ora ha molto più di quello che aveva prima. Non mi dire che quello non è una grossa crescita. Che forse può arrivare anche a chiamarsi cambiamento. Ma c'è stato- si fermò un attimo, continuando sempre a concentrarsi sulla mia mano e lasciandomi il tempo di assimilare a me, e di pensare a lei.
-tua madre ha sofferto tanto. Prima di tutto per la perdita di suo figlio. Secondo te non avrà pensato mille volte cosa ha sbagliato in tutti quegli anni?
Non avrà riflettuto sui suoi errori?
E ora, dopo questo altro grande dolore, lei ha bisogno di questo maturamento in più. Lei ha bisogno di essere aiutata a cambiare, se vuoi proprio dirlo.
Né ha bisogno, così come aveva bisogno di te per risolvere il problema di tuo padre a quel tempo.
E ora dobbiamo avere fiducia. So che per te è difficile averne in lei. Ma che ne dici di concentrarti sulla fiducia che riponi in me?- la guardai negli occhi. Sospirai sconfitto, di nuovo.
Gli baciai la mano che mi stringeva la mia.
-ma staremo molto attenti. Non voglio che le cose ci sfuggano dalle mani- dissi. Lei annuì e mi baciò. Piano, dolcemente e specialmente, in un modo così rassicurante che presto dimenticai anche di essere preoccupato.
*****
Quattro mesi. ...
Erano passati quattro mesi da quando era andato via.
Quattro mesi...
Ero riuscita a superare tutti i miei M.A.G.O. e adesso mi accingevo ad entrare nel mondo del lavoro.
Quale lavoro s'addiceva a una come me?
Questa domanda mi aveva distratto dalla mia tristezza e dalla mia angoscia per Stone.
Ma la mia preoccupazione era solo aumentata.
Il mio futuro... quale poteva essere il mio futuro? Seduta alla scrivania della mia stanza meditavo le varie possibilità.
Medimagia. Da piccola ero convinta che avrei fatto la medimaga. Non so perché tutto sembrava così affascinante. E ci sarei potuta riuscire.
Mia madre mi aveva già spiegato cosa dovevo fare per diventare medimaga. Bastava iscrivermi all'università.
Ma oltre a quel sogno avevo tanti altri sogni.
Per esempio diventare una giocatrice di Quidditch professionista.
Anche quello era un mio sogno. E avevo già ricevuto un'offerta dal capo di una famosa squadra capitanata da un amico di mio padre.
Inoltre avevo molte altre possibilità. Potevo entrare al ministero, o alla Gringott, la banca dei maghi.
Tutti futuri possibili e più che accettabili.
Mi piaceva fare tutto. Il che voleva dire che potevo accettare una di queste possibili strade.
Ma forse la cosa era ancora più difficile con tutte queste possibilità. E l'angoscia cresceva.
Cosa dovevo scegliere?
Chiusi gli occhi appoggiando la testa alle mie braccia, incrociate sulla scrivania. La verità era che non volevo scegliere. Voleva pensare a lui. Forse se pensavo a lui mi avrebbe sentito in qualche modo. Il mio pensiero sarebbe volato così alto da arrivare fino a lui?
*****
-Ma quel cane dorme sempre vicino alla bambina?- chiese mia madre accigliata. La guardai un attimo incerto.
Rose era andata a lavoro e anche io dovevo sbrigare ad andarci. Ma avevo aspettato l'arrivo di mia madre.
Ora indicava la culla di Hope, con Briciola che dormiva sotto di lei, come a sorvegliarla.
La cosa curiosa era che anche io mi ero posto questo problema all'epoca. Non mi piaceva l'idea che quel cane fosse sempre così vicino a Hope. Io odiavo ancora i cani, anche se ci avevo fatto un po' il callo.
Ma il solo fatto che mia madre lo trovasse inaccettabile, per me diventava una cosa normale anzi assolutamente giusta. La mia parte di adolescente tornava a reclamare. Dovevo contrastarla per forza.
-è un cane pulito, non dà nessun problema.
Mamma sei sicura di poter badare alla bambina?- domandai ancora una volta.
-certo figliolo. So benissimo cosa. Fare. Ora tranquillo, vai. Rose tanto arriva tra un paio di ore, giusto?- mi domandò.
-si, esce a mezzo giorno dal lavoro. Ma se hai bisogno chiamaci, ok?- chiesi.
-certo! Vai, non ti preoccupare!- e fui costretto ad andarmene. Ma mi sentivo decisamente molto preoccupato.
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