24) Suicidio
« Un'esplosione nel castello? »
Chiese Daimon sbigottito dall'evento. Da una delle vetrate più alte incominciò ad uscire parecchio fumo nero e qualche tenda aveva già iniziato a prendere fuoco, creando panico e preoccupazione nel cuore degli abitanti che iniziavano a chiedersi che cosa stesse accadendo all'interno del palazzo, il simbolo più importante della capitale insieme alla fontana sacra.
« Secondo te fa parte dei festeggiamenti del giorno dei caduti? »
Domandò ironico verso il compagno di schiavitù, quasi divertito dal fumo che fuoriusciva dal castello.
« Ne dubito. Il giorno dei caduti è una giornata dedicata al silenzio ed alla preghiera, quindi è vietato praticare ogni forma di guerra, battaglia o di festeggiamento in questo giorno proprio per il ricordo dei propri cari defunti. Poi, dal fumo nero che si sta alzando verso il cielo, direi che è stata causata da un composto tra diversi reagenti chimici e polvere da sparo, mischiati alla perfezione, ma esplosi prima di ottenere il loro massimo potenziale. Dovremmo preoccuparci ed anche tanto altrimenti... »
« Altrimenti? »
Il giovano schiavo lo interruppe all'improvviso, sebbene Quarck non capì la sua ironia iniziale e prese la sua domanda molto seriamente.
« Con la giusta dose, concentrazione e tempo di preparazione, potrebbe distruggere tutto il castello e molti quartieri vicino ad esso. Ma non posso dirlo con certezza, dato che non conosco alla perfezione i reagenti che sta usando. E non posso annusare il fumo perché siamo troppo lontani. Dovrei avvicinarmi di più per poter... »
Quarck fu bruscamente stoppato da Colosso, che tirò con forza le catene, tirando per il collo sia lui che Daimon. Tutto ciò per incitarli a seguirlo verso il palazzo reale.
« Te lo scordi! Dobbiamo scappare verso la direzione opposta! Non hai sentito l'anatra troppo cresciuta? C'è la possibilità che il raggio della bomba ci colpisca in pieno se ci avviciniamo troppo! »
Ma alla loro guardia non gli importò nulla delle parole del suo schiavo e, proprio per questo, prese di peso i due prigionieri e se li caricò sulle spalle, così da non perdere tempo, per essere più veloce e da non perdere di vista Daimon e Quarck.
« Fermati! Stiamo finendo dritti nella tana del lupo! Non sappiamo quando ci sarà l'esplosione! Questo è un suicidio! »
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« Stai bene? »
Domandò Dankana alla sua amica, osservando i suoi lividi ed i suoi tagli. Per fortuna della ragazza, la guardia degli schiavi che aveva incontrato qualche settimana prima intervenne prima di lui. Avrebbe scatenato il panico se solo avesse mostrato le qualità che contraddicevano la sua razza, quindi era un bene che qualcun'altro fosse li per salvare Senter.
« Ho avuto paura. »
La giovane pianse sulla spalla del ragazzo con il volto coperto da una sciarpa, ma Dankana non potè ricambiare l'abbraccio e rimase fisso con le mani nelle tasche dei pantaloni. Quasi maledicendosi per le sue "limitazioni" fisiche.
« Ora sei al sicuro. Ma non ti voglio più vedere in casa di altri per poter rubare qualcosa di valore. Nella nostra famiglia, rubare e portare qualcosa da mangiare a casa è il mio compito. Il tuo è quello di vivere e di non rischiare la bella pelle gialla che ti ritrovi. »
Le lacrime della ragazza dai capelli viola iniziarono a bagnare la spalla e la sciarpa di Dankana. La sua pelle luminosa e piena di vita era diventata di un giallo pallido, con alcune macchie bluastre causate dai lividi. Come se non bastasse quell'evento, c'erano problemi anche palazzo reale e, buona parte dei cittadini di quel quartiere, incominciarono a preoccuparsi. Anche il gigantesco Tkall, con i due schiavi al seguito, iniziò a dirigersi in direzione del castello per poter vedere cosa stesse accadendo tra quelle mura. Dankana, in debito per la prima volta in tutta la sua vita con un abitante di Kyria, non poteva non seguirli e non dare una mano a quel gigantesco soldato verde.
« Ora dirigiti verso casa. Io ti raggiungo più tardi. »
Disse all'amica esortandola ad alzarsi e a smettere di piangere.
« Non vieni con me? »
Domandò ancora non gli occhi lucidi.
« Non posso, devo ricambiare subito il favore con colui che ti ha difeso e con quegli schiavi che mi hanno aiutato tempo fa a scappare dalle guardie. Non voglio che gli accada nulla di male. »
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Il silenzio del corridoio rassicurava l'abile spadaccino, che era seduto in una pozza di sangue nell'attesa di nuovi avversari da sconfiggere. Il suo compito era quello di difendere Set e la bomba. Nient'altro era importate per lui, soprattutto perché, al termine del timer, anche la sua vita sarebbe giunta al termine. Più volte avrebbe desiderato togliersi la vita in quel periodo di schiavitù, ma, dopo i primi tentativi di fuga da parte del prigioniero, le guardie non gli diedero un momento di pace. Alcune di loro gli legarono mani e piedi ogni notte, per timore di una sua possibile fuga. Dopo un po' di tempo avevano anche iniziato ad incatenarlo al muro ed a farlo dormire con uno straccio infilato in bocca, per timore che potesse spaccarsi la testa contro una parete o mordersi la lingua. Gli Tkall sanno essere davvero spietati con i loro prigionieri, proprio per questo non permettono a tutti i loro schiavi di poter dire addio a questo mondo. Chi aveva fatto soffrire il loro popolo, meritava di marcire nelle celle di Kyria. Mec, infatti, prima di essere imprigionato nelle segrete della capitale, aveva versato un sacco di sangue Tkall nei campi di battaglia. Solo il principe Prouta riuscì a disarmarlo ed a sconfiggerlo. Purtroppo per Mec, in molti gli riconobbero l'uccisione dei propri compagni e dei loro amici, per questo fu condannato ad una vita di lavori forzati nella capitale come schiavo. Purtroppo era pratica molto comune in quel pianeta. Gli eroi più valorosi venivano incatenati e costretti a servire i loro dominatori fino alla fine dei loro giorni. Mec non fu il primo e non sarebbe stato l'ultimo di quella lista infinita di schiavi che venivano strappati con forza dai loro pianeti e costretti a servire coloro che avevano sterminato la loro razza.
« Ho finito! »
Urlò a squarciagola Set, avvicinandosi al compagno e rompendo quel silenzio glaciale che regnava nel corridoio.
« Vedo che anche tu ti sei dato da fare. »
Disse notando il pavimento ricoperto di cadaveri Tkall ed il suo volto rigato dal sangue degli avversari.
« Quanto tempo ci vorrà prima che esploda? »
Domandò l'abile combattente, che desiderava ardentemente il termine del timer per poter raggiungere i propri cari.
« Circa mezzora. Purtroppo con i poveri mezzi a mia disposizione non sono riuscito a fare di meglio. Dobbiamo difenderla a tutti i costi! »
Set prese due o tre piccole bombe dalla sua bisaccia ed incominciò a camminare lungo il corridoio appestato di morte e dolore.
« Io vado a proteggere la sala grande da eventuali guardie. Voglio che tu sia l'ultima difesa di questo mio piccolo gioiello e desidero procurarti un diversivo che faccia perdere tempo ai nostri nemici. È stato un onore conoscerti Mec. »
Quella fu la prima volta che il combattente sentì nella voce del compagno un tono di voce serio e non disturbato. A quanto pare anche lui desiderava al più presto raggiungere la propria famiglia nell'altro mondo.
« Ci vediamo dall'altra parte dell'oscurità. »
Questa fu la risposta del combattente, riferendosi all'oscurità che perseguitava il suo cammino ed al fatto che non sarebbe più stato in grado di vedere nulla.
« Infidi Tkall fatevi sotto! Ho dei regali per voi! »
Set scese dalla scale alla fine del corridoio urlando contro chiunque fosse presente nella sala grande. Mec sentì anche il rumore di diverse esplosioni nel piano inferiore al suo ed una tremenda puzza di zolfo. Il suo compagno aveva già iniziato ad usare le proprie armi contro gli Tkall, mentre lui era costretto ad attendere la fine del timer, in compagnia di una silenziosa principessa che guardava perplessa il marchingegno.
« Manca poco... Catness, spero che tu possa attendere ancora qualche minuto. Poi, finalmente, tornerò a casa come promesso. »
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