7. Oscurità
-E..dove?- cerco di chiedere.
Dove mi porteranno? Come continuerà questo incubo assurdo?
Cosa mi faranno?
Cosa succederà?
Cosa..sento la pelle accapponarsi, mentre Nathan mi mette un braccio sulla spalla.
-Non ti preoccupare. Parola mia.-
-Non so quanto valga la tua parola, e non voglio scoprirlo.- scatto. La paura ha sempre avuto uno strano effetto su di me. Non riesco a controllarmi mentre sale la tensione e mi trasformo in una bestiaccia, cattiva e folle. Divento aggressiva e pungente.
Mi divincolo, mi ha preso con una mano il braccio.
Non molla. Continuo a cercare di liberarmi, mentre la stretta diventa sempre più forte.
Mi sta facendo male.
-Ti romperò il braccio se continui ad agitarti.- la voce è pacata. Non sembra affatto emozionato, sembra completamente disinteressato.
Inizia a fare freddo. Il braccio mi duole. Non riesco a muovermi. Il freddo mi pervade.
-No..- biascico rauca.
-Cosa..volete farmi..?- la domanda è penosa, e la accompagna un ancor più stupido singhiozzo. La morsa gelata si allenta, riesco a respirare con più calma.
-Cosa vogliamo farti? Niente..assolutamente niente.- mi risponde il mio persecutore tranquillamente, mentre si porta alle labbra la sigaretta.
-Tenj..la tua sciarpa. Sta tremando.-
Gli viene allungata la sciarpa rossa, che lui mi allunga con la mano libera e mi aiuta a cingere il collo.
-È più caldo ora?- mi chiede.
-Si..- smetto di piangere, sto facendo la figura della stupida.
-Andiamo Thanatos?- chiede la ragazzina di nome Koufu.
La risposta, completamente atona, è repentina. -oc.-
Mi sale alle labbra un'altra domanda stupida, ma impellente, che però preferisco non fare.
Il vecchio mi anticipa.
-Viaggerà con te, Thanatos?-
Nathan non risponde. Sembra distratto da qualcosa, mentre schiaccia la sigaretta ancora fumante.
Lo sguardo è fisso, assente. Lascia cadere le braccia lungo il busto. Come sconcertato da qualcosa.
-Tutto bene?- gli chiedo.
Si volta e mi guarda, ricompare il sorrisino.
-Si, viaggerà con me. E non vi preoccupate, sto bene.-
Ma la domanda rimane. È vero che siamo in un parcheggio, pieno di macchine, alcune veramente fighe, ma non sembrano intenzionati a prenderne una. All'improvviso Holl schiocca le dita. Compare, dietro di lui, un cerchio nero, sormontato da una corona alata anch'essa nera.
-Vieni.-
E poi mi offre la mano, con un inchino elegantissimo e disinvolto. E insieme entriamo in quel cerchio, che come sospettavo, è una specie di porta spazio-tempo.
È buio.
È freddo.
Ma gli stringo la mano, tutto sembra rischiararsi.
Si gira verso di me.
-Non temere. Ti dò la mia parola, non ti succederà niente che possa arrecarti disturbo.- Sospira. È bellissimo, ora che sembra quasi un ragazzo qualunque, anche se rimane vestito in quel modo assurdo.
Intorno a noi è tutto nero, non c'è una luce, tranne quella che sembra scaturire dalla sua alta figura. Nulla. Non c'e nulla. Se non un profondissimo nero, impenetrabile per l'occhio umano. Dietro di noi, il cerchio è diventato rosso. Sta scomparendo, ma Nathan non sembra affatto preoccupato.
È immerso nei suoi pensieri, quali non voglio sapere.
Si passa una mano fra i capelli e solo allora sembra ricordarsi di me.
-Questo è un bellissimo posto per nascondersi dalla vita quotidiana, trita e rumorosa..- si scusa.
Sembra stanchissimo, e molto più vecchio di quanto non sia in realtà.
-Vieni..- con un altro profondo sospiro, traccia un solco nel nulla nero, incombente e minaccioso. Compare un altro disegno, questa volta bianco. Un campo di scacchi.
-Mors est iustitia*.-
Compare un cerchio bianco, più piccolo e più arzigogolato. È decorato con le figure, rosse, dei pezzi degli scacchi. -Vieni- mi dice Nathan, tendendomi di nuovo la mano che aveva staccato dai miei artigli di tigre impaurita. La afferro con forza, cercando di trarre maggior calore possibile.
È freddo.
È buio.
Oltrepassiamo il cerchio biancastro, lasciandoci alle spalle quella cupa oscurità.
*Mors est iustitia:
{La morte è giustizia}
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