23. Inviti
Restarono seduti per terra, tenendosi per mano a confortarsi a vicenda.
Valthes per la prima volta si trovò ad affrontare la pratica di essere contattato da uno spirito ed era stato prosciugato di energia. Fenelia gli disse che un po' lo capiva come si sentisse e gli raccontò della sua esperienza di possessione con le sue antenate.
Persa nei racconti, si voltò stranita verso il ragazzo quando lo sentì ridacchiare: non stava certo raccontando una storia divertente.
“Non riesci proprio a stare ferma, vero? Se non puoi camminare mentre parli, gesticoli, ti tiri i capelli o sbatti i piedi.”
“Scusa.” Imbarazzata, lasciò andare la sua mano, che con la propria aveva mosso di qua e di là senza rendersene conto. Lui rise di nuovo e il modo dolce in cui la guardò la fece arrossire.
Più tardi, mentre si preparavano per la festa, Fenelia comunicò al ragazzo che il mattino successivo sarebbe partita per Castrum. Lui non disse niente e le procurò un sacco in cui metterci le pozioni e il pezzo di tavoletta, acqua e qualcosa da mangiare. Sembrava, da come la guardava, che fosse in attesa di qualcosa. O forse era solo una sua impressione, perché anche lei aspettava qualcosa da lui. Voleva che dicesse che sarebbe partito con lei. Non glielo voleva chiedere, le pareva egoista da parte sua coinvolgerlo in quella ricerca pericolosa in cui nulla era chiaro, solo per avere compagnia. Era buono e generoso Valthes, e non voleva farlo sentire in obbligo di accettare solo perché forse erano legati da un destino che li voleva regina e vedente, ruoli che entrambi non si sentivano in grado di ricoprire. Erano davvero una coppia strana: una sacerdotessa che poteva salvare le sorti di un popolo che la voleva regina, e un vedente a metà, le cui visioni portavano più confusione che certezze.
Non voleva essere regina. Avrebbe portato a termine il suo compito e poi , se non sarebbe morta nel frattempo, sarebbe tornata a fare la sacerdotessa. Le sorti della Messapia le avrebbe lasciate in mano a chi ne aveva le competenze, a re Malosso e re Licaone, per esempio. Perciò non voleva costringere Valthes a farsi carico del ruolo di vedente, se non voleva. Credeva che il suo compito fosse stato assolto già: trovarla e rimetterla in forze, farla uscire dal pozzo oscuro in cui era caduta ed essere messaggero delle parole della Maestra Mut.
Pensare che l’aveva aspettata per così tanto tempo le procurava un doloroso e allo stesso tempo piacevole calore nel petto.
“Fen, cosa c’è?” Domandò Valthes, facendola uscire dai suoi pensieri.
“Perché mi fissi in quel modo, devi dirmi qualcosa?”
“No. È solo che sono pronta per la festa.” Sorrise.
Con un cenno della mano, la invitò a precederlo.
Raggiunsero il centro del villaggio a unirsi alla già numerosa folla. Il fuoco ardeva alto e caldo , protagonista della scena e intorno i ceppi, sistemati come sedili, erano quasi tutti occupati da uomini e donne con tamburi alle mani. I bambini cantavano e ballavano in tondo tenendosi per mano, alcuni giocavano a rincorrersi. Altri fuochi, più piccoli e disposti in uno specifico spazio, erano pronti per ospitare il cibo.
La stagione fredda ormai era scivolata via ed era piacevole stare fuori sotto il cielo privo di nuvole e trapunto di stelle.
Fenelia individuò Genna e la sua famiglia e insieme a Valthes, li raggiunse. Comunicò anche a loro la scelta di partire il mattino seguente, ringraziandoli per tutto quello che avevano fatto per lei e lasciandosi la promessa di rivedersi.
Quando la festa entrò nel vivo, Fenelia si unì con entusiasmo ai balli e ai canti. Poteva essere l’ultima volta che partecipava ad una festa e di certo non la aspettavano giornate troppo allegre, perciò voleva godersi al meglio quel tempo spensierato.
Dopo una pausa, i suonatori, con diversi colpi lenti sugli strumenti, e accompagnati da dolci vocalizzi, fecero intendere l’inizio della danza de core*. Le ragazze si lanciarono nel mezzo dello spiazzo, ognuna con un pezzo di stoffa colorato in mano. Genna ne passò uno rosso a Fenelia e la spinse a partecipare; intanto i ragazzi si disponevano in cerchio, rinchiudendo le ragazze.
Il battere lento accompagnava il dondolio dei corteggiatori e il zompettare delle corteggiate, che si trasformò pian piano in saltelli e giravolte più veloci. Un po' per volta, le dame sceglievano il compagno per la danza. Fenelia, senza nemmeno pensarci, si avvicinò a Valthes e gli circondò il collo con il fazzoletto, attirandolo piano verso di sé.
Sembrava soddisfatto, sollevato, di essere stato scelto.
In un gioco di sguardi e sorrisi, scambiandosi e giocando con il pezzo di stoffa, si rincorrevano girando in tondo, si allontanavano e si avvicinavano senza toccarsi mai, come la tradizione della danza richiedeva. Valthes le sfiorava appena i capelli, le braccia o i fianchi e lei ricambiata con le stesse attenzioni.
Al culmine della danza, con il ritmo serrato e veloce dei tamburi, girarono in tondo insieme come un vortice marino, lei con le braccia in alto a reggere la stoffa, lui con le braccia aperte a sfiorarle il corpo. Occhi negli occhi, sorriso nel sorriso.
L’ultimo colpo sui tamburi decretò la fine della danza e Fenelia abbassò le braccia a stringergli il collo mentre nello stesso istante Valthes chiudeva le braccia attorno al suo corpo. Si strinsero forte, con il fiatone. La danza era conclusa e il compagno era conquistato.
Fronte contro fronte, rimasero stretti a fissarsi senza dire niente, incuranti della gente intorno che batteva le mani e ricominciava a parlare.
Fenelia si sentì triste e addolorata per quell’addio.
“Valthes…”
“Dimmi.” La incoraggiò, quasi supplicandola.
“Ma che bella festicciola! Perché nessuno ci ha invitato?” Una voce forte, si intromise nel brusio. Il silenzio dilagò. Fenelia e Valthes si separarono e poterono vedere sei guardie di Yothnos.
“Siete già passati giorni fa. Cosa volete ancora?” Un uomo parlò coraggiosamente.
Fenelia trattenne il fiato quando riconobbe Dositeo. Si nascose dietro Valthes e gli sussurrò la notizia. Se si fosse avvicinato, l’avrebbe riconosciuta.
“Veniamo quante volte ci pare. Vogliamo solo divertirci.” Rispose uno di loro, avvicinandosi all’uomo che aveva parlato. Lui sostenne il suo sguardo. Genna si avvicinò. “Abbiamo ancora del vino.” Disse, porgendo un otre alla guardia. Lui la afferrò e ordinò di portargliene altro, insieme a del cibo.
“Continuate a suonare e a ballare, coraggio. Vogliamo vedere un grande spettacolo.” Un’altra guardia si rivolse ai suonatori, che obbedirono alla richiesta.
A Fenelia non sfuggì che invece le altre guardie si stavano guardando intorno e si avvicinavano alla gente, scrutando bene i loro volti.
“Valthes, devo andare via.”
“Non ti agitare. Cerca di comportarti normalmente.” La prese per mano e la fermò quando fece il gesto di mettersi il cappuccio: “Gli insospettirai.”
Si lasciò condurre da Valthes in giro, facendo del suo meglio per sembrare innocente. Aveva paura. Non solo per sé stessa, ma per tutti gli abitanti del villaggio anche.
“Avviciniamoci a casa e chiudiamoci dentro fino a che non vanno via.” Suggerì il ragazzo. Stringeva la sua mano così forte che le stava facendo male.
“Hei, voi! Dove state andando?” La voce forte e minacciosa di una guardia, lì bloccò sul posto. Valthes si voltò: “Andiamo a prendere altro vino, signore.” Spinse Fenelia lontano da sé e si avvicinò a lui.
Continuò a camminare verso casa, Fenelia, con il cuore in gola. Entrò e prese la sacca che aveva preparato per il viaggio e un recipiente colmo di vino. Non sarebbe scappata via così. Tornò indietro e la guardia afferrò il vino e diede loro le spalle.
“Perché sei tornata indietro? Dovevi andare via.” La sgridò sotto voce, Valthes.
“Mi stava aspettando con il vino! Lo avrei messo in allarme se non fossi tornata.”
“Ma lo stavo intrattenendo benissimo. È già ubriaco, nemmeno si ricorda cosa dice! Dovevi approfittarne.”
“Voi due! Prendete altro vino, quello non basta.” Un’altra guardia si era avvicinata e non se n’è erano accorti.
“Vado subi... to...” Fenelia si pietrificò. Era Dositeo. Lui sbattè gli occhi e la guardò dubbioso. Ma poi sorrise, di vittoria.
Valthes la spinse via un’altra volta e lei corse verso la stalla, da Balio, mentre Dositeo urlava l’allarme alle altre guardie. Sentì Valthes che urlava qualcosa e gli abitanti del villaggio insorgere. Non voleva che altri morissero per lei. Non voleva un altro Yoin: tornò indietro.
Quasi si scontrò con Valthes che l’aveva raggiunta. La prese per mano e corsero di nuovo verso Balio. “Corri! Non so quanto li tratteranno.”
Dositeo infatti si liberò in fretta e sentirono le sue urla di inseguimento.
Si nascosero dietro un’alta torre di legna tagliata e ordinata, a riprendere fiato.
“Sai, questo sarebbe un buon momento per farti possedere dalla tua antenata guerriera." Bisbigliò Valthes, spiando al di là della torre.
“Non lo decido io. Sono loro che vengono quando vogliono.” Rispose, ma in quel momento era d’accordo con lui. “Dovrei preparare la pozione per chiamarle, in effetti.” Si chiese come mai non ci aveva pensato prima.
“Sei matta? È troppo pericoloso! Stavo solo scherzando.” La guardò, esasperato.
“Trovata!” Dositeo comparve nella loro visuale. Non lo avevano sentito arrivare, tra le urla della gente e il loro stesso battibecco sommesso.
Fenelia afferrò un ciocco di legno e glielo sbattè in faccia, con tutta la forza che aveva, facendolo ululare dal dolore. Valthes gli sferrò un calcio in mezzo alle gambe e quando si piegò in avanti, lo spinsero insieme all’indietro, facendolo cadere e, scavalcandolo, corsero via, fuori dal villaggio.
“Conosco un nascondiglio perfetto.” Valthes se la tirò dietro fino a un enorme albero di fico. Sembrava un cespuglio gigante, l’ erba ai suoi piedi era così alta che ne nascondeva il tronco. Si intrufolarono in quel groviglio di sterpaglie e raggiunsero il tronco, a tentoni. Era completamente buio. Sfregando due pietre, il ragazzo accese un piccolo fuoco.
“È troppo buio ora. Meglio aspettare qui che faccia giorno. Facciamogli credere che siamo scappati via così ci inseguiranno e lasceranno il villaggio.” Le disse, con il fiatone.
Fenelia annuì, d’accordo con lui. Si rannicchiò, abbracciandosi le gambe, riprendendo fiato.
“Speriamo che se la cavino al villaggio.” Sussurrò Fenelia, ansiosa.
“Non preoccuparti. Siamo abituati e sappiamo come difenderci.” La tranquillizzò, sedendosi al suo fianco.
“Se vuoi tornare al villaggio ad aiutare…” Iniziò Fenelia, ma lui la interruppe.
“Sto con te.”
Si fissarono in silenzio. Fenelia aprì la bocca, ma si costrinse a richiuderla e a restare in silenzio: non poteva chiederglielo.
Lui perse la pazienza: “Chiedimelo, Fen! Dannazione, l’ho già visto! La solita visione di te, di spalle, ma questa volta camminavi e io ti seguivo.”
Non se lo era aspettato. E non le piacque.
“Non verrai solo perché lo hai visto. Non voglio costringerti.”
La afferrò per le braccia. “Non te l’ho detto perché sapevo che avresti pensato questo. Aspettavo che me lo chiedessi. Volevo che me lo chiedessi.” Specificò.
“Io…”
“Fen, ti ho sentita e vista per così tanto tempo! Ora che ti ho trovata, non voglio lasciarti. Voglio venire con te, voglio aiutarti in questa ricerca, tentare di salvare la Messapia con te. Lo so che le mie visioni non servono a molto, ma se tu mi vuoi al tuo fianco penso che…”
“Si! Voglio che vieni con me.” Lo interruppe, felice. Come poteva dire di no ad una dichiarazione del genere?
Si slanciò verso di lui e lo strinse in un abbraccio. Lo sentì sospirare, di sollievo.
“Cerchiamo di riposare un po'. Appena sarà possibile, fuggiremo da qui.” Le sussurrò, carezzandole i capelli.
*Danza De core: Danza del cuore, è la pizzica del corteggiamento, dove i due ballerini sono molto vicini ma non si toccano mai. Tutto si svolge con lo scambio di sguardi provocatori e movimenti che dimostrano l’uomo corteggiatore e la donna corteggiata che sfugge. Lei ha un fazzoletto con cui provoca e sceglie il compagno, cambiandolo anche più volte, fino a donarlo a colui che durante la danza le ha rubato il cuore.
● L’albero sotto cui hanno trovato rifugio Fenelia e Valthes esiste davvero. Ci passo sempre davanti e da un lato l’erba è più bassa e si intravede questo nascondiglio.
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