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16. Equotutico

“Maestra Mut! Che piacevole sorpresa!” Re Malosso, accolse con un caloroso abbraccio la Maestra, quando giunsero a Equotutico.
Aveva l'aspetto di un temibile combattente: alto, muscoloso e una lunga cicatrice attraversava il volto,dalla tempia destra, all'orecchio sinistro. I capelli scuri erano lunghissimi, tutti pettinati da un verso e acconciati con piccole trecce; l'altro lato del capo era rasato e un’altra cicatrice bianca era in vista.  Era un uomo molto affascinate.
La Maestra Mut presentò Eneia ed Enio e lui fece altrettanto con la sua famiglia.
La sua  regina, Evippe, era bella e forte tanto quanto lui, ma anche elegante nel portamento. I suoi occhi neri, dalle lunghe ciglia erano il punto forte.
Avevano un figlio di tredici anni, Alessandro, che condivideva con il padre la prestanza.

“Spero che il viaggio non sia stato difficoltoso.” Disse Evippe, mentre accompagnava le sue ospiti nelle stanze che le avevano assegnato.
Quando la Maestra Mut fornì un riassunto delle loro avventure e incontri sgradevoli, l'ultimo avvenuto proprio con il principe Apone non lontano da lì, si indignò e mise a disposizione le sue damigelle per qualunque cosa avessero bisogno.

Come Fenelia aveva già appreso soggiornando presso la famiglia reale Pauceta, allo stesso modo i regnanti della Daunia erano considerati dal popolo a tutti gli effetti gli unici aventi diritto al trono, anche se il titolo ufficiale era stato loro sottratto da Alaskiritas. Forse, pensò, era questa la differenza tra loro, era questo che rendeva i due popoli così apertamente battaglieri al contrario dei Messapi, i quali non avevano altra scelta che combattere in segreto, orfani di un re a cui fare affidamento, a cui essere fedeli.

Il respiro diventò pesante e sentì le gambe molli come fango, quando quel ragionamento la portò a capire che era questo il ruolo che le avrebbero affidato, quando si sarebbe palesata. I Messapi aspettavano lei, la principessa perduta con la soluzione magica, per uscire allo scoperto e combattere Alaskiritas; i Pauceti e i Dauni, se pur diffidenti, anche aspettavano lei, per unirsi, collaborare e tornare liberi.
Capì perché la Maestra Mut aveva voluto questo viaggio e perché insistesse nel farle conoscere le famiglie reali, entrare in confidenza, conoscere il popolo tutto.
Sarebbe arrivato il momento di farsi riconoscere per quella che era realmente e, se avesse seminato bene lungo il cammino, avrebbe avuto al fianco degli alleati importanti.

E poi c’era la tavoletta magica. Una risorsa inaspettata e che sperava non fosse una perdita di tempo. Ma la Maestra non sbagliava mai e le sue visioni erano sempre fonte di verità.

Rimuginò, ora spaventata, ora euforica,  per tre giorni interi. Il suo cambio d’umore non sfuggì ad Enio che accolse in silenzio assoluto la confessione dell’amica, quando decise che voleva farla partecipe.
“È così. Ed è una responsabilità molto grande, Fenelia.” La chiamò con il vero nome dopo tanto tempo. “Hai tutto il diritto di provare quello che dici, quindi non sentirti in colpa o inadeguata. La tua nascita avrà anche decretato il tuo destino, rendendoti colei che dovrà estirpare il male nato nella tua stessa discendenza, ma ricordati che a combattere la guerra, non sarai da sola.” La abbracciò e Fenelia, aggrappandosi a lei, si lasciò andare a un pianto liberatorio.

Grazie a Enio, alle sue parole e alla sua vicinanza, Fenelia riuscì a non cadere vittima dei suoi stessi pensieri cupi e a non perdersi nel groviglio di insicurezze e paure. Aiutò molto anche il clima allegro che aleggiava nel villaggio. Orgogliosi delle loro abilità, si vantavano con le ospiti Messape della lavorazione delle loro armi, sfidando a provarle e ad allenarsi con i loro maestri. Le ragazze non si tirarono indietro e rimasero stupefatte quando videro le armature che avevano ideato, in particolare apprezzarono molto il cardiophylax, una placca di protezione per la parte superiore del petto. Ma ciò che le vollero davvero provare a imparare era la tecnica di combattimento del desultor, ovvero il cavaliere che salta giù. Utilissima in battaglia, questa tecnica permetteva al cavaliere, tra le altre cose,  di saltare dal proprio cavallo a quello dell’avversario per disarcionarlo. Era difficile e bisognava pensare a tante cose, ma si impegnarono molto, convinte che fosse una lezione da non perdere.

“Siete anche agevolate dall’ottimo rapporto che avete instaurato con il vostro cavallo.” Disse Tommara, una delle Maestre esperte della tecnica.
“Grazie agli insegnamenti del Maestro Pauceta, Orio.” Rivelò Fenelia.
“Oh, siete allieve di Orio! Ora è tutto più chiaro. Ci siamo scambiati diversi consigli io e il Maestro.” Sorrise lei, poi in confidenza disse : “Sapete, a volte siamo così orgogliosi e gelosi dei nostri successi e scoperte, che tendiamo a tenerli chiusi tra le nostre mura, ma credo che alcuni segreti come questi, debbano invece essere condivisi. È così che si cresce, come popolo.”
Le ragazze, che tanto stavano imparando da quel viaggio, non potevano che essere d’accordo.

Fenelia trascorse molto tempo con il futuro erede, il principe Alessandro. Pur somigliando molto al padre di aspetto ed essendo anche lui già un abile guerriero, aveva un animo più pacifico, una risata contagiosa e lo spirito vivace di un ragazzo qualunque della sua età. Trovò in Fenelia una sorella maggiore a cui confidare anche i tormenti di un futuro erede al trono.
In quanto sacerdotessa e, anche se il ragazzo non lo sapeva, una  possibile futura regina, era in grado di offrirgli il conforto e la comprensione di cui aveva bisogno.

“Tra dieci giorni compirò  quattordici anni. Organizzo sempre una gara, una corsa di cavalli, e può partecipare chi vuole. Negli ultimi anni ho vinto sempre! Tu ed Enio volete partecipare?” Chiese il principe Alessandro mentre passeggiavano a piedi tra i vicoli del villaggio.
“Mi piacerebbe. Ed Enio non sarà da meno, lo so. Ma poi non ti lamentare, principe, se verrai battuto da due ragazze Messape.” Scherzò, facendolo ridere.

Enio accettò la sfida, come Fenelia si era aspettato e in quei dieci giorni si dedicarono solo ad allenarsi con i cavalli e a prendersi cura di loro nel miglior modo possibile.
Seguendo le lezioni sulla sana alimentazione del Maestro Fabullo, che fin da piccole avevano ricevuto, mettendo in pratica i consigli del Maestro Orio sul parlare e coccolare il cavallo, attuando un'attenta supervisione del tratto di strada che avrebbero dovuto affrontare nella gara e allenandosi sia in sella che a terra, le ragazze non tralasciarono nulla. Anche se si trattava di una gara di divertimento, la presero sul serio, intenzionate a vincere, almeno una di loro, la famigerata maschera a forma di bue*.

La mattina del fatidico giorno, Fenelia ed Enio, condivisero un dubbio comune e chiesero consiglio alla Maestra Mut.
“Maestra, pensi sia scortese se dovessimo vincere la gara? Dovremmo far vincere il principe?”
“Non è scortese. Una gara è una gara, anche se solo per gioco. Non farete certo un favore al principe, lasciandolo vincere quando non se lo merita. I partecipanti lo sanno, e anche lui stesso.” Rispose, togliendo loro ogni dubbio.

Acconciarono i peli della criniera e della coda di Callia e Ruith, il cavallo di Enio, con nastri colorati e offrirono come pasto un’erba che avevano raccolto il giorno prima, nota come erba del cavallo, o almeno così la chiamava il Maestro Fabullo, e che avrebbe dato vigore ai muscoli delle gambe. Il principe Alessandro, incuriosito, chiese informazioni su tale erba che non conosceva e le ragazze condivisero la loro conoscenza. Lui ascoltò, scettico, poi augurò buona fortuna alle avversarie.

Il pomeriggio era ventoso e freddo, ma l’atmosfera era calda. Avrebbero gareggiato in dieci e, tra i sei uomini di varie età, più il principe, tre sole erano le ragazze in gara.
La folla iniziò a fischiare, applaudire e incoraggiare il preferito non appena cavalli e cavalieri si sistemarono lungo la linea di partenza.
Avrebbero dovuto compiere tre giri di un percorso che prevedeva un largo spiazzo d’erba iniziale e poi il superamento di un tratto cosparso di massi e alberi.
“Ricorda: regola l’andatura, incita e sostieni Callia con la voce, e con dei colpetti solo quando è necessario.”
“Lo so, Enio!” Sbuffò, Fenelia.

Il re urlò l’inizio della gara e, il sapore della terra in bocca fu la prima cosa che provò Fenelia. Con un nitrito di furore, Callia si spinse avanti e, tra scatti e sobbalzi, la ragazza si rese presto conto di quanto l’animale fosse su di giri. Si chinò sul suo collo per parlargli e  accarezzarla per calmarla. Dopo il primo giro, Fenelia si trovava verso la coda del gruppo, mentre in testa c’erano sia il principe ché Enio.  Partiti subito fortissimo, si scambiavano il primo e secondo posto, insultandosi amichevolmente a vicenda.

Serpeggiare tra gli alberi e i massi, saltare buche e tronchi caduti era difficile e pericoloso. Fenelia aveva paura che Callia potesse farsi male, ma la cavalla aveva memorizzato bene il percorso e andava spedita. Fidandosi di lei, si rilassò e guadagnarono posizioni nel secondo giro, fino ad arrivare alle spalle di Enio, in terza posizione. Erano all’iniziò dell’ ultimo giro.

Si accorse che Ruith era agitato e stava rallentando. Una rapida ricognizione visiva e Fenelia individuò il problema: era ferito ad una gamba. Pareva che Enio non se ne fosse accorta, perché la vedeva piegata verso il collo dell’animale, a spronarlo.
“Andiamo, Callia! Raggiungi Ruith.”
Spingendo in avanti, furono pari e Fenelia attirò l’attenzione dell’amica. Dei cenni tra loro e si misero d’accordo.
Piano, ma senza esitazione, Enio si alzò in piedi sulla groppa del suo Ruith e si lanciò su Callia, dietro a Fenelia. Esultarono per la riuscita dell’azione e videro Ruith, libero dal suo cavaliere, scartare di lato e uscire fuori dalla pista.

“Appena prima del percorso più difficile!” Urlò euforica Enio nell’orecchio di Fenelia. “E adesso andiamo a vincere! Vai, Callia.”
Nonostante il peso doppio da sostenere, Callia non mollava e, incitata dalle parole di Fenelia e dalle carezze di Enio, spinse in avanti, sempre più avanti.
Grazie a quell’ultimo guizzo, recuperarono terreno, superarono il principe e vinsero.
La folla esplose in grida di entusiasmo e perfino la Maestra Mut s’era messa a saltare di contentezza mostrandosi come mai nessuno l’aveva vista.

Ricomponendosi e scrollandosi di dosso al meglio che poterono il terriccio dalle vesti, Enio e Fenelia raggiunsero il re e il principe, con il sorriso stampato sul viso.
“Complimenti alle nuove vincitrici della gara. Come da tradizione, il vincitore precedente, passerà la maschera al nuovo eletto.” Parlò il re, passando il trofeo a suo figlio.
“Per i cani! Battuto da due ragazze.” Sbuffò il principe.
“Due ragazze Messape.” Sottolineò Enio, orgogliosa, spostando la maschera che il principe, sorridendo , le tendeva.
“Eneia è la vincitrice. Ha guidato lei Callia.”
“Lo abbiamo fatto insieme.” La abbracciò Fenelia.
“Un ottimo lavoro di squadra.” Si congratulò il principe.
Afferrarono la maschera entrambe e la indossarono a turno, prendendosi gli applausi.
“E adesso, festeggiamo!” Urlò re Malosso, con il suo vocione.

Fu una giornata indimenticabile. Mangiarono e bevvero attorno al fuoco, intonarono canti e ballarono a ritmo dei tamburi. Fenelia ed Enio si presero i complimenti di tutti e il principe volle sapere di più su quell’erba portentosa.
“Siete state bravissime! Glielo avete fatto vedere che anche noi Messapi ci sappiamo fare con i cavalli!” La Maestra Mut abbracciò entrambe, fiera.

Enio sparì nel buio con un giovane che per tutta la sera l’aveva corteggiata e Fenelia si trovò in compagnia del principe Alessandro.
“Sono davvero contento di averti conosciuto, sacerdotessa Eneia. Mi mancherai. Spero di poterti incontrare di nuovo, magari nella tua terra.” Le disse, gli occhi lucidi e le guance arrossate dal vino.
“Lo spero anche io, principe.” Fenelia gli scompigliò i capelli, in un gesto d’affetto.
“Devo riportare la maschera nella casa sacra. Vieni con me?”.
Il principe fece strada presso una costruzione in pietra rettangolare, dalle medie dimensioni e le spiegò che ci tenevano non solo la maschera, ma anche le tavolette funerarie, e le lastre* decorate  che ritraevano scene di vita quotidiana, rituali e racconti, per lasciare segno della loro storia.

Al luce delle torce, Fenelia rimase incantata e si avvicinò a sbirciare mentre il principe riponeva la maschera sopra a una colonna di pietra. “Incideremo la storia di questa giornata anche.” Disse, ma Fenelia non ascoltò cos’altro il principe stava dicendo.  Infilata dentro un largo vaso, vide il pezzo mancante della tavoletta magica. Non aveva dubbi, era proprio lei.  Una sola parola era  scritta e il modo in cui era stata incisa e  la posizione delle lettere coincideva con quella prima parte che aveva trovato.
Cercò di rimanere calma.

“Allora, andiamo?” La voce del principe la raggiunse.
“Si. Eccomi.” Diede le spalle al pezzo di tavoletta e cercando di non apparire troppo sconvolta, lo seguì fuori, di nuovo nella festa,che pareva non voler finire ancora.
Con una scusa, si congedò dal principe e, trovata la Maestra Mut, le rivelò in un orecchio quello che aveva appena scoperto.

*Maschera a forma di bue: sono stati ritrovati dei disegni di cavalieri  con indosso questa maschera e interpretati come dei momenti di gioco.
*lastre: sono state ritrovate circa 2 mila esemplari di  lastre Daunie, che raccontano la loro storia  ( il fatto che usassero il cardiophylax in battaglia e la tecnica del desultor ecc.. ) a forma di parallelepipedo,  decorate su tutte e quattro le facce e dalla cui sommità sporge una testa. Rappresentano schematicamente il defunto :






















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