Capitolo 25
Era un mattino piovoso, uno di quelli in cui Serena faceva davvero fatica ad alzarsi dal letto. Seppellita sotto le coperte, desiderò soltanto di entrare in un letargo eterno.
Demi.
Aveva stravolto la sua vita. Non faceva altro che pensare a lui, si chiedeva continuamente dove potesse essere, cosa stesse facendo, se pensava a lei e perché ne avesse perso le tracce. Cos'era accaduto? Si erano lasciati? E perché? Tutto quello che ricordava di lui era che aveva la sua stessa età; era bello come il sole, con i suoi capelli biondo miele e gli occhi color del cielo; aveva un fascino irresistibile e un sorriso disarmante. Un ragazzo simpatico e divertente ma, soprattutto, buono e generoso. Erano molto felici e sognavano di stare insieme per sempre. Che cosa aveva infranto il loro sogno? Non aveva nient'altro che i ricordi a cui aggrapparsi, ma non erano ancora sufficienti per ricostruire tutta la storia, né spiegarne la fine. Perché, in qualche modo, se lui non era lì con lei, doveva essere finita.
Chiuse gli occhi e lo vide mentre le offriva un gelato. Demi voleva farsi perdonare per averla travolto con i suoi rollerblade. La teneva per mano, mentre la riaccompagnava a casa. Serena sentì il calore della sua mano. Vide se stessa mentre contemplava il viso di lui e si ricordò di aver pensato che fosse il ragazzo più bello che avesse mai visto. Sentì il suo respiro accarezzarle il collo e le sue labbra posarsi con dolcezza sulle sue.
La prima volta che baciava un ragazzo.
Rimase per un po' al buio, poi, fece riemergere gli occhi dall'oscurità e lanciò un'occhiata minacciosa alla sveglia che, con la sua lucina rossa lampeggiante, segnalava le 6:55. Un suono proveniente dal cellulare destò la sua attenzione. Allungò il braccio sul comodino e l'afferrò: segnalava l'arrivo di un messaggio su WhatsApp: "Auguroni di buon compleanno da parte di tutti noi.
Bacioni, Nina".
Fulminò con uno sguardo temerario il calendario appeso alla parete: 25 Novembre. Era proprio il suo compleanno. Rispose al messaggio e corse a prepararsi, l'Università l'attendeva.
Tornata a casa, l'inebriante profumo di un dolce appena sfornato guidò il suo odorato verso la cucina. I timidi raggi di un sole, ancora nascosto dalle nuvole, si riversavano dalla finestra, riempiendo la stanza di pallida luce gialla. Serena trovò ad accoglierla un ambiente vestito a festa, nonché i suoi inseparabili compagni di vita.
«Buon ventesimo compleanno!» esclamarono in coro Ester ed Emis, prima di spupazzarla di baci.
«Ma che avete combinato?» domandò loro, dopo aver notato la tavola imbandita di tutto punto, i festoni ed i palloncini che rivestivano di un verde brillante le pareti.
«Il minimo indispensabile per una festa», le rispose Ester con un sorriso tanto grande da attraversargli il viso da parte a parte.
«Questo è da parte nostra», dissero all'unisono, porgendole una busta da lettera.
«Un biglietto aereo di andata e ritorno per Bari», mormorò incredula. «Non dovevate.»
«Infatti è un regalo, non un obbligo», precisò Emis baciandole una guancia.
«Basta chiacchiere, è pronto in tavola» disse Ester, spingendoli verso i loro posti.
C'era un chiacchiericcio allegro quel giorno a pranzo. Le posate tintinnavano vivacemente, il sole brillava nella cucina sulla tavola ben apparecchiata. Serena fece una tale provvista di felicità da tenere lontani i pensieri tristi, fino a quando non fu costretta a salutare i ragazzi diretti in palestra.
Si rintanò nella sua camera ma, entrando, notò qualcosa sotto il letto. Si chinò e, nascosta dal copriletto, c'era una fotografia. La sollevò e iniziò a guardarla intensamente. Demi era al mare, seduto da solo su uno scoglio, il cielo azzurro e limpido alle sue spalle. La mano iniziò a tremarle ma stranamente non fu assalita dall'ansia, che si tenne a distanza. Qualunque cosa stesse architettando, la coscienza era diventata silenziosa e distaccata.
Senza rendersene conto, fece scivolare le dita su quella fotografia per perlustrarla alla ricerca di qualcosa. Un indizio che potesse aiutarla a ricordare. D'un tratto fu sommersa da una strana sensazione, come di riluttanza. Le immersioni non le erano mai piaciute, ma dovevano essere la passione di Demi. Seguì il profilo della muta da sub che indossava, del borsone lasciato aperto vicino ai suoi piedi e di ciò che conteneva: un paio di pinne, una maschera con boccaglio ed un retino. Posò lo sguardo sul suo viso raggiante: sorrideva contento all'obiettivo.
Ricordò perché.
C'era lei dall'altra parte e Demi era felice che fosse lì con lui, per la prima volta. Guardando con più attenzione la foto, notò un oggetto di piccole dimensioni che non riuscì subito a riconoscere. Mise a fuoco l'immagine fino a quando si rese conto che si trattava di un piccolo coltello da sub, molto simile ad uno stiletto. La vista di quell'arma evocò immediatamente l'odore della ruggine, mentre la bocca fu pervasa da un sapore metallico.
La coscienza le stava nuovamente mettendo i bastoni fra le ruote? Non voleva darle il suo lasciapassare verso l'inconscio? Perché? Cosa non voleva che scoprisse? Era là che l'osservava, sempre attenta e vigile a controllare le sue mosse. Conosceva soltanto un modo per metterla con le spalle al muro.
*
Lo sguardo di Serena si era smarrito al di là della finestra, i suoi pensieri concentrati sulla solita scena, la nausea galoppante. Il ricordo di un momento che continuava a devastare la sua intera esistenza.
«Cosa ti va di raccontarmi, oggi?» le chiese Diana.
Serena ripensò a quel giorno. Demi era al settimo cielo perché, per la prima volta, lei era là con lui a condividere la sua passione. Il mare lei l'aveva sempre detestato, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo. Non voleva ferirlo. Trovava sempre mille scuse e lui la prendeva in giro dicendole che era allergica all'acqua.
«" Se non fossi così bella con quel vestitino, ti avrei già buttata in mare", mi disse sorridendo.»
Trasalì, spaventata.
Fu travolta e devastata dall'arrivo di un ricordo. Raccapricciante. Era come se fino a quel momento avesse avuto un banco di nebbia davanti agli occhi e che, all'improvviso, si fosse ritrovata sull'orlo di un precipizio.
«Ti senti bene?». Diana notò il suo respiro affannoso. «Possiamo fare una pausa, se vuoi». I suoi occhi verdi, nascosti dalla frangia giallo oro dei suoi capelli, si riempirono di compassione.
Serena impiegò più di un minuto a riprendere il filo del discorso. Rimase a fissare la finestra, poi le parole le scivolarono via di getto. «Demi amava fare immersioni e un giorno mi invitò ad andare con lui. Voleva che condividessi la sua passione». Mentre parlava la gola iniziò ad ardere. Stava trattenendo a fatica le lacrime, che volevano esploderle in faccia. «Mi aiutò ad infilarmi la muta, m'istruì su ciò che avrei dovuto fare, una volta entrata in acqua e ci immergemmo. Era stata la mia prima immersione e fu fantastica. Demi era fantastico. Rimase al mio fianco tutto il tempo, tenendomi per mano, mentre con l'altra mi indicava dove guardare. Là sotto era una meraviglia, c'era un mondo bellissimo e Demi me l'aveva fatto conoscere. Il tempo volò in un baleno e, quando tornammo a galla, erano trascorse più di due ore. Tutta quella nuotata mi aveva messo una gran fame e Demi, senza neanche togliersi la muta, mi disse di aspettarlo lì. Aveva dimenticato in macchina la nostra colazione a sacco. Mi sfilai la muta, per permettere al costume di asciugarsi e notai due ragazzi scendere gli scalini che portavano sul piccolo terrazzo su cui mi trovavo io. Il più alto aveva la pelle abbronzata, i capelli neri e l'atteggiamento disinvolto di chi si reputa bello. Mi sorrise, strizzandomi l'occhio.»
Trattenere così a lungo le lacrime in gola non era poi tanto benefico. Serena si sentì soffocare. Quel fastidio, anche se per un brevissimo istante, la tenne ancora lontana da quel ricordo. Poi, però, fu quel ricordo a raggiungerla tanto in fretta da sopraffarla. Le si strinse lo stomaco e stava per vomitare. Di tutti i ricordi riaffiorati, quel momento in particolare sembrava essersi marchiato nella sua mente come un'ustione. Anche il corpo se lo ricordava bene: un'improvvisa ed intensa sudorazione scorreva sulla pelle; il cuore che pulsava forte dentro il petto; le gambe rigide in attesa di un tentativo di fuga; la gola asciutta incapace di emettere grida energiche; le mani serrate in due pugni stretti e, infine, un brivido freddo che le percorse la schiena quando il tizio più basso e biondo la chiamò dolcezza, sogghignando con aria pericolosa.
«Indietreggiai e mi ritrovai con le spalle al muro. L'unico modo per allontanarmi da lì era risalire la scaletta. Racimolai frettolosamente le mie cose, sperando di aprirmi un varco tra i due ragazzi». La paura l'investì come un tir fuori controllo e il cuore iniziò a pulsarle forte, sentiva che sarebbe esploso da un momento all'altro. Iniziò a sudare freddo e fu pervasa da un forte tremore. Stava per essere sopraffatta dalla nausea e temeva di imbrattare la lussuosa dormeuse di velluto nero. «Si potrebbe aprire la finestra?» chiese, sperando che un po' d'aria fresca avrebbe attutito i conati.
«Certamente» ribatté Diana, notando il viso pallido e tirato della ragazza, mentre le passava di fianco. Lo sguardo vitreo. Segno tangibile che la sua paziente era persa nella sua mente, in balia di un flusso di ricordi strazianti. Non poté fare a meno di chiedersi che cosa le fosse accaduto. Le avevano fatto delle avance? Si erano limitati a quello o l'avevano aggredita? O, peggio ancora, stuprata? Qualunque cosa fosse, la giovane era troppo agitata e lei doveva aiutarla a calmarsi o non sarebbe stata in grado di proseguire. «Come ti sentivi quella mattina?»
Serena inspirò quella ventata d'aria a fondo, prima d'immergersi nel suo viaggio un'altra volta. «Ero al settimo cielo». Le sfuggì un sorriso. «Mi sentivo sempre così, con Demi.»
«Che cosa di lui ti faceva sentire euforica?»
«La sua gioia di vivere era contagiosa. Anche se al mattino mi svegliavo di cattivo umore, mi bastavano cinque minuti con lui per tornare a sorridere. Demi era fatto così, non sopportava l'idea di vedermi triste. Cercava di esaudire ogni mio desiderio.»
«Come quella mattina.»
Serena annuì.
«Dal punto in cui ti trovavi, non eri visibile a nessuno, vero?»
«Sì.»
«Cos'è accaduto quando hai cercato di allontanarti?»
Serena non rispose, era in trance. Tormentava insistentemente con le dita la pashmina che le avvolgeva il collo. Iniziò a stringerla sempre più, come se volesse impedirsi di parlare. «E' davvero necessario?»
«Raccontarlo ti aiuterà ad allontanarlo dai tuoi sogni, Serena.»
Serena sospirò. Un sospiro lungo, ma controllato. «Come ti chiami, dolcezza? Mi domanda il moro. Io non rispondo, qualcosa dentro di me inizia ad agitarmi. Non mi sento al sicuro. Indietreggio, ma mi accorgo che non ho nessuna via di fuga. Dietro di me solo un'immensa distesa d'acqua». Il respiro frenetico. Il battito innaturale. Serena sentiva le vene pulsarle sotto la pelle, tanto da farle male. «Ti va di divertirti insieme a noi? Sorride e mi agguanta un polso. Provo a divincolarmi per liberarmi dalla presa, ma lui mi torce un braccio dietro la schiena». Un singhiozzo le tuona in gola prima che possa contenerlo. «Le sue braccia mi stringono sempre più forte e mi alita il suo respiro sul collo. M'immobilizza dietro la schiena anche l'altro braccio, tenendomeli legati insieme con una solo mano, mentre con l'altra mi schiaccia con violenza contro il suo corpo. Provo a respingerlo, ma lui è troppo forte. Urlo. Il ragazzo biondo mi tappa la bocca con la mano». Una lacrima le riga la guancia. Scivola. Sempre più veloce. Fino a precipitarle giù dal viso. «Non so cos'altro fare», mormora. Non le restava più niente. Neanche il fiato. In quel momento, Serena desiderava solo morire. Chiuse gli occhi. Il viso completamente sommerso.
Diana le offrì dei fazzolettini e un bicchiere d'acqua, che Serena bevve tutto d'un sorso.
«Due braccia scaraventano il biondo per terra. Demi. Il moro gli si scaglia contro. Si azzuffano. Pugni. Calci. Un coltello. Lo stiletto di Demi. Il biondo lo brandisce in una mano. Demi non l'ha visto. È alle sue spalle. Gli si avvicina. Silenzioso. Lentamente. Attento Amore!». Serena urlò così forte, da graffiarsi la gola. «Demi! Demi, no! Il moro mi scaraventa contro un scoglio. Ricordo di aver aperto gli occhi e di aver sentito un odore molto forte, ferroso come la ruggine. Mi guardo intorno e vedo una macchia scura. Era sangue. Poco distante da me, vedo un corpo riverso sugli scogli. Inerme. Lo chiamo, ma non mi risponde. Mi trascino accanto a lui e gli sollevo il viso. Le mani mi si tingono di rosso. Ha un ferita profonda alla base del collo, scoperto dalla muta. Il sangue continua a zampillare senza sosta. Non so come farlo smettere. Cerco la mia maglietta. Non la trovo. Tampono la ferita con le dita. Non smetteva di venire fuori. Tutto quel sangue. Basta! Fermati! Demi! Demi svegliati!». Più lo guardava e più la vita di Demi le stava scivolando via. I suoi luminosi occhi azzurri e il dolce sorriso delle sulle labbra ancora calde le stavano dicendo addio. Come pure il suo cuore. Serena lo sentì rannicchiarsi nell'angolo più profondo del petto. Un'altra volta. Una fitta talmente acuta da non riuscire a sopportarla. Demi era andato via così velocemente da non permetterle di dirgli anche solo una parola.
Serena non riuscì più ad andare avanti. La gola le si stava serrando in una morsa sempre più stretta. Saltò giù dalla dormeuse e si precipitò in bagno, dove vomitò. Pianse fino a quando non le rimase più alcuna lacrima. Diana comparve al suo fianco, confortandola in un caldo abbraccio.
Serena si strinse a Diana, osteggiando la nausea. Emise un verso, una specie di rantolo e desiderò morire. Solo la morte avrebbe potuto strapparle tutta quella sofferenza che la stava straziando. Agonizzante, come una balena arenata sulla spiaggia che si lascia morire lentamente.
Un lutto.
Era questo che, per un anno intero, cristallizzato dall'amnesia, Serena aveva portato dentro di sé. Di lui le sarebbe rimasto soltanto il ricordo di un sogno infranto.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro