Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

❦ Capitolo 13: Rose da nessuno

Capitolo 13: Rose da nessuno

CIRO RICCI non riusciva a dormire bene da quando ero stata rinchiuso.

La sua sfera di incubi e paure non gli lasciava terreno nel regno di Morfeo, costringendolo a cacciare il sonno come la peste. 

Con un sospiro si alzò a sedere dal letto dopo aver fissato per minuti interminabili la porta chiusa a chiave della cella.
Sporse il torso verso il basso per osservare la figura dormiente di Edoardo e con delicatezza scese dal letto per sedersi sul davanzale della finestra e accendersi una sigaretta.

Soffio il fumo verso le sbarre e osservò il mare oltre il grande edificio rosso in cui era presente l'ufficio della direttrice e le scrivanie delle guardie, gli occhi fissi sul mare che batteva forte contro gli scogli provocando un fragore udibile anche da dove si trovava.

Distolse lo sguardo quando l'orecchio destro sentì un rumore più vicino e sbuffò quando vide il braccio di Edoardo a terra, pericolosamente vicino al suo quaderno che Ciro avrebbe giurato fosse sul comodino.

Si rigirò tra le dita della mano destra il rosario d'oro che portava al collo e appoggiò la testa alla parete.

Una settimana e avrebbe ricevuto un permesso per uscire, finalmente.

Ma questa volta era deciso a non passare troppo tempo con la sua famiglia, per quanto gli mancasse Rosa.
Edoardo gli aveva ricordato, qualche giorno prima, quando aveva finalmente convinto il Chiattilo a lavorare per lui, che avevano fatto una scommessa e lui intendeva portarla a termine.

Era tutto preparato: i fiori, il cibo, la spiaggia.

Sorrise al ricordo del gusto della soddisfazione che aveva provato quando Filippo era entrato nella sua cella con una bustina di droga nascosta nella maglia.

Stava giocando con Pino, Totò e Pirucchio a carte quando il ragazzo allampanato aveva varcato la soglia con fare agitato e gli aveva chiesto di poter parlare in privato con lui di quello che gli aveva chiesto di fare qualche ora prima.

Con un ghigno malefico gli aveva risposto che poteva tranquillamente parlare e il ragazzino gli aveva lanciato la busta prelevata da Milos sul tavolo.

Il quell'istante Ciro aveva capito che plasmare Filippo Ferrari sarebbe stato più facile del previsto, era già a buon punto.

Una missione era quasi completa, era arrivato il momento di completarne altre due: incastrare Carmine, per salvare quell'idiota del compagno di cella (che Ciro avrebbe scommesso un rene aveva nascosto malissimo il suo bottino), e Caterina Di Salvo.

Dopo un ultimo tiro spense la sigaretta, sorrise e tornò a letto.

***

CATERINA DI SALVO non si era mai sentita così spaesata come quella mattina.

Durante la notte si era svegliata più porte in balia di incubi confusi che riguardavano la morte di suo padre e al risveglio si era trovata sudata e con un mal di testa terribile.

Controllò l'orario del telefono che segnava le sette in punto e sospirò.

Provò ad alzarsi ma sentì il pavimento girare e crollò a peso morto sul letto.
Con un gemito di dolore si diede la forza per respirare un po' d'aria e urlare sofferentemente: "Ezio!"

Sentì dei passi veloci sulle scale e dopo qualche istante suo fratello aprì con uno scatto la porta della camera, il viso piegato dalla preoccupazione.

"Che cosa succede?" chiese evidentemente confuso di avere la sorella distesa con gli occhi chiusi sul letto e nessuno ladro vicino alla finestra aperta.

"Non mi sento bene" gracchiò Caterina con la sensazione di vomito che le attanagliava lo stomaco.

Ezio si avvicinò e le baciò rapidamente la fronte.

"Hai la febbre" lo disse con un tono delicato e impensierito che le ricordò del tempo in cui suo fratello non era ancora stato inasprito dalla camorra e in cui la sua unica preoccupazione era crescere lei e Carmine senza che si accorgessero dell'assenza dei loro genitori.

Caterina non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo ma lei quella mancanza l'aveva sempre notata.
Carmine non era mai stato attento come lei ai dettagli, soprattutto quando erano più giovani.

Quando aveva sette anni aveva capito che nonostante amasse i momenti trascorsi con suo padre e ne facesse tesoro, quest'ultimi erano pochi e quelli con la madre totalmente inesistenti.
Aveva compreso che ad assicurare loro affetto e attenzione non era Wanda ne tantomeno Dante Di Salvo, ma un Ezio quindicenne che si occupava di accompagnarli a scuola, a calcio e a danza e soprattutto di riportarli a casa e aiutare loro con i compiti mentre si occupava di abbozzare almeno qualche risposta della scheda di matematica e di farli divertire appena terminato con un dolce di ricompensa e qualche gioco.

Era Ezio che aveva abbracciato e fatto dormire entrambi nel suo letto quando la notte si svegliavano urlanti da incubi senza che i genitori li sentissero.

A otto aveva iniziato a vedere come il fratello si passasse una mano sul viso stanco e sospirasse quando preparava loro la cena, spesso con più padelle perché volevano due piatti differenti, ogni singola sera.

A nove aveva sentito maggiormente le urla dei litigi tra lui e il padre e a dieci era crollata in lacrime sul letto della sua cameriera subito dopo averlo visto piangere in ginocchio davanti la porta di ingresso, ignaro di essere visto, dopo un litigio particolarmente violento.

A undici aveva indovinato che la tregua tra suo fratello e suo padre era stata firmata solo poiché Ezio aveva accettato di sottomettersi a lui.

A dodici anni Caterina vedeva suo fratello allontanarsi sempre di più da lei, litigare e trattare male un Carmine troppo ignaro della situazione per non poter piangere di fronte a un fratello che considerava un padre ma che evidentemente non condivideva il suo affetto, e iniziare a trascurare entrambi come Wanda faceva ogni singolo giorno.

Ezio era cambiato dal giorno in cui il padre lo aveva costretto ad entrare negli affari di famiglia: era diventato sempre più aspro e smanioso di potere e nessuno poteva farlo tornare come prima.

Neanche loro.

"Puoi portarmi qualcosa? Poi me la cavo da sola."

Lo vide attraverso le fessure degli occhi scuotere la testa e uscire rapidamente.

Tornò qualche minuti dopo con le braccia cariche di oggetti: una scatola di comprese, una coperta, un bicchiere d'acqua, un dischetto la cui superficie era ricoperta di polvere e - con suo grande sconcerto - un mazzo di rose da cui pendolava un bigliettino legato ad una flebile cordicina.

Posò tutto sulla scrivania e tornò al suo fianco per rimboccarle le coperte del letto e aggiungere quella presa dalla sua camera.
Appoggiò sul comodino l'acqua con le medicine e i fiori, poi si diresse verso il suo computer e lo accese.

Caterina voleva protestare ma non aveva abbastanza voce, tuttavia si rilassò quando lo vide inserire semplicemente il CD e farlo partire.

Alla sua fronte aggrottata Ezio rispose con un sorriso.

"È la playlist della musica classica che ti piaceva ascoltare quando avevi la febbre da piccola. Io all'ora ti consideravo pazza, ma effettivamente è rilassante."

Poi prese una compressa dalla scatola da dodici e si sedette al suo fianco.

"Ingoia" quasi le ordinò avvicinandole il bicchiere e la pillola.

Con uno sforzo enorme si alzò di poco per ingerirla e crollò di nuovo senza forze sul cuscino.

Ezio prese un termometro dalla tasca dei jeans e glielo mise sotto l'ascella.

"Cinque minuti."

Cate annuì e indicò i fiori sul comodino con occhi semiaperti e un sorrisetto forzato sul viso.

"Quelli sono per dare l'impressione di ospedale o cosa?"

Ezio scosse la testa.

"In realtà il fioraio li ha consegnati poco prima che mi chiamassi. Sono per te da parte di un certo C. A. R. Sai chi è?"

Il momento che aveva più temuto si era realizzato.
Ezio non solo aveva scoperto delle rose, che a quanto pare ora Ciro si divertiva a consegnare per posta, ma aveva anche letto le iniziali del mittente.

Caterina, pur non essendo credente, ringraziava Dio con tutto il cuore per non aver fatto venire a quello stupido di Ricci di scrivere il suo nome completo.

"Nessuno. Non ne ho la più pallida idea, io-"

A salvarla fu la suoneria del suo telefono.
Ezio glielo passò dopo aver letto il nome di chi la stava chiamando.

"È Nina" disse solo.

Caterina annuì e lo ringrazio di suo malgrado prima dj rispondere.

"Nina, scusami, non ti ho chiamata ieri sera e stamani mi sento poco bene ma prometto che domani uscire-"

Sentì dei singhiozzi dall'altra parte.

"Nina" sentiva la gola bruciare e la testa girare sempre più velocemente, ma si costrinse a parlare "cosa succede?"

"Ca- Cate... Io- Io..."

Decise di darle il tempo di riprendersi e trovare aria sufficiente ad emettere più di due sillabe ma i minuti interminabili non riuscirono a prepararla all'udire ad una notizia che, in cui suo, già conosceva.

"Sono incinta."

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro