QuInDiCeSiMo CaPiToLo
Camminiamo verso l'ascensore in silenzio. Non so perché ma Logan sembra ansioso di parlarmi. Una volta nella hall mi invita a sedermi in uno dei divanetti disposti ai lati del grande salone. Mi siedo ma vengo distratta dalle persone che entrano e mi soffermo a guardare una coppia di fidanzati entrare dalle porte girevoli mano nella mano. Sembrano così affiatati. Poi finalmente Logan attrae la mia attenzione. "Mi spieghi questa cosa di tua sorella?"
Lo guardo sbattendo le palpebre: "Come, scusa?"
Lui mi guarda serio. "Non sapevo che la figlia di tua madre stesse male, come... da chi lo hai saputo?"
Lo guardo confusa, non riesco a capire se è serio o mi sta prendendo in giro. "Non dirmi che Sandy non ti ha detto niente."
"No, Sandy non mi ha detto niente. Non ci ho proprio parlato con Sandy dopo che Lily mi ha detto che stavi partendo."
"Mi vuoi dire che prima di partire per venire alla stazione non ti sei consultato con Sandy per sapere dove stessi andando?"
"No... mi ha detto solo che eri andata alla stazione," afferma scuotendo la testa. "Perché avrei dovuto chiederle altro?"
"Ma mi avevi detto che sapevi dove stavo andando quando sei arrivato alla stazione."
"Non è stata lei a dirmelo." Confessa dopo alcuni istanti con un sorrisetto colpevole.
Sospiro contrariata. "Insomma, ma alla fine cosa ti ha detto Lily?" Chiedo spazientita. Più si va avanti e meno lo capisco.
"Ha detto che ti ha vista preparare la valigia e che stavi partendo perché avevi ricevuto una proposta di lavoro a New York e dovevi sostenere un colloquio... Era talmente concitata quando me l'ha detto che è corsa da me mentre lavoravo e non ho pensato che stesse dicendo una bugia."
Non so se mi irrita di più il fatto che Logan abbia creduto subito a questa storia improvvisata o al fatto che Lily glielo sia andata a raccontare ricamandoci sopra. Sicuramente con la mia partenza avrà creduto di avere qualche chance in più con lui... non posso darle torto. "Quindi non hai parlato con Sandy, hai sentito questa storia da Lily e subito le hai creduto."
"Beh... sì. Quando ho assistito al litigio con tuo padre..." a questa dichiarazione accuso il colpo e abbasso la testa, non so quanto abbia ascoltato ma mi sono sentita profondamente umiliata in quel momento, "...ho creduto che le parole di Lily fossero vere, che fosse stato tuo padre a trovarti un altro impiego in una grande città."
"Non credi che per mio padre sarebbe stato troppo lontano mandarmi da sola a New York?"
Lui sposta lo sguardo ragionandoci su. "Beh... ora che mi ci fai pensare, sì. Ma in quel momento devo essere sincero, ho agito d'istinto e sono venuto subito a cercarti."
"Perché?"
Lui sbarra gli occhi, preso in contropiede: "Te l'ho detto... un viaggio in treno così lungo è... pericoloso."
Alle sue parole mi torna in mente la vergogna provata mentre mi trascinava via dalla stazione, strappandomi la valigia di mano e costringendomi a seguirlo. Lo ha fatto solo perché ha creduto che io non sapessi cavarmela da sola.
"Forse dovrei ringraziarti, ma ritengo di essere abbastanza grande per badare a me stessa. Posso comprendere la tua preoccupazione, ma ho ventun'anni, non dodici." A queste parole mi alzo in piedi, sotto il suo sguardo confuso.
"Sara, non volevo offenderti, volevo solo aiutarti," afferma alzandosi anche lui.
"Sì, ma io non te l'ho chiesto," ribatto adirata, "prima dici che sono una stronza, che non vuoi più vedermi, e poi mi rapisci offendendo la mia intelligenza. Non sei affatto gentile." Senza aspettare una sua risposta mi allontano velocemente. Sono contenta che non tenti di fermarmi, ci manca solo che mi faccia fare una scenata al centro dell'hotel. Sento le lacrime affiorare, gli occhi mi pungono ma deglutisco cercando di non piangere; io credevo che volesse starmi vicino in un momento delicato ma che fosse troppo orgoglioso per ammetterlo, invece pensava davvero che non potessi viaggiare da sola. Proprio come una bambina che non è capace di prendere un treno senza un adulto accanto.
Fa male... accidenti se fa male!
Chiamo l'ascensore e non devo attendere molto prima che si aprano le porte. Aspetto che due uomini vestiti in modo formale escano prima di entrare a mia volta. Noto che mi guardano incuriositi, forse perché ho gli occhi lucidi per le lacrime trattenute. Ma appena le porte si chiudono non riesco a trattenermi oltre e mi copro il viso con le mani mentre alcune lacrime silenziose esondano contro la mia volontà.
Mi ha fatto sentire come un'inetta, come una persona incapace e stupida. Non riesco a sopportarlo!
Le porte si riaprono al nostro piano e mi asciugo il viso con le mani, faccio un bel respiro ed esco dall'ascensore, dirigendomi verso la camera che divido con le ragazze. Deglutisco e faccio un altro grosso respiro prima di prendere le chiavi e aprire la porta. Quando entro in stanza rimango sconcertata; una densa nuvola di fumo invade l'aria, rendendola irrespirabile. Tra la nebbia riesco a scorgere le sagome di Kat, Mack e Jere seduti sul letto che si stanno passando uno spinello. Mi affretto a chiudere la porta dietro di me. "Non so se si può fumare qui dentro..." li avviso timidamente.
Solo in questo momento si accorgono della mia presenza. "Sara! Benvenuta, unisciti a noi! vuoi favorire?" urla Mack porgendomi la sigaretta che ha in mano.
La guardo un po' schifata mentre mi avvicino alla mia borsa. "No, grazie," rifiuto scuotendo la testa.
Lei si stringe nelle spalle e ricomincia a fumare. Noto che Jere mi segue con gli occhi mentre mi chino a raccogliere la mia borsa e il mio giacchetto. Mi mette quasi in soggezione. Decido di uscire per una passeggiata e rinfrescarmi le idee, non posso stare in camera a rimuginare se questi tre hanno deciso di dare vita ad un rave. "Io sto andando a fare una passeggiata," li avviso infilandomi il giacchetto. Loro non si scompongo ma mi salutano come se fosse la cosa più normale del mondo che io possa uscire da sola a quest'ora con meno di 10 gradi in una città che non conosco. Ma in fondo non sono miei amici, che ne sanno?
Vado a chiamare l'ascensore ma è già occupato. Mentre lo aspetto mi viene in mente che potrebbe esserci Logan che sta salendo e che non ho nessuna voglia di affrontarlo. Mi allontano e decido di fare le scale.
Faccio qualche passo nel freddo della strada, stretta nel mio giacchetto sempre troppo leggero e con le mani in tasca. Cammino osservando le luci della città che si riflettono sull'asfalto, i lampioni sembrano avere un'aurea luminosa tutt'intorno, in contrasto col buio della notte. I suoni della strada mi fanno compagnia nella mia solitudine, e mi fermo sedendomi su una panchina in pietra, nella consapevolezza che, forse, Logan ha ragione; inizio a sentirmi davvero una persona incapace di badare a se stessa. Io non sono fatta per questo mondo. Non sono in grado di viaggiare da sola attraverso gli Stati Uniti. Non so cosa sarebbe successo, ma se non fosse venuto a prelevarmi dalla stazione quasi sicuramente avrei perso la coincidenza o qualcuno mi avrebbe rubato la valigia. Non sono abituata a combattere contro questo mondo che va troppo veloce. Ha ragione.
Al tempo stesso però avrei bisogno di qualcuno che si fidi di me, che mi dica che sa che posso fare tutto quello che mi prefiggo. Ho bisogno di qualcuno che mi faccia sentire sicura, capace. Sbuffo da sola sentendo di nuovo le lacrime affiorare. Che stupida che sono.
"Dolce Sara, ti ho cercato dappertutto."
La voce di Jere mi fa voltare di scatto. "Mi hai fatto prendere un colpo!" esclamo portandomi un pugno al petto.
Lui sorride e si siede sulla panchina accanto a me. "Perdonami, non volevo spaventarti."
Respiro cercando di calmarmi e di cacciare le lacrime indietro. "Non ti preoccupare... è tutto apposto."
Rimane in silenzio per un po', forse cercando le parole da dirmi, poi finalmente lo sento prendere un bel respiro. "Volevo scusarmi con te per averci trovato in camera a fumare, forse a quest'ora tu sei abituata ad essere già a letto. Ti abbiamo distratto dai tuoi progetti?"
"Oh... non ti preoccupare. In fondo non è casa mia, non c'è nessun problema."
"Menomale..." esclama tornando in silenzio.
Restiamo seduti senza parlare per diversi minuti. Non so perché, ma la sua sola presenza in qualche modo mi consola, il fatto che resti accanto a me senza per forza dover parlare mi fa sentire una persona normale. Non so spiegare questa sensazione ma è così.
Quando finalmente riesco a rilassarmi Jere rompe il silenzio: "Ti va di parlarmi di quello che è successo tra te e il tuo amico Logan?" chiede mimando le virgolette alla parola amico.
Lo guardo sconcertata, non lo conosco affatto, come pensa che possa confidarmi con lui? "Scusa, ma non so di cosa stai parlando."
Sospira leggermente scoraggiato. "Hai ragione, mi sto prendendo troppa confidenza, non è vero? È solo che a volte è più facile parlare con un estraneo; non ti conosce, non ti giudica, ti ascolta e basta."
Lo osservo cercando di capire se stia dicendo sul serio, ma quegli occhi tremendamente chiari sembrano sinceri e privi di secondi fini. Forse ha ragione lui...
"Anche le altre due mi hanno chiesto cosa c'è tra noi. Si vede così tanto che vorrei qualcosa di più?"
"Diciamo che è molto difficile trovare una ragazza come te che si fa accompagnare attraverso gli Stati Uniti da un ragazzo che considera solo un amico."
"Una ragazza come me?" corrugo la fronte.
"Una brava ragazza come te. Si nota subito che sei fatta di una pasta diversa dalle mie amiche, sembri cresciuta in un ambiente sano, lontana dalla confusione di questo mondo. Forse un po' all'antica, se posso permettermi."
Lo guardo sconcertata, sembra che mi conosca bene eppure non lo avevo mai visto prima di oggi. "Grazie..." dico titubante.
"Allora, ti va di aprirti con un perfetto sconosciuto? Sai, a volte può aiutare anche solo a vedere le cose sotto una prospettiva diversa. Prometto che non ti giudicherò."
La sua dolcezza mi fa sorridere. "A patto che poi restituirai il favore e mi parlerai di te."
"Affare fatto." Sorride. Ha davvero uno splendido sorriso.
Spazio Autrice:
Insomma, va, questi due non si comprendono, o forse è lei che non vuol comprendere?
Ci sta che sia solo per il fatto che ancora devono imparare a conoscersi, ma da chi si è sempre sentito inferiore non si può pretendere che capisca subito quando qualcuno cerca di aiutarlo. L'eccesso di zelo viene confuso per mancanza di stima, soprattutto quando ci stanno di mezzo i sentimenti.
Un bacio ragassuoli/e.
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