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24

Ventiquattro

Joseph guardava fisso fuori dal finestrino, doveva essere rimasto ipnotizzato dal paesaggio che si muoveva sinuoso come un serpente, rompendo i perfetti lineamenti che determinavano forme e dimensioni, confini e piccoli dettagli che rendevano le case uniche nel loro genere.

Flora gli aveva ceduto quel posto privilegiato, in condizioni normali avrebbe voluto sedersi lei per poter ammirare il mondo cambiare aspetto per quel tempo che la separava da casa alla destinazione, ma non era il suo giorno. Quello era il momento del suo amico e lei voleva fare qualcosa di carino per lui. Poteva adeguarsi per quella volta.

“Dove stiamo andando?” chiese ancora il ragazzo, senza spostare lo sguardo ma solo aggrottando la fronte, non aveva ancora capito dove fossero diretti.

“Pazienza giovine, pazienza e vedrai che lo scoprirai presto” le piaceva tenere quell'alone di mistero anche se tutta quella situazione non aveva nulla di enigmatico. Voleva fargli una piccola sorpresa per non sembrare sempre lei quella che doveva ricevere delle gioie, in fondo Joseph si era messo d'impegno per liberarla da quell'opprimente senso di doversi sempre organizzare in modo puntiglioso, era giusto dare anche a lui un giorno di respiro, un giorno che avrebbe potuto vederlo protagonista.

Aveva trovato il nome della casa di riposo dove erano sistemati i suoi nonni, in un dépliant appoggiato sulla cassettiera vecchia e impolverata di quella casa. Ci aveva messo un po' a leggerla bene: la polvere e l'umidità avevano creato una crosta spessa e dura, aveva anche rischiato di tirare via uno strato di carta. Ma la sua delicatezza aveva avuto la meglio: Il Salice dei Ricordi, un nome che richiamava molto le esperienze vissute, forse un po' malinconico ma, del resto, da una casa di riposo non ci si poteva di certo aspettare un titolo da adolescente sballato come La Tana del Troll, una stupida discoteca che per fortuna si trovava in pieno centro e che Flora aveva sempre evitato a piedi pari. Minnie qualche volta aveva provato a spingerla a farci un giro, ma non era mai arrivata all'ingresso.

Avevano sempre detto tutti che il suo posto ideale sarebbe stato una casa di riposo: dove i vecchietti si dilettavano a compiere attività ludiche e rilassanti come la pittura, il disegno, il gioco delle carte; Flora aveva sempre dimostrato di essere più propensa a quel tipo di vita che a sballarsi e bere come una dannata in una discoteca dove spesso e volentieri il numero medio di nascite aumentava per colpa di un bicchiere di troppo, un bagno e due individui che per colpa della botta alcolica non capiscono più cosa stia succedendo, dando solo voce agli ormoni che in quel momento gridano alla battaglia per accaparrarsi il miglior ovulo fecondato.

E per quanto potesse risultare offensivo, presto Flora si sarebbe resa conto che quel paragone avrebbe potuto diventare il migliore nei suoi confronti.

“Non vuoi proprio dirmi dove mi stai portando, vero?”

“Voglio solo farti una sorpresa, e no: non riuscirai a estorcermi nemmeno un indizio”.

“Deve essere una cosa bella, per dirmi così”.

Flora lo sperava, nei pochi discorsi che avevano affrontato, Joseph aveva sempre detto di aver amato i suoi nonni, e di amarli tutt'ora dato che li sentiva per telefono ogni giorno, anche più volte. Voleva però dargli un pomeriggio dove sarebbe stato in loro compagnia, si era accertata in pochissimo tempo di permettergli una visita, nel tragitto tra la propria casa e la fermata dell'autobus. Era stata un'impresa interessante, ma aveva avuto successo.

Per fortuna con il treno aveva visto che ci voleva di meno che con altri mezzi pubblici, e lei non aveva ancora la patente. Joseph si lasciò andare sullo schienale del sedile, sospirando lentamente come se si stesse rilassando, come se volesse fare un sonnellino, ma non avrebbe mai fatto in tempo, perché la loro fermata sarebbe stata la prossima.

“Ti è familiare questa città?” chiese la ragazza, per tentare di fargli capire cosa stessero andando a fare.

Il ragazzo però scosse la testa, con fare incerto, ma non fu un segno negativo: avrebbe avuto molta più sorpresa.

La casa di riposo si presentava benissimo: aveva un fantastico piazzale con i sanpietrini posizionati in modo ordinato, alternando due colori, e una piccola rotonda con un cespuglio potato in modo molto preciso in mezzo, per permettere una manovra pulita ai mezzi di trasporto sanitario che avrebbero dovuto entrare per portare gli ospiti a fare delle visite; la facciata principale era piena di balconi con dei vasi di fiori, alcuni finti e alcuni veri per non rovinare la scena artistica, che dava un bel gioco di colori; il colore delle pareti esterne era chiaro, un mix di giallo e ocra che alla luce del sole pareva illuminare tutta la facciata e tutto lo spazio circostante, come fosse stato oro. L'insegna con il nome scritto in un ordinato corsivo dava un bell'effetto, delicato e accogliente, e l'atrio dove entrarono i due ragazzi non smorzava per nulla quell'effetto favoloso che dava proprio la voglia di volerci passare almeno una giornata.

“Ora ho capito dove siamo!”

“Sorpresa!” Flora allargò le braccia sfoggiando un sorriso a quaranta denti, quasi a mostrare un'opera d'arte creata con le sue sole mani.

“Ma come hai fatto a saperlo?”

La ragazza alzò le spalle: “Ho notato un dépliant sotto i centimetri di polvere e umidità, non lo avevi nascosto molto bene. Ho pensato che per un giorno ti meritassi di passare del tempo con quella che è la tua famiglia”.

Voleva aspettarsi una frase di ringraziamento, avere anche solo un minuto scarso di gloria, ma vide che un'infermiera aveva appena portato giù due signori anziani e aveva chiamato Joseph, non era ancora il momento di autocelebrarsi. Preferì vedere quel piccolo nucleo famigliare riunirsi in un angolo con dei divanetti e delle poltroncine rosse, dal copri tessuto in velluto curato. Joseph era molto alto in confronto ai suoi nonni, più slanciato e magro, ma davanti a loro parve un bambino felice alle giostre, forse come era loro solito fare nelle domeniche quando vicino al mare allestivano il carosello e i carretti di zucchero filato. Non poté sentire quello che si dicevano, preferì restare in disparte, in un punto lontano per non metterli eventualmente sotto pressione, ma era un quadretto meraviglioso.

E come lo erano loro, vedere tutti gli ospiti anziani sorridere con le attività che gli infermieri e gli educatori proponevano, eseguite nella più totale calma e semplicità, era una cosa bellissima, molto diversa dalla realtà che era solita studiare, il caos solito del paese nel pieno del suo traffico e della sua vitalità. Una vitalità che lei non aveva mai riconosciuto come propria, che non aveva mai sentito accogliente, ma solo nervosa, un velocissimo susseguirsi di eventi che se non prendevi in tempo rischiavi di perdere la maggior parte delle occasioni che ti poteva offrire.

“Lo conosci da tanto, Joseph?” chiese una delle infermiere, avvicinandosi a Flora e rompendo quella lunga serie di pensieri.

“Ahm… non così da tanto. Qualche mese”.

“Be', è carino quello che hai fatto per lui” l'infermiera si sedette accanto alla ragazza, le passò una mano su un braccio in un gesto così affettivo che Flora avvertì un brivido, una strana voglia di ottenere un'altra coccola.

“Lo avrebbe fatto chiunque. No?”

“Se togli il punto di domanda, l'ultima parola è la risposta alla domanda”.

Quella frase, nelle orecchie e nella testa della ragazza, non ebbe alcun senso. Cosa voleva dire che nessuno avrebbe mai fatto un gesto del genere? Era una cosa normalissima, ai limiti del banale: dare ad un amico il piacere di poter stare con persone a cui tiene almeno per un'ora, nella più totale semplicità. Che Joseph fosse una persona che tutti tendevano ad evitare, vero, non era un mistero, ma da lì a non voler fare nulla per lui sembrava uno scenario troppo cattivo.

“Non è molto considerato dalle vostre parti. Tu sei la prima che mi dice di conoscerlo, e pure bene calcolando il tempo”.

“In effetti è un po' maldestro, ai limiti del casinista patologico. Ma non vedo perché non farci amicizia. Oltre quella massa di disagio e portamento da elefante in una cristalleria, c'è comunque un ragazzo molto tenero”.

Maldestro? Ti ha detto di essere così?” il tono della donna mise nei meandri della mente della ragazza un pensiero strano, come se avesse appena rivelato una notizia proibita, come se fosse stato un segreto che non avrebbe dovuto scoprire nessuno. Ma c'era anche altro: un tono incredulo come quando si vuole smentire una bugia, lo stesso tono di Joseph sulla riva quel giorno. A Flora iniziò a frullare l'ipotesi che quel ragazzo nascondesse qualcosa che nessuno riusciva a capire, ma che allo stesso tempo teneva ben visibile e impossibile da nascondere, solo che nessuno riusciva a individuare con certezza.

“Lui non mi ha detto proprio niente. Sono io che penso sia così” si giustificò alzando le spalle, in un gesto imbarazzato e n cerca di qualche appiglio per non sembrare un'idiota che non sapeva come mandare avanti un discorso, “Se c'è qualcosa di più, non me ne ha parlato”.

Vide l'infermiera incerta su come continuare quello scambio di battute, probabilmente aveva capito di aver superato un confine che avrebbe fatto meglio ad evitare con tutto il corpo, ma ormai era tardi. E la ragazza non sapeva nemmeno più come andare avanti, come continuare a parlare senza che ci potesse essere imbarazzo o altro a rovinare quella calma. Si concentrò su Joseph e sui suoi nonni, che lo stavano abbracciando e gli stavano accarezzando le braccia chiedendogli come stessero andando le sue giornate. Adesso avrebbe voluto essere lì con loro, a respirare quell'aria leggera che le avrebbe fatto staccare la spina del tutto, allontanarla dal suo solito vortice di pensieri che le rovinava sempre ogni momento, ma quell'infermiera ormai aveva innescato una bomba che non sarebbe più riuscita a spegnere.

Si poté solo aggrappare alle pareti dipinte di giallo sbiadito, per tentare di sviare la mente su altri punti che potessero farla smettere di pensare troppo. Avevano dipinto dei rami da qui pruntavano dei fiori bianchi e azzurri, un azzurro molto chiaro, avvinghiati a quei listelli marroni attraverso il gambo verde acido. Ne avevano disegnati troppi, e il giallo non rendeva il tutto realistico e credibile. Non li avevano resi abbastanza in rilievo.

“Sono molto carini insieme. Non succede spesso che il nipote venga a trovarli. Qualche anno fa si faceva vedere di più”.

“Lo accompagnava qualcuno?”

L'infermiera rilassò le spalle: “Sì, uno dei suoi cugini. Solo che con il lavoro non si è più potuto permettere permessi. E Joseph non può guidare”.

Ecco un altro verbo utilizzato al negativo: non può guidare, come non può lavorare. La cosa stava iniziando a diventare strana, molto più di quello che Flora aveva creduto. Finché lo diceva il ragazzo, poteva anche pensare ad una scusa, nulla di troppo serio. Ma davanti ad una perfetta sconosciuta che sembrava essere molto vicina a lui… la cosa prendeva tutto un altro aspetto.

“Vorrei solo sapere una cosa” decise di buttarsi, ma di andarci piano nello stesso momento, “Mi devo preoccupare?”

“In realtà no. Devo dire che negli anni è riuscito ad essere molto autonomo. Prima non era semplice, quando sono morti i suoi genitori”.

Bene, poteva essere un blocco emotivo, la cosa stava iniziando a prendere un senso logico. Lo capiva, quella era stata una brutta botta, Flora ringraziava di averli ancora entrambi i suoi genitori e di non aver avuto traumi infantili per colpa di eventi poco simpatici.

“Io credo che nessuno abbia mai il coraggio di conoscerlo davvero. Sai dalle nostre parti… lo evitano e lo cacciano via dai negozi”.

“È una cosa orribile” l'infermiera lo disse con troppa rabbia nascosta, ma Flora non si sentì di darle torto o di addolcire la pillola. Era vero: al paese portuale erano troppo cattivi nei suoi confronti, soprattutto perché, per quanto fosse maldestro o traumatizzato, o quello che volevano pensare, non avevano il diritto di negargli l'ingresso nei negozi.

L'infermiera venne chiamata da un cicalino, Flora la osservò correre alla propria postazione, e poi il suo sguardo tornò nella dolcezza che il piccolo nucleo famigliare sprizzava da ogni piccolo angolo.

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