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Due
“Oddio! Stai bene?!” balbettò una voce al sopra della sua testa. Flora alzò lo sguardo con un'espressione di chi è pronto a ribaltare il negozio con una scenata plateale.
Sopra ai suoi occhi si palesò un ragazzo, Flora giurò di non averlo mai visto prima: era alto e una spettinata capigliatura castana gli incorniciava il volto, e due occhi spaesati che la fissavano con imbarazzo. La postura era rigida, pareva una statua scolpita in una posa innaturale. Ma una cosa su tutto balzava agli occhi: portava un cappello ricordante lo stile Steampunk, con due grossi occhiali da aviatore neri.
“Be'?!” fece la ragazza alzando la voce, “Vuoi aiutarmi ad alzarmi o hai bisogno di una poltrona per goderti lo spettacolo?!”
Il ragazzo fece un balzo, come se avesse visto un fantasma; dopodiché ballettò delle scuse e si abbassò per tenderle la mano. L'operazione tutto sommato si rivelò complicata, poiché il lungo cappotto autunnale del giovane pareva impedirgli alcuni movimenti, tra cui prendere la mano della giovane.
“Ti chiedo scusa, non ti ho vista…”
Era la scusa più ridicola che Flora potesse sentire: come aveva fatto a non vederla se si trovava nemmeno troppo in basso rispetto al suo campo visivo? Li separavano sì e no una decina di centimetri.
“Non fa niente…” mormorò comunque, constatando che accendere una discussione sarebbe stata solo una perdita di tempo.
Squadrò la persona davanti a lei con un occhio critico, le sembrava di avere davanti un soggetto che vedeva il mondo per la prima volta. Quel ragazzo stava sfoggiando un sorriso sbilenco, imbarazzato per la situazione molto probabilmente.
“Stai bene…?”
“Sì… grazie”.
“Flora!” Minnie saltellò dall'amica con un sorriso da un orecchio all'altro, con un sacco di dischi di vimini stretto al petto come il più prezioso dei tesori, “Questi li appenderò al muro della mia stanza, con tanto di candele cerimoniose!”
“Belli…”
Minnie spostò lo sguardo dal suo tesoro, all'amica fino al ragazzo. La sua espressione tramutò da allegra a incuriosita, l'ultima cosa che si aspettava da Flora era proprio un primo approccio con uno sconosciuto, essendo già fidanzata. Ma non voleva tirare conclusioni troppo affrettate, e a dirla tutta aveva sentito la sua voce squillante e alterata pochi minuti prima.
“Lui chi è? Un tuo compagno di studi?”
“Lui? No…” Flora onestamente non voleva mandare avanti quella situazione, era già abbastanza essere caduta sul pavimento del negozio che mai avrebbe voluto esplorare, urtata da un soggetto che di sveglio aveva ben poco e in mezzo a tutta la clientela, davvero patetico. E come se non bastasse, in tutto ciò tale ragazzo era ancora lì impalato come un pezzo di legno. Ma che aveva di così spettacolare davanti a sé da rimanere fermo a fissarle? Non aveva mai visto una ragazza in vita sua? Avrebbe voluto urlargli contro per risvegliarlo dai suoi pensieri, ma farlo in un luogo affollato non era proprio il massimo…
“Lei è una tua amica?” incalzò il giovane sfoggiando un sorriso imbarazzato.
“Sì, ma a te non interessa” Flora prese sottobraccio Minnie e sgusciarono fuori dal locale, “Buona giornata”.
“Ma… ehi, aspetta!” il richiamo fu vano, le due ragazze uscirono in fretta e furia assicurandosi che quel tale non le seguisse. Poi Minnie le chiese chi fosse, e perché fosse così vicino a lei. Flora non aveva molta voglia di rispondere, ma era una domanda lecita e una semplice spiegazione gliela doveva. Non si soffermò molto sui dettagli, non lo trovava necessario; disse solo che vagando in modo distratto, quel ragazzo le aveva dato una spallata. Chiaramente involontaria, ma ciò che successe dopo era stato davvero imbarazzante.
“Lo hai mai visto prima? Ti guardava come se ti conoscesse” disse Minnie ridacchiando. Flora le rivolse un'occhiata sconcertata.
“No, mai incrociato per strada. E meno male vedendo con quanta violenza mi ha buttata giù”.
Sentì l'amica soffocare una risata divertita, e sinceramente la cosa la irritò leggermente. Perché non prendeva sul serio il suo disagio? Se fosse successo a lei però…
Il parco al centro del paese sembrava una piccola oasi in mezzo al deserto, del tutto diversa dal resto del paesaggio che la circondava: un’accozzaglia ordinata di alberi e aiuole colorate chiusa in mezzo a mattoni marroni e rossi, tetti sempre umidi e archi che ancora difendevano la storia di quelle strade che di splendido non avevano più nulla. I bambini spesso portavano con sé un pallone per giocare insieme, o si divertivano a rovistare tra i fiori e le foglie per scovare qualche insetto ancora sconosciuto. Anche Flora e Minnie, ai loro tempi d'infanzia, si erano cimentate nel ruolo delle migliori esploratrici della foresta amazzonica - così avevano sempre denominato il parco - scrivendo nei loro taccuini con l'immagine dei loro programmi preferiti tutto quello che i loro occhi catturavano. Adesso invece, per le ragazze era diventato per lo più un luogo dove potersi rilassar e dopo una giornata pesante o intensa, qualsiasi motivazione avesse avuto, oppure per confidarsi segreti che era meglio celare per bene, sfruttando i rumori delle foglie accarezzate dal vento per attutire il suono delle voci.
Erano sedute sulla panchina in silenzio, Flora osservava il cielo con occhi distratti, il fruscio delle chiome a riempirle le orecchie regalandole finalmente un po' di pace dopo una mattinata piena di stress di qualsiasi natura. Aveva anche dimenticato del taccuino delle firme completamente bianco, sentendo un peso secondario rispetto a quello che l'aveva oppressa prima. Minnie aveva ragione: si stava annullando totalmente a furia di cercare tutte le strade per poter puntare su un futuro più prestigioso, ma se non fosse stata in grado di raggiungere il suo scopo in quel modo, dubitava potessero esistere alternative.
“Mi è venuto in mente…” la voce di Minnie la risvegliò dai suoi pensieri. Flora girò la testa verso l'amica allargando gli occhi: “Che cosa?”
“Quel ragazzo… adesso so chi è. Io l'ho già visto”.
A quella frase, la ragazza si raddrizzò con la schiena.
“Lo chiamano Il Creatore dei Disastri” Minnie lo disse con un tono quasi ancestrale, come se stesse parlando di una leggenda. Ma per Flora, di leggendario aveva ben poco, e non faticava a capire il motivo di quel nomignolo: aveva notato il suo modo goffo di muoversi, sia per la spallata e sia per il fatto che per tenderle la mano ci aveva messo un minuto buono, oltre che sfoggiare un sorriso del tutto imbarazzato e privo di sicurezza. Ma la spiegazione non si fermò lì: la madre dell'amica lo aveva visto un giorno in panetteria, aveva buttato giù tutta una scaffalatura di prodotti, rompendo e aprendo i sacchetti di riso e farina in vendita. La cosa che aveva lasciato tutti perplessi era che per tirare su tutto aveva sparpagliato e mischiato tutto il cibo caduto.
A detta di alcuni, non era il primo danno che combinava, in quel campo era un vero esperto, ma non era in grado di sistemare quello che provocava.
“In effetti” mormorò Flora abbassando lo sguardo, “Era disastrato anche il suo abbigliamento”.
Lanciò un sassolino della ghiaia, dandogli un leggero calcio con il piede, facendolo quasi finire dentro la piccola fontana in mezzo al parchetto. Il piccolo ciottolo fece un rumore sordo, rimbalzando per due o tre volte. Era un piccolo vizio che aveva sempre avuto, ogni sasso che incontrava la punta delle sue scarpe finiva per essere brutalmente calciato nel punto più lontano che era in grado di raggiungere.
“Comunque...” Minnie fece un sospiro, “Volevo dirtelo prima ma... avevo bisogno di una piccola dose di forza” strinse i dischi di vimini contro al petto, senza alzare lo sguardo che teneva fisso. Flora conosceva molto bene quel tipo di atteggiamento da parte della sua amica, lo adattava nei momenti in cui sentiva di doverle dire qualcosa di importante e allo stesso tempo negativa; quando lo aveva manifestato per la prima volta, era stato per dirle che mollava ginnastica artistica. L'avevano cominciata insieme e ne erano state da subito entusiaste. Però la magia per entrambe non era durata molto, e purtroppo dopo pochissime settimane i genitori di Minnie non erano più stati in grado di sostenere i costi, dopo l'improvvisa disoccupazione della madre. Un'altra volta era stato per via del divorzio dei genitori di Minnie, aveva stretto a sé l'orsetto che Flora le aveva regalato per il compleanno, e l'ultima volta era stato per annullare il viaggio in Germania che tanto avevano programmato.
“Lo sai che non devi nascondere i tuoi problemi con me, che puoi sempre parlarmene” disse Flora mettendole una mano sulla spalla. In realtà non voleva sapere cosa le stesse per dire, considerando che due volte su tre era stato per deluderla, ma tra migliori amiche, si sa, il sostegno è tutto.
“Ecco… mollerò gli studi il mese prossimo. Non saremo più compagne di corso” disse Minnie con un filo di voce, abbracciando di più il suo sacchetto.
Dovevo aspettarmelo… un'altra brutta notizia per lei, era la terza delusione che le portava in vent'anni che si conoscevano. In quel lasso di tempo, Flora aveva chiesto solo poche cose, quel tanto che bastava per dire di aver fatto qualcosa insieme, che valesse la pena raccontare ai figli e ai nipoti una volta invecchiate. Invece no: ancora una volta Minnie si sarebbe allontanata e avrebbe preferito ascoltare un'altra voce piuttosto che fare un piccolo sforzo per la sua amica. A volte Flora pensava che a Minnie non interessasse affatto passare del tempo con lei, che finché dovevano fare ciò che piaceva a lei la giornata filava liscia. Pensava che fosse un'egoista, che la manipolava e la trascinava sempre dove voleva lei, ma mai che si adattasse.
Ma questo non glielo disse, non voleva in nessun caso rompere quello che si era costruito in quegli anni. Non ne avrebbe mai avuto la forza.
“Non ti trovi bene al corso?”
“Non è questo… non proprio. Non voglio più abbassare la testa sui libri”.
Questo nemmeno io…
“Non è una vera risposta, Minnie. Non lo vuole nessuno”.
Minnie spostò gli occhi su Flora per una frazione di secondo, per poi tornare a fissare i sassolini bianchi e grigi nel terreno, forse per assicurarsi di poter parlare senza sentire il peso del giudizio addosso.
“Se non vuoi più studiare, va bene. Ma non mi raccontare bugie, lo sai che non mi piacciono”.
“Non é una bugia, non voglio davvero passare altro tempo a studiare. Ma…” si bloccò, le parole le morirono in bocca prima ancora che potesse pronunciarle. Che cosa aveva di così terribile da dire, per non essere in grado di formulare un discorso tutto d'un pezzo? Quel passaggio disordinato di parole iniziò a spazientire Flora, che dovette fare appello ad ogni sua buona volontà per non esplodere e iniziare a urlare in preda ad un'escandescenza.
“Ma…?” ripeté per indurla a continuare.
“Ma… non credo che la giurisprudenza faccia per me. Troppe cose da ricordare e troppe leggi a cui alla fine dobbiamo adattarci. No, non voglio andare avanti così”.
Non era la verità, lo aveva capito dal tono, almeno non del tutto sapendo che comunque aveva coinvolto una parte collettiva del mondo che l'avrebbe pensata come lei. Ma era una scusa campata per aria, inventata all'ultimo pur di darle una soddisfazione. Flora però decise che per il momento le sarebbe andata bene, anche solo per chiudere un discorso che non voleva sentire fino in fondo. Poteva essere una mossa di difesa stupida, ridicola e senza una logica, ma non voleva arrivare in fondo alla questione per paura che il risultato potesse sconvolgerla di più.
“E quindi, che cosa farai? I tuoi non ti lasceranno mai alla nullafacenza. Almeno su una cosa sono ancora d'accordo”.
“Be' volevo trovare un lavoro, iniziare a capire come funziona quella parte di mondo che ci ingloberà in modo violento”.
“Vero, hai ragione”.
Flora tornò a guardare il cielo, che adesso presentava delle nuvole candide che fluttuavano indisturbate per tutto lo spazio turchese. Sembrava che gli uccelli venissero inglobati da quelle masse, come il plancton per le balene. Un aereo passò sopra a quelle nuvole, parve una freccia scoccata.
“Mi dispiace” Minnie ruppe di nuovo il silenzio, dicendo che era consapevole del fatto che quella notizia rappresentava un'altra scelta in cui lei ci avrebbe perso. Aveva già rifiutato le sue richieste diverse volte e quella poteva diventare la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Sapeva di aver sempre denigrato i desideri dell'amica con motivazioni che a un certo punto non stavano più in piedi, ma non si sentiva di andare avanti in una cosa che non l'avrebbe mai soddisfatta.
“Non preoccuparti, Minnie. Mi dispiace ma lo capisco. Lo sai che non penserei mai a qualcosa di brutto, non sarebbe corretto”.
“Questo è vero ma… ho sempre paura di metterti da parte”.
In realtà era così, ma Flora non glielo avrebbe mai dato a vedere. Allungò un braccio e avvolse le spalle dell'amica con l'intento di abbracciarla.
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