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Diciannove

Quando sentiva di dover rimettere a posto i pensieri, quando la gente finiva per riempirle la mente di parole che potevano non avere alcuna connessione l'una con l'altra, quando sentiva che sarebbe potuta vacillare da un momento all'altro, Flora si rifugiava in un parco oltre il Viale dei Caduti, il suo secondo posto felice dopo quella stradina piena di volti famosi che avevano segnato la vita di quel piccolo paese portuale.

Era un parchetto non molto grande, nemmeno troppo frequentato se non dai ragazzini della stessa età di Giada, che si rifugiavano oltre quel cancello storto e malmesso per giocare a fare i teppisti quando alla luce del sole risultavano degli angeli scesi in terra. Qualcuno lo aveva beccato, un paio di volte: gruppetto di tre o quattro bambocci che accendevano sigarette finte create con rametti e fili d'erba arrotolati intorno per favorire la fiamma dell'accendino. In alcuni momenti si facevano vedere carichi di bibite gassate immaginando fossero alcolici, o con delle bombolette spray per disegnare graffiti che scomparivano con la pioggia.

Normalmente scappavano ogni volta che un soggetto diverso dal loro branco si palesava, anche solo per fare due passi, ma in certi momenti i più coraggioso si avvicinavano con bandane in testa per mettere paura. Il fatto era che, per quanti sforzi facessero, il loro era solo un insulso tentativo di giocare a fare i delinquenti perché non avevano abbastanza coraggio da provarci seriamente. Si mostravano feroci, ma avevano ancora paura che le loro madri gli tirassero le orecchie.

Flora lo aveva scoperto per caso, quando aveva deciso di arrivare fino in fondo al viale per scoprire se ci fosse la porta del Giardino segreto, un libro che aveva amato alla follia pur non essendo una grande lettrice.

Non essendo molto visibile, era lasciato alla vegetazione, ma questo lo aveva reso il nascondiglio ideale per fare di tutto: dalle marachelle infantili a vere e proprie passeggiate di riflessione. Lei lo usava principalmente per quello: per pensare a tutti gli errori e i giorni che l'avevano condotta fino a quel momento.

Sua madre aveva ragione a frenarla, ma Flora cosa poteva farci se il suo istinto la spingeva a preoccuparsi anche del contorno piuttosto che del suo solo amor proprio? Non aveva mai voluto prendersi tutta la felicità da sola, non aveva mai voluto tagliare fuori chi amava per il suo futuro. E forse era anche risultata petulante, ma il suo bisogno di compagnia gridava ogni volta che sapeva di dover compiere un passo nuovo. Un volto conosciuto le dava sempre la forza di muovere le gambe.

Ma ora si sentiva una stupida. Una parte di sé avrebbe voluto che tutto tornasse indietro, far fremere ancora un po' Minnie dal dire una notizia così brutta invece che dare buca a Joseph. E lui che aveva avuto piacere ad ospitarla nelle altre volte… non lo aveva nemmeno avvisato. Non sapeva nemmeno come avrebbe potuto, non le risultava che il ragazzo avesse un cellulare o un telefono fisso che potesse usare per contattare qualcuno, forse non era nemmeno capace di usarlo.

“Perché non sei venuta ieri?” la sua voce la fece sussultare, raggelò il sangue nelle vene, le bloccò gli occhi spalancati. Ci mancava anche lui a rincarare la dose amara.

“Ti prego Joseph. Risparmiami almeno tu” Flora sinceramente era stanca, non voleva affrontare un'altra guerra di pensiero, non ne aveva la forza.

“Questa è la tipica scusa di qualcuno che non vuole affrontare le conseguenze delle proprie dimenticanze. Non sei molto credibile”.

“Ti ho chiesto di risparmiarmi! Per favore…” la ragazza si buttò su una ringhiera che dava a un belvedere, un luogo che nessuna delle associazioni turistiche aveva ancora preso in considerazione di adoperare come punto di ritrovo. Ma era un'ottima visuale per recuperare le energie mentali di cui aveva bisogno una persona per rimettersi a nuovo.

Joseph fece un verso, non le fu chiaro se fosse di rassegnazione o altro: “Va bene… che cosa è successo?”

“Che cosa è successo? Lo vuoi davvero sapere?” la domanda mutò in una risata isterica, stanca e del tutto priva di divertimento, “TUTTO C'È! MINNIE C'È! GLI STUDI CI SONO! IVAN C'È!! OGNI SINGOLA COSA C'È!!! E non importa quanto io mi sforzi di farla andare bene, quanto io mi impegni a trattenermi dal mandare a fanculo tutto e tutti solo perché, Cristo, ci fosse UNA VOLTA in cui fossero gli altri a capire i MIEI BISOGNI!!” urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, fregandosene se l'avesse potuta sentire qualcuno. Cosa le importava? Che la sentissero, meglio vomitare tutto piuttosto soffrire in silenzio e dover reprimere anche il fastidio di vedere quelle facce di merda che avevano sempre il coraggio di sorridere a sue spese. Era troppo, non ne voleva più sapere.

“Minnie vuole smettere di studiare e mi ha detto proprio ieri che non era più iscritta da tempo! Ivan è via da mesi e l'unica volta che si è fatto sentire è stato settimane prima ed ora è scomparso di nuovo! Il volantinaggio mi fa schifo ma è l'unico modo che ho per andarmene da questo paese in culo ai lupi! Ora capisci che cosa c'è?!”

“Io…” il ragazzo fece due passi indietro, quasi inciampando su un ramo caduto, “… credo di sì”.

“É che tutto sembra sempre volermi dire questa vita non fa per te! Sembra sempre che ad ogni cosa che può andare storta, qualsiasi sia la ragione, il destino si impegni a fondo per farmela andare storta!”

Ci fu un momento di silenzio, rotto solo dai suoi sospiri. Un'aria leggera le accarezzò il viso e Flora iniziò a sentirsi più leggera, senza quel macigno dentro che aveva provveduto solo a inacidirla giorno per giorno. Ora si sentiva di nuovo quella di prima, almeno la maggior parte; si sentiva meno oppressa e più ascoltata. Le era dispiaciuto urlare addosso a Joseph, che come suo stampo capitava sempre nel momento giusto per fare danni e in quello sbagliato per fare andare tutto bene; più tardi gli avrebbe chiesto scusa.

“Allora…” riprese Joseph molto cautamente, avvicinandosi piano a lei per non scatenare una bomba. “Perché non ti comporti di conseguenza?”

“Che vorresti dire?”

“Intendo: perché non vivi con più leggerezza e meno aspettative? Se continui sempre a pianificare, finirai per restare sempre delusa dal risultato”.

Quello sì che era un consiglio diverso. In genere tutti coloro che l'avevano sentita sfogarsi, le avevano sempre detto di lottare di più o di giocare a suo favore eventuali alternative. Però Joseph non aveva torto, e se fosse successo tutto per colpa delle sue aspettative troppo alte?

“Ti faccio un esempio” il ragazzo si abbassò piano e raccolse alcune cose dal terreno: un ramo, una foglia e un bocciolo con accento un fiore già aperto e rigoglioso, “Se noi siamo questo ramo, al momento nessuno può aspettarsi niente di particolare da noi. Giusto?”

Flora annuì.

“Mentre se siamo questo piccolo bocciolo, tutti i aspettano che diventiamo questo fiore bello e colorato. Vero?”

La ragazza annuì di nuovo.

“Il fatto è che questo bocciolo, non è detto che diventi questo fiore. Come questo ramo non è detto che sia destinato a marcire per terra”.

Flora inclinò la testa di lato, cercando di cogliere un nesso da tutto quel giro di parole.

“Però la natura non va in base alle aspettative. Un albero parte da un seme, e quello che diventa lo si scopre alla fine. Lui vive la sua vita sia con il sole, sia con la pioggia. Se sia bello o brutto cosa gli cambia?”

“Ok Josh… dove vuoi arrivare?” gli prese dalle mani il fiore iniziando a staccare i petali in un m'ama-non m'ama silenzioso.

“Voglio arrivare al fatto che noi esseri umani abbiamo una vita preimpostata, indipendentemente dai progetti che ci facciamo. Un albero di noce, anche se volesse, non diventerà mai un albero di pesche”. Joseph lasciò cadere il rametto e guardò fisso negli occhi la giovane, che si raddrizzò nella sua direzione, “Quindi anche se le cose non vanno come hai stabilito, non è detto che vada tutto male”.

“Ma io volevo che Minnie finisse gli studi con me. Vorrei che Ivan si facesse sentire. Vorrei…”

“Flora, ti rendi conto di quanti vorrei hai detto in una sola volta? La vita non è fatta solo di vorrei, ma anche di adattamenti a cambiamenti che non si possono controllare”.

“Joseph, è una vita che mi adatto, che subisco… per una volta che voglio qualcosa per me non posso?”

“Certo che puoi, ma non come credi tu!”

Flora avrebbe voluto urlare di più per sovrastare la sua voce, ma forse la stanchezza la stava dominando, la razionalità la stava costringendo a ingoiare quelle parole e a tenerle strette in testa per poterne cogliere un significato migliore che non fosse quello di farla sentire una stupida. E magari Joseph aveva anche ragione a dirle che tutte quelle richieste verso la vita non l'avrebbero portata da nessuna parte, che avrebbero finito solo per allontanare quelle poche possibilità che le erano rimaste.

“Joseph” provò un'altra carta, anche se non la sentiva potente come le prime, “Io odio la mediocrità della mia vita. Odio il fatto di essere nata in un paese tanto stupido e di non aver mai avuto le stesse possibilità dei miei ricchi compagni. Ho sacrificato tutto quello che potevo abbandonare pur di avere una possibilità di rifarmi. E adesso che ci sto riuscendo a nessuno sembra andare bene”.

“Hai mai pensato di vedere le cose da un altro punto di vista?”

E quale sarebbe stato il diverso punto di vista? Provare a vedere la pagnotta nel piatto come un succulento arrosto? Non si trovavano in un cartone animato, le puntate della sua vita non le avrebbe fatto la morale attraverso la voce narrante di un uomo senza volto o una donna gentile. Non avrebbe avuto un frame fermo con il suo volto sorridente.

“Intendo” il ragazzo sospirò scuotendo la testa, “Se il tuo impegnarti così tanto ti sta dando noia, allora inizia a giocare sulla tua semplicità”.

“Quindi dovrei iniziare a fare la persona mediocre quale sono?”

“Dovresti solo evitare di giocare alla stella prodigio del porto”.

Non credeva che avrebbe mai sentito un riassunto del genere sulla sua persona, ma dal momento che tutti i suoi sforzi l'avevano condotta a sfogarsi in un parco abbandonato, non sentiva nemmeno di meritarsi un appellativo diverso. Quel ragazzo disastrato non aveva tutti i torti, e forse aveva più esperienza in parole di lei. Forse era il caso di cambiare il tiro, di voltare la pagina e scrivere una nuova frase. Ma ora si sentiva un pulcino appena uscito dall'uovo, che doveva imparare a beccare il cibo, ad alzare la testolina quando beveva, a pulirsi da solo e a sbattere le ali. Aveva avuto così tanta voglia di brillare da essersi dimenticata che lì nessuno poteva godere di una grande fama.

“Visto che sei così bravo a parlare, a capire la mia situazione, puoi anche insegnarmi ad essere una persona semplice?”

“Ci posso provare” Joseph alzò le mani, “Ma tu sarai una buona allieva?”

“Io… non lo so” era un passo importante abbandonare tutto quello che aveva coltivato per abbracciare uno stile di conquista del tutto diverso e forse troppo rischioso e insulso, ma ormai era arrivata al punto che: o si faceva andare bene le poche risorse che ancora poteva raccogliere, o tutto quel giro di brutte notizie l’avrebbe presto consumata.

“Scoprirai, cara Flora” Joseph le diede una forte pacca sulla spalla, “Che molto spesso, per ottenere i risultati migliori, ci vuole anche meno di quello che pensi. È una questione di strategia”.

Se non puoi combatterlo, fattelo amico?

“Sì, una cosa del genere”.

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