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Capitolo 9 - Incontro-scontro 2

I giorni scorrevano in una monotona routine per tutti, dagli adulti ai più giovani. Tuttavia, tra Roberto e Federico stava sbocciando qualcosa di più profondo di una semplice relazione fisica, e nessuno dei due si preoccupava di nasconderlo. Anzi, ne andavano fieri.

Poi, con l'avvicinarsi del periodo natalizio, i due ragazzi cominciarono a uscire quasi ogni sera insieme, con il pieno consenso di Franco e Diana. Per Roberto, quelle serate erano un modo per distrarsi da Vittorio e dalla complessa rete di sentimenti che ancora lo legavano a lui. Per Federico, invece, erano un'opportunità per consolidare il loro legame, anche se nel profondo sapeva che il fantasma di Vittorio aleggiava ancora su Roberto.

Nel frattempo, anche tra gli adulti cresceva la tensione. Franco e Alfonso Valentini, padre di Vittorio, erano coinvolti in una rivalità che andava ben oltre la semplice antipatia.

Da tempo Alfonso covava un'invidia feroce nei confronti di Franco, sia per il suo successo come agente immobiliare sia per la sua disponibilità economica, che gli permetteva di vivere in una villa enorme, con auto costose e persino un laboratorio privato per il figlio scienziato. L'orgoglio ferito di Alfonso si rifletteva in ogni occasione, tanto che persino una banale sfida di modellismo tra i due era diventata motivo di attrito e competizione.

Quella gelosia, sommata ai conflitti tra i loro figli, rendeva l'atmosfera tra le due famiglie sempre più tesa, trasformando le festività natalizie in un periodo tutt'altro che sereno.

Vittorio si sforzò di dimenticare Roberto, il suo fidanzamento con Federico e tutto ciò che un tempo aveva fatto parte della loro amicizia. Non era il tipo di persona che accettava facilmente le conseguenze dei propri errori, né che si aggrappava ai rimpianti. Preferiva andare avanti, anche a costo di soffocare i sentimenti irrisolti.

Tuttavia, ciò che davvero aiutò Vittorio a rialzare la testa fu l'incontro improvviso con un ragazzo che sembrava uscito direttamente da un videoclip di una boyband. Si chiamava Giulio Troiani, e il suo aspetto peculiare lo faceva somigliare, non per caso, a un membro dei BTS.

Portava sempre i capelli tinti di un rosa chiaro, una tonalità che sembrava fatta apposta per lui. I suoi occhi, resi ancora più magnetici da lenti a contatto della stessa sfumatura pastello, brillavano di un'intensità ipnotica. Ogni dettaglio del suo stile sembrava pensato per catturare gli sguardi: le unghie smaltate di un rosso magenta acceso, i vestiti eccentrici che sfidavano ogni convenzione con una naturale eleganza.

Giulio non passava inosservato, e forse fu proprio questa sua sicurezza a colpire Vittorio.

I due si incrociarono un giorno nei pressi di un parco giochi per bambini. Vittorio si era appena incamminato da solo per tornare a casa dopo le lezioni, quando, senza accorgersene, finì per scontrarsi con qualcuno che procedeva nella direzione opposta.

L'altro ragazzo aveva le mani affondate nelle tasche dei pantaloni color blu spento e le cuffie nelle orecchie, completamente immerso nel suo mondo musicale. Quest'ultimo non vide l'altro arrivare e, in un attimo, si urtarono petto contro petto, finendo entrambi a terra.

Vittorio si rialzò per primo e, appena notò la chioma rosa dell'altro, scoppiò a ridere.

«Oh, vedi dove cammini! Ma chi cazzo sei? Uno dei BTS?», esclamò, piegandosi dalle risate.

L'altro, invece, rimase in silenzio. Si alzò con calma, raccolse gli auricolari da terra e, senza degnarlo di uno sguardo, se li rimise nelle orecchie, riprendendo a camminare.

Vittorio sbuffò, infastidito, poi senza pensarci due volte corse verso di lui e lo afferrò per il cappuccio della felpa rosa, strattonandolo con forza. Sul davanti del cappuccio spiccava una scritta luccicante, "Cool Girl", contornata di lustrini. Le maniche erano tirate su fino ai gomiti, rivelando un piccolo tatuaggio sul dorso del braccio destro: un fiocchetto con all'interno la scritta "imma baby", un dettaglio che catturò subito la sua attenzione.

Giulio si bloccò di colpo, voltandosi con uno sguardo furioso. I lineamenti del viso si contrassero in un'espressione di puro fastidio mentre si strappava di dosso la presa di Vittorio. Poi si tolse lentamente gli auricolari con un gesto teatrale e incrociò le braccia, fissandolo con disprezzo.

«Che cazzo vuoi, buffone?», sbottò, alzando un sopracciglio con fare sfrontato, «Ti sei guardato allo specchio? Mica so' mejo de te!», concluse, calcando le parole con un tono volutamente provocatorio e assumendo un atteggiamento ostentatamente femminile e altezzoso.

Vittorio ingoiò a vuoto. Quel ragazzo dai capelli rosa gli stava tenendo testa con una sicurezza spiazzante, e la sua voce, greve e dolce allo stesso tempo, lo trascinava in uno stato di trance da cui non riusciva a scuotersi. Quegli occhi rosa, il viso perfetto, il modo in cui si muoveva, la felpa, il tatuaggio, lo lasciavano interdetto. Una strana curiosità cominciò a divorarlo.

«Sei sfacciato, eh? Manco ti degni di chiedermi scusa? Mi sei praticamente venuto addosso!», sbottò Vittorio, alzando la voce per scrollarsi di dosso quel senso di smarrimento.

Giulio accennò un sorriso, poi si avvicinò con disinvoltura e, senza pensarci due volte, gli poggiò una mano sulla bocca. Le sue unghie, curate e lucide, brillarono per un istante alla luce del sole.

«Non voglio guai, pivellino», sussurrò, inclinando leggermente la testa mentre lo fissava dritto negli occhi, «Quindi sì, scusa se ti ho urtato, ma adesso alza i tacchi e levati dalle palle. Dopo fai finta di non avermi mai visto, chiaro?», concluse, sbottando.

«Tu non mi chiami pivellino, chiaro? Porta rispetto agli sconosciuti!», sbottò Vittorio, incrociando le braccia in modo teatrale, «E comunque, ti ho solo preso in giro per come sei vestito! Sembri uno dei BTS... o forse sei un loro fan? E poi, scusa se te lo dico, ma... sei tutto in rosa».

Provò a giustificarsi, ma le parole gli si incagliavano in gola. C'era qualcosa in Giulio che lo metteva a disagio, lo intimidiva e, allo stesso tempo, lo attirava in modo inspiegabile.

Giulio sospirò, alzando gli occhi al cielo, «E quindi? Ti frega saperlo? Sono enby».

Subito dopo si girò ancora di scatto e riprese a camminare, nascondendo l'imbarazzo per quella confessione che, di norma, non avrebbe mai fatto a uno sconosciuto.

«Enby che?».

Vittorio non lasciò perdere e, con un gesto impulsivo, lo afferrò di nuovo per il cappuccio, tirandolo con forza per farlo girare. Giulio barcollò, finendo a pochi centimetri dal viso dell'altro, tanto vicino che se Vittorio si fosse mosso di un millimetro in più, l'avrebbe baciato.

«Non binario, genio», sbottò Giulio senza allontanarsi, «Se non lo sai, vai a cercarlo su internet».

Vittorio aggrottò la fronte, «Ah, ora capisco il rosa e tutto il resto. Sei un effeminato, in pratica».

Giulio sbatté le palpebre, «Effeminato? E tu che ne sai del significato di quella parola?».

Vittorio fece spallucce. «Boh, non significa tipo... uno che si veste da ragazza?».

Appena quelle parole uscirono dalla sua bocca, Giulio spalancò gli occhi, e il suo viso fu attraversato da un lampo di rabbia, «Direi di no», sbottò, stringendo la presa sul bavero della camicia di Vittorio e tirandolo a sé con forza. I suoi occhi brillavano di fiamma, tanto intensi da sembrare rossi sotto la luce del sole. Anche il suo viso si era colorato di un rosso acceso, segno che quell'affermazione l'aveva colpito nel profondo.

«Non sono un ragazzo, ma nemmeno una ragazza. Sono non binario. A volte mi sento più maschile, altre più femminile, altre ancora nessuna delle due cose. Ti è chiaro adesso?», sibilò, «Quindi prova solo a dire ancora quella parola e io...»

«Ehi, sta' tranquillo. Cercavo solo di capire», disse Vittorio cercando di giustificarsi, «Io sono gay, perciò non potrei mai giudicarti... davvero, non volevo offenderti...».

«Statte zitto», lo interruppe Giulio.

Un improvviso silenzio cadde, poi Vittorio riprese a parlare, «Ehm... io mi chiamo Vittorio».

Giulio lo fissò, «Vittorio Valentini? Credo di aver già sentito parlare di te... amici di amici, voci di corridoio... Tu sei l'ex di Roberto Sorrisi?».

Vittorio sbuffò, «Sono io».

Giulio sorrise, «Io invece mi chiamo Giulio, sono un estetista. Hai mai sentito nominare il nuovo centro estetico Respiro per il Corpo? Lavoro lì».

Vittorio inarcò un sopracciglio, senza rispondere subito.

Giulio continuò, inclinando la testa di lato, «Sembri simpatico, però sei pure parecchio suscettibile, vedo. Dovresti rilassarti un po', sai?».

«Ah...», Vittorio espirò, distogliendo lo sguardo.

«Sei stressato?», domandò Giulio.

Vittorio si passò una mano tra i capelli blu, sospirando, «Non so... forse sì. Ultimamente un sacco di cose mi stanno facendo impazzire. Una di quelle è la faccenda con Roberto che vorrei dimenticare. Forse avrei bisogno di una rinfrescata al viso... e magari pure di una manicure».

Giulio scoppiò a ridere, «Allora prendi il mio biglietto da visita. Ti prometto che ti rimetterò in sesto, animo e unghie! Garantito».

Senza aspettare risposta, gli infilò un biglietto da visita tra le mani e, con un gesto improvviso, si chinò per sfiorargli la fronte con un bacio leggero. Poi, con un ultimo sorriso malizioso, gli voltò le spalle e scattò via come un fulmine.

Vittorio restò immobile, con lo sguardo incollato alla figura che si allontanava.

«Wow...», mormorò tra sé, stringendo il biglietto tra le dita. Poi, quasi senza rendersene conto, un sorriso gli increspò le labbra, «Che tipo assurdo... ma anche terribilmente affascinante».

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