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Fanfiction - La Banshee di Glencoe

«Stai nascendo a nuova vita, Morag» la avvertì il corvo.

La sua voce era gentile, soave, inusuale per un animale che di solito non faceva altro che gracchiare in un suono stridulo, uno di quelli che ti facevano rizzare i capelli.

Strinse tra le dita il ciondolo di legno della collana e cominciò a pregare. Sentì la sua stessa voce trasformarsi sempre di più in un lamento, quasi una nenia, fino a quando non fu così stanca che sì addormentò tutto d'un tratto.

Il suo ultimo pensiero andò a lui, a suo fratello. Prometto che ti salverò, Crìsdean. Ci proverò.

Si svegliò di soprassalto. Aveva il cuore che le batteva nel petto, veloce come il battito d'ali di un colibrì.

Ricordò tutto in un istante: il suo clan, Crìsdean, la sua ferita... Il suo villaggio stava combattendo ferocemente contro quei soldati, suo fratello era ferito e lei invece era lì, in salvo, a dormire come un'idiota.

I sensi di colpa le perforarono il petto come chiodi, così si alzò di scatto e corse subito accanto alle finestre: era ancora mattina. Forse appena dopo l'alba.

Per fortuna, pareva non avesse dormito troppo, e questo era un vantaggio. Perché una cosa era certa: avrebbe mantenuto la promessa. Avrebbe provato a salvare suo fratello e la sua casa, la sua gente, non importava quanto questo l'avesse messa in pericolo.

Avrebbe dato la sua vita per le persone che amava, che aveva conosciuto fin da bambina, glielo doveva. E lo doveva a suo fratello e alla sua famiglia, che avevano cercato di salvarla mandandola via.

Avrebbe tentato di aiutarli come loro avevano fatto con lei, e sarebbe morta nel tentativo di farlo, se necessario.

Si armò di ogni briciola di coraggio che possedeva, se lo cucì addosso come un'armatura, poi si strinse forte nel mantello pesante e aprì la porta della capanna.

L'aria era fredda e sottile, tagliente come frammenti di vetro. Ne inspirò quanta più riuscì e si guardò intorno. Ogni cosa era ricoperta di candida neve.

Ci sarebbe voluto molto più di quei pallidi raggi di sole che sbucavano timidi dalle nuvole, quasi minacciose con il loro colorito grigiastro, per scioglierla.

Quelle nuvole parevano annunciare tempesta, disastri, di quel tipo che le faceva venire voglia di piangere e disperarsi, ma non poteva permetterselo.

Si mise subito in moto e cominciò a camminare, diretta al villaggio, incurante dei piedi gelidi, dei brividi che le sconquassavano la pelle e la carne.

Per fortuna conosceva a memoria la strada. Da piccoli, lei e suo fratello erano soliti nascondersi proprio lì, in quel casale, quando volevano restare un po' da soli.

Era il loro luogo sicuro, era stato abbandonato fin da quando Morag stessa aveva memoria.

Si strinse più forte gli abiti pesanti intorno al corpo e continuò a camminare, fino a quando, a qualche passo dalla sua posizione, non notò una chiazza rossastra macchiare il candore della neve.

Brutto segno.

Si abbassò pian piano fino a toccare quella macchia con le dita. Non doveva essere passato troppo tempo, forse un'ora o due? In effetti, ricordò, i tempi coincidevano.

Era così rintontita dal freddo della notte che stava per finire, che si era a stento resa conto che Crìsdean l'aveva abbandonata. Doveva essere tornato indietro e quel sangue doveva essere suo.

Purtroppo la neve aveva coperto molte tracce, ma Morag ancora riusciva a scorgere qualche impronta qua e là.

Oh, fratello, pensò, tieni duro, sto arrivando per salvarti.

D'improvviso, un gracchiare le fece alzare gli occhi al cielo.

Era sicurissima che quello fosse lo stesso corvo che l'aveva aiutata all'alba. Non l'aveva notato perché la luce era ancora troppo poca, ma tra le sue piume tutte nere e lucenti, ne spiccava una completamente bianca, a ridosso dell'ala destra.

«Ciao, Morag» esordì l'animale «ti sei risvegliata.»

«Chi sei?» disse, incurante della sua scortesia. La cosa più importante era aiutare suo fratello, non poteva assolutamente perdere tempo.

«Mi chiamo Baltair» si presentò il corvo. «Sono il tuo guardiano.»

Lo guardò stranita. Guardiano? Che razza di storia era quella?

Poi, come se qualcuno avesse improvvisamente aperto una porta nella sua mente, ricordò le parole che le aveva detto prima che cadesse addormentata.

Era una ban sith. Una Banshee. Era testimone dello scempio che era accaduto.

Quelle parole le davano un senso di perdita per cui si sentì morire. No, si rifiutava di credere che i soldati li avessero sterminati tutti. E poi suo fratello era forte, e furbo. Forse era riuscito a trovare un rifugio, anche se le tracce che aveva lasciato sembravano condurre al loro villaggio, o almeno, a quello che ne rimaneva.

«Ti prego» implorò all'animale «io devo provare a salvarli.»

Gli occhi del corvo luccicarono, neri come il famoso Diamante Hope, acquistato dal mercante francese Jean-Baptiste Tavernier. «Va bene» decise lui, il tono della sua voce fermo e serio, quasi solenne.

Morag gli fece un cenno col capo per ringraziarlo, poi guardò in avanti e fece per fare un altro passo.

«Aspetta» la interruppe Baltair. «Ti aiuterò, Morag. Ti dirò come risvegliare tutto il tuo potere. Solo in questo modo potrai salvare il tuo villaggio.»

«Risvegliare il mio potere?» chiese.

Il corvo parve quasi sorridere. «Certo. Le Banshee non hanno solo il potere di annunciare la morte dei loro cari. La loro voce può essere potente al pari di un'arma, se imparano a dirigerla.»

«Allora mi insegnerai?»

«Lo farò, se ti fiderai di me» rispose l'animale.

Gli sorrise. «Mi fido già.»

Si mise subito in marcia, il corvo si appoggiò sulla sua spalla e cominciò a spiegarle come dirigere la voce. In quali punti concentrare l'energia, come mantenere la forza costante...

La ragazza credeva di essere preparata a tutto, e invece si sbagliava.

Quando arrivarono al villaggio, la situazione era persino più grave di quel che Morag aveva immaginato. Non c'era un solo centimetro di terra che non fosse macchiato dal sangue della sua gente. E anche di quello dei soldati.

Puntò i suoi occhi a circa cinque centimetri dal punto in cui si trovava e dovette reprimere un conato di vomito.

I corpi di due ragazzi, suoi amici, erano fermi, distesi a terra in una posizione innaturale. Mìcheil e Mòr MacDhubhShìth, due gemelli, sempre allegri e simpatici.

La rabbia dentro di lei cominciò a crescere sempre di più, alta quanto l'onda di uno Tsunami.

Quasi non sentì la voce di Baltair che le ripeteva di stare calma e di mantenere la concentrazione. Dovette obbligarsi ad ascoltarlo.

Prima di tutto, doveva trovare Crìsdean e assicurarsi che stesse bene, poi avrebbe potuto buttarsi nella mischia.

Restò ai margini del campo di battaglia, tra le urla di dolore e di sorpresa, il cozzare delle spade che si incontravano a vicenda pronte a prevalere l'una sull'altra; e scandagliò ogni figura umana fino a quando non lo riconobbe.

Morag aveva quasi le lacrime agli occhi. Lui aveva una ferita al braccio, ma stava bene. Suo fratello era vivo e vegeto.

«Crìsdean, attento!» gridò, prima di fiondarsi in suo soccorso. Baltair si librò in aria.

Uno dei soldati cercò di attaccare Crìsdean alle spalle, ma lei fu più veloce. Si lanciò contro il corpo del soldato con tutta la forza di cui era capace, poi si prese un solo secondo per guardare il corvo.

Baltair gracchiò. Era il segnale.

Il soldato si era rialzato, ma si teneva a stento sulle gambe. Doveva avergli fatto prendere una bella botta, ma questo poteva solo essere un vantaggio.

Udì a stento, tra tutto il marasma, la voce di suo fratello che le chiedeva cosa ci facesse lì e perché non era in salvo; e cominciò a concentrarsi.

Sentì il potere passarle attraverso le vene e le arterie, tenendo a mente le parole di Baltair. Usa la tua voce come una frusta per colpire l'avversario, aiutati con il movimento del corpo.

Quando liberò la sua voce, l'urlo fu così forte che il soldato cadde a terra stecchito, lacrime di sangue a inondargli il viso.

Crìsdean sembrava esterrefatto, ma non c'era tempo per le domande che, Morag lo sapeva, voleva porle. Dovevano aiutare la loro gente. Così si lanciarono nella mischia, e con grande fatica sconfissero i soldati nemici. Solo pochi riuscirono a salvarsi fuggendo nei boschi, ma le probabilità che sopravvivessero erano davvero troppo basse con i lupi in agguato, disarmati, infreddoliti e deboli com'erano.

Fu così che lei, Morag McDonald, salvò il suo villaggio insieme a suo fratello, grazie anche all'aiuto di Baltair, che aveva sempre vegliato su di loro.

La ragazza accompagnò Crìsdean nella capanna dove i Druidi si stavano occupando dei feriti per farlo medicare, poi uscirono fuori.

Proprio per questo, stanchi ma soddisfatti, decisero di abbandonare la stanza richiudendo la porta, certi di aver eliminato il pericolo.

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