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Capitolo 4


«E con questo a quanto siamo?»
Sofia sbuffò, alzando il bicchiere per farselo riempire di vino. «Non lo so, ho perso il conto al sesto. Ma, finché non spenderò un bigliettone da cento, non smettere.»
Lena , dopo averlo riempito, alzò le spalle indifferente alla cosa. «Oh, bene, considerando che ogni bicchiere di vino costa cinque euro, avrai il tuo bel da fare.»
Benissimo, pensò Sofia, poggiata con gli avambracci sul bancone del Ritrovo.
Era uscita dalla pasticceria, mezz’ora dopo aver cacciato quell’uomo odioso. Ed essersi lasciata andare come un fiume in piena.
Col morale a pezzi, aveva preso la sua bici ed era riuscita, non sapeva come, a raggiungere la piazza principale.
Ma invece di dirigersi a casa sua e fare le valige, si era diretta lì.
Non aveva detto niente ai ragazzi e loro non avevano posto domande. Si era limitata a usufruire della loro compagnia, parlando con Crist di Milano, come se non fosse accaduto niente.
Poi aveva deciso di prendersi un bicchiere di vino e poi uno aveva tirato l’altro. E adesso si ritrovava senza un piano di riserva, senza la sua pasticceria, senza idee. 
Ma in compenso aveva un bicchiere colmo di vino delizioso, in un pub riempito da diversi paesani, di diverse età, di un paesino di montagna, di sabato sera.
La sua vita era meravigliosa!
Biagio si avvicinò loro e, notando il suo bicchiere per l’ennesima volta pieno, diede un'occhiataccia a Lena.
«Basta col vino, non ha smesso di bere da quando il pub si è riempito.»
La barista alzò le spalle, indifferente alla cosa. «Io non c’entro. Me l’ha chiesto lei.»
Sofia alzò la mano per fermare, quella che sarebbe diventa di lì a poco, una discussione. «Non preoccuparti! Reggo abbastanza bene l’alcol. E poi è la mia ultima notte a Monteferrante. Domani si ritorna a casa, a Milano!» urlò con entusiasmo, causato dall’alcol. «La mia bella, bellissima Milano. La mia caotica città. Il mio meraviglioso lavoro che mi dava così tante soddisfazioni, così tante ore di lavoro senza freni. A casa della mia adorata mammina… la mia vita è una merda!» singhiozzò alla fine, poggiando le mani sul bancone e mettendoci la fronte sopra.
Sentì Lena trattenere una risata e riceve un colpetto da Biagio, prima che quest’ultimo le poggiasse una mano su una spalla. «Hey, non gettarti giù così facilmente. Okay, forse non sei riuscita a compiere le tue idee, ma c’è sempre un secondo piano. Pensa al lato positivo.»
«E quale sarebbe?» mormorò Sofia, ancora con la testa poggiata sul bancone.
«Bè, potrai rivedere i tuoi cari. Sono sicuro, anche se non ne hai parlato, che hai un meraviglioso fidanzato o uno spasimante che ti aspetta a braccia aperte.»
«Ooh» mugolò la donna.
«Eehm, okay, forse ho sbagliato soggetto» mormorò l’uomo, schiarendosi la gola, prima di riprovarci un’altra volta. «Pensa che rivedrai la tua famiglia! Tua madre e…»
«Ooooh!»
A quel punto Lena lo spinse via. «Va bene, pensò che così può andare. Occupati dei clienti, mentre io mi occupo di questo caso.»
Sofia sentì due colpetti sulla testa. «Esci fuori la testa e rimettiti su.»
Quest’ultima lo fece, notando lo sguardo per niente compassionevole della donna che le stava di fronte. «Sappi che ti sono debitrice» mormorò.
Lena fece un sorrisetto. «Lo so. Avevo intuito che la tua situazione era anche peggiore di quanto non sembrasse» disse in tono razionale. «Ma è proprio in questi casi che bisogna reagire, ma prima, come diceva mia nonna» prese un altro bicchiere, per poi riempire entrambi i calici di vino, fino all’orlo «bisogna berci su, prendersi una sbronza e dopo smaltirla, insieme al problema che ci affligge»  terminò, facendo tintinnare il suo bicchiere con quello di Sofia, in un brindisi. «Per poi trovare una soluzione.»
Sofia prese il bicchiere, per poi fissare la giovane, con altri occhi. «Tua nonna era una donna molto saggia. Mi dispiace per la tua perdita.»
«Oh, è ancora viva. Solo che ormai il suo cervello è bello che andato» spiegò, sotto gli occhi sgranati di Sofia.
Quest’ultima rise di vero cuore, per la prima volta da giorni, per poi alzare il bicchiere. «Alla nonna!»

Gli capitava poche volte di uscire il sabato sera. Anche perché per Marco , essendo un padre solo ad occuparsi di una bambina, le possibilità erano a dir poco nulle.
Ma quella sera furono due le motivazioni che lo convinsero ad uscire.
Prima di tutto,  dall’ultima volta che sua figlia gli aveva fatto notare quanto fosse ormai un eremita, si era reso conto di come la sua vita sociale fosse colata un po’ a picco.
E come seconda cosa, anche se meno importante, voleva distrarsi e dimenticare lo spiacevole episodio accaduto quel pomeriggio.
Quella donna aveva un talento nell’irritare la gente.
Aveva lanciato un’occhiata alla casa di quest’ultima, notandola al buio. Forse aveva terminato le candele.
Un po’ dovette ammettere, di essersi dispiaciuto per lei, notando la sua espressione delusa e sconfortata non appena si era resa conto delle condizioni in cui stava quella pasticceria.
Tuttora si chiedeva cosa aveva pensato all’epoca la signora Vitali, quando aveva deciso di lasciare la casa e quella pasticceria ormai decaduta, alla nipote.
La donna probabilmente non aveva ragionato con lucidità, ricordando che le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi mesi di vita.
Ma soprattutto, con la consapevolezza che lei sapeva!
Perché portare la nipote a vivere a fianco con la sua casa?
Decisamente, la sua capacità di ragionare era ormai andata.
Ma ormai non doveva più essere un suo problema, pensò mentre percorreva la strada verso il paese con il Pick-up. Quella donna se ne sarebbe andata il giorno dopo e tutto sarebbe ritornato alla normalità.
Parcheggiò poco lontano dal pub.
Il Ritrovo era l’unico locale dove si poteva trovare un po’ di vita giovanile o se volevi bere una birra fresca in un angolo indisturbato.
Ma, non appena varcò la soglia, ebbe l’intuizione che non sarebbe andata esattamente così.
Il pub era insolitamente più affollato del solito e i tavoli, che di solito stavano al centro dello spazio, adesso si trovavano agli angoli per permettere alla gente di ballare, con la musica più alta del solito, e muoversi come una mandria di bufali. Notò che la maggior parte erano uomini, di diverse età e che sembravano essere concentrati su qualcosa in particolare. 
Si avvicinò al bancone, cercando d’ignorarli, ma la curiosità lo portava a lanciare spesso occhiate nella direzione del gruppo.
Salutò Biagio, che stava preparando diversi cocktail, ma non appena lo vide si fermò per ricambiare il saluto. «Hey! Che onore vederti qui di sabato sera.»
«Già, ma forse non potevo scegliere serata peggiore» disse Marco, quasi urlando a causa della musica troppo alta. «Mi spieghi che sta succedendo?»
Biagio rise, notando il suo sguardo sconcertato. «A volte basta solo una persona per scatenare una festa» spiegò in modo abbastanza poco esaustivo, poggiando i cocktail già pronti sul vassoio. «Vado a prendere la tua birra» gli disse, allontanandosi.
Marco ne approfittò per lanciare un’altra occhiata al gruppetto, riuscendo questa volta a intravedere delle braccia esili sollevate e muoversi al ritmo di musica. Una donna, intuì, che probabilmente aveva voluto riaccendere la serata. Notò una massa di capelli lunghi e biondi agitarsi così tanto che pensò quasi che la testa si potesse staccare da un momento all’altro dal corpo.
Una bionda.
Marco cercò di fare un resoconto delle sue conoscenze, identificando un viso alla capigliatura. Gli vennero in mente due o tre, ma non poteva esserne certo dato che due di queste avrebbero rischiato di rompersi un' anca, considerata la loro età.
Lena arrivò proprio in quel momento , con un vassoio vuoto e la sua maglietta nera, con la scritta Il Ritrovo ben in mostra sul suo seno prosperoso.
Biagio e Lena erano gli unici che si occupavano del pub di sabato sera poiché Crist, essendo ancora un minorenne, era obbligato dai genitori a tornare a casa la sera. Era già molto che lo facessero lavorare al pub di giorno, conoscendo la loro mentalità al quanto chiusa.
«Hola! Il nostro eremita ha deciso di scendere dalla montagna» lo prese in giro la donna, notandolo.
«Che dire, anch’io a volte sento la necessità di stare con i miei simili» scherzò lui, continuando a lanciare delle occhiate al centro. «Si potrebbe anche dire che sono stato costretto da mia figlia.»
L’altra rise, mentre prendeva i bicchieri preparati da Biagio. «Brava ragazza. Avrai il tuo ben da fare con un tipo sveglio come lei.»
Non aveva dubbi, pensò Marco sorridendo con orgoglio di padre.
Qualche tempo fa non l’avrebbe lasciata da sola neanche per idea, ma Anna stava crescendo e cominciava a pretendere un po’ di responsabilità.
Sapeva che la sua casa era attrezzata per la sua sicurezza, con telecamere esterne e interne, affinché potesse tenere tutto sotto controllo con il suo iPhone, quelle rare volte in cui si allontanava per qualche ora in più.
Per gli altri poteva essere esagerazione o protezione eccessiva, ma a Marco poco importava. Aveva le sue ragioni e avrebbe utilizzato ogni cosa per proteggere sua figlia.
«A quanto pare ho scelto una sera un po’ più accesa» cambiò argomento l’uomo, riportando lo sguardo verso il gruppo di gente che era diventato ancora più rumoroso.
«Oh, se per questo anch’ io non mi aspettavo che quella donna, sotto quegli abiti da segretaria, nascondesse un animo così giovanile.»
Biagio raggiunse il duo, proprio in quel momento, con la birra di Marco in mano, ma quest’ultimo non lo notò nemmeno.
Abiti da segretaria.
Nessuno poteva indossare abiti del genere in quel posto, se non lei!
Si sollevò dalla sedia e finalmente riuscì a intravedere la donna. Era Sofia Vitali.
Quest’ultima si era sciolta i capelli, rivelando una capigliatura bionda muoversi freneticamente, come il suo corpo.
La sua camicia bianca adesso aveva una scollatura più profonda, da quel pomeriggio, e la sua gonna si era rialzata, rivelando delle cosce snelle e scoperte, dando l’impressione che le gambe fossero ancora più lunghe.
Ma la cosa che lo sorprese di più fu il suo viso, completamente trasformato. Dall’angosciato e corrucciato, ora era allegro e spensierato. La sua spensieratezza era contagiosa e, con l’abbigliamento diventato improvvisante provocante, attirava gli uomini come api sul miele.
«Sembra… allegra» riuscì solo a dire Marco, non distogliendo mai il suo sguardo da lei.
Anche Lena la fissava, sorridendo. «Già, ne aveva bisogno. Non è stata un bella giornata per lei.»
Oh lo sapeva, pensò Marco, ma immaginava che la donna si ritirasse in casa in lacrime mentre preparava le valige per andare via da lì.
Dovette ammettere di provare un briciolo di rispetto in più per la donna. Aveva mantenuto davanti a lui un atteggiamento freddo e controllato, cacciandolo via dalla pasticceria, per poi andare a divertirsi invece che rinchiudersi in casa come si aspettava facesse.
«Ecco la tua birra, Marco» gliela porse Biagio, e l’altro la prese più che volentieri.
«Come mai è in quelle condizioni?» domandò, cercando di mantenere un tono indifferente, sorseggiando la sua bibita.
Biagio guardò nella direzione indicata, per poi alzare le spalle. «Purtroppo le sue aspettative sono andate in fumo e adesso sta cercando di superalo.»
«Bevendo fino a che non crollerà a terra?» domandò con tono canzonatorio, l’altro.
«Hey, ognuno reagisce come meglio crede» la difese Lena, cogliendoli di sorpresa. «Ha sborsato cento euro e se continua così ci darà una generosa mancia» ammise alla fine, dirigendosi poi verso i tavoli.
Il suono di una risata argentina, fece voltare gli uomini verso la donna in questione, che per poco non inciampava sui suoi tacchi.
«Non la perdiamo d’occhio da quando ha deciso di alzarsi dalla sedia»commentò alla fine Biagio, ottennedo un’occhiata da Marco.
«Perché lo dici?»
Il rosso alzò ancora una volta le spalle. «Non ho potuto fare a meno di notare il tuo sguardo, che emana una certa preoccupazione.»
«Difficile notarlo data la poca luce del locale» si difese l’altro, per niente interessato a far capire che effettivamente si sentiva, forse, un po’ in colpa.
Notando il suo sgomento, non aveva fatto altro che mettere sale nella ferita. Nonostante avesse le sue ragioni, non poté fare a meno di provare una punta di senso di colpa.
La donna alla fine sembrò aver scaricato le energie allorché la vide avvicinarsi verso il bancone, o almeno provandoci dato che era, per lo più, barcollante. 
Crollò sulla sedia accanto alla sua, senza rendersi conto di avere Marco al fianco, o ignorandolo.
«Biagio!» Urlò Sofia, ridendo poi senza un' apparente ragione. «Un altro bicchiere di vino per favore!»
Sì, era proprio andata.
«Sofia credo che tu debba fermarti qui» le consigliò Biagio, mentre preparava altri drink.
La donna provò a mostrare il broncio «Su Biagio, ho bisogno di bere un altro bicchiere.»
Lena arrivò in quel momento e notando da vicino le condizioni della donna, fece una smorfia. «Wow, sei messa peggio di quanto mi aspettassi.»
Sofia si voltò verso di lei, provando a fare la stessa richiesta «Voglio un bicchiere di vino.»
«Calma ragazza, per stasera direi che è meglio fermarsi…»
«Ti darò una mancia generosa.»
«… ma un altro bicchiere non credo possa nuocere.» concluse alla fine Lena, ignorando l’occhiataccia di Biagio, e ritornando a lavoro.
Sofia si voltò verso Marco, che si mise in guardia, aspettandosi da un momento all’altro una delle sue frecciatine.
Ma l’altra gli lanciò un sorriso dolce, che lo destabilizzò. «Ciaooo!» lo salutò, trascinando le lettere. «Come te la passi?»
Marco si chiese se la donna fosse così ubriaca da crearle momentanee perdite di memoria.
«Sai Biagio, quest’uomo mi ha aiutato a scendere dal tetto della mia casa. Da un tetto!» urlò Sofia, per far ben capire la gravità della situazione.
Okay, non era proprio al limite. Questo era un buon segno.
«Biondina!»
Il richiamo venne da un uomo, sulla quarantina, che Marco notò essere il negoziante della falegnameria.
Marco non conosceva, intimamente parlando, i paesani di Monteferrante ma persino a lui erano arrivate voci di quell’uomo.
Era sposato da anni con sua moglie, ma era conosciuto per i suoi tradimenti periodici e la sua mancanza di educazione civile. Uno di quei tipi che crescono con ristrettezza, non solo di vita ma anche mentalmente, con l’aggiunta di cafoneria.
Lo vide mettere un braccio attorno alle spalle di Sofia con disinvoltura, come se ci fosse abituato.
«Perché non torni a ballare, aspetto solo te» le disse con tono basso, ma data la poca distanza, Marco poté sentire benissimo.
Fu Biagio il primo ad intervenire. «Lasciala stare Roberto, deve tornare a casa. Come vedi non è in condizioni di continuare» poi il suo sguardo non riuscì a mascherare intolleranza nei riguardi di quest’ultimo. «Penso che tua moglie si starà chiedendo dove sia finito suo marito, non credii?»
L’uomo non sembrò afferrare e, con disinvoltura alzò le spalle indifferente alla cosa.
«Mia moglie sa che ho bisogno dei miei svaghi, dopo giorni a lavoro senza freno.» Il suo sguardo lascivo cadde sulla scollatura, ben esposta, di Sofia e istintivamente Marco sentì il suo corpo irrigidirsi.
Non sopportava coloro che approfittavano in quel modo delle donne, soprattutto quando non erano in grado di difendersi. Ed era ovvio che in quel momento Sofia non lo era.
«Potrei riportarti io a casa» continuò l’uomo, rivolgendosi alla donna che sembrava disinteressata alla cosa, con lo sguardo fisso sul bancone.
«Potremmo fare un giro e poi ti accompagnerò a casa, che ne pensi?» continuò il quarantenne, con fare intimo, poggiando la mano sul braccio esile della donna. «Potrei farti conoscere cose di Monteferrante, a te sconosciute…»
Marco disgustato, decise di agire, ma si bloccò allorché venne colto di sorpresa vedendo Sofia improvvisante svegliata dal quel temporaneo letargo. La vide allungare la mano su uno dei bicchieri pieni di alcool, appena preparato da Biagio, e gettare il contenuto sul disturbatore.
Quest’ultimo, colto di sorpresa, venne preso in pieno e tossendo fissò la donna con odio. «Che cazzo ti prende?»
«Levati di mezzo, se non vuoi che ti lanci anche il bicchiere» lo minacciò Sofia. «Non osare più avvicinarti o toccarmi con le tue manacce perchè non risponderò di me.»
L’altro, dopo essersi ripreso la fissò furioso, con gli occhi arrossati dall’alcol. «Chi ti credi di essere, eh?» si avvicinò, ignorando la minaccia da lei data, ma non poté ignorare la mano che afferrò saldamente la sua spalla, stringendola.
Marcò lo fissò truce, stanco e disgustato da quel comportamento. «Adesso basta» gli intimò.
«Sei pregato di uscire da qui e tornartene a casa, Roberto» si aggiunse Biagio, abituato a conflitti e litigate, sapeva come scacciare un ospite indesiderato se le parole non sarebbero servite.
Infatti Roberto colse il messaggio, consapevole di non poter intraprendere uno scontro nelle sue condizioni, soprattutto con due ragazzi giovani e decisamente più forti di lui. «Al diavolo! Chi vorrebbe avere a che fare con una puttana di città?»
Sofia s’irrigidì per la rabbia, facendo per raggiungerlo all’uscita, ma venne frenata da Marco.
«Mollami, quell’idiota…»
«L’idiota sei tu se pensi che quello non possa bloccarti con facilità. Puoi averlo bloccato una volta, ma non ci cascherà una seconda nonostante sia ubriaco… come te.»
Sofia gli lanciò un’occhiataccia, riuscendo a togliere il suo braccio su di lei. «Io non sono ubriaca!»
«Come no. Effettivamente ho visto di peggio» la beffeggiò Marco, per poi voltarsi verso Biagio. «Puoi portarmi le sue cose? Penso sia arrivato il momento che la signorina torni a casa.»
Biagio annuì, dirigendosi dentro la cucina, mentre Sofia cominciava ad infastidirsi.
«Posso ritornare a casa anche da sola.»
L’altro le lanciò a malapena un'occhiata. «Non ne ho dubbi, ma per sicurezza voglio accompagnarti.»
«Al diavolo la sicurezza! Puoi andartene a quel paese insieme a quell’altro, per quanto mi riguarda.» Fece per fare qualche passo, ma rischiò di cadere al primo tentativo.
«Sì, probabilmente ci andrò» mormorò l’altro, avvicinandosi per sostenerla. «Perché non andarci insieme?»
«Vaffanculo!»
Biagio arrivò con la borsa della donna e la sua giacchetta. «Ecco. Hai bisogno di una mano?»
Marco li prese, continuando a sostenere contemporaneamente anche la donna. «Non credo di averne bisogno» disse, per poi avvicinarsi all’orecchio di Sofia. «Vuoi continuare a renderti ridicola e dondolare fino all’uscita, o poggiare la tua mano sul mio braccio e uscire senza che gli altri pensino quanto sia idiota la nuova arrivata?»
Negli occhi della giovane, poté notare il suo sguardo combattuto tra il desiderio di lanciargli un pugno e la consapevolezza di poter raggiungere la sua casa da sola.
Pochi secondi dopo sentì la mano rigida poggiarsi sul suo avambraccio.
Quello fu il segnale che aspettava per muoversi, percorrendo la strada verso l’uscita e poco dopo dentro il mezzo.
Marco l’aiutò a salire e mettere la cintura, per poi fare anche lui, notando che la donna non aveva emesso fiato ne si era mossa da quando erano rimasti soli.
«Non è stata una delle tue giornate migliori, vero?» le disse, rompendo il ghiaccio che si era creato improvvisante. Ma lei non sembrava intenzionata a romperlo e così fu anche mentre Marco accendeva il motore e partirono.
Solitamente Marco sarebbe stato in silenzio, non gli piaceva parlare molto, ma in quel caso lo trovò necessario. «Vedrai che si risolverà tutto» cominciò, lanciandole di tanto in tanto delle occhiate. «Sei stata abbastanza intelligente da non investire tutto quello che avevi. Puoi ancora ritornare sui tuoi passi.»
Sofia rimase in silenzio, poggiata con la testa sul vetro del finestrino, quasi come se non ci fosse mentalmente. Considerando tutto quello che si era scolata era probabile.
«Sei ancora giovane. Prendila come una vacanza» fece una risata «va bene, forse Monteferrante non è proprio la meta più visitata, ma è anche bello fare esperienze..…»
«Che cosa vuoi da me?»
La domanda venne pronunciata in tono così basso, da parte della donna che riteneva ormai in un altro pianeta, che Marco non comprese bene. «Come dici?»
Sofia non si scompose di un millimetro. «Cosa vuoi da me.»
«Chi ti dice che abbia bisogno di qualcosa, da te?» la buttò lì Marco, in tono allegro.
Questa volta la donna si voltò verso di lui, mantenendo uno sguardo impassibile. «Perché mi hai aiutato? E intendo stasera» specificò, prima che lui potesse fraintendere, o provare a perdere tempo.
Ma lui aveva altri assi nella macchina. «Anche se non ci credi, non sono un tale bastardo da ignorare una donna quando si trova in balia di bifolchi.»
«Io non ti piaccio, anzi possiamo dire che provi quasi paura all’idea di avermi vicino» buttò lì Sofia, facendo scatenare una risata all’uomo. «Io, avere paura?» mormorò l’uomo, lanciandole un' occhiata d’intesa. «Ho mangiato pesci troppo grossi, per aver paura di una come te» e su quello, Marco non stava mentendo. «Non confondere la verità con l’illusione.»
Dopo quel piccolo confronto, nessuno dei due emise fiato, lasciando che la loro mente formulasse la propria conclusione.
Un quarto d’ora dopo, Marco parcheggiò di fronte casa.
«Bene, signorina Vitali, siamo arrivati a destinazione» annunciò, voltandosi verso il suo sedile.
La donna dormiva profondamente, rannicchiata sul sedile come una bambina.
L’altro sbuffò, stropicciandosi gli occhi, anch’esso esausto. «Oh, andiamo» mormorò, uscendo dall’auto e raggiungendola. «Sei nata per seccarmi, non è vero?»
Raggiunse l’alra parte del sedile, pronto a colpire con la mano il vetro e farla svegliare a suo modo.
Ma la mano rimase sospesa in aria, allorché notò il viso della donna, rimasto per tutto il tragitto nascosto verso il vetro.
La sua espressione infelice era rimasta stabile anche durante il sonno, come se non riuscisse a trovare sollievo neanche in quel modo.
Infondo, abbiamo qualcosa di simile.
Con un sospiro, poggiò le mani sulla macchina, lasciando tutto il peso del suo corpo, esausto anche lui.
Orami era finita, pensò, se ne sarebbe andata il giorno dopo e sarebbe finito tutto.
Lanciò uno sguardo alla casa della donna, notandola più desolata e invecchiata del solito.
Con un altro sospiro di esasperazione, questa volta verso se stesso, aprì lo sportello ma facendo attenzione a non svegliare la donna, prendendola tra le braccia.
Sofia, forse perché esausta, non si svegliò, anzi si rannicchiò sul suo petto.
«Se lo faccio è perché domani sparirai dalla mia vista e non ci rivedremo mai più» volle chiarire Marco alla donna addormentata, dirigendosi verso la casa dell’uomo.
«Ognuno di noi, merita un minimo di pace, anche il peggiore dei criminali.»

Sofia si svegliò con un mal di testa pazzesco e con  la sensazione che un trapano fosse avviato sul suo cervello.
«Ma porca…» aprì gli occhi, ma la luce del sole glieli fece richiudere.
Ogni volta che beveva come se non ci fosse un domani, si ritrovava a dover prendere la sua borsa, alla ricerca del suo documento d’identità. Non ricordava un bel niente.
Alla fine, con incredibile forza di volontà, aprì gli occhi. Dovette sbatterli diverse volte prima di rendersi conto di non stare sognando.
Quella non era certo la sua stanza.
La stanza era molto più grande, il letto a baldacchino era costituito da lenzuola morbide e molto diverse di quelle della nonna, ruvide e con mille lavaggi dietro.
La stanza era rivestita con carta da parati verde acqua e i mobili bianchi rendevano il tutto pulito e raffinato.
«Cosa diavolo è successo ieri notte?»
Rammentava di aver bevuto, e anche parecchio, di aver ballato fino allo sfinimento, con diversi uomini che le giravano intorno…
Istintivamente scostò le lenzuola, facendo un respiro di sollievo notando che era completamente vestita come l’altra notte.
Bene, non era andata a letto con uno sconosciuto. Questo era confortante, ma non spiegava il perché fosse in una stanza a lei sconosciuta.
Si sollevò bruscamente, ma fu una mossa sbagliata poiché sentì la testa girargli come una trottola,  portandola così a distendersi di nuovo.
«Accidenti…» mormorò. «Che qualcuno mi salvi, perché non credo di riuscirci da sola» implorò mettendo le mani sul viso.
Improvvisamente la porta si aprì e Sofia rimase più che mai sbalordita, allorché notò una piccola presenza di sua conoscenza.
«Anna» bisbigliò, sbalordita, mentre l’altra le sorrise, come se niente fosse. «Buongiorno!»
«Che cosa ci fai qui…» la sua voce venne meno allorché vide una tazza fumante nelle sue piccole mani. «Mia eroina!» Per una tazza di caffè, avrebbero potuto sequestrala, le andava benissimo.
Anna si sedette su un piccolo divanetto, con dietro l’ampia finestra, osservandola mentre sorseggiava il suo caffè.
«Quando papà mi ha detto che questa notte hai dormito qui, quasi non ci credevo.»
Sofia, uscì dall’aurea di caffeina per ritornare nel mondo dei vivi. «Deduco che, per qui, intendi casa tua e non chiedermi perché sono qui perché non ne ho la minima idea» la precedette, anche se poteva provare a indovinare.
«Non ne ho bisogno» la sorprese Anna. «Me l’ha detto papà. Sei stata poco bene e non potevi stare sola in casa.»
A giudicare dal suo mal di testa e la bocca asciutta, aveva proprio ragione. Si era lasciata trasportare dal’alcol, senza dar peso al fatto di come fosse riuscita a tornare a casa.
Si chiama disperazione, Sofia, unita a commiserazione.
«Dove si trova tuo padre? Vorrei ringraziarlo.» Le sembrava giusto, nonostante i loro contrasti.
La ragazzina alzò le spalle, indifferente. «Sarà fuori, nei giardini dietro casa, ad occuparsi delle sue coltivazioni.»
Sofia la fissò, perplessa. «Coltivazioni? Dietro casa?»
«Sì. Mio padre è un botanico. Ha una serra dove gestisce le sue piante e fiori.»
Questo spiegava il profumo piacevole che sentiva spesso nell’aria, pensò Sofia, ricordando di non essere mai riuscita ad identificarne l’essenza. Adesso ne capiva il motivo.
«Bene, allora forse potrei parlare con tua madre» adesso più che mai era curiosa di conoscerla.
Vide Anna sgranare gli occhi, per poi mormorare in modo apatico «Io non ho la mamma. E’morta quando avevo due anni, in un incidente stradale.»
Sofia non disse nulla. Cosa si poteva dire in questi casi e soprattutto a una bambina?
«Non la ricordo nemmeno»
La voce di Anna ruppe il silenzio creatosi, portandola a incrociare di nuovo i suoi occhi. Il suo sguardo scuro, così simile a quello del padre, non sembrava esprimere nulla. «Ricordo mia madre, in base ai racconti di mio padre. Non si può soffrire per qualcuno che non hai conosciuto, non trovi?»
Sofia, ancora una volta, non seppe cosa dire.
Aveva compreso che Anna fosse una ragazzina matura per la sua età, ma quella affermazione parve fredda persino a lei.
«Direi… di sì» mormorò con difficoltà.
Venne salvata dal disagio creatosi, grazie al suono del suo cellulare, poggiato sul comodino accanto a lei.
«Io esco» disse l’altra, per poi segnarle una porta. «Lì c’è il bagno degli ospiti, con degli asciugamani puliti e uno spazzolino ancora confezionato. Ti aspetto giù.»
Sofia annuì solamente, mentre la ragazzina usciva, per poi prendere il cellulare.
Era un SMS, da parte di Alessia. Lo aprì.
Ovviamente le ricordava di dare dei segni di vita e di informarla su come andava. La cosa buona di quella situazione, era che avrebbe riabbracciato la sua amica.
E mentre scorreva il chilometrico messaggio, pieno di rimproveri e di raccomandazioni, dovette fermarsi non appena lesse un nome che sperava di non leggere mai più.

Lorenzo è riuscito a contattarmi e mi ha chiesto di te.
Vuole sapere quando tornerai a casa.
Ovviamente io non gli ho detto dov’eri.

Sofia ebbe un brivido al solo pensiero.
Non voleva più avere a che fare con lui. Al solo ricordare l’ultimo giorno in cui l’aveva visto, sentì montare la rabbia, unita ad un altro sentimento che fin’ora aveva in tutti modi cercato di negare, persino a se stessa.

«Dove vuoi andare? Dove?»
«Ovunque, tranne che qui con te!»
«Non te lo permetterò. Mi hai capito? Sei legata a me…»

Sofia scosse la testa, lasciando il telefono. 
Non sapeva se per la sbornia o per qualcos’altro, ma sentì improvvisamente l’esigenza di andare a rimettere.
In pochi secondo fu in bagno.
E fu lì che comprese cosa fare.
Si diede una veloce lavata, dovendo purtroppo tenere gli stessi vestiti, ma non aveva il tempo di cambiarsi.
Uscì velocemente da casa, con tutte le sue cose e scese in fretta le scale, incrociando Anna.
«Oh, stavo venendo ad avvertirti per informarti che mio padre è appena uscito dalla serra…»
«Bene, gli devo parlare» la interruppe velocemente, per uscire fuori e raggiungerlo.
Lo vide camminare, vestito in modo casual e quasi completamente sporco di terra. Ma assolutamente bellissimo, anche in quelle condizioni, al contrario di lei che sembrava uscita da un film horror.
Marco la fissò stupita, nel vederla in piedi. «Signorina Vitali…»
«Ti prego, a questo punto dovremmo chiamarci per nome, non ti pare?» volle chiarire Sofia cercando di non mostragli l’impazienza che provava in quel momento.
Ma le bastò un' occhiata, per vedere che l’uomo aveva percepito il suo turbamento. «Sì, forse hai ragione… va tutto bene? Ti sei svegliata poco…»
«E’ tutto apposto» tagliò corto lei. «Vorrei ringraziarti dell’aiuto dato, ringraziarti come si deve, ma devo fare una cosa molto importante e quindi vorrei chiederti dove si trova la mia bici.»
l’altro scosse la testa, perplesso. «Non preoccuparti, non è stato un problema. Ma devo dirti che non ho la tua bici con me. E' rimasta al Ritrovo.»
Diavolo, pensò frustata la donna, avrebbe dovuto camminare a passo veloce.
«Se vuoi posso darti un passaggio» le propose l’uomo.
La donna stava già per salutarlo e voltarsi, ma si fermò a quella proposta. «Come? Come mai improvvisamente…»
«Mi stai davvero domandando il perché voglia aiutarti? Dopo tutto quello che ho fatto?» La interruppe Marco, guardandola con sguardo infastidito.
«Mmh… no, no! Hai ragione, sei stato così disponibile e io mi sono comportata in modo idiota.» Sofia, si grattò la fronte, più che mai confusa. «Mi dispiace solo di non rammentare bene cosa sia successo ieri sera, ma sono grata che tu fossi lì in quel momento.»
Vide il suo sguardo rilassarsi e forse poté notare un accenno di… sollievo?
«Non preoccuparti di questo, ora. Vuoi o no questo passaggio?» Le ricordò l’uomo, riportandola a ciò che doveva fare. «Oh, si. Te ne sarei grata, ancora una volta» gli disse sorridendogli per la prima volta, cominciando a muoversi verso la macchina, sotto segnale di Marco, mentre lui raggiungeva la figlia per avvertirla.
Probabilmente la sbornia le faceva immaginare le cose.
Raggiunsero ben presto il pub, già aperto nonostante l’orario tardo dell’altra notte.
Biagio era già all’opera mentre spazzava per terra, sembrava una fonte continua di energia.
Non appena lì noto, gli diede il benvenuto con il suo sorriso contagioso. «Hey, vi vedo bene!»
Sofia passò avanti a Marco, avvicinandosi a Biagio e guardandolo con la massima serietà, ricordando perché era lì.
«Biagio, vorrei che tu mi facessi un colloquio di lavoro.»

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