Capitolo 14
In poco tempo raggiunsero il ristorante e, notò subito la donna, il luogo era casereccio e accogliente.
Il personale li fece immediatamente accomodare e la loro cordialità li mise subito a loro agio.
Anche la cucina, notò con entusiasmo, era davvero deliziosa.
Piatti tradizionale e soprattutto fatti in casa, come la pasta fatta a mano.
«E’ davvero squisito» non poté negare la qualità anche a voce, con Filippo che annuiva condividendo il suo pensiero.
«Già, non immaginavo questo aspetto di Monteferrante.»
«Non sei mai stato a cena fuori con Anna e tuo fratello?» chiese incuriosita Sofia.
Notò immediatamente lo sguardo di Filippo oscurarsi.
«Nonostante ciò che puoi pensare, non vedo spesso Marco e mia nipote come vorrei» bevve un sorso di vino, prima di continuare. «In realtà siamo stati distanti per moltissimi anni, molto prima della nascita di Anna.»
Quelle parole la lasciarono stupita.
«Eri solo un ragazzo, allora» disse lei, facendo i conti «com’è possibile mantenere questa distanza con la propria famiglia? Forse a causa della moglie?»
Sapeva di star per diventare maleducata e indiscreta, ma più che mai sentiva l’esigenza di saperne di più su Marco e chi altri, se non Filippo, poteva dargli ciò che cercava?
Vide immediatamente lo sguardo dell’uomo farsi rigido e la tensione palpabile sul suo viso. «In un certo senso, ma non del tutto. Siamo stati orfani di madre molto giovani e mio padre, dopo la sua morte, non è stato molto di supporto per i suoi figli… soprattutto con Marco» ammise alla fine, a denti stretti.
Quelle nuove rivelazioni servirono a Sofia per comprendere un po’ di più la personalità di Marco.
«Non deve essere stato facile accudire due figli, soprattutto come voi due, da solo e soprattutto dopo una perdita così grave» cercò di essere benevole Sofia, nei confronti di quell’uomo che aveva perso una moglie troppo presto.
Filippo abbassò lo sguardo come se fosse in difficoltà.
«Sì, mio padre ha sofferto molto, come noi d’altronde. Ma, se devo essere sincero, mio padre non è quel che si dice, un tipo tenero» mormorò, «con me è stato diciamo, più malleabile, mentre con Marco era tutt’altra storia.»
«Che significa?» non riuscì a trattenersi Sofia, troppo curiosa di sapere.
«Marco era il più propenso per la natura, come nostra madre. Possiamo dire che il suo dono l’abbia ereditato Marco, tra i due. Il che ha aiutato la nostra azienda a, letteralmente, fiorire.»
Notando lo sguardo sorpreso della donna, Filippo la fissò stranito. «Marco non ti ha accennato nulla?»
Sofia, rammaricata, poté solo scuotere la testa.
«Noi siamo proprietari di una azienda di produzione propria tra fiori e piante destinate ad uso industriale. Vendita al dettaglio e all'ingrosso di prodotti fioriviavistici, selezionati n Italia da oltre quarant’anni.»
Sofia non riusciva a credere a ciò che stava sentendo. «Posso chiederti il nome della vostra azienda?»
«Posso fare di meglio» rispose l’altro estraendo dalla giacca il suo cellulare e digitando qualcosa le mostro un’immagine inequivocabile.
La schermata mostrava Flora, la dea della natura e sopra, con una scritta elegante, la firma Rossini ben estesa.
«Conosco bene l’azienda, spesso ho ricevuto o regalato piante o fiori da voi. Come ho fatto a non capirlo!» Si diede dell’idiota da sola. Rossini! L’amore per la natura, in cognome era tutto collegato e lei non lo aveva afferrato.
Marco faceva parte di una famiglia molto benestante. La loro attività era più che mai proficua.
Spesso nei meeting a cui aveva partecipato, le sale erano piene di piante e fiori del loro marchio.
Ma il punto era un’altro.
«Ma allora perché tuo padre era così severo con Marco?»
Filippo aggrottò la fronte, oscurandosi la fronte. «Vedi, se mia madre aveva questo grande dono, mio padre era un vero imprenditore e così a pensato di unire le due cose, facendo diventare la nostra attività quella che è. Ma i fiori e la natura, non erano cose che mio padre considerava molto… mascoline, e non gradiva che il figlio avesse preso quella direzione.» Fece un sospiro profondo. «Nonostante il dono di Marco avesse influito molto sulle nostre finanze, nostro padre non ne era contento. Avrebbe preferito, essendo il figlio maggiore, che lui intraprendesse un’altra strada, magari entrando in affari con lui.»
Sofia strinse i denti a quelle parole «Credimi, conosco l’altra strada, posso assicurarti che Marco ha fatto la miglior scelta, se è quello che desiderava.»
«Bè, non è quello che pensa lui» si oppose l’altro «ha sempre vissuto con un senso d’inferiorità, causato soprattutto da nostro padre, me ne rendo conto, che l’ha spesso messo in bilico.»
Sofia non riusciva a crederci.
Perché un proprio dono non poteva essere coltivato? Cosa importava se non era ciò che tutti si aspettano? Cosa c’era di male a seguire le proprie sensazioni?
E suo padre, pensò con rabbia nonostante non lo conoscesse, come poteva essere così crudele nei confronti del figlio che inseguiva la sua vocazione?
E per giunta, pensò con tristezza, dopo aver perso la moglie, entrambi avrebbero dovuto essere più vicini.
«E per quanto riguarda la moglie di Marco?» chiese a Filippo. «Deve essere stato tremendo per lui perderla, forse l’unica persona che stava per dargli un vero significato di famiglia, dato i problemi con il padre.»
Al silenzio del suo accompagnatore però, Sofia alzò lo sguardo verso Filippo, che stava appunto guardando altrove con fare torvo.
«Filippo?»
Quest’ultimo sbuffo, per poi voltarsi di nuovo verso di lei con un tendenziale disagio.
«Non posso dirti molto, non ho in diritto di parlare. Ho già detto fin troppo» le bisbiglio, con un tono molto più serio di quello usato fin’ora.
«Ma credimi, il loro, non si poteva certo definire un matrimonio d’amore.»
La cena passò, per lo più della serata, piacevole. Filippo, dopo quella frase enigmatica, non aveva accennato altro e lei non aveva insistito.
Aveva colto la prima occasione per parlare di cose molto più futili e Sofia l’aveva assecondato.
Effettivamente, per quanto fosse curiosa di sapere altro, non riteneva fosse giusto sentirlo da terze persone.
Quelle poche informazioni però erano state abbastanza esaustive per darle un’idea del suo passato.
La perdita di una madre, un padre non esattamente presente e pretenzioso nei confronti del figlio che aveva altri desideri e un matrimonio non esattamente felice.
Cielo! Ce n’era abbastanza da scusare in un certo senso il suo essere eremita.
Filippo parcheggiò di fronte casa e un silenzio imbarazzante invase l’aria.
«Bene, eccoci qui» iniziò l’uomo, per poi uscire dalla macchina aiutando a fare altrettanto Sofia. Quest’ultima diede un’occhiata alla casa di Marco, notandola completamente al buio nonostante fossero solo le dieci.
«Probabilmente starà alla serra, come fa ogni notte» disse Filippo, seguendo il suo sguardo.
«Chissà perché, lo immaginavo.»
Entrambi risero, per poi sentire la presa di lui farsi più stretta sulla mano di lei.
«Sono stato bene» bisbigliò, sorridendole.
Sofia ricambiò il sorriso, ma non appena lo vide avvicinarsi pericolosamente al viso, venne colta da una strana ansia che la portò a scostarsi all’ultimo secondo.
Le labbra dell’uomo toccarono la sua guancia e se il gesto lo aveva in qualche modo infastidito, lui non lo diede a vedere continuando a sorriderle. «Okay, penso che per stasera abbiamo finito.»
Così dicendo le diede il braccio affinché l’accompagnasse alla porta e dopo essersi augurati la buona notte, l’uomo si allontanò.
Sofia si poggiò alla porta emettendo un profondo sospiro. Ma cosa le prendeva? Si diede delle leggere testate alla porta, anche se aveva voglia di andarci giù pesante. Perché non lo aveva baciato? Lui era lì, pronto, un uomo affascinate, divertente e gentile desideroso di premere le sue labbra con le sue, in una promessa di futura passione… e lei che faceva? Si scostava!
«Esattamente che problema ho?»
Con quella domanda indelebile nella testa, si diresse verso il bagno per una doccia veloce, continuando a darsi dell’idiota per tutti i passaggi, fino a che non fu in pigiama e pronta per il letto.
Aveva appena chiuso gli occhi, quando un tonfo all’esterno la fece sussultare.
Si sollevò, uscendo immediatamente dal letto e guardando dalla finestra. Nulla.
«Non me lo sono immaginato» mormorò Sofia, perplessa.
Era sicura che il problema fosse sempre lo stesso. Con un imprecazione, andò in cucina e prese uno spray insetticida e una piccola luce Led, uscendo dalla porta principale.
Fece per varcare la soglia, quando sentì il suono inconfondibile di tuoni in lontananza.
«Oh e andiamo!» sbottò, frustrata. «Non puoi darmi anche i fulmini come effetti speciali. Non ti basta già tutto il resto?» urlò a qualcuno lassù in cielo, che evidentemente si divertiva a giocare a farla impazzire.
L’aria si era ormai fatta più fresca e nonostante il suo pigiama a maniche lunghe, rabbrividì.
Non avendo avuto il coraggio di andare direttamente nella porta del retro, aveva preferito fare il giro per raggiungerlo in modo da non trovare sorprese aprendola.
Non appena raggiunse l’angolo si fermò, facendo profondi respiri per calmarsi e non pensare a quello che avrebbe trovato.
«Okay, sta calma, non farti prendere dall’agitazione. Probabilmente troverò piccoli topini di campagna» cercò di rasserenarsi ed essere concreta, senza riuscirci in realtà.
«Va bene, uno… due…tre!» uscì allo scoperto, puntando immediatamente la luce. «Venite fuori bestiacce!»
La luce tremava un po’, sotto la sua mano, mentre la puntava in giro per il piccolo spazio, iniziando dall’entrata. Ma non c’era nulla, fortunatamente.
Ma poi sussultò allorché sentì un piccolo rumore di erba calpestata, sicura che non era stato un tuono. Puntò in giro la luce, agitata, fino a che non l’avvicinò verso il cassonetto dove metteva i rifiuti.
Anche senza la luce puntata, vide sbucare dei piccoli occhi luminosi… puntati su di lei!
«No,no,no! Non posso farcela!» urlò, correndo via, dirigendosi verso la prima persona che le venne in mente.
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